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Cassa depositi e prestiti, la nostra Fannie e Freddie

L’amministrazione americana vuole tornare al credito facile. Eppure ancora paghiamo la crisi partita dalla bolla dei subprime. Ma nemmeno in Italia c’è da essere ottimisti con il meccanismo di “Plafond casa” gestito dalla Cdp. Un intervento rischioso e controproducente.

MUTUI MADE IN USA…

Il governo americano rischia di riattizzare la bolla dei mutui subprime. La bolla, scoppiata nel 2008, è stata creata da dieci anni di troppo facile accesso al credito. Il governo Usa ha drogato la domanda per i mutui obbligando due società finanziarie parastatali, comunemente chiamate Fannie e Freddie, a comprare una grossa percentuale di mutui “tossici.” Le banche hanno volentieri creato un’offerta per questa domanda “drogata”, originando una adeguata quantità di mutui tossici da rivendere, con profitto, a Fannie e Freddie: sono giunte a emettere mutui con 0 per cento (sì, zero) di downpayment (acconto) e i cosiddetti “Ninja loans”. (1)
Dopo la crisi, Fannie e Freddie sono state nazionalizzate (cioè accollate alla collettività) e date in gestione a Edward DeMarco, un economista non politico, che ha innalzato i requisiti per ottenere un mutuo. E oggi, grazie anche alla ripresa economica, i debiti tossici di Fannie e Freddie si stanno riducendo. Ma la stretta ai cordoni del credito non è piaciuta al partito democratico, che vuole il credito facile per i meno abbienti. E quindi, a fine 2013, il presidente ha defenestrato DeMarco, mettendo a capo di Fannie e Freddie un uomo politico che, prima della crisi, era fra i maggiori fautori dei mutui facili. La preoccupazione è che riporti in auge il vecchio sistema di credito drogato.

…E MUTUI MADE IN ITALY

In Italia, ci dobbiamo preoccupare per queste vicende americane? Secondo me, sì. Primo perché un’altra crisi del mercato immobiliare Usa non ce la meritiamo, abbiamo già abbastanza problemi. Secondo, perché i nostri politici sembrano avere imparato la lezione americana, hanno imparato che il credito facile fa bene alle urne.
I nostri governanti hanno messo in piedi un meccanismo “Fannie e Freddie de noantri”. La Cassa depositi e prestiti (Cdp, la nostra banca di Stato) gestisce infatti la convenzione “Plafond casa”, e sulla base di questa concede alle banche finanziamenti a condizioni agevolate (con un limite di 2 milioni di euro totali), che verranno poi utilizzati dagli istituti di credito per erogare mutui-casa alle giovani coppie e alle famiglie numerose. (2)
Il credito in Italia è difficile da ottenere ed era ora che si pensasse ai giovani e alle famiglie numerose. Ma un dettaglio preoccupa: la convenzione non specifica i tassi da applicare alla clientela. Saranno le banche a determinarli. Praticamente: prima le banche intascano lo sconto fatto dallo Stato, poi decidono quanta parte traslarne a favore del cliente. Ma se finisce che le banche si intascano lo sconto? L’accordo sarebbe allora un trasferimento di denari pubblici (cioè nostri) alle banche? In più, il 18 dicembre 2013 è stata rimossa anche la condizione che i “mutui Plafond” siano riservati all’acquisto della prima casa. Vorrà dire che daremo un sostegno anche alle giovani coppie immobiliariste …
Sul sito del ministro delle Infrastrutture si legge che, al 19 marzo, «alcune mail […] segnalano difficoltà nell’applicazione del Plafond casa […] Cittadini che si sono presentati allo sportello delle banche […] per richiedere il mutuo per l’acquisto della prima casa o per la ristrutturazione e che si sono sentiti rispondere “Non ne sappiamo nulla”». Nel solo 2011 il credito erogato per l’acquisto di abitazioni è stato di circa 72 miliardi. (3) Di contro, la quantità di credito agevolato è solo 2 miliardi e quindi per forza ci sarà un eccesso di domanda. Da cui segue un interrogativo: chi saranno i fortunati a cui le banche estendono il credito agevolato?
Procedendo con la lettura si scopre che il ministro ha «girato queste mail a Cdp e all’Abi perché verifichino che cosa è successo e risolvano il problema». Ai detentori dei 72-2=70 miliardi di credito non agevolato non resta dunque che affidarsi alla alacre attività informatica del ministro che, girando e-mail a chi di dovere, sicuramente provvederà alla moltiplicazione dei pani e dei pesci.
Ma cerchiamo di mantenere l’ottimismo e di convincerci che una parte consistente dello sconto da tutti noi pagato sui “mutui Plafond” andrà alle coppie giovani, in modo che abbiano più soldi per comprare casa. Nasce però un altro problema. Siccome la quantità di case è più o meno fissa, non c’è il rischio che i prezzi salgano? Questo della traslazione è un classico risultato della scienza delle finanze. Nel nostro caso, una politica disegnata per favorire i compratori di prime case (giovani) finisce per beneficiare i venditori di case (presumibilmente vecchi, oppure i loro eredi) e svantaggiare gli altri acquirenti (quelli non giovani).
Intervenire nel mercato dei mutui è rischioso e inefficace, o addirittura controproducente nel lungo periodo. Ma mi rendo conto che nessun governo, né quello Usa né quello italiano, riesce a resistere alla tentazione di farlo. Il consenso elettorale che deriva dallo spendere i soldi pubblici è, in una democrazia, troppo attraente. Chi ne fa le spese è la collettività, cioè chi paga le tasse.

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(1) Ninja è l’acronimo per “no income, no job nor assets”. Sono mutui che la banca concedeva senza verificare la veridicità delle dichiarazioni del contraente riguardo a reddito, posizione lavorativa e patrimonio.
(2) Sito web del ministro Lupi consultato il 1/4/14. L’agevolazione non è limitata, ma solo “prioritizzata’” ai giovani (coniugi o conviventi in cui almeno uno dei due componenti non abbia superato i 35 anni e l’altro non superi i 40 anni), alle famiglie con un soggetto disabile o alle famiglie con tre o più figli.
(3) Tavola a pag. 10 de “Il mercato immobiliare italiano: tendenze recenti e prospettive”, Nota di ricerca dell’Ufficio studi Aitec, febbraio 2012.

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  1. marcello

    Come sempre si possono guardare le cose da diversi punti di vista. Nella crisi dei mutui ovviamente le Big Four non hanno responsabilità, così come le società di rating o le compagnie di assicurazioni. Il rapporto bipartsan del Senato lo cestiniamo perché dice che c’è stato un gigantesco trust che ha distrutto il mercato. Poi degli Otc non parliamo e della loro concentrazione oltre il 92% in 4 banche sottocapitalizzate non diciamo nulla tanto sono “too big to fail” e chi paga in questo caso? Ma la colpa è sempre dei democratici, a prescindere come sulla Volke rule, sul salario minimo, sulla riforma sanitaria, etc. Meno male che ci sono i repubblicani e la famiglia Bush, loro sì che di mercati se ne intendono.

    • Asterix

      Marcello concordo con te che le società di rating hanno grandi responsabilità della crisi, però una parte della colpa è anche le politiche democratiche di favorire i prestiti alla parte della popolazione più povera senza regole.
      Sul tema ti segnalo il documentario indipendente “inside job” ed il libro scritto dall’attuale direttore della banca centrale indiana Raghuram Rajan “Terremoti finanziari” che tra le altre cause della crisi segnalava proprio la politica dei Democratici unita alla politica di deregularion dei Repubblicani.

      • marcello

        Sulla crisi dei subprime vale per me quello che ha scritto un famoso economista: è come nel film di Kurosawa Rashomon: ognuno ha la sua versione Comunque sul perché dei mutui e dei bassi tassi a me piace molto la spiegazione di Greenspan in the map and the territory. La crociata contro i democratici proprio non la capisco e comunque meglio la Obamacare (il salario minimo a 10.10 etc.) che le politiche dei Bush.

  2. Massimo Gandini

    L’unico evento propizio a fare ripartire il mercato immobiliare in Italia è una vigorosa diminuzione dei prezzi delle abitazioni che sono del tutto sfasati con quelli che sono i reali redditi delle famiglie. I prezzi sono troppo alti, devono scendere ancora e non di poco. Fino a quando non si realizzerà questo fatto tutte le altre considerazioni sono a mio avviso inutili.

  3. DAVIDE

    La CdP per sua natura e statuto deve investire esclusivamente in attività a basso rischio.Titoli finanziari del tipo “subprime” sono incompatibili con l’attività del fondo sovrano nazionale.

  4. molto interessante

  5. Asterix

    Ottimo articolo ma il rischio della Fennie e Freddie “de noartri” esiste su un altro capitolo.
    I famosi mini Bond che possono emettere le PMI , per i quali è previsto un ridotto prospetto informativo per l’investitore sui rischi di investire in tali obbligazioni. Il bilancio certificato degli ultimi 2 anni per le società che emettono mini bond non può essere assimilato al controllo costante da parte delle società di revisione che si applica per le società quotate in Borsa che finora emettevano prestiti obbligazionari sul mercato. E’ vero che per ora questi minibond possono essere acquistati solo da soggetti istituzionali e non da privati cittadini, ma per quanto durerà questo vincolo? e come posso sapere se i fondi assegnati in gestione ai fondi di investimento bancario o ai fondi pensione non siano investiti in minibond (i minibond hanno redditività più elevata dei normali PO). Il rischio di creare con i mini bond nuovi titoli spazzatura che le banche potranno rifilare ai clienti è elevatissimo e viene sottovalutato? si dice che favoriranno il credito alla PMI. Cioè le stesse banche che non concedono credito alla PMI per non assumersi rischi correranno a comprare i mini bond? e se lo fanno per quale ragione ed a chi li rivenderanno secondo voi ? Non vi ricorda un film già visto?

    • marcello

      I mini bond, per i quali si sono dichiararti disponibili due dozzine di fondi dedicati, potrebbero funzionare in modo egregio visto che in una prima fase è previsto un fondo dei fondi che dovrebbe operare con due fondi distinti uno su aziende da tempo sul mercato, l’altro su startup e tecnologiche di recente costituzione, in genere non in attivo nei primi anni. Inoltre in questa prima fase potrebbero, ma in realtà sta già accadendo, intervenire soggetti come SAGE (con Cred. Agr.) e CdP. Il problema è la garanzia, ma vista la fine dei confidi e l’impossibilità di finanziare le imprese con cambiali che seppur con un costo minre dei minibond richiedono garanzie elevatissime, il problema può essere nel 2014 affrontato egregiamente con sistemi di valutazione e di selezione talmete accurati da far impallidire le poco trasparenti valutazioni dei S&P e soci. O forse si dimentica che i rating sui subprime li facevano S&P e companY, qual è il problema?

      • Asterix

        Tradotto li finanziamo con le risorse dei pensionati depositati nella CdP (chiamiamole le cose come stanno) e con SACE (immagino intendevi) cioè sempre con soldi pubblici per finanziare le PMI. Perché giustamente alle banche di tornare alla vecchia politica di prestare soldi alle imprese non va proprio, anche se ricevono soldi a basso costo dalla BCE per fare quello mentre se i soldi li mette lo Stato va bene?

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