I dati sui redditi da canoni di locazione per il 2012 dicono che c’è stata una crescita del numero di contratti tassati con cedolare secca. E tuttavia l’emersione degli affitti prima pagati in nero non è probabilmente sufficiente a coprire la perdita di gettito. Il caso dei canoni concordati.
I DATI SUI REDDITI 2012
Il ministero dell’Economia e finanze ha reso disponibili i dati contenuti nelle dichiarazioni dei redditi delle persone fisiche del 2013, relative ai redditi del 2012. Dalla rilevante massa di informazioni si possono ricavare interessanti spunti di riflessione su diverse problematiche. Qui ci proponiamo di segnalare alcuni “fatti in cerca di interpretazione” relativi alla cedolare secca per la tassazione degli affitti.
La cedolare, alternativa all’Irpef, è stata introdotta con il decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, con due aliquote: 21 per cento per i canoni di libero mercato e 19 per cento per quelli concordati. L’applicazione della cedolare secca avvantaggia i proprietari delle abitazioni affittate in misura crescente con il loro reddito: più è alto il canone, maggiore è il risparmio fiscale rispetto all’Irpef.
Potrebbero ricevere un vantaggio anche gli inquilini, se i proprietari trasferissero loro tutto o parte di quel risparmio. I sostenitori della misura sperano che la sua introduzione possa contribuire a ridurre il mercato degli affitti in nero, con un recupero di gettito sufficiente a compensarne il calo, dovuto al passaggio da Irpef a cedolare, sui canoni già registrati. (1)
LA CAPACITÀ DI ATTRAZIONE
La tabella 1 segnala la forte crescita, nel 2012, del numero di contribuenti/contratti che hanno optato per la cedolare secca e dell’importo dell’imponibile che ne deriva. Nel valutare gli aumenti occorre considerare che il decreto legislativo 23/2011 è entrato in vigore il 7 aprile 2011, ma la circolare esplicativa dell’Agenzia delle entrate sulla sua applicazione è del 1° giugno. In sostanza, nel 2011 è stato possibile applicare la cedolare solo nella seconda metà dell’anno. Se, come è ragionevole ritenere, i contratti registrati nel 2011 erano ancora attivi nel 2012, la sua capacità di attrazione nel secondo anno di applicazione sembra essere stata più debole di quanto non ci si potesse attendere.
UNA CRESCITA IN ATTESA DI SPIEGAZIONE
Il consistente aumento del numero di contratti tassati con cedolare può essere dovuto a tre ragioni: alla registrazione di accordi relativi ad affitti in precedente pagati in nero; alla migrazione dal regime di tassazione Irpef alla cedolare; all’applicazione della flat tax a una parte o all’intero aumento (lieve) del numero di contratti che sembra essersi verificato nel 2012. (2)
Difficile attribuire un peso a ognuna delle tre motivazioni. Nel 2012 il gettito della cedolare ha superato 1,2 miliardi di euro, con un aumento di 355 milioni rispetto a quello dell’anno precedente. Se l’aumento fosse tutto dovuto all’emergere di canoni in nero, la flat tax avrebbe realizzato uno degli obiettivi indicati dai suoi sostenitori. Data la distribuzione per reddito dei proprietari che l’hanno percepito, se l’aumento dell’imponibile registrato nel 2012 fosse invece tutto dovuto a una migrazione di contratti già registrati dall’Irpef alla cedolare, l’erario avrebbe accusato una perdita netta di 205 milioni di euro. Verosimilmente, al risultato del 2012 hanno concorso entrambe le ipotesi.
LE CONDIZIONI PER PAREGGIARE I CONTI
Il costo o il beneficio della flat tax per l’erario dipende dalla proporzione tra emersione di imponibile prima evaso e imponibile sul quale c’è stato il passaggio da Irpef a cedolare. Una simulazione svolta sul totale dell’imponibile relativo al 2012 evidenzia che l’introduzione della cedolare sarebbe stata neutrale per le casse statali se almeno il 40 per cento di imponibile fosse derivato da emersione di canoni in nero. Se anche le dichiarazioni degli anni prossimi dovessero evidenziare che questo è il livello minimo di emersione necessario affinché l’introduzione della cedolare non comporti una perdita di gettito, ne deriverebbe che per conseguire l’obiettivo non sarebbe sufficiente la sola totale emersione degli affitti in nero, ma occorrerebbe anche una forte espansione dell’attuale dimensione del mercato dell’affitto. (3)
Nel 2012 le famiglie che vivevano in affitto in un’abitazione di proprietà di soggetti privati – la sola tipologia che può optare per la cedolare secca – erano circa 3,25 milioni. (4) Il dato non è temporalmente allineato a quest’ultimo, ma nel 2010 il numero di quelle abitazioni già affittate con regolare contratto superava i 2,7 milioni di unità. (5)
L’eventuale emersione potrebbe riguardare, pertanto, intorno alle 600mila abitazioni, mentre per pareggiare i conti, quanto a gettito fiscale, dovrebbero essere circa il doppio.
OLTRE IL RISPARMIO D’IMPOSTA
L’aumento del numero di contribuenti è di circa 20 punti percentuali superiore a quello dell’imponibile; l’importo medio complessivo dell’imponibile per contribuente si è ridotto di oltre il 10 per cento. È aumentato soprattutto il numero di contribuenti appartenenti alle classi di reddito più basso, quelli per i quali l’applicazione della cedolare secca in alternativa all’Irpef si risolve in un vantaggio molto modesto e che, nel caso di canone concordato, subiscono addirittura una perdita.
I proprietari con redditi fino a 15mila euro che nel 2012 hanno scelto di tassare con cedolare i canoni di mercato incassati hanno ottenuto un risparmio medio d’imposta oscillante tra 15 e 85 euro, che aumenta fino a 250 euro se i loro redditi variano tra 15 e 29mila euro. Nel caso di canoni concordati i percettori di redditi fino a 29mila euro registrano addirittura un leggero aumento dell’imposta. L’opzione per la cedolare da parte di questi proprietari non è, evidentemente, motivata da ragioni di convenienza economica. È più verosimile attribuirla al minor carico burocratico: con il passaggio alla cedolare il proprietario deve solo fare una comunicazione iniziale all’inquilino e si libera così delle incombenze annuali del pagamento della tassa di registro, del calcolo dell’incremento del canone (molto basso per i proprietari di queste classi di reddito) e conseguente indicazione all’inquilino.
LO SCARSO APPEAL DEL CANONE CONCORDATO
I contratti a canone concordato continuano a costituire una quota relativamente modesta (intorno al 13 per cento) del totale di quelli assoggettati a cedolare. Il risparmio d’imposta dovuto allo scarto di 2 punti percentuali di aliquota non è stato ritenuto sufficiente a compensare il minor ricavo che il proprietario ottiene accettando un canone concordato, al posto di quello di libero mercato. Lo scorso anno (decreto legge 102/2013) l’aliquota per i canoni concordati è stata ridotta al 15 per cento e, ora, il decreto legge 47/2014 l’abbassa ulteriormente al 10 per cento, seppure solo per alcuni anni. Occorrerà attendere la pubblicazione dei dati delle dichiarazioni 2014 e 2015 per valutarne gli effetti. È evidente, però, che quanto maggiore risulterà il “successo” dell’abbassamento delle aliquote – cioè quanto più si diffonderanno i canoni concordati – tanto più ne risentirà negativamente il gettito e tanto più difficile sarà compensarne la riduzione con l’emersione degli affitti in nero.
Tabella 1 – Numero di contribuenti che hanno optato per la cedolare secca, imponibile e imposta (eurox1.000)
*Il numero totale di contribuenti è inferiore alla somma dei relativi addendi poiché uno stesso contribuente può sottoscrivere sia contratti a canone libero sia quelli a canone concordato. Il totale dell’imposta (riportato nelle statistiche del Mef) non coincide con la somma dei relativi addendi a causa degli arrotondamenti nei calcoli.
Tabella 2 – Variazioni percentuali del numero dei contribuenti e dell’imponibile e distribuzione delle variazioni assolute per scaglioni di reddito Irpef
(1) Per un approfondimento su questi aspetti, http://www.monitorimmobiliare.it/public/download/20121991221548_Gli%20effetti%20della%20cedoalre%20secca%20sul%20mercato%20degli%20affitti.pdf
(2) http://www.fiaip.it/sala-stampa/news/report-immobiliare-urbano-2012-forte-diminuzione-dei-prezzi-12-mln-di-immobili-invenduti-ma-nessuna-bolla_7946.html
(3) Si ipotizza che la distribuzione per livello di reddito dei proprietari delle abitazioni resterà, negli anni, la stessa rilevata nel 2012.
(4) Per il calcolo di questa cifra si è fatto riferimento a Istat, Annuario statistico italiano 2013.
(5) Dipartimento delle Finanze-Agenzia delle Entrate, Gli immobili in Italia 2012, p. 20.
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daniele
Tra le ragioni dell’aumento dei contratti tassati con cedolare secca c’è anche la riduzione dal 15% al 5% della detrazione forfettaria dell’imponibile introdotta dalla riforma Fornero che ha abbassato la soglia del reddito per il quale diventa conveniente questo tipo di tassazione.
gp
No, questa riduzione riguarda le attuali dichiarazioni dei redditi delle persone fisiche, che sono relative ai redditi del 2013, mentre l’articolo si occupa dei redditi del 2012. Basta vedere la sezione “Le novità di quest’anno” delle istruzioni all’Unico Persone Fisiche 2014.
pinasuti
Seppur in piccola parte, vi è un vantaggio anche per il locatario al quale, con l’applicazione della cedolare fissa, non vengono più applicati gli aumenti periodici legati all’inflazione. È poco, ma è comunque qualcosa.
AM
L’autore giustamente ritiene che il passaggio alla cedolare secca in molti casi non sia ascrivibile ad un calcolo di risparmio d’imposta, ma alla riduzione degli adempimenti burocratici. La gente ha poco tempo da perdere nelle code agli uffici pubblici e non è disposta a pagare professionisti per fare le pratiche. Lo Stato dovrebbe trarre le conclusioni ed alleggerire, se non le tasse, almeno gli adempimenti burocratici che vessano il cittadino.
GiusD
A mio avviso il bilancio del provvedimento dovrebbe andare oltre il saldo in termini di gettito fiscale. Molto positivo è che prima pochi pagavano tanto, mentre oggi a pagare sono molti di più ma contribuendo con un minor importo. Credo che, parlando di fiscalità in generale, sia proprio questo l’obiettivo da ricercare anche e soprattutto per l’Irpef.