Quanto influiscono sulle decisioni finanziarie il contesto emotivo e la personalità? Un progetto di ricerca analizza l’attitudine degli investitori a cadere nelle trappole cognitive, come l’eccessiva fiducia in sé stessi. Le differenze tra promotori e clienti sono notevoli.
L’EMOZIONE DI INVESTIRE
Investimente è un progetto di ricerca di Matteo Motterlini (direttore del Cresa) in partnership con Schroders, che ha consentito, nell’arco del 2013, di raccogliere migliaia di informazioni sull’attitudine propria dei promotori finanziari e dei clienti a cadere in diverse trappole cognitive nelle decisioni di natura economico-finanziaria.
Investimente raccoglie più di duemila osservazioni: si tratta dei risultati di un questionario individuale composto da diverse sezioni: una contenente informazioni socio-demografiche (genere, età, status occupazionale, esperienza pregressa in ambito di decisione finanziario) del rispondente; una tesa a valutare diversi stati emotivi (tensione, felicità, rabbia, allegria) del soggetto sulla base di un autovalutazione su una scala da 1 a 10; una mirata a identificare i tratti della personalità (stabilità, autocontrollo, gestione delle emozioni), sempre sulla base di valori auto-riportati in una scala da 1 a 10; e un’ultima sezione, infine, che consiste in una serie di quiz tesi a misurare la vulnerabilità del soggetto ad alcune trappole cognitive, tra cui isoliamo il ruolo giocato dall’overconfidence (l’eccessiva sicurezza di sé) nel prendere decisioni economiche di investimento.
Il dataset è costituito da 2.143 compilazioni, effettuate per il 70 per cento da promotori finanziari e per il 30 da clienti investitori. Per quanto riguarda l’età dei soggetti studiati, il 55 per cento del campione è compreso nella fascia 36-50 anni. Un elemento fondamentale riguarda la distribuzione geografica, che presenta un’evidente distorsione: la Lombardia costituisce da sola il 69,4 per cento del campione e la provincia di Milano rappresenta il 60 per cento delle osservazioni. La componente femminile è molto minoritaria, con un 13 per cento di donne oggetto dell’indagine.
PROMOTORI TROPPO SICURI DI SÉ
Se si scende nel dettaglio dei risultati, la trappola che più distingue i promotori dai clienti è quella dell’overconfidence. All’interno del test, tale indicatore, espresso in una scala 1-10, viene elaborato a partire dall’autovalutazione dei rispondenti rispetto alle seguenti affermazioni: “Considero migliori della media le mie capacità di scegliere gli investimenti giusti”; “Mi capita spesso di riuscire a prevedere l’andamento dei mercati e investo di conseguenza”.
I promotori finanziari ne sono vittime in modo massiccio, il che è facilmente spiegabile con il fatto che, per professione, hanno un frame in cui la fiducia in se stessi e nelle proprie capacità è un fattore determinante per la carriera. Gli istogrammi seguenti mettono a confronto la proporzione di promotori e clienti che, relativamente all’eccessiva sicurezza di sé, auto-valutano il proprio livello sulla scala 1-10.
Figura 1
Non solo i promotori mostrano un’eccessiva sicurezza di sé in numero proporzionalmente più alto, ma anche a livello di intensità sono decisamente più vulnerabili dei clienti.
Questa evidenza descrittiva è confermata da un’analisi econometrica tesa a studiare le determinanti che modificano l’attitudine a cadere nei vari pregiudizi. La trappola dell’overconfidence risulta essere correlata positivamente a uno stato emotivo negativo e, come l’intuizione potrebbe suggerire, ancora più marcatamente al livello di percezione di controllo circa la propria vita. I promotori tendono a cadere in questa trappola molto più frequentemente rispetto agli investitori normali (i loro clienti) e questo può essere spiegato dal fatto che sono troppo fiduciosi nel proprio background e nell’esperienza maturata sul campo.
Ciò viene confermato dall’evidenza che gli investitori più anziani risultano essere soggetti a questa trappola in modo più sistematico rispetto a quelli più giovani (anche se gli over-65 costituiscono solo il 3 per cento delle osservazioni raccolte).
IL RAPPORTO CON IL CLIENTE
Al di là dei risultati del test, una questione rilevante è che i clienti, quando prendono delle decisioni, sono spesso consigliati dai promotori, il che pone un interrogativo cui sarebbe interessante rispondere: l’overconfidence dei promotori finisce col dominare quella dei clienti e, di conseguenza, si traduce in una decisione di cui pentirsi in seguito? Oppure il promotore, per compiacere la prudenza del cliente, ne segue l’attitudine restia a sopportare rischi eccessivi? Il rapporto tra promotore e cliente configura una classica situazione di asimmetria informativa, tipica di un contesto incerto quale i mercati finanziari.
È possibile che il cliente sia sufficientemente navigato da esserne consapevole, ma sarebbe in ogni caso interessante capire se è in grado di scontare in modo corretto questo fattore: il rischio che si incontrino promotori iper-sicuri di sé e clienti impauriti è potenzialmente in grado di generare decisioni molto sbagliate.
Sarebbe altrettanto interessante investigare l’interazione di queste dinamiche comportamentali nel tempo: un promotore overconfident che si trova di fronte a un cliente iper-prudente rafforza la propria sicurezza di sé? E il cliente, d’altro canto, finisce con l’affidarsi completamente al consulente, scambiando la fiducia di sé per una competenza fuori dal comune? Si tratta di domande che meriterebbero un’indagine di ricerca approfondita, anche per capire se trappole mentali di questo tipo possono, per esempio, contribuire a spiegare le reazioni a catena attraverso cui un effetto marginale rischia di essere amplificato fino a diventare un fenomeno più ampio. (1)
(1) Scheinkman, J. e W. Xiong (2003), Overconfidence and Speculative Bubbles, Journal of Political Economy 111, 1183-1219.
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