L’unione bancaria non può essere un mero passaggio di competenze alla Banca centrale europea. Dovrebbe essere interpretata invece come unico strumento per ripristinare i meccanismi di trasmissione della politica monetaria e bloccare il processo di disintegrazione finanziaria. È un processo complesso, che dovrebbe prevedere un intervento di politica monetaria non convenzionale. Insieme a nuove regole comuni per la liquidazione e amministrazione delle banche, applicate da un’autorità indipendente.

Il Consiglio europeo dello scorso giugno ha posto al centro di una fitta agenda politica la creazione di un sistema bancario comune. Resta tuttavia ancora da chiarire il significato del termine “unione bancaria”. La percezione generale è che potrebbe trattarsi di un mero passaggio di competenze alla Banca centrale europea, che diventerebbe l’autorità principale di supervisione delle banche nell’area euro.
L’unione bancaria dovrebbe essere interpretata però con una visione più olistica, ovvero come unico strumento per ripristinare i meccanismi di trasmissione della politica monetaria e bloccare il processo di disintegrazione finanziaria in atto. Pertanto, almeno in una prima fase, impegnerebbe solo i paesi dell’area euro. È un processo complesso che potrebbe concretarsi in un intervento di politica monetaria non convenzionale, supportato da nuove regole comuni e un preciso assetto istituzionale. (1)

LE RAGIONI DELL’UNIONE BANCARIA

Con l’inasprirsi della crisi finanziaria nell’area euro si è generata una grave carenza di liquidità per il blocco dei prestiti transfrontalieri nel mercato interbancario. Le banche degli Stati sovrani più in difficoltà, tra cui Spagna e Italia, hanno dovuto sottoscrivere gran parte delle risorse messe a disposizione dalla Bce in due operazioni di rifinanziamento di circa 524 miliardi di euro netti. La Spagna ha anche dovuto richiedere 100 miliardi al fondo salva-stati per la ricapitalizzazione e ristrutturazione di molte cajas, mentre l’Italia ha approvato di recente un’iniezione di capitale in MontePaschi tramite i Tremonti bond. (2)
Le cause del blocco del mercato interbancario transfrontaliero, e quindi il danneggiamento dei canali di trasmissione di politica monetaria, si possono sintetizzare in problemi di azzardo morale e selezione avversa.
L’azzardo morale si manifesta nell’incremento dell’esposizione da parte delle banche verso il paese di residenza (home bias); si legano così in un abbraccio mortale con i governi nazionali e non solo per migliorare la patrimonializzazione. Difficilmente i governi liquideranno queste banche, poiché una dismissione incontrollata diasset pubblici avrebbe un effetto disastroso sul rischio sovrano e sulla capacità di quel paese a collocare debito sui mercati.

Totale delle esposizioni del sistema bancario verso il settore pubblico (miliardi di euro)
valiante

Fonte: Banche centrali nazionali.

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La tabella sopra mostra la crescita dell’esposizione del settore bancario spagnolo e italiano verso i propri Stati nazionali, anche rispetto alle banche tedesche.
La forte interdipendenza tra Stati nazionali e banche e la mancanza di diversificazione internazionale del settore bancario (solo il 9 per cento circa degli asset totali di banche italiane e spagnole sono “stranieri”; in Germania quasi il 20 per cento e in Olanda il 35 per cento) ha anche generato un forte meccanismo diselezione avversa.
L’incapacità di distinguerlo propriamente dal rischio paese ha fortemente compromesso la possibilità di valutare il rischio della controparte. Pertanto, i tassi d’interesse nel mercato interbancario sono cresciuti indiscriminatamente, tagliando fuori dal mercato le istituzioni di credito che hanno ancora un business sostenibile.
La Bce, infatti, si è sostituita al mercato interbancario con le due operazioni di rifinanziamento (Ltro), diventando la cassa di compensazione centrale dell’area euro.UN INTERVENTO COMPLESSOPer far ripartire il mercato interbancario e i meccanismi di trasmissione della politica monetaria bisognerebbe agire sulle modalità di segnalazione del rischio di controparte (contro la selezione avversa) e sugli incentivi degli operatori di mercato (l’azzardo morale).
Il primo intervento potrebbe essere l’acquisto di titoli di stato spagnoli e italiani da parte della Bce, per minimizzare il rischio paese e facilitare la valutazione del rischio di controparte in modo da stabilizzare il mercato interbancario per le banche dei due Stati. Mario Draghi ha già chiarito che il meccanismo di stabilità (Esm) non ha i requisiti per ottenere una linea di credito diretta, perciò l’intervento potrebbe includere misure non convenzionali, come un quantitative easing, con acquisto di bond senza sterilizzazione e obiettivi in termini di quantità o di tasso d’interesse dichiarati ex ante. (3)
Il secondo intervento richiederebbe anche riforme istituzionali, per favorire la diversificazione internazionale degli asset bancari e fusioni e acquisizioni tra gruppi bancari dell’area euro.
Si tratta, in effetti, della creazione di regole comuni per la liquidazione e amministrazione delle banche applicate da un’autorità indipendente (European Recovery and Liquidation Authority), finanziata tramite un fondo di liquidazione delle banche o un fondo europeo di garanzia dei depositi, alimentato con il contributo delle banche e, in casi d’emergenza, l’intervento della Bce. L’autorità avrebbe il compito di applicare queste regole in specifiche circostanze, in deroga ai regimi di diritto fallimentare nazionali. Nel caso la Bce non intervenga in quel singolo caso con politiche monetarie, è all’autorità che spetterebbe la decisione sulla ricapitalizzazione delle banche che hanno un business sostenibile, previa applicazione di condizioni che possono anche imporre la dismissione di attività e la rimozione di tutti i vertici della banca, oppure sulla liquidazione di quelle di fatto fallite.(4)
Questo tipo d’intervento garantirebbe certezza del diritto e delle regole di governance bancaria a livello europeo, favorendo fusioni e acquisizioni transfrontaliere poiché implicitamente o esplicitamente protette dal fondo, così da evitare una ‘corsa agli sportelli’. L’autorità, infine, riferirebbe al Parlamento europeo con precise scadenze, per avere un controllo democratico, mentre il controllo sulla legittimità e il merito delle decisioni sarebbero eseguiti dalle Corti europee di prima istanza ed eventualmente dalla Corte di giustizia in appello. Inoltre, l’autorità dovrebbe garantirsi un flusso di informazioni attendibili e immediatamente disponibili da parte delle autorità nazionali tramite precisi accordi legali, poiché queste informazioni sono essenziali a qualsiasi progetto di ristrutturazione, riorganizzazione, integrazione o liquidazione di un’istituzione finanziaria con impatto transfrontaliero.(1) Per una versione completa di questo articolo si veda http://papers.ssrn.com/sol3/papers.cfm?abstract_id=2130712
(2) Molte banche italiane nell’ultimo anno sono state costrette a ricapitalizzarsi più volte e tutt’oggi hanno indici di liquidità molto bassi, anche se gli indici ufficiali di patrimonializzazione sono ai livelli richiesti dalle autorità europee. Il caso Dexia ha messo in seria discussione la validità degli indici di patrimonializzazione nel fotografare la solvibilità di una banca (De Groen, 2012).
(3) Valiante, Diego (2011), “The Eurozone debt crisis: from its origins to a way forward”, CEPS Policy Brief, available at http://www.ceps.eu/book/eurozone-debt-crisis-its-origins-way-forward.
(4) È importante che non ci sia sovrapposizione tra le attività della Bce e quelle dell’autorità che gestisce il fondo. Il fondo, pertanto, interverrebbe solo quando si verifichino specifiche condizioni (quali il superamento di una soglia di assets non domestici e la richiesta di aiuto finanziario allo Stato di residenza), mentre la Bce avrebbe libertà di intervento in tutte le altre circostanze, ovvero prima che l’istituzione finanziaria richieda aiuto ufficiale allo Stato di residenza.

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