Tante le polemiche suscitate dal documento Prodi, ma nessuno finora ne ha discusso i contenuti. Molte le idee interessanti per i paesi europei e non solo per l’Italia. Dal riconoscimento, difficile per un politico, della necessità di scelte dolorose nel mercato del lavoro e nei sistemi di protezione sociale al rifiuto del protezionismo. La maggior parte di queste decisioni non possono essere delegate all’Europa, ma devono rimanere negli ambiti nazionali. Più debole invece la riflessione sulla capacità di “un’Europa”, comunque riformata, di imporre queste scelte ai paesi membri.

Le scelte dell’Europa

Il presidente della Commissione europea, Romano Prodi, ha appena pubblicato un documento dal titolo Europa: il sogno, le scelte. Il documento ha provocato una discussione rovente non tanto per i suoi contenuti, ma per il ruolo ricoperto dall’autore e per il fatto che è stato diffuso in italiano ed è formalmente rivolto alle forze politiche italiane (implicitamente, ma non esplicitamente, all’opposizione).
È un peccato che nessuno si sia soffermato sui contenuti, che sono invece piuttosto interessanti.

Non solo per gli italiani

Un primo punto da sottolineare è che il documento non si rivolge specificamente ad un pubblico italiano, né si sofferma su problemi specifici dell’Italia. Il suo scopo è mettere in rilievo alcuni temi che interessano tutta “l’Europa”. Il documento riconosce esplicitamente che l’Europa in quanto attore o comunque entità ben definita non esiste o perlomeno non esiste ancora. Un franco riconoscimento della realtà è già un buon punto di partenza.

Quali sono dunque i problemi che si trova di fronte questa Europa che-ancora-non-esiste? Sono gli stessi problemi che i politici di ogni paese devono affrontare ogni giorno: gli effetti della globalizzazione, i cambiamenti tecnologici, l’invecchiamento della popolazione. Giustamente, il documento osserva che i sistemi democratici hanno sempre maggiori difficoltà ad affrontare questi e altri problemi perché gruppi di interesse ben organizzati sono sempre più in grado di controllare le scelte fatte per l’intera società.

E quali sono le scelte? Da questo punto di vista, il documento rappresenta una piacevole sorpresa: riconosce qualcosa che è ovvio per un economista, ma che pochi politici hanno il coraggio di ammettere, e cioè che non si può avere tutto.

Per esempio, non si possono avere allo stesso tempo pensioni alte e imposte basse. Gli economisti possono solo calcolare le implicazioni delle differenti opzioni, ovvero quale livello di tasse o contributi è necessario pagare per un dato livello di pensioni.

Ma è poi compito del sistema politico scegliere la combinazione che meglio riflette i valori dell’intera società e non solo gli interessi di un particolare gruppo (siano questi i pensionati o i lavoratori che pagano le pensioni).

A quale livello dovrebbero essere prese queste scelte? Anche in questo caso Prodi ci sorprende piacevolmente.

Il presidente della Commissione europea dice che Bruxelles non ha tutte le risposte. Al contrario, afferma che la maggior parte di questi spinosi problemi devono essere risolti dai paesi membri. L’Europa può fornire il quadro di riferimento, ma le scelte difficili devono essere fatte a livello nazionale. Tutti gli Stati membri si trovano ad affrontare problemi simili, ma questo non significa che la soluzione possa venire dall’Europa. Alcuni politici sembrano pensare invece che le scelte difficili, come la riforma delle pensioni, debbano essere trasferite a livello europeo, così da non doverle fare loro stessi. Prodi afferma esplicitamente che una “Maastricht delle pensioni” non avrebbe alcun senso.

Il documento è chiaro anche su numerose altre scelte. Rifiuta categoricamente il protezionismo come strumento per affrontare la globalizzazione, e afferma esplicitamente di preferire il sostegno al reddito per i bisognosi, compresi i disoccupati, alla difesa del posto di lavoro individuale. L’imperativo della difesa del posto di lavoro (o piuttosto di coloro che oggi hanno un lavoro) è stato uno dei principali freni per serie riforme del mercato del lavoro.

Questo e altri punti compongono un programma che la maggior parte degli economisti potrebbe sottoscrivere.

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Fatti e non solo sogni

Ma mettere in pratica tutto questo? L’elemento di sogno appare li dove il documento discute del ruolo dell’Europa. Davvero un ruolo più forte della Commissione e la generalizzazione del voto a maggioranza nel Consiglio renderebbero l’Europa non solo capace di prendere decisioni più rapide, ma anche di realizzare politiche migliori?

Sembra più un sogno che un programma realistico. La Conferenza intergovernativa in corso ha già dimostrato la grande difficoltà dei governi ad accettare anche le modeste (seppure indispensabili, secondo l’opinione dei più) riforme proposte dalla Convenzione. Ma se anche la bozza di Costituzione venisse adottata senza nessun cambiamento, è difficile capire ciò potrebbe avere effetto sulla gestione (o meglio sulla cattiva gestione) delle politiche economiche nella Ue.

Per esempio, Prodi chiede regole per rendere sostenibile la finanza pubblica, regole che dovrebbero guardare al debito piuttosto che ai deficit, e alla sostenibilità di lungo periodo.

In questo, egli è coerente con le sue passate critiche al Patto di stabilità, definito come troppo semplicistico, un commento che ha contribuito a rendere ancor più tormentata la vita alla Commissione. E’ tuttavia difficile comprendere come “l’Europa”, pur con una nuova costituzione, potrebbe far rispettare tali regole, quando è già quasi impossibile far rispettare quelle molto più semplici dell’attuale Patto di stabilità.

Gli stessi problemi si pongono quando si cercano modi concreti per favorire riforme dei sistemi pensionistici e del mercato del lavoro. Il processo varato a Lisbona che avrebbe dovuto fare dell’Europa “la più competitiva economia della conoscenza” entro il 2010, chiaramente non funziona. Prodi non spiega come “l’Europa” potrebbe costringere i paesi membri a realizzare vere riforme per raggiungere gli obiettivi di Lisbona, invece di parlarne soltanto.

Qui è la vera debolezza del documento. Dal presidente della Commissione europea ci saremmo aspettati qualcosa di più di un sogno. L’Europa ha bisogno di indicazioni concrete sui modi per uscire dalle attuali difficoltà economiche e politiche.

 

The Choices Facing Europe

Romano Prodi, President of the European Commission, has recently published a document entitled “Europe: the dream and the choices” (Europa: ils sogno, le scelte). This document has provoked a heated discussion, not on its contents, but because of who the author is and the fact that the document was released in Italian and formally addressed to political forces in Italy (implicitly, but not explicitly to the opposition in Italy). It is unfortunate that no one seems to have looked at the content, which is quite interesting in itself.
A first point to note is that the document does not address an Italian audience in particular, nor does it dwell on the specific problems of Italy. Its purpose is to highlight some issues facing all of “Europe”. Here the document is quite open in acknowledging that “Europe”, as an actor, or as a well-defined entity does not exist (yet?). A frank recognition of this reality is already a good starting point.

What are the problems facing this not-yet-existent Europe? They are essentially the same problems that national policy-makers have to deal with every day: the impact of globalisation, technological change and ageing populations. The document observes rightly that democratic systems have more and more difficulties dealing with these, and other, issues because well-organised interest groupings are increasingly able to dominate the choices made by the entire society.

What are these choices? Here the document is refreshing: it acknowledges something that is obvious to an economist, but also something that few politicians dare to acknowledge, namely that one cannot have everything. For example, one cannot at the same time have high pensions and low taxes. Economists can only calculate the details of the trade-off, i.e. what taxes or contributions are needed to pay for what level of pensions. It is then up to political systems to choose the combination that best reflects the values of society and not just the interests of one particular group (be that of pensioners or that of the workers who have to pay for the pensions).

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At what level should these choices be made? Here Prodi is again refreshing. The President of the European Commission does not say that Brussels has all the answers. On the contrary, according to him most of the difficult issues have to be solved by member countries. Europe can provide a framework, but then the difficult choices must be made at the national level. All member states have to face similar problems, but that does not mean that Europe can provide the solutions. Some politicians seem to think that difficult choices, like pension reform, should be shifted from the national to the EU level so that they do not have to make this choice at home. Prodi states explicitly that a ‘Maastricht for pensions’ does not make sense.
The document is also clear on a variety of other choices: It categorically rejects protectionism as a way to deal with globalisation and it explicitly prefers income support for the needy, including unemployed, over the defence of the individual job. The imperative to protect jobs (or rather those with a job today) has been an important brake on real labour market reforms.
These and other choices sound like a programme that most economists could subscribe to.
But how to implement all this? The dreamy part comes when the document turns to the role of Europe. Will a stronger role for the Commission and generalised majority voting in the Council enable Europe not only to act faster, but also to enforce the implementation of better policies? This seems to be more of a dream than a realistic programme. The IGC going on right now shows already that governments have great difficulty accepting even the modest (and according to most indispensable) reforms proposed by the Convention. But even if the current draft Constitution were adopted essentially unchanged, it is difficult to see how the management (or rather mis-management) of economic policies in the EU would be affected.
For example, Prodi calls for rules that make public finance sustainable, rules that should look at debt, rather than deficits and at long-run sustainability. In this he is consistent with his earlier remarks on the Stability Pact as being too simplistic. (Comments that now make life even more difficult for the Commission.) However, it is difficult to see how even a “Europe” with a new constitution could actually enforce such rules when it is already impossible to enforce the much simpler rules of the Stability Pact. The same problems arise if one thinks about concrete ways to foster reforms of pensions systems and labour market reforms. The Lisbon process that was supposed to make Europe ‘the most competitive knowledge economy’ by the year 2010 is clearly not working. Prodi does not show how “Europe” could fore member countries start paying more than lib service to the Lisbon goals and implement real reforms.

Herein lies the key weakness of this document: from the President of the European Commission one would expect more than a dream. Europe needs concrete proposals how to get out of its present economic and political difficulties.

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