Il Mezzogiorno si sviluppa più del resto del paese, in controtendenza con quanto accade in Europa, dove invece aumentano i divari infra-nazionali. In particolare, migliora la qualità e l’efficacia dei servizi offerti dalla pubblica amministrazione. Sembra quindi che abbiano successo le politiche economiche degli ultimi anni volte a ridurre il peso dei trasferimenti a favore della spesa per infrastrutture. Mentre le amministrazioni locali hanno imparato a valutare non solo la quantità delle risorse, ma anche l’efficacia dei progetti.

In una fase di rallentamento dell’economia italiana ed europea, il Mezzogiorno continua a crescere più del resto del paese. Negli ultimi cinque anni (1999-2003), il Sud si è sviluppato in media dell’1,7 per cento per anno, contro l’1,4 del resto d’Italia.
Questo differenziale di crescita è significativo, sebbene ancora modesto, prolungato nel tempo come mai è avvenuto nella storia del dopoguerra, atipico in un’Europa dove nell’ultimo quinquennio sono aumentati i divari infra-nazionali. In questo contesto, vanno sottolineati i numerosi segnali di miglioramento nella qualità e nell’efficacia dei servizi offerti dalla pubblica amministrazione a cittadini e imprese meridionali.

L’importanza degli investimenti pubblici

Alla riduzione del gap di sviluppo del Mezzogiorno hanno contribuito politiche economiche che dal 1998-1999 risultano diverse rispetto al passato? Oppure esse sono state inutili o addirittura di freno alla crescita, come spesso nel dopoguerra?
Poiché tali nuove politiche si sono concentrate nella realizzazione di investimenti pubblici rivolti a migliorare i servizi al Sud, la questione diventa se si è riusciti a spendere; se la spesa è efficace. Alcune prime risposte si ricavano dal Rapporto annuale 2003 recentemente pubblicato dal Dipartimento per le politiche di sviluppo e coesione.

La carenza di servizi idrici, di trasporto, di telecomunicazione, di smaltimento dei rifiuti, di accesso al patrimonio naturale e culturale, di ricerca, rappresenta ancora oggi il principale “freno” per lo sviluppo dell’area. Le modifiche rispetto al passato ci sono.
Tra i numeri contenuti nel Rapporto, si segnala come la quota di famiglie che hanno denunciato irregolarità nella fornitura d’acqua è scesa dal 32 per cento nel 2001 al 28 per cento nel 2002. La quota di rifiuti soggetti a raccolta differenziata è nello stesso periodo quasi raddoppiata, arrivando al 5 per cento. Il numero medio di visitatori degli istituti statali d’arte e antichità è salito, nelle regioni dell’Obiettivo 1, da 74 a 77mila. Le interruzioni di servizio elettrico per utente sono diminuite di circa il 20 per cento. Si sono ridotti sensibilmente i fenomeni visibili di criminalità organizzata. Le spese per ricerca sono aumentate.

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La svolta sembra essere legata all’accresciuta capacità delle amministrazioni, specie locali, di imparare a spendere, interessandosi non solo a quanto si è erogato (o peggio, a quanto si è impegnato), ma a come e per che cosa. Ha pesato assai positivamente il nuovo sistema di premi e sanzioni per l’operato della pubblica amministrazione.


§ L’aumento della spesa pubblica in conto capitale destinata al Sud è stato continuo negli ultimi anni, fino a superare quella robusta del Centro Nord. Tra il 1999 e il 2001, a fronte di una crescita di circa il 14 per cento nel Centro Nord, l’aumento della spesa pubblica in conto capitale del settore pubblico allargato nel Sud ha superato il 19 per cento. D’altronde, il Rapporto misura quanto si è ancora lontani dall’obiettivo programmatico di destinare il 45 per cento della spesa in conto capitale al Mezzogiorno (nel periodo 2001-2003 la quota è stata pari a circa il 39,4 per cento), specie a causa delle difficoltà mostrate da grandi enti di spesa di realizzare il riparto territoriale obiettivo.

§ L’addizionalità delle risorse comunitarie rispetto alle risorse nazionali è stata garantita. La verifica intermedia, appena conclusa, ha dimostrato che la spesa pubblica nazionale nelle regioni dell’Obiettivo 1 durante il periodo di programmazione 2000-2002 si è mantenuta a un livello medio annuo di 18.493 milioni di euro a prezzi 1999, rispetto al livello previsto ex ante di 18.276 milioni di euro, sempre a prezzi 1999. Il rispetto del principio di addizionalità segnala la robustezza del percorso avviato e la solidità dell’impegno assunto con l’Ue.

§ La quota di investimenti in infrastrutture materiali e immateriali sul totale del conto capitale della Pa è cresciuta in modo assai forte, aumentando di 10 punti (dal 47,9 per cento del 1998 al 57,7 per cento del 2001) rispetto a quella della spesa in incentivi, sussidi e aiuti (che scende specularmente dal 52,1 per cento al 42,3per cento). Le politiche intraprese negli anni recenti volte a ridurre il peso dei trasferimenti a favore della spesa per infrastrutture stanno quindi avendo successo. Tale tendenza risulta confermata da informazioni preliminari relative al 2002: meno risorse per compensare i ritardi, più risorse per eliminarli.

§ La spesa ha badato alla qualità delle iniziative e dei progetti. Lo si rileva sia dal crescente ricorso a criteri valutativi, anche con lo sviluppo della capacità valutativa autonoma delle autorità locali, sia dal fatto che alla capacità “spagnola” di ricorrere ai cosiddetti progetti-sponda (cioè il finanziamento di progetti già realizzati o in via di realizzazione, spesso necessario per non perdere risorse), si è accompagnato l’impegno cogente a impiegare i “fondi liberati” in progetti nuovi e coerenti con gli obiettivi definiti. Più graduale è stato, rispetto al passato, il percorso di crescita della spesa soprattutto nei primi anni del ciclo di programmazione, così da dare tempo al processo di apprendimento.

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Cambia il ruolo del capitale pubblico

Una valutazione complessiva, compiuta recentemente tramite simulazioni con il modello econometrico descritto anch’esso nel Rapporto, indica che nel periodo 2000-2003 l’effetto diretto medio annuo della spesa pubblica addizionale sul tasso di crescita dell’economia meridionale è stato di circa lo 0,2 per cento, a cui si deve sommare un altro 0,2 per cento annuo attribuibile alle esternalità generate.
Il mutamento del ruolo del capitale pubblico risulta nettamente in un recente rapporto del Fondo monetario internazionale, nel quale si rileva che “mentre negli anni Settanta, un aumento di 1 punto percentuale nella quota di investimenti pubblici in infrastrutture sul Pil era correlato a un’accelerazione della crescita di 0,7 punti percentuali nel Centro-Nord, ma soltanto di 0,2 punti percentuali nel Sud, a partire dalla seconda metà degli anni Novanta lo stesso aumento di 1 punto è correlato a un’accelerazione della crescita di oltre 1 punto percentuale al Sud, mentre non ha impatto nel Centro-Nord. […] (cfr. IMF Staff Report for the 2003 Article IV Consultation, Selected Issues, novembre 2003)

I risultati di queste analisi dipendono dal modello e dalle ipotesi scelte. Inoltre, è trascorso ancora troppo poco tempo per poter determinare in modo netto il legame tra il cambiamento delle politiche e la crescita del Sud. I primi risultati, tuttavia, vanno nella direzione attesa.

 

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