I numeri sulla sanità dimostrano che nonostante i disavanzi perenni e gli scontri tra governi la spesa sanitaria non è fuori controllo. Al contrario, i dati parlano di una capacità del sistema di regolarsi, mantenendo spesa e servizi a livelli accettabili. I deficit sono almeno in parte il risultato di un gioco strategico tra Stato e Regioni, insito nel modello di organizzazione e finanziamento del sistema. C’è evidenza empirica di un ruolo delle aspettative nel determinare i livelli di spesa locale.

Al di là dell’apparenza di conflitti eterni tra livelli di governo in campo sanitario, è utile ragionare su qualche numero per capire come sono andate effettivamente le cose.

Spese e finanziamenti

La tabella 1 mette a confronto il finanziamento ex-ante per la sanità pubblica deciso a livello centrale con la spesa effettiva (in termini nominali, reali, pro-capite e in percentuale sul Pil), per gli anni dal 1992 al 2004, dove il finanziamento ex-ante è qui definito come la somma di tributi propri e trasferimenti statali (uguale al fondo sanitario nazionale e alla scomparsa di questo, nel 2001 a quanto deciso con gli accordi intergovernativi).

La tabella mette in evidenza molteplici aspetti interessanti. In primo luogo, sia la spesa che il finanziamento in termini reali hanno avuto un trend crescente nel periodo (eccetto per i primi anni, dal 1992 al 1994).
In secondo luogo, la spesa è sempre stata sensibilmente maggiore del finanziamento, con la conseguente e continua formazione di disavanzi. In particolare, i disavanzi sanitari (calcolati come semplice differenza tra spesa e finanziamento) rappresentavano il 14 per cento della spesa complessiva nel 1994, per poi scendere fino al 3,6 per cento della spesa nel 1995 e risalire al 10,2 per cento nel 1997. Nel 2001, i disavanzi raggiungevano ancora il 5,3 per cento della spesa e le previsioni (ottimistiche) per il 2003 parlano ancora del 3,8 per cento.
In terzo luogo, nonostante i disavanzi, la spesa è rimasta complessivamente stabile nel periodo. In percentuale sul Pil, è passata dal 6,3 per cento nel 1992 al 5,2 per cento nel 1995, per poi risalire al 6,3 per cento nel 2002 (e a questo livello dovrebbe restare nel biennio 2003-2004).
Si tratta di valori in linea con la media dell’Unione europea (6 per cento) e certo non impressionanti per un paese dai capelli sempre più bianchi.

Nonostante i deficit perenni, guardando i numeri, non c’è dunque evidenza che il complesso meccanismo istituzionale italiano di determinazione della offerta sanitaria pubblica abbia portato a una perdita di controllo della crescita della spesa.
Al contrario, i dati testimoniano dell’enorme sforzo compiuto per razionalizzare la spesa sanitaria negli anni Novanta. Nel complesso, si tratta di una storia di successo: si è riusciti a controllare la spesa pubblica pur mantenendo a livelli accettabili la qualità dei servizi offerti (tralasciando le differenziazioni interregionali, che rimangono ampie, sebbene non in crescita). Questa evidenza è sostanzialmente tranquillizzante anche per le altre materie devolute, cui dovrebbe applicarsi in futuro lo stesso modello organizzativo. (vedi Bordignon)

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I disavanzi

Ma allora perché si formano i disavanzi sanitari? La tabella non chiarisce se la responsabilità dei deficit sia dei finanziamenti troppo bassi, come sostengono le Regioni, o della spesa troppo alta, come dice l’attuale Governo (e come hanno detto tutti i governi precedenti, indipendentemente dal colore politico). Qualche suggerimento però lo offre.
Innanzitutto, si osserva che in quasi tutti gli anni compresi nel periodo considerato, compreso il biennio 2002-2003, il finanziamento accordato dallo Stato alle Regioni è stato inferiore in termini nominali alla spesa dell’anno precedente. Poiché una riduzione della spesa nominale, a parità di servizi offerti, è praticamente impossibile (e infatti non è mai stata raggiunta, se non tra il 1992 e il 1995 per ragioni che diremo), la tabella indica una scelta deliberata da parte dei Governi, di centro-destra o di centro-sinistra, di sotto-finanziamento della sanità. Tuttavia, si osservi che questo non significa affatto che le Regioni siano state davvero lasciate sole a finanziare il proprio eccesso di spesa.
Al contrario, a distanza di qualche anno la maggior parte dei deficit sanitari è stata in effetti finanziata dallo Stato, attraverso l’emissione di titoli pubblici e l’eliminazione dei debiti pregressi. Questo emerge con chiarezza dalla tabella 2, che raccoglie i dati relativi al finanziamento straordinario per la sanità per i disavanzi realizzati tra il 1994 e il 2001.

Perché mai allora il Governo nazionale dovrebbe comportarsi in modo così perverso, negando prima i trasferimenti alle regioni e poi finanziando comunque ex-post i deficit generati?
Per più di una ragione, la cui importanza relativa si è andata modificando nel tempo.
Per ragioni di budget dressing del bilancio del Settore statale, soprattutto nel primo periodo, quando le regole europee sulla contabilità pubblica consentivano più facilmente l’abbellimento dei conti (con le partite “sotto la linea” che influenzavano direttamente il debito senza essere contabilizzate nei disavanzi). Accentuate dal fatto che, a causa della scarsa vita attesa dei Governi italiani, qualche altro esecutivo si sarebbe comunque fatto carico in futuro del problema dei deficit accumulati nel presente.
Per mantenere comunque sotto pressione le Regioni, rendendo incerto livello e tempistica del finanziamento ex-post dei disavanzi, soprattutto in un secondo periodo.
Infine, per riequilibrare con i trasferimenti ex-post e sulla base della spesa effettiva, i trasferimenti decisi ex-ante, distribuiti in maniera troppo uniforme a causa dell’incapacità del Governo centrale di produrre stime affidabili sulle esigenze effettive di spesa delle singole Regioni, in dipendenza delle specifiche caratteristiche regionali nella struttura di produzione dei servizi e dai bisogni differenziati della popolazione.

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Si deve quindi concludere che la responsabilità dei disavanzi resta tutto dello Stato?
In realtà no, perché esistono notevoli sprechi nei sistemi sanitari regionali e, come la stessa tabella 2 implicitamente suggerisce, i livelli di efficienza relativa tra le varie Regioni sono assai diversi. Inoltre, esiste evidenza empirica a supporto dell’ipotesi che la formazione dei disavanzi sia influenzata dal gioco delle aspettative.
Quando le Regioni si aspettano che il finanziamento ex-post arriverà presto e sarà abbondante, riducono i controlli e fanno lievitare la spesa corrente. Viceversa, nel caso opposto.
Questo comportamento è confermato da una nostra analisi sull’andamento della spesa sanitaria negli anni Novanta.
I risultati suggeriscono che la forte decelerazione della spesa sanitaria avvenuta nel triennio 1993-1995 sia imputabile, oltre che a una serie di pesanti interventi sulla spesa sanitaria decisi direttamente dal Governo (blocco dei contratti, ticket e interventi sui prontuari farmaceutici), al subitaneo peggioramento delle aspettative delle Regioni sulla possibilità di ottenere rapidamente trasferimenti aggiuntivi da parte dello Stato, indotto dalla crisi economica e dalla rincorsa verso Maastricht. Quando queste aspettative sono migliorate, con l’entrata dell’Italia nell’area euro, la spesa ha ripreso subito ad accelerare.
Le stime suggeriscono anche che miglioramenti nell’autonomia finanziaria delle Regioni tendono a rafforzare il controllo della spesa, rendendo più credibile il vincolo di bilancio.

 

Per saperne di più

Bordignon, M. e Turati, G. Bailing Out Expectations and Health Expenditure in Italy, CESifo WP n. 1026, September 2003.
Turati, G. L’evoluzione della spesa, del finanziamento, dei disavanzi e degli interventi di ripiano nelle gestioni della sanità regionale italiana, Politiche Sanitarie, aprile-giugno 2003.

 

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