I ritardi nella definizione del progetto di legge di tutela del risparmio nascono dalla scelta di trattare i problemi di governance delle imprese e di conflitti di interesse degli operatori di mercato assieme alla riforma delle autorità di vigilanza, fra l’altro con soluzioni non sempre convincenti. Meglio sarebbe separare le due materie e completare l’iter del progetto di legge di tutela del risparmio. In attesa di un riassetto complessivo delle autorità, si potrebbe procedere con il solo potenziamento dei poteri di indagine di Consob.

La predisposizione definitiva del progetto di legge in materia di tutela del risparmio e disciplina dei mercati finanziari non si è ancora conclusa, dopo le emergenze di questo inverno sul caso Parmalat e Cirio. La duplice esigenza di assicurare una risposta rapida, ma anche organica e convincente, non ha quindi trovato ancora una sua composizione.

D’altra parte, l’intera vicenda sin dai suoi inizi ha avuto molte motivazioni diverse, che hanno non poco contribuito a renderne accidentato il percorso. La scelta di trattare i problemi di governance delle imprese e di conflitti di interesse degli operatori di mercato assieme alla riforma delle autorità di vigilanza non sembra favorire un celere percorso della riforma e l’individuazione di soluzioni sempre convincenti. Ma andiamo con ordine.

Un approccio più ampio

Da quando la voragine dei conti Parmalat e l’estensione delle malversazioni consumate in quella vicenda sono diventate di pubblico dominio, è emersa la chiara consapevolezza che un vasto insieme di sistemi di controllo aveva mostrato la sua palese inadeguatezza.

Partendo da quelli più interni, relativi al ruolo degli amministratori, degli azionisti di minoranza e dei sindaci, continuando con il mancato controllo delle società di revisione, per proseguire con il carente monitoraggio degli istituti di credito (nazionali ed esteri), concludendo con le insufficienti verifiche delle autorità preposte alla vigilanza sulla trasparenza (Consob) e sulla stabilità (Banca d’Italia).

La reazione iniziale, ultima testimonianza del basso profilo della politica nostrana, è nota ai lettori, e sintetizzata nella domanda con cui, all’inizio della vicenda, il caso veniva riassunto dal Governo: come poteva la Banca d’Italia ignorare quanto stava succedendo?

Va dato atto ai lavori delle commissioni riunite Finanze e Attività produttive della Camera dei deputati di aver ampliato l’iniziale approccio e considerato le molteplici dimensioni di riforma necessarie. Nel testo licenziato il 5 maggio 2004 si ritrovano essenzialmente tre nuclei di problemi, che riflettono la complessità delle problematiche emerse.

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La prima può essere sintetizzata facendo riferimento ai problemi di governance delle imprese, e richiede una riconsiderazione dei sistemi di controllo interni (consiglio di amministrazione, amministratori indipendenti, collegio sindacale, tutela delle minoranze) e dei conflitti di interessi (in relazioni all’amministrazione e al finanziamento). La seconda investe il ruolo di soggetti terzi che operano nei mercati finanziari (intermediari finanziari, revisori contabili). Il terzo capitolo riguarda infine una riforma delle competenze e dell’organizzazione delle autorità pubbliche di vigilanza dei mercati finanziari, quello che era il piatto forte dell’iniziale proposta governativa.

La riforma delle authorities

Nonostante l’approccio organico che il progetto di legge ha oggi assunto, i veleni dell’iniziale impostazione, strumentalmente finalizzata a trovare un unico colpevole e una definitiva resa dei conti, rimangono nel testo e spiegano in gran parte l’allungamento dei tempi. La decisione di unire in un unico progetto i provvedimenti necessari per assicurare una governance più trasparente delle imprese e per contrastare i conflitti di interesse degli operatori sui mercati finanziari assieme con una riforma delle autorità di vigilanza, non sembra una scelta felice per diverse ragioni.

Innanzitutto, perché si è intervenuti su una materia, la riforma delle authorities, già in agenda nell’azione del Governo, con il progetto predisposto dal ministro Franco Frattini e poi portato avanti dal suo successore.

È bene ricordare che, al di là delle possibili critiche alla soluzione proposta dal Governo (si veda Autorità indipendenti: hanno ballato una sola estate), il progetto Frattini nasceva da una esigenza riconosciuta e condivisa, quella di regolare in modo organico e uniforme una serie di realtà nate in sequenza negli anni Novanta e caratterizzate da sovrapposizioni nelle competenze, funzioni simili applicate in settori contigui e grande eterogeneità nelle strutture. Il progetto di legge sulla tutela del risparmio, proponendo una riforma delle sole autorità in materia finanziaria, e adottando soluzioni disomogenee per i criteri di nomina e di governance, mantiene e aggiunge eterogeneità al quadro esistente, pur seguendo un condivisibile criterio di riorganizzazione delle autorità per funzioni (di vigilanza sulla trasparenza, sulla stabilità, sulla concorrenza).

In secondo luogo, procedere a una ridefinizione delle competenze nell’ambito di una riforma complessiva di queste istituzioni permetterebbe di mantenere un richiamo costante alla necessità di garantire (nel disegno di competenze, criteri di nomina, poteri e relazioni reciproche) l’indipendenza delle autorità dall’esecutivo. Questo non sembra avvenire in modo soddisfacente nel progetto di legge sulla tutela del risparmio, dove il ruolo del Cicr, della prevista commissione parlamentare di tutela del risparmio e l’intervento diretto del Governo nell’indicazione del presidente dell’Autorità per i mercati finanziari suggeriscono al contrario un possibile arretramento degli spazi di autonomia delle autorità indipendenti.

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La scelta di affrontare la riforma delle autorità di vigilanza entro il testo sulla tutela del risparmio porta inoltre ad affrontare una serie di questioni che sono importanti in un ridisegno delle autorità (ovvio il riferimento ai criteri di nomina e alla durata del governatore della Banca d’Italia), ma che poco sembrano avere a che fare con la tutela dei risparmiatori.

Infine, il riordino delle authorities presuppone un riesame dello stesso ruolo di Banca d’Italia, tema delicato che la proposta di riforma Frattini prudentemente scelse di accantonare, e che invece va considerato. Predisponendo però un quadro di regole uniforme, entro il quale trattare anche il caso specifico della banca centrale.

L’occasione per separare le prime due parti dal riordino delle authorities potrebbe essere colta dalla necessità di recepire la direttiva 2003/6/Ce in materia di abusi di mercato.

Una possibile via di uscita dall’attuale impasse potrebbe essere quindi quella di scorporare la riorganizzazione delle competenze e della governance delle autorità in materia finanziaria riprendendo il percorso avviato dalla riforma Frattini, e completare l’iter del progetto di legge di tutela del risparmio per le altre parti. E in attesa di un riassetto complessivo delle autorità, si potrebbe procedere con il solo potenziamento dei poteri di indagine di Consob, uno dei punti delicati emersi nella vicenda Parmalat.

 

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