Si occuperà di bio-nanotecnologie, scienze neurali, automazione e robotica, settori di frontiera e ad alta ricaduta applicativa. Sarà una struttura snella, de-burocratizzata e autonoma, basata su criteri meritocratici, che dovrà contare anche su finanziamenti privati. Perché la sfida dellIstituto italiano di tecnologia è innovare il sistema della ricerca nel nostro paese, stimolando la competizione e mettendo in rete le realtà di eccellenza. Così da consentire allItalia di mantenere un ruolo primario nel gruppo dei paesi più avanzati anche prossimi decenni. Sin dall
La sfida
Ancor prima che diventasse un soggetto giuridico, sostenitori e scettici hanno descritto l‘Iit come una creatura nuova e comunque anomala nel panorama della ricerca italiana. Su questo non possono esserci dubbi: l‘Iit è una sfida nuova. Il suo innesto nel sistema vuole apportare elementi aggiuntivi e innovare il sistema stesso, stimolando la competizione scientifica e mettendo in rete le realtà di eccellenza esistenti e future. L‘obiettivo è catalizzare una massa critica di attività di ricerca – e connesse alla ricerca – tale da consentire all‘Italia di mantenere un ruolo primario nel gruppo dei paesi più avanzati anche nei decenni a venire.
L‘Iit avrà sede a Genova nell‘ex Ospedale di Quarto, dato in comodato gratuito dalla Regione Liguria, che si è attivata per la ristrutturazione raccogliendo anche il contributo di privati.
Legalmente, è una fondazione e in quanto tale avrà la capacità di accogliere donazioni di capitali pubblici e privati. Non dover essere legati esclusivamente a finanziamenti pubblici – e nel caso dell‘Iit i fondi stabiliti per legge sono solo una dote che l‘Istituto dovrà far fruttare e investire per garantirsi il futuro – rappresenta infatti una maggior garanzia che la competizione scientifica possa essere vera e stimolante. Valori come la competizione, la meritocrazia e l‘autonomia li considero inscritti nel Dna dell‘Istituto e di chi vi dovrà lavorare in futuro.
La struttura
Dalla designazione in febbraio del Commissario unico (carica che attualmente ricopro) e del Comitato d‘indirizzo, che determina gli indirizzi scientifici e la selezione dei progetti, sono passati solo pochi mesi durante i quali abbiamo concentrato tutte le energie per impostare le attività e, soprattutto, per strutturare meccanismi rigorosi, selettivi e trasparenti che governeranno l‘Iit a regime.
Il Comitato di indirizzo dell‘Iit è il suo garante scientifico: è infatti concepito come l‘equivalente del Board of Trustees del mondo anglosassone ed è composto da premi Nobel, scienziati, direttori di centri di ricerca e manager di levatura internazionale.
In questo lasso di tempo, il Comitato ha definito le macroaree di ricerca entro le quali dirigere lo sviluppo scientifico, individuando nelle humanoid technologies la cornice scientifica entro la quale saranno indirizzati i progetti e gli investimenti. Per essere più precisi, l‘Iit si muoverà su tre piattaforme logicamente e scientificamente correlate: bio-nanotecnologie, scienze neurali, automazione e robotica. Tutti settori di frontiera, tra quelli a più alta ricaduta applicativa e potenziale di sviluppo.
Contemporaneamente, è in via di finalizzazione il programma di formazione, articolato in dottorati e post-dottorati, e presto procederemo all‘individuazione dei criteri di selezione per i team di ricerca. Stiamo poi affrontando il tema della governance e del piano operativo e gestionale che consentirà all‘Istituto di strutturare correttamente le attività scientifiche e organizzative, di essere finanziariamente indipendente e di allargare progressivamente il numero dei progetti di ricerca. Progetti che, è bene chiarire anche questo, saranno tutti svolti dall‘Iit o in collaborazione con altri istituti: opererà dunque come centro di ricerca e non come agenzia, cosa che alcuni hanno erroneamente immaginato.
Naturalmente, l‘avvio di queste attività richiede tempo e accuratezza, basti pensare alle selezioni dei ricercatori senior, che saranno responsabili dei singoli progetti o dei labs. Tuttavia, l‘Iit farà partire quasi subito un altro “motore“ e, in attesa dell‘allestimento dei laboratori a Genova, inizierà a formare i primi ricercatori attraverso borse di studio per dottorati e post dottorati che saranno bandite a breve all‘interno del programma di formazione sopracitato. Stiamo anche attivando un network tra i migliori centri di eccellenza italiani e internazionali per scambiare idee e proposte su nuovi programmi di alta formazione.
Le iniziative sono dunque in pieno sviluppo, pur non avendo l‘Iit ancora, e deliberatamente, una struttura operativa in senso tradizionale (uffici, laboratori, centralini, campus, aule didattiche, divisioni e consigli accademici). Per l‘Italia è forse un‘anomalia, ma non deve stupire perché stiamo lavorando nello spirito dello start-up, con un chiaro obiettivo di riferimento: mettere a punto una struttura snella, de-burocratizzata, basata su criteri meritocratici.
La mission
Questi primi anni di start-up saranno sfruttati per definire i meccanismi che permetteranno all‘Iit di diventare, una volta a regime, uno stimolo alla competizione scientifica in Italia, un punto di riferimento all‘estero e un “disseminatore“ di conoscenze ad alto contenuto tecnologico. I criteri di selezione e di verifica dei risultati saranno parametrati alle best practices internazionali e l‘ambiente scientifico dell‘Iit sarà caratterizzato da un continuo ricambio: poiché una delle garanzie di innovazione viene infatti non dal creare nuovi “posti fissi“, ma dalla circolazione dei cervelli.
Ecco dunque meglio argomentata la mission istituzionale dell‘Istituto, che nei documenti ufficiali è indicata nel “promuovere lo sviluppo tecnologico, l‘alta formazione tecnologica e la ricerca scientifica nel paese“. L‘obiettivo non è astratto ed è quanto mai strategico. L‘Italia deve affrontare il problema della propria capacità competitiva. Produttività, progresso e benessere futuri derivano dallo sviluppo di tecnologie di base riversate con efficacia nella filiera produttiva. La scommessa dell‘Iit è riuscire ad avere un ruolo in questo processo. Certo, ci vuole tempo e metodo.
Un modello vincente è quello che ha portato alla creazione di istituti come il Mit di Boston, efficace nel generare una catena del valore che dalla formazione passa alla selezione e alla messa a sistema delle eccellenze nei campi scientifici a più alta ricaduta applicativa. L‘obiettivo è ambizioso, ma alla nostra portata.
Ritengo poi che per chi desideri impegnarsi nella ricerca e misurarsi su parametri meritocratici, l‘Iit non possa che rappresentare un‘opportunità e uno stimolo. Una più elevata e dinamica competizione tra centri di ricerca e università è il sale necessario per dare nuove prospettive di crescita. Quanto più infatti il sistema delle eccellenze sarà in movimento, aumenterà le proposte di formazione ed eleverà i criteri di selezione dei ricercatori e dei progetti, tanto maggiore sarà l‘accelerazione della produzione scientifica e la sua qualità a livello internazionale. A beneficio di tutti.
* L’autore è Commissario unico dell’Istituto italiano di tecnologia.
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Giovanni Orru'
Spesso si guarda all’eccellenza di alcune strutture anglosassoni. Tale eccellenza si manifesta anche nel fatto che sanno creare un buon ambiente intorno a chi ci lavora, anzi, ci vive. E’ questo il punto, i ricercatori hanno una loro città con strutture e parchi dedicati a loro.
Se andate al dipartimento di chimica alla Statale di Milano si trovano uffici e laboratori angusti e bui e, tutt’attorno fabbricati e rumore.
Giovanni Orru’
Massimo Bertini
Sono stato molto contento nell’apprendere che esiste un progetto come quello dell’IIT in corso di realizzazione. Sono un piccolo imprenditore del mondo informatico e sono disponibile a contribuire economicamente, nella misura che mi è consentita, alla realizzazione del progetto. Sono certo che il mondo delle piccole e medie imprese italiane, se stimolato, saprà rispondere a questa bella iniziativa con contributi significativi.
Massimo Bertini