Il nuovo sistema di deduzioni linearmente decrescenti, previsto dalla riforma dell’Ire, aumenta il numero delle aliquote e degli scaglioni di reddito oltre i quattro nominalmente previsti. Aggrava le distorsioni sull’offerta di lavoro e determina una “personalizzazione” delle aliquote e dei confini degli scaglioni in funzione del tipo di reddito e dei carichi famigliari. Ha però il pregio di evitare bruschi incrementi di imposta per effetto di piccoli incrementi di reddito, come invece accadeva con le precedenti detrazioni decrescenti “a scalini”.

Il lungo dibattito che ha preceduto la formulazione, da parte del Governo, del pacchetto fiscale per il 2005 ha ruotato intorno a due temi principali: la copertura dei tagli fiscali e la struttura dell’imposta sul reddito (Ire), in particolare “numero” (due, tre, o quattro) e “livello” delle aliquote. Sulla seconda questione, l’attenzione si è concentrata sulla struttura “tabellare” dell’Ire (aliquote e scaglioni di reddito), mentre quasi del tutto assente è stato il dibattito “pubblico” circa le varie ipotesi di revisione delle deduzioni per redditi da lavoro e delle detrazioni per carichi famigliari.
Su questo versante, la principale novità emersa dal pacchetto fiscale approvato il 25 novembre 2004 è costituita dalla sostituzione delle detrazioni di imposta per carichi famigliari con deduzioni dal reddito, come in parte già avvenuto a partire dal 2003 per i redditi da lavoro dipendente, da lavoro autonomo e da pensione (la cosiddetta no tax area). Ma non solo: detrazioni “decrescenti a scalini” (cioè detrazioni costanti all’interno dei vari scaglioni di reddito ma decrescenti nel passaggio da uno scaglione a quello successivo) sono state sostituite da deduzioni che decrescono linearmente all’aumentare del reddito (raggiunta una certa soglia di reddito la deduzione si annulla).

L’effetto delle deduzioni

Nei giorni seguenti il varo del pacchetto fiscale, i maggiori quotidiani hanno pubblicato tabelle che mostrano, in corrispondenza di vari livelli di reddito e in relazione a varie tipologie di carichi famigliari (coniuge, un figlio, coniuge più due figli, eccetera), l’entità del beneficio (taglio di imposta) per le varie categorie di contribuenti. Su questo, si vedano gli articoli di Baldini e Bosi del 29-11-2004 e del 5-11-2004. Questo tipo di analisi, se da un lato è molto utile per mettere in evidenza gli aspetti distributivi della riforma (confrontare chi ci guadagna di più con chi ci guadagna di meno), non permette tuttavia di fare luce sull’impatto che le nuove deduzioni per carichi famigliari, insieme a quella preesistente per redditi da lavoro, hanno sulla struttura dell’Ire.
Sono tre gli aspetti che vale la pena di sottolineare. Primo, il nuovo sistema di deduzioni linearmente decrescenti provoca un incremento del numero delle aliquote e degli scaglioni di reddito oltre i quattro nominalmente previsti: nel caso di un lavoratore dipendente con carichi famigliari le aliquote e gli scaglioni di reddito effettivi sono addirittura sette. Le accese contrapposizioni fra i vari membri della maggioranza che hanno preceduto il varo del pacchetto sul numero delle aliquote (chi ne voleva due, chi tre e chi quattro), appaiono perciò un dibattito sterile.
Il secondo aspetto è che deduzioni linearmente decrescenti innalzano il livello delle aliquote marginali “effettive” rispetto a quelle “tabellari”, aggravando in questo modo le distorsioni sull’offerta di lavoro. Questo punto è stato efficacemente messo in luce da Paladini del 25-10-2004 e da Pollastri e De Vincenti dell’ 11-11-2004 (in questi articoli l’analisi è estesa agli assegni famigliari, mentre qui ci concentriamo solo sull’imposta sul reddito).
Terzo e ultimo punto, il sistema delle deduzioni determina una “personalizzazione” delle aliquote e dei confini degli scaglioni di reddito in funzione del tipo di reddito (da lavoro, da pensione, da lavoro autonomo) e dei carichi famigliari.

Il caso del “lavoratore single”

Partiamo dal caso più semplice, quello di un lavoratore dipendente senza carichi famigliari. A partire dal 2005 l’Ire è strutturata su quattro aliquote “tabellari” (si veda la tabella 1). La deduzione per redditi da lavoro dipendente (in vigore dal 2003) è di 7.500 euro. Oltre i 7.500 euro di reddito, la deduzione decresce linearmente fino ad annullarsi in corrispondenza di 33.500 euro di reddito, soglia oltre la quale non spetta alcuna deduzione. Nell’intervallo compreso fra i 7.500 e i 33.500 euro, a un incremento del reddito di 100 euro corrisponde una riduzione della deduzione di circa 28,8 euro.

Tabella 1. Scaglioni e aliquote “tabellari” Ire

scaglioni di reddito (euro)

aliquote

  

fino a

26.000

23%

oltre

26.000

fino a

33.500

33%

oltre

33.500

fino a

100.000

39%

oltre

100.000

  

43%

Per apprezzare l’impatto della deduzione possiamo eseguire un esercizio: “inglobare” direttamente la deduzione nella funzione di imposta, ridefinendo scaglioni di reddito e aliquote di imposta in modo da ottenere un’imposta equivalente che non prevede la deduzione. Ecco allora che l’imposta su quattro aliquote della tabella 1, unitamente alla deduzione, è equivalente all’imposta su cinque aliquote, in assenza di deduzione, contenuta nella tabella 2.
Le due imposte sono equivalenti perché l’imposta pagata è la stessa per tutti i livelli di reddito.

Tabella 2. Scaglioni e aliquote “effettive” Ire. Lavoratore dipendente

scaglioni di reddito (euro)

aliquote

  

fino a

7.500

0

oltre

7.500

fino a

27.679

29,6%

oltre

27.679

fino a

33.500

42,5%

oltre

33.500

fino a

100.000

39%

oltre

100.000

  

43%

L’impatto della deduzione è a questo punto evidente. In primo luogo, crea un intervallo di redditi (quelli fino a 7.500 euro) esonerati dall’imposta, la cosiddetta no tax area. In secondo luogo, poiché la deduzione decresce linearmente all’aumentare del reddito, crea due scaglioni di reddito (quello da 7.500 a 27.679 euro e quello da 27.679 a 33.500 euro) la cui aliquota effettiva (rispettivamente 29,6 per cento e 42,5 per cento) risulta superiore a quella tabellare (rispettivamente 23 per cento e 33 per cento). Il motivo è semplice. All’interno di queste due fasce di reddito, se il reddito del contribuente aumenta di 100 euro, il suo reddito imponibile aumenta di circa 129 euro (perché la deduzione, come abbiamo osservato, si riduce di circa 29 euro), e pertanto 129 euro tassati al 23 per cento danno, nella prima di queste due fasce, 29,6 euro di maggiore imposta, cioè un’aliquota effettiva del 29,6 per cento sui 100 di maggior reddito. Nel terzo scaglione, quello dai 27.679 ai 33.500 euro, dove i 129 euro di maggior reddito imponibile sono tassati al 33 per cento, si hanno circa 42,5 euro di maggiore imposta (perciò un’aliquota marginale effettiva del 42,5 per cento sui 100 euro di maggior reddito). Nel quarto e nel quinto scaglione, dove la deduzione è nulla perché il reddito supera i 33.500 euro, aliquote tabellari e aliquote effettive tornano a coincidere. Il fatto che con una deduzione decrescente si riesca 1) a esentare dall’imposta una fascia di redditi bassi e 2) a non concedere alcuna deduzione oltre una certa soglia di reddito, porta come conseguenza la creazione di alcune fasce di redditi intermedi all’interno delle quali il debito di imposta cresce più velocemente di quanto stabilito dalle aliquote tabellari, al fine appunto di annullare, per i più ricchi, il beneficio della no tax area.
Una deduzione decrescente può essere valutata positivamente sotto il profilo dell’equità, perché è più generosa con i più poveri mentre risulta meno generosa (o addirittura assente) con i più ricchi. Tuttavia, è dannosa sotto il profilo dell’efficienza perché determina, come abbiamo visto, un innalzamento delle aliquote (marginali) effettive di imposta per i contribuenti beneficiari della deduzione. La deduzione, mentre da un lato alleggerisce l’onere fiscale (l’imposta mediamente pagata su un euro di reddito), dall’altro preleva di più sugli incrementi di reddito (si innalza l’aliquota marginale), inasprendo in questo modo le distorsioni causate dall’imposta. La decisione di un individuo se lavorare un’ora in più (se fare degli straordinari, se accettare un incarico aggiuntivo) è infatti influenzata dall’aliquota marginale di imposta, non da quella media.

Se ci sono i carichi familiari

La stessa logica può essere utilizzata per valutare l’impatto delle varie deduzioni per carichi famigliari, che dal 2005 affiancheranno la nuova imposta sul reddito. Per il coniuge a carico, il pacchetto fiscale prevede una deduzione di 3.200 euro, linearmente decrescente fino alla soglia di 81.200 euro, dove la deduzione si annulla.
Nel caso di un contribuente con reddito da lavoro dipendente e coniuge a carico, l’imposta su quattro aliquote di cui alla tabella 1, unitamente alle due deduzioni, risulta equivalente all’imposta su sette aliquote, ma nessuna deduzione, contenuta nella tabella 3. Si noti anche l’oscillazione delle aliquote marginali effettive.

Tabella 3. Scaglioni e aliquote “effettive” Ire. Lavoratore dipendente con coniuge a carico

scaglioni di reddito (euro)

aliquote

  

fino a

9.774

0

oltre

9.774

fino a

29.331

30,6%

oltre

29.331

fino a

33.500

43,9%

oltre

33.500

fino a

35.380

34,4%

oltre

35.380

fino a

81.200

40,6%

oltre

81.200

fino a

100.000

39%

oltre

100.000

  

43%

Per finire, consideriamo la deduzione per figli a carico. Per ciascun figlio la deduzione è di 2.900 euro. Un contribuente con coniuge e due figli a carico può usufruire pertanto di una deduzione complessiva per carichi famigliari di 9mila euro (3.200 per il coniuge più una deduzione di 2.900 euro per ciascun figlio), importo che decresce linearmente fino ad annullarsi in corrispondenza di 87mila euro di reddito. Per un lavoratore dipendente con coniuge e due figli a carico, l’imposta su quattro aliquote di cui alla tabella 1, unitamente alle varie deduzioni, risulta equivalente all’imposta su sette aliquote, ma nessuna deduzione, contenuta nella tabella 4. Sul terzo scaglione di reddito (che risulta tuttavia molto “sottile”) l’aliquota marginale è addirittura pari al 46,3 per cento. All’interno di questo scaglione, poiché diminuisce sia la deduzione da lavoro dipendente che quella per carichi famigliari, 100 euro di reddito in più, riducendo le deduzioni di circa 40 euro, fanno aumentare il reddito imponibile di circa 140 euro. Questo maggiore imponibile, tassato al 33 per cento, porta ad un aggravio di imposta di circa 46,3 euro, cioè un’aliquota marginale effettiva del 46,3 per cento.

Tabella 4. Scaglioni e aliquote “effettive” Ire. Lavoratore dipendente con coniuge e due figli a carico

scaglioni di reddito (euro)

aliquote

  

fino a

14.034

0

oltre

14.034

fino a

32.554

32,3%

oltre

32.554

fino a

33.500

46,3%

oltre

33.500

fino a

39.034

36,8%

oltre

39.034

fino a

87.000

43,5%

oltre

87.000

fino a

100.000

39%

oltre

100.000

  

43%

Per concludere, un sistema di deduzioni (o detrazioni) linearmente decrescenti presenta l’inconveniente di determinare, in modo poco trasparente, un incremento del numero e del livello delle aliquote marginali effettive. D’altro canto, però, ha il pregio di non determinare “salti” nel livello del debito d’imposta in funzione del reddito, aspetto negativo che invece era presente nel sistema precedente con detrazioni costanti all’interno dei vari scaglioni di reddito ma decrescenti “a scalini” nel passaggio da uno scaglione a quello successivo. Il salto verso il basso della detrazione in corrispondenza del cambio di scaglione comportava infatti un brusco salto verso l’alto dell’imposta pagata. Tuttavia, il fatto che le detrazioni fossero costanti all’interno dei vari scaglioni faceva sì che le aliquote marginali effettive coincidessero sempre con quelle tabellari. Come spesso accade nei problemi economici, siamo in presenza di un trade off fra due diversi obiettivi. Se vogliamo evitare che le aliquote effettive risultino superiori a quelle tabellari, allora è meglio adottare un sistema con detrazioni (o deduzioni) decrescenti a scalini, al prezzo però di ottenere bruschi incrementi di imposta per effetto di piccoli incrementi di reddito. Questo problema può essere evitato con un sistema di detrazioni (o deduzioni) linearmente decrescenti, al prezzo di innalzare le aliquote marginali effettive, aggravando così le distorsioni sull’offerta di lavoro.

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