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La Commissione e il Patto. Ovvero il cane che non riuscì ad abbaiare

La discussione sul Patto di Stabilità non può prescindere dalla considerazione che gli attuali e futuri cambiamenti demografici rendono oggi ancor più necessario che in passato il consolidamento delle finanza pubblica. E dunque i vincoli vanno rafforzati e non allentati. Rispetto al potenziale di crescita odierno infatti il limite del 3 per cento appare fin troppo generoso. Le proposte della Commissione invece rischiano di minare la disciplina fiscale. Anche il concetto di “circostanze eccezionali” legate alla bassa crescita andrebbe rivisto alla luce delle attuali condizioni.

Quando un gran numero di automobilisti non rispetta il limite di velocità, è buona norma chiedersi se il limite abbia ancora un senso e, nel caso la sua validità sia confermata, rafforzare i controlli, soprattutto quando la frequenza degli incidenti aumenta. Bene ha fatto quindi la Commissione europea ad aprire il dibattito sul Patto di Stabilità e crescita, che è stato violato da un numero crescente di Stati membri. Sfortunatamente, però, le proposte della Commissione rischiano di annacquare il Patto, fino a minare la disciplina fiscale. In definitiva, le proposte della Commissione rimandano l’impressione che gli automobilisti indisciplinati abbiano qualche ragione e che chi guida un’auto con un motore migliore non dovrebbe essere costretto a rispettare i limiti in modo così rigoroso.
Siamo convinti che sia vero esattamente l’opposto. La necessità di consolidare le finanze pubbliche di fronte agli attuali e futuri cambiamenti demografici è oggi ancor più forte che in passato.

Le prospettive di lungo periodo per l’economia europea e la riforma del Patto

Il Patto di Stabilità è stato ideato per rendere operativa la norma generale, contenuta nel Trattato di Maastricht, che proibisce i deficit “eccessivi”. Il Trattato, che ha introdotto i vincoli di politica fiscale, partiva dall’ipotesi che il Pil nominale sarebbe cresciuto del 5 per cento tendenziale l’anno e che un rapporto debito-Pil del 60 per cento fosse sostenibile. Coerentemente con queste assunzioni, stabiliva che il deficit di bilancio non avrebbe dovuto superare il 3 per cento del Pil. Col senno di poi, si tratta di un livello di deficit piuttosto generoso. La crescita potenziale reale nell’area euro oggi è probabilmente intorno all’1,75 per cento e l’obiettivo di inflazione della Banca centrale europea è sotto il 2 per cento. Un’assunzione più realistica è che la crescita tendenziale nominale di Eurolandia sia oggi attorno al 3,5 per cento. Per stabilizzare il rapporto debito-Pil al 60 per cento, il livello massimo di deficit dovrebbe perciò essere fissato al 2,1 per cento. Inoltre, l’invecchiamento della popolazione di Eurolandia fa crescere per i governi le passività che non sono incluse nel debito definito da Maastricht.Perciò, per mantenere la capacità dei governi di far fronte agli impegni assunti, il debito dovrebbe diminuire nel tempo, in modo da garantire che la pressione fiscale non cresca ancora di più nei prossimi cinquanta anni. Su questi punti c’è un accordo generale. Tuttavia, né di questi né della loro ovvia implicazione che i vincoli del Patto dovrebbero essere rafforzati invece che allentati, si trova eco nella comunicazione della Commissione del 3 settembre 2004.

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Quali sono le circostanze eccezionali

In modo sorprendente, poi, la Commissione sorvola su un argomento chiave di chi invoca il rialzo del limite al deficit: l’appello alle circostanze eccezionali. Proprio perché il tasso di crescita potenziale è sceso in gran parte dell’area euro, è molto probabile che questi paesi passeranno attraverso fasi di crescita “bassa” secondo gli standard storici. Ma quando la crescita potenziale rallenta, le autorità devono aggiornare continuamente la definizione di che cosa sia una crescita eccezionalmente “lenta”.
Per esempio, molto probabilmente un tasso di crescita dell’1,5 per cento sarebbe considerato “lento” dai politici, se paragonato all’obiettivo di Lisbona del 3 per cento. D’altra parte, una crescita dell’1,5 per cento potrebbe essere già molto vicina (e per alcuni paesi, superiore) alla crescita potenziale nella realtà dei fatti. Dunque, non dovrebbe costituire una scusa valida per rimandare il consolidamento fiscale a causa della crescita “lenta”.

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La povertà dimenticata

  1. giacomo dorigo

    Ma perchè la potenzialità di crescita si è così ridotta rispetto alle prospettive di Maastricht? Se è un problema strutturale perchè è emerso solo negli utlimi anni?

    • La redazione

      Non è un problema emerso negli ultimi anni. La crescita italiana è indecelerazione sia in termini assoluti sia rispetto agli altri paesi industrializzati da 15 anni
      Riccardo Faini

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