Le Autorità indipendenti nascono e si giustificano come particolare soluzione istituzionale a tutela di diritti diffusi. Tuttavia, la competenza nello svolgere il mandato e l’indipendenza sono requisiti che derivano dalla quotidiana attività dei commissari. Composizione e meccanismi di nomina divengono perciò uno snodo cruciale che può favorire o limitare l’attività di una Autorità indipendente. E sono molti i segnali che fanno ritenere conclusa la stagione che ha visto l’Italia protagonista a livello internazionale nella tutela della concorrenza.

Solamente un anno fa l’Italia vantava una posizione di spicco nel panorama internazionale delle istituzioni preposte alla tutela della concorrenza.
La Direzione generale per la concorrenza nei quattro anni di direzione di Mario Monti ha conosciuto una intensa attività di valutazione dei casi, in alcuni dei quali (GE-Honeywell, Microsoft) la dialettica tra le due sponde dell’Atlantico è risultata particolarmente vivace, e una stagione di riforme altrettanto importante: la nuova regolamentazione della disciplina delle fusioni, nuove procedure per la valutazione delle intese e degli abusi di posizione dominante, uno sviluppo pieno della collaborazione tra Commissione e autorità nazionali nella logica della sussidiarietà, sono solamente alcuni dei capitoli principali.
Ma anche Roma è stata negli ultimi anni un centro di attività e progetti per la tutela della concorrenza.
Autorità garante, sotto le presidenze di Giuliano Amato e di Giuseppe Tesauro ha prima di tutto svolto con impegno il suo compito istituzionale di rimuovere tante barriere e condotte anticoncorrenziali nella nostra economia. Ma ha anche partecipato con un ruolo importante alla attività di promozione di un coordinamento tra le diverse autorità nazionali, culminato nel 2002 con la creazione di un nuovo organismo, l’International Competition Network (http://www.internationalcompetitionnetwork.org/), che l’Italia ha avuto il privilegio di ospitare nel suo primo congresso a Napoli nel 2002.

Una stagione finita

L’Antitrust è stato in questi anni uno dei pochi ambiti in cui a livello internazionale l’Italia ha giocato da protagonista. Temiamo che questa stagione possa bruscamente terminare.
Dal novembre 2004 Mario Monti non fa più parte della Commissione europea, ed è tornato a svolgere a tempo pieno il suo compito di presidente dell’università Bocconi: come professore di quella università ne sono felice, come studioso di antitrust (e come cittadino) considero questo uno dei più clamorosi autogol che il provincialismo della politica italiana ha prodotto negli ultimi tempi. Nel novembre del 2004 due commissari dell’Autorità garante, Michele Grillo e Marco D’Alberti, hanno terminato il loro mandato e sono stati sostituiti a fine dicembre da due nuovi membri , Antonio Pilati, commissario all’Autorità di garanzia delle comunicazioni, e Giorgio Guazzaloca, ex-sindaco di Bologna. Le polemiche che sono seguite a queste nomine hanno sottolineato una rottura significativa rispetto al recente passato, sia per quanto riguarda le competenze che per quanto riguarda l’indipendenza. Con preoccupazione si guarda ora ai prossimi mesi, quando anche il presidente Tesauro terminerà il proprio mandato.
Peraltro, lo sconcerto di oggi non fa che confermare la preoccupazione che è stata sollevata da molti quando è stata approvata la nuova legge sul conflitto di interessi che, attribuendo all’Antitrust anche questa materia, del tutto estranea alla sua natura tecnica, ne avrebbe prevedibilmente condizionato in senso politico le successive nomine.

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Nomine, una questione complessa

La vicenda delle nomine antitrust tocca un punto complesso e di non facile soluzione, legato ai criteri di nomina dei commissari delle Autorità amministrative indipendenti, di cui l’Autorità garante della concorrenza e del mercato è forse la più importante.
Le Autorità indipendenti nascono e si giustificano come particolare soluzione istituzionale a tutela di diritti diffusi, che viene affidata come mandato esclusivo a un organismo separato e non condizionabile dall’esecutivo. La fedeltà a questo mandato e l’indipendenza da condizionamenti degli interessi regolati divengono gli elementi qualificanti di una Autorità. Che tuttavia affida nel concreto all’azione dei suoi commissari la realizzazione di questo profilo di comportamento. La competenza nello svolgere il mandato e l’indipendenza sono quindi i requisiti che una Autorità deriva dalla quotidiana attività dei suoi commissari e dei suoi funzionari. Per questa ragione la composizione di questi organismi e i meccanismi di nomina divengono uno snodo cruciale che può favorire o limitare l’attività di una Autorità indipendente.
L’Autorità antitrust gode di una significativa discrezionalità, non solo e non tanto nei criteri con cui prende le sue decisioni, soggette comunque a una verifica in sede di appello, quanto nel decidere di aprire o non aprire un caso, di valutare con maggiore o minor frequenza e attenzione una particolare industria. È dunque la qualità e indipendenza dei suoi membri dagli interessi controllati che ne influenza il concreto operare. Le nuove competenze in materia di conflitto di interessi estendono con più forza al mondo politico la sfera degli interessi da cui l’Autorità dovrebbe essere isolata per garantirne l’indipendenza.
La nozione di indipendenza è naturalmente un concetto difficile da rendere operativo; e non si può immaginare che esistano persone totalmente isolate dal contesto economico, sociale e politico in cui vivono. Ma da questa discussione appare chiaro come l’elemento da evitare è che un commissario sia direttamente portatore, per esperienze precedenti, legami organizzativi, fedeltà di appartenenza, a quegli interessi particolari che è chiamato a regolare in nome di un più generale interesse pubblico.

Tre modelli

Nel mondo variegato della Autorità indipendenti italiane osserviamo oggi tre modelli principali per la nomina dei commissari: mediante scelta insindacabile dei presidenti di Camera e Senato (Autorità garante della concorrenza e del mercato), su iniziativa del Governo (Autorità per l’energia elettrica e il gas, Consob) dopo aver recepito il parere parlamentare, per elezione diretta di Camera e Senato dei commissari, cui si aggiunge un presidente nominato dal presidente del Consiglio sentito il ministro delle Comunicazioni (Autorità di garanzia delle comunicazioni – AgCom). Queste tre soluzioni a priori presentano un grado diverso di influenza dell’esecutivo e del Parlamento: in particolare, la nomina affidata ai presidenti di Camera e Senato, figure istituzionali super partes e di garanzia, dovrebbe preservare una Autorità delicata come l’antitrust da un diretto condizionamento politico.
AgCom, per il particolare meccanismo di nomina, è considerata la soluzione nella quale l’influenza politica sulle nomine dei Commissari è più esplicita e marcata, dal momento che l’elezione parlamentare determina uno specifico imprinting partitico su ciascun commissario sin dal primo giorno del mandato. È prima di tutto per questo elemento che sarebbe stato raccomandabile non nominare membri di questa Autorità, che irrimediabilmente portano con sé la parte politica che li ha a suo tempo eletti, a un organismo come l’Antitrust. Tanto più pensando ai nuovi compiti legati al problema del conflitto d interessi.
Autorità antitrust ha sino a oggi rappresentato un esempio del “lato buono” del meccanismo di nomina affidata ai presidenti di Camera e Senato quali figure istituzionali di garanzia, risultando difficile rintracciare ragioni politiche nei nomi che si sono succeduti in quell’ufficio, mentre appare evidente l’alto profilo professionale che li ha contraddistinti. Vale ricordare che i presidenti Irene Pivetti e Carlo Scognamiglio nominarono, in un Parlamento con una maggioranza di centrodestra e durante il primo Governo Berlusconi, Giuliano Amato alla presidenza dell’Antitrust. Oggi stiamo osservando il “lato cattivo” di quelle stesse regole, laddove l’insindacabilità della decisione si è concretizzata in nomine che fanno discutere mentre appare arduo riscontrare un profilo di garanzia super partes nell’operato dei presidenti Pera e Casini.
È con magra soddisfazione che è forse utile ricordare quanto scrivevamo nel luglio 2004 su questo sito a commento dell’approvazione della legge sul conflitto di interessi: “L’unico effetto che sin da oggi appare plausibile è quello di aver condizionato con rilevantissimi interessi politici le prossime nomine di una Autorità che in questi anni si è distinta per la sua indipendenza e eccellenza tecnica.” 

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