LETTERA A MICHELE Carissimo signor Michele Polo mentre s’intinge a più e più non posso e la tua strofa d’ironia s’offusca Ma al Leopardi del sinistro canto. e poi mi spieghi come fa Rutello scordò d’aver avuto la tessera marxista ma se poi questo va a mutar di nome MAURIZIO DEL POLO
tu scrivi molto, ma in un verso solo,
ché la tua penna mai si sente stanca
di correr lesta, declinando a manca,
in un inchiostro che s’intona al rosso.
Le rime tue s’attengono a un copione
in cui primeggia l’onesto Buttiglione
quando le tasse va a detassar Berlusca.
Il Polo vien dal Polo afflitto,
pure Gianfranco si merita il dispitto,
nessuno esenta l’impietosa rima,
la destra futile non merita la stima.
Tutto va male, non c’è nulla ammodo,
sono cresciuti i prezzi pur dell’ovo sodo:
Noi qui a Firenze siam tutti residenti
nella famosa strada di Via de’ Malcontenti
e ognuno aspetta d’ire in Piazza del Bengodi
appena l’urna ridarà il responso a Prodi.
adesso voglio dir che cessi dal suo pianto
e provi appunto a verseggiar sul Prode
di cui vorrei vedere quale sarà il fragor dell’ode
a accompagnarsi con falce e con martello.
Anche una rima o due si merita Fassino
che assiem a Walter e al triste Massimino
per dichiararsi da sempre laburista.
Or qui mi fermo, verbo più non scrivo
e ti saluto gran vate dell’Ulivo,
io qui saluto anco’l vate dell’Unione.
E a noi destrorsi che siam fessi e tardi
dedica un carme pur sul Pacho Pardi.
Febbraio 2005
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