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L’euro non cambia il conto

E’ vero che i ristoranti hanno approfittato del cambio lira-euro per alzare notevolmente i prezzi? Uno studio sui locali di qualità nel periodo 1998-2004 mostra che i rincari sono stati piuttosto elevati in quasi tutti gli anni considerati, in parte per la crescita della domanda e dei costi. Quelli del 2002 non appaiono eccezionali rispetto alla tendenza di medio periodo. La maggior parte della crescita media del prezzo in quell’anno può essere attribuita al gran numero di revisioni, piuttosto che alla loro entità. E molta influenza ha avuto il grado di concorrenza sul mercato locale.

L’introduzione delle banconote e delle monete in euro (cash changeover), avvenuta nei primi mesi del 2002, è stata seguita in molti paesi dell’area dell’euro da un marcato aumento delle misure qualitative, ricavate dai sondaggi, delle percezioni d’inflazione dei consumatori. Si è avviato un acceso dibattito sul presunto effetto esercitato dal nuovo contante sul livello dei prezzi, nonché sui fattori che lo avrebbero reso possibile.

Ristoranti sul banco degli imputati

In diversi paesi dell’area dell’euro i prezzi dei ristoranti hanno ricevuto una particolare attenzione da parte dei mezzi di comunicazione e del pubblico. I dati ufficiali, pur confermando che in Italia e nell’area il rincaro della voce “ristoranti e caffè” è tra quelli più elevati nell’indice dei prezzi al consumo, misurano un incremento medio dei prezzi assai inferiore alle valutazioni implicite nel dibattito pubblico (intorno al 5 per cento nel nostro paese). È diffusa la convinzione che in alcuni casi gli esercenti avrebbero approfittato della minor trasparenza delle quotazioni espresse nella nuova valuta sfruttando la possibilità psicologica di convertire 1.000 lire in 1 euro, in pratica raddoppiando il prezzo.
Per rispondere ad alcune domande emerse nel dibattito, in un recente lavoro sono stati analizzati i prezzi di un pasto consumato presso 2.500 ristoranti nel periodo 1998-2004, utilizzando le informazioni pubblicamente disponibili in una nota guida dei ristoranti d’Italia. (1)
I dati riguardano locali di qualità, relativamente conosciuti, e non possono quindi essere considerati rappresentativi dell’intero settore della ristorazione (né, ovviamente, della dinamica generale dei prezzi). Permettono tuttavia di analizzare le politiche di prezzo con un grado di dettaglio molto maggiore rispetto a quello consentito dalle statistiche ufficiali, disponibili solamente in forma aggregata a livello nazionale. Il tasso di crescita del prezzo di ogni locale ottenuto da queste rilevazioni si riferisce a un arco temporale annuo terminante nel primo semestre. Ad esempio, l’aumento per il 2002 riguarda la variazione calcolata tra il primo semestre 2001 e quello del 2002. Ciò risulta appropriato all’individuazione di un “effetto euro“, perché centra la rilevazione intorno alla data del cash changeover, cogliendo quindi anche gli aumenti connessi con questo evento, ma attuati in anticipo.
L’analisi fa luce su due questioni: l’effettivo andamento dei prezzi della ristorazione negli anni a cavallo dell’introduzione del circolante in euro e l’individuazione, alla luce delle teoria economica, dei meccanismi che ne possono dare conto.

Il quadro degli aumenti nel periodo 1998-2004

Il rincaro dei prezzi dei locali inclusi nel campione è piuttosto elevato nella maggior parte degli anni considerati (tavola 1); è in parte riconducibile alla crescita della domanda (in particolare ai flussi turistici) e dei costi (alla sfavorevole evoluzione dei prezzi delle materie prime e del costo del lavoro). L’anno dell’introduzione del contante in euro si caratterizza per rincari elevati ma non eccezionali rispetto alla tendenza di medio periodo. L’aumento massimo sull’intero campione è quello della rilevazione relativa al 2001. Il quadro non cambia qualora si consideri un indicatore dei rincari più consistenti come il novantacinquesimo percentile o si distingua tra diverse aree geografiche e categorie di locali.

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Tav. 1 – Crescita dei prezzi della ristorazione

(variazioni percentuali annue su dati rilevati nel 1° semestre)

1999

2000

2001

2002

2003

2004

Media

4,3

6,7

10,5

9,3

5,8

3,8

5° percentile

0,0

0,0

0,0

0,0

0,0

-0,1

Mediana

0,0

0,0

10,0

8,7

4,9

0,0

95° percentile

25,0

30,0

33,3

29,0

20,0

20,0

Fonte: elaborazioni su dati Gambero Rosso.

L’ipotesi che l’introduzione delle nuove banconote e monete abbia favorito in quell’anno un “raddoppio dei prezzi”, frequentemente comparsa sui mezzi d’informazione e di cui sembrano convinti molti cittadini, non è confermata dal vaglio dei dati individuali: la percentuale di locali che registrano aumenti superiori al 50 per cento è intorno allo 0,8 per cento nel 2002, simile a quella registrata nel 2000 e inferiore all’1,4 per cento del 2001. Tuttavia, la diffusa percezione di aumenti “eccezionali” potrebbe riflettere il rincaro cumulatosi in questo settore su un arco di tempo di alcuni anni: tra il 1998 e il 2003, per i locali inclusi nel campione, questo è stato pari in media al 40 per cento; per il decimo di aziende caratterizzate dai maggiori aumenti esso è intorno al 75 per cento. L’introduzione dell’euro e una scarsa memoria della datazione dei prezzi in lire possono aver indotto il pubblico a imputare questi rincari per intero alla nuova valuta.
Vi è infine chiara evidenza, sia nelle nostre stime sia in quelle di altri autori, che i ristoranti di migliore qualità registrano aumenti dei prezzi significativamente maggiori rispetto a quelli di qualità inferiore su tutto il periodo considerato. Tale divario può riflettere l’aumento della domanda di ristorazione di qualità, testimoniata dalla crescente diffusione delle pubblicazioni specialistiche (molto accentuata nel periodo in esame). (2)
Ciò contribuisce a spiegare la discrepanza tra i rincari misurati dagli istituti di statistica per l’intero settore “ristoranti e caffè” e quelli, più marcati, del nostro campione, in cui i locali di qualità sono più rappresentati.

Gli effetti del changeover sui prezzi

L’analisi statistica indica che l’effetto dell’euro sui prezzi dei ristoranti considerati rispetto a un trend di medio periodo è intorno ai tre punti percentuali. Emergono inoltre due caratteristiche dei rincari nell’anno del changeover.
La prima è che la maggior parte dell’aumento medio del prezzo nel 2002 può essere attribuita al gran numero di revisioni del prezzo, piuttosto che alla loro entità. In anni normali un gran numero di locali (attorno al 50 per cento) non rivede i listini, probabilmente a causa della presenza di costi di aggiustamento. Al momento dell’introduzione dell’euro, invece, la percentuale di imprese che ha variato i prezzi è salita al 75 per cento. La presenza di costi di aggiustamento spinge quindi gli operatori a concentrare le revisioni, normalmente diluite nel tempo, in corrispondenza del changeover, quando diviene comunque necessario esprimere i prezzi nella nuova unità monetaria. Questo meccanismo può illustrare perché l’effetto dell’introduzione dell’euro è stato maggiore nel settore dei servizi, dove la frequenza di revisione dei prezzi è tipicamente bassa, verosimilmente proprio a causa della presenza di tali costi. Esso, inoltre, può aver indotto nei consumatori l’impressione che la sostituzione del contante sia stata all’origine di un rialzo permanente dell’inflazione, anziché di aggiustamenti dei prezzi anticipati o posticipati che avrebbero comunque avuto luogo.
La seconda caratteristica è che il grado di concorrenza sul mercato locale ha influenzato la dinamica dei prezzi dopo l’introduzione dell’euro. In linea di principio, dove vi è poca concorrenza, il produttore può sfruttare la minor trasparenza del sistema dei prezzi, indotta dal cambiamento del segno monetario, per praticare un rincaro: la scarsa elasticità della domanda gli permetterebbe infatti di limitare la perdita di ricavi qualora i clienti percepissero correttamente il valore del prezzo. Per verificare questa congettura è stato costruito un indicatore del grado di concorrenza del mercato della ristorazione a livello provinciale. (3)
È coerente con questa ipotesi il fatto che gli aumenti nel 2002 e nel 2003 (ma non negli anni precedenti) sono stati maggiori nelle province con minore pressione concorrenziale. Ciò spiega non solo differenze nei rincari rilevati tra provincie (intorno a 2,5 punti percentuali), ma anche perché gli effetti più pronunciati dell’introduzione dell’euro si sono rilevati nei settori caratterizzati da minore concorrenza (nei servizi e nella distribuzione tradizionale).

Tav. 2 – Aumenti di prezzo nel 2002 e pressione concorrenziale

 

 

25% di imprese su mercati meno concorrenziali

50% di imprese su mercati meno concorrenziali

 

Intero campione

50% di imprese su mercati più concorrenziali

25% di imprese su mercati più concorrenziali

Aumento medio

10,0

9,7

9,3

8,8

8,2

Aumento mediano

8,7

8,6

8,7

8,3

7,4

Fonte: Camere di commercio, Istat ed elaborazioni su dati Gambero Rosso.


(1)
Gaiotti, E. e F. Lippi (2004), “Pricing behavior and the introduction of the euro: evidence from a panel of restaurants”, in Giornale degli Economisti e Annali di Economia, Volume 63:pp.491-526.

(2) Questa ipotesi, avvalorata dall’accresciuta diversificazione dei prezzi di un pasto (quasi raddoppiata per i ristoranti tra il 1998 e il 2004), è stata frequentemente dibattuta nelle pubblicazioni del settore. Cfr. ad esempio Gambero Rosso, Ristoranti d’Italia [2003, introduzione].

(3) L’indicatore si basa sull’ipotesi che la guida fornisca un censimento accurato dei locali di qualità e che quei locali siano scarsamente sostituibili con gli altri; è costruito come rapporto tra il numero di locali censiti dalla guida per ogni provincia e popolazione provinciale (tenendo conto anche delle presenze turistiche, ponderate per il rispettivo numero medio di consumazioni di pasti in ristorante).

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Sommario 13 giugno 2005

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  1. Raffaele Piria

    Grazie dell’ottimo articolo.
    Elaborando lo spunto della “scarsa memoria della datazione dei prezzi in lire”: il prezzo in euro viene comparato non con il prezzo effetivo in lire del 31-12-2001, ma con un prezzo “ricordato”.
    Ipotesi: il “prezzo ricordato” tende a riferirsi alla media dei prezzi degli ultimi anni prima del cash change over. Il paragone tende a riferirsi al presso in euro di oggi e non del gennaio 2002.
    Il che spiegherebbe (gran?) parte del gap tra inflazione misurata e percepita. La prova si avrebbe comparando i prezzi effettivi al 31-12-2001 con i “prezzi ricordati” da un campione rappresentativo.

  2. Alex Zoppi

    Sarà anche vero che la memoria ci gioca brutti scherzi e abbiamo una cattiva “percezione” dell’inflazione reale, però c’è un prodotto di cui sono sicuro che è aumentato in modo abnorme: la pizza.
    Posso garantire che nei mesi precedenti il changeover una quattro stagioni costava tra le sette e le novemila lire: subito dopo il prezzo era diventato di 6/7 euro. Fate un po’ voi i conti. E questo vale per le pizzerie di mezza lombardia almeno. E non è una percezione (purtroppo).
    Cordialmente, A.Vavassori

  3. Diego Ausili

    Potrebbe essere anche vero che non ci ricordiamo dei prezzi in lire ma c’è un prezzo che non potrò mai più dimenticare, ossia quello di una pinta di Guinness.
    Me lo ricordo e lo ricorderò sempre in quanto assiduo frequentatore di un noto pub della mia zona in cui bevevo assiduamente la mia amata pinta di Guinness a £ 8.000. Ricordo alla perfezione di aver bevuto l’ultima pinta dell’anno 2001 in data 28 Dicembre e di esserci tornato il giorno 2 gennaio 2002 col mio bel sacchettino di monete di euro e di centesimi di euro.
    Dopo aver ordinato la mia solita pinta mi sono trovato la bella sorpresa di doverla pagare € 5,00.
    Non credo che vi siano stati adeguamenti a causa dei fornitori???

  4. mario porzio

    La pizzeria sotto casa ha aumentato in maniera sensibile i prezzi prima dell’introduzione dell’euro tenendo gia in conto il fatto che con l’euro sarebbero aumentati i prezzi!!
    questo me lo ricordo bene , poichè i prezzi in lire durante l’ultimo periodo di circolazione erano strani.
    Mi sembra che l’ipotesi di aggistamento dei listini colletivo ed al rialzo sia probabilmente la causa dell’inizio dell’incremento dei prezzi.
    Da un analisi del costo base dei gelati confezionati pure si riscontra un’aumento con l’introduzione dell’euro poi però tutto è continuato.
    Mi domando però se esistono dei data base di prezzi al consumo per poter fare un’analisi meno soggettiva.
    mario porzio

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