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L’Agenzia e la base imponibile delle addizionali locali

Una circolare dell’Agenzia delle entrate estende la deduzione per carichi familiari alla base imponibile delle addizionali regionali e comunali. Sul piano giuridico, è un esempio di modifica legislativa attraverso “interpretazione”. Tanto più discutibile perché si interviene su una previsione legislativa sufficientemente definita. Sul piano economico, il gettito delle Regioni e dei Comuni subisce un’ulteriore e più sostanziosa riduzione. E si ripropone la questione di un risparmio d’imposta molto variabile in base al reddito e con frequenti tratti di regressività.

L’Agenzia delle entrate ha introdotto un’ulteriore importante modifica dell’imposizione dei redditi personali: la deduzione dalla base imponibile dell’Irpef per carichi familiari introdotta dalla Finanziaria 2005 viene estesa anche alla base imponibile delle addizionali regionali e comunali.

Il profilo giuridico

Questa novità, introdotta da una circolare dell’Agenzia del 6 giugno, spinge a qualche riflessione sia sul piano giuridico sia su quello economico. Sul piano giuridico, si colloca nella scia di una discutibile ma consolidata tradizione: introdurre modifiche legislative non irrilevanti attraverso “interpretazioni” che costituiscono forzature più o meno lievi delle norme vigenti. (1)
È un modo di procedere comprensibile quando c’è la necessità di intervenire rapidamente per innovare o correggere un impianto esistente. D’altro canto, l’iter legislativo, anche se più lungo, è concepito a garanzia di un sufficiente approfondimento e, soprattutto, della ricerca di un consenso politico che vada oltre la ristrettissima cerchia degli addetti ai lavori. Ma perché le nuove deduzioni per carichi familiari riducono anche la base imponibile delle addizionali locali? “Si deve ritenere” che sia così, scrive l’Agenzia delle entrate, perché il legislatore non lo esclude esplicitamente, come invece aveva fatto all’atto dell’introduzione delle deduzioni per tipo di reddito (la “no tax area”).
Tuttavia, la circolare sembra contraddirsi immediatamente dopo, quando ricorda che “la base imponibile delle suddette addizionali, ai sensi rispettivamente dell’articolo 50, comma 2, del decreto legislativo n. 446 del 1997 e dell’articolo 1, comma 4, del decreto legislativo n. 360 del 1998, è costituita dal reddito complessivo determinato ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, al netto degli oneri deducibili riconosciuti ai fini di tale imposta”. Ma il “reddito complessivo” e gli “oneri deducibili” sono dettagliatamente definiti rispettivamente negli articoli 8 e 10 del Testo unico delle imposte sui redditi. Dove, però, la “deduzione per assicurare la progressività dell’imposizione” (la cosiddetta no tax area) e le “deduzioni per oneri di famiglia” sono trattate in articoli differenti, l’11 e il 12 rispettivamente. Non appare perciò lecito spingere l’interpretazione fino al punto da modificare una previsione legislativa sufficientemente definita. Non si tratta di una astratta disquisizione giuridica: la norma che definisce la base imponibile delle addizionali locali intende chiaramente isolarla dagli effetti delle riforme fiscali, allo scopo di tutelare l’autonomia dei vari soggetti istituzionali. Anche nel caso dell’Irap, la sua discussa indeducibilità era stata giustificata proprio dalla volontà di minimizzare le ricadute di gettito delle decisioni delle Regioni sulle entrate dello Stato.

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E quello economico

L’interpretazione dell’Agenzia delle entrate ha dunque importanti effetti anche sotto il profilo economico.
Finora, gli elementi di progressività delle addizionali locali erano decisi esclusivamente dalle Regioni e dai Comuni attraverso le scelte sulle aliquote e sugli scaglioni, dato che le stesse modifiche all’Irpef degli ultimi anni non hanno inciso su questa loro autonomia. Ora, le addizionali locali vengono modificate, con valenza redistributiva variabile. Si trasferiranno sulle addizionali gli stessi effetti indesiderati già sperimentati nell’Irpef: l’interazione tra la natura di “deduzioni” dall’imponibile e la loro decrescenza determina per esempio un risparmio d’imposta per carichi di famiglia molto variabile in base al reddito e con frequenti tratti di regressività. (2)
Inoltre, il gettito delle Regioni e dei comuni è già stato ridotto di circa 350 milioni di euro per l’allargamento della no tax area e il conseguente aumento dei contribuenti che non sono tenuti a versare le addizionali. Subisce ora, con la riduzione della base imponibile, un ulteriore e più sostanzioso taglio di circa 500 milioni. Tutto questo sulla base di una decisione dell’Agenzia delle entrate. Pur importante e autorevole, l’Agenzia opera nell’ambito di una convenzione con il Dipartimento delle politiche fiscali del ministero dell’Economia e non dovrebbe quindi sostituirsi al Parlamento o al Governo su questioni di tale rilevanza.
Né va dimenticato, infine, che questa innovazione andrà ad accrescere i deficit della Pubblica amministrazione, senza che essa sia stata contabilizzata nelle previsioni di bilancio. A fare da contraltare ci saranno le minori imposte che graveranno sulle famiglie, specie quelle del Sud, con più figli a carico e livelli di reddito concentrati nei primi due scaglioni, se capienti.

(1) Si noti, in consonanza con quanto affermato, che questa interpretazione non è arrivata con la circolare n. 2 del gennaio 2005, intesa a spiegare e dettagliare la riforma Irpef già definitiva con la legge n. 311/2004 e nota da oltre un mese, ma con una breve circolare integrativa del giugno 2005.

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(2) Si veda a tal proposito Di Nicola-Paladini (www.rices.it/workpaper/riforme_irpef_2003-2005_fdinicolarpaladini_apr05.pdf), Rizzi-Zanette (www.lavoce.info/articoli/pagina1408.html), Secit(www.secit.finanze.it/file.pdf/audizione_tutino_15-02-05.pdf).

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Il concorso? Meglio nazionale

  1. Fabrizio Bigioni

    La critica all’Agenzia delle Entrate non tiene conto di un importante vantaggio della scelta adottata: la semplicità. Per seguire l’interpretazione dell’autore si sarebbe dovuta differenziare la base imponibile per l’imposta nazionale da quella dell’addizionale locale, contribuendo a rendere ancora più bizantino il nostro sistema fiscale.
    Ritengo quindi estremamente importante, al contrario di quanto avviene spesso, che i politici e gli esperti si ricordino che la semplicità di una misura fiscale sia un obbiettivo da perseguire al pari di altri quali la neutralità e la corretta progressività.

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