È in dirittura d’arrivo il Dpcm che rivede l’Isee, l’indicatore della situazione economica equivalente. Il governo conta di far partire la riforma nel 2013. La riforma dovrebbe toccare gli aspetti più problematici dello strumento. Previste nuove modalità di calcolo, che dovrebbero migliorarne la capacità selettiva. Il nuovo Isee sarà differenziato a seconda della tipologia di prestazioni, per renderne più flessibile l’applicazione. Potenziato il sistema dei controlli.
Le indiscrezioni giornalistiche degli ultimi mesi hanno determinato un dibattito acceso, ma a volte poco informato sulle linee, vere o presunte, della riforma dell’Isee, l’indicatore della situazione economica equivalente. Cerchiamo di fare chiarezza, richiamando lo scenario di fondo in cui si inserisce la riforma e le criticità emerse nel primo decennio di applicazione dell’indicatore.
I CRITERI DIRETTIVI DELLA RIFORMA
L’Isee consiste in una combinazione di reddito e patrimonio, valutata a livello familiare mediante una scala di equivalenza, e serve a stabilire l’accesso e il grado di compartecipazione al costo nella fornitura di prestazioni sociali agevolate. Introdotto nel 1998, si applica soprattutto a prestazioni di welfare locali (asili nido, mense scolastiche, servizi socio-sanitari domiciliari e residenziali, eccetera) e interessa mediamente il 30 per cento della popolazione, con punte del 60 per cento al Sud.
Il governo Monti è chiamato a intervenire sulle modalità di calcolo dell’indicatore, sui suoi campi di applicazione e sul sistema dei controlli dall’articolo 5 della legge n. 214/2011, di conversione del decreto “Salva Italia”, dando seguito a quanto previsto dal Ddl per la riforma fiscale e assistenziale del governo Berlusconi. La legge dispone, in particolare, che la revisione dell’Isee comporti l’inclusione dei redditi esenti d’imposta nel calcolo, il miglioramento della sua “capacità selettiva, valorizzando in misura maggiore la componente patrimoniale sita sia in Italia sia all’estero” e la “differenziazione dell’indicatore per le diverse tipologie di prestazioni”. Lo stesso articolo dispone anche che siano individuate “le agevolazioni fiscali e tariffarie nonché le provvidenze assistenziali” che, a decorrere dal 2013, non possono più essere riconosciute ai soggetti con un Isee superiore a una determinata soglia.
INCOGNITE E PROBLEMI APERTI
La legge n. 214/2011 tocca gli aspetti più problematici dell’Isee, cogliendo finalmente, dopo un decennio di paralisi legislativa, questioni da tempo sollevate dagli studiosi.
Nel demandare la soluzione dei problemi ad appositi decreti, la legge fissa però solo dei criteri generali, lasciando aperte diverse opzioni. Si pensi al tema della revisione delle modalità di calcolo: quali prestazioni esenti d’imposta dovrebbero essere incluse, visto l’ampio spettro di interventi (assegni familiari, pensioni sociali, indennità di accompagnamento, pensioni di guerra, eccetera)? Anche il rafforzamento della capacità selettiva dell’indicatore tramite una maggiore valorizzazione del patrimonio è ottenibile con un ventaglio di soluzioni: innalzare il coefficiente che redditualizza lo stock patrimoniale (oggi al 20 per cento) oppure ridurre o azzerare le franchigie patrimoniali? Per quanto concerne la differenziazione dell’Isee per tipologia di prestazioni, una questione delicata riguarda la definizione di “nucleo familiare”, finora inteso in senso anagrafico: come definire il nucleo di un anziano solo non autosufficiente prossimo al ricovero in una residenza sanitaria assistita, se l’anziano può contare sul sostegno economico di figli?
Altre questioni non definite in modo soddisfacente nel testo di legge riguardano la ponderazione dei componenti della famiglia, assodato che la scala di equivalenza sia bisognosa di ritocchi, e l’eventuale estensione dell’indicatore a istituti di welfare finora soggetti a criteri di selettività diversi dall’Isee.
Sul primo punto, la legge dispone che si tenga conto “dei pesi dei carichi familiari, in particolare dei figli successivi al secondo e di persone disabili a carico”. Pare quindi di capire che l’intento non sia tanto quello di introdurre una scala di equivalenza capace di quantificare meglio le risorse che servono a famiglie di diversa numerosità per godere dello stesso benessere, quanto quello di favorire alcune tipologie familiari. Viene da commentare: perché, invece di inventarsi una nuova scala, non seguire la via maestra della stima aggiornata dei parametri di una scala di equivalenza osservata, come ad esempio la scala usata dall’Istat per stimare la povertà assoluta? La stima di una scala osservata permetterebbe di tenere conto, oltre che della eventuale presenza di minori a carico o di disabili, anche delle differenze nel tenore di vita medio delle famiglie residenti in aree geografiche diverse, una cosa che la scala Isee non fa.
Anche sull’eventuale estensione del nuovo Isee a prestazioni finora subordinate ad altri criteri di selettività, il testo di legge non è chiarissimo: nello stabilire che siano individuate per decreto “le agevolazioni fiscali e tariffarie nonché le provvidenze assistenziali” che, a decorrere dal 2013, non possono più essere riconosciute ai soggetti con un Isee superiore alla soglia individuata dal decreto stesso si vuole forse dire che il nuovo Isee si applicherà alle prestazioni condizionate al reddito Irpef e a quelle finora elargite indipendentemente da qualsiasi prova dei mezzi, come le indennità di accompagnamento?
IL DESIGN DEL NUOVO ISEE
Stando alle dichiarazioni del governo, le innovazioni normative saranno numerose. Per quanto riguarda il calcolo della componente reddituale dell’Isee, essa includerà tutti i redditi esenti d’imposta, come i trattamenti assistenziali e previdenziali. La presenza di disabili in famiglia darà diritto a godere di una franchigia che, entro limiti predefiniti, distinguerà tra disabilità media, grave e non autosufficienza; per le ultime due tipologie sarà inoltre riconosciuta la facoltà di portare in deduzione larga parte dei costi sostenuti per la propria condizione. Alla deduzione già esistente per chi risiede in affitto se ne affiancherà una equivalente per chi risiede in abitazione di proprietà. Ai fini del calcolo dell’Isee degli anziani non autosufficienti che chiedono servizi residenziali di cura, si terrà conto della presenza dei figli non più appartenenti al nucleo familiare dell’assistito, mentre per le prestazioni non residenziali il nucleo sarà definito in senso strettamente individuale. Il calcolo della componente patrimoniale sarà aggiornato per tenere conto delle valorizzazioni introdotte ai fini Imu e saranno ridotte le franchigie. Sono previste nuove maggiorazioni della scala di equivalenza per dare maggior peso alle famiglie numerose con figli minori, in particolare con meno di tre anni. Il calcolo dell’indicatore sarà differenziato a seconda della tipologia di prestazioni (anche se non è dato sapere che margini di autonomia avranno gli enti locali per introdurre modifiche all’impianto generale). Sul piano dei controlli, verrà potenziata l’attività sia ex-ante sia ex-post e l’Agenzia delle Entrate effettuerà controlli sostanziali della posizione reddituale e patrimoniale dei nuclei familiari dei soggetti beneficiari di prestazioni, secondo liste selettive.
Diversamente da quanto previsto dalla legge n. 214/2011, la riforma non dovrebbe invece condizionare all’Isee le agevolazioni fiscali e tariffarie e le provvidenze assistenziali finora subordinate ad altri criteri di selettività. La riforma non dovrebbe nemmeno intaccare le risorse finanziarie dedicate alle prestazioni statali oggi assicurate in base all’Isee (assegno di maternità, assegno alle famiglie con almeno tre minori, social card), né tanto meno la numerosità della platea dei beneficiari.
Questo non significa che la riforma non avrà effetti sull’equità della spesa: l’Isee non è e non deve essere uno strumento neutrale. Concepito fin dalle origini come il “braccio operativo” dell’universalismo selettivo, riteniamo che la riforma possa contribuire a migliorare sensibilmente l’efficacia redistributiva del welfare italiano, mitigandone l’ancora eccessiva categorialità e concentrando le risorse disponibili a favore delle famiglie realmente più bisognose. In questa direzione è auspicabile che, superando le timidezze attuali, l’Isee venga esteso alle prestazioni tax-benefit finora erogate in base ad altri criteri.
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caterina
Sono un assegnista del Cnr di Palermo da novembre 2012, nel calcolo dell’Isee devo inserire anche il reddito derivante dall’assegno di ricerca?