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Come spendere meglio per le famiglie

I fondi, non irrilevanti, del “pacchetto famiglia” potrebbero essere investiti in modo più efficace per perseguire gli stessi obiettivi indicati dal Governo. La riforma dell’assegno al nucleo familiare permetterebbe di avere uno strumento di sostegno al costo dei figli per le famiglie a reddito medio-basso più sistematico, ma anche più equo. Attraverso un’integrazione di reddito si potrebbe garantire il congedo parentale anche ai genitori con reddito basso o contratti a progetto. Nidi pubblici, sanità e trasporti sono ulteriori campi di possibile intervento.

Proviamo a pensare come potrebbero essere investiti in modo più efficace per il benessere delle famiglie, i non irrilevanti fondi messi a disposizione nel “pacchetto famiglia”. Facciamolo mantenendo (ed esplicitando più chiaramente) quelli che sembrano i tre obiettivi del Governo: sostenere il costo dei figli (incoraggiando quindi indirettamente le scelte procreative); sostenere le famiglie che hanno persone con invalidità grave; sostenere l’accesso ai servizi.

La riforma degli assegni al nucleo familiare

L’assegno al nucleo familiare è l’unica misura effettiva di sostegno al costo dei figli in Italia. Presenta, però, diversi limiti. In primo luogo è diretta solo alle famiglie di lavoratori dipendenti a basso reddito. Se ciò aveva una giustificazione nel suo finanziamento contributivo, oggi lo ha meno, dato che parte dei contributi è stata dirottata al finanziamento delle pensioni e viceversa le maggiorazioni sono a carico dello Stato. L’estensione a tutte le famiglie a basso reddito appare perciò una scelta di equità. In secondo luogo, la valutazione del reddito utilizza meccanismi totalmente diversi da quelli dell’Ise, sia sul piano della definizione di reddito, sia su quello delle scale di equivalenza. In terzo luogo, il meccanismo degli scaglioni di reddito ha effetti di iniquità tra le famiglie e crea aliquote marginali elevatissime. Destinare le risorse allocate ai bonus a una riforma di questo istituto, convogliandovi anche l’assegno per il terzo figlio introdotto dal governo Prodi per le famiglie a basso reddito con almeno tre figli tutti minori, configurerebbe la messa a punto di uno strumento di sostegno al costo dei figli per le famiglie a reddito medio-basso più sistematico e permanente di una tantum, e anche più equo della situazione attuale.

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Congedo genitoriale

Un’altra alternativa è mettere a disposizione la somma per i genitori – madri e padri – che non prendono una quota di congedo genitoriale (in base alla legge 53/2000) perché non possono permettersi di perdere il 70 per cento dello stipendio. Oppure perché, essendo lavoratori autonomi, o a progetto o simili, non possono permettersi di stare troppo a lungo fuori dal mercato del lavoro. Avere un’integrazione di reddito faciliterebbe sia la scelta di optare per qualche mese di congedo, sia la scelta di rimanere al lavoro part time.

Miglioramento dei servizi

Stante la carenza di risorse pubbliche (aggravate dal taglio del fondo sociale), sarebbe opportuno finanziare un fondo per aumentare la disponibilità di posti nei nidi pubblici o convenzionati, piuttosto che di fatto incentivare quelli privati. Varie ricerche hanno mostrato che un incremento delle opportunità degli asili nido in termini di posti e una maggiore flessibilità degli orari giornalieri contribuiscono ad ridurre le difficoltà delle madri di rimanere occupate.

Sanità e trasporti

Sempre per sostenere il costo dei figli, possiamo pensare anche a politiche non unicamente “familiari”, relative in particolare a sanità e trasporti. (1)
Per la sanità, i bambini di età inferiore a sei anni per famiglie sotto una soglia di reddito collegata all’Ise sono solitamente esenti da ticket sanitari. Si potrebbe pensare di estendere questo limite al di là dei sei anni (ad esempio fino all’inclusione di tutti i minorenni), diminuendo il costo della sanità per le famiglie con figli e allo stesso tempo incoraggiando l’investimento nella salute dei figli, anche adolescenti. Lo Stato potrebbe considerare questo aspetto nella fissazione dei criteri minimi per l’assistenza sanitaria.
La voce di spesa “trasporti” pesa per circa il 15 per cento circa sul totale e per i trasporti pubblici aumenta all’aumentare del numero di componenti della famiglia. (2) Si potrebbe aiutare le famiglie agevolando l’utilizzo dei trasporti pubblici attraverso tariffe per il nucleo familiare, come succede in altri paesi europei. Si tratterebbe anche in questo caso di una politica a doppio esito, a favore delle famiglie numerose, ma anche dell’utilizzo dei trasporti pubblici.
Un’altra misura dal doppio effetto sarebbe l’estensione della copertura dell’acquisto di libri all’intera fascia di età di istruzione obbligatoria: soprattutto un sollievo per le famiglie con più figli, ma anche una garanzia di eguaglianza di fronte alle opportunità educative.
Naturalmente, queste e altre proposte dovrebbero rientrare in un quadro di politiche e obiettivi condivisi con le amministrazioni locali, a partire dalla definizione dei livelli essenziali di prestazioni e con una previsione ragionevolmente certa dell’ammontare dei trasferimenti ai governi locali. Solo così si eviterebbe la casualità e occasionalità di politiche una tantum, che poco servono agli individui e alle famiglie per definire strategie di medio-lungo periodo.

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(1) Di alcune misure alternative si è discusso in questi giorni. Si veda l’articolo di Franceso Billari sul Sole 24 Ore del 5 novembre 2005.

(2) Le tariffe dei trasporti pubblici locali sono fissate dalle Regioni.

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Perché le periferie non “brucino”

  1. Vito Berti

    la pensione d’invalidità civile, nel 2005, ammonta a 233,87 Euro al mese e riguarda anche le persone in situazione di gravità. Solo il 6% dei titolari di queste prestazioni economiche fruisce della maggiorazione pari a 536,00 euro (il famigerato milione di lire al mese), cioè quelli con più di 60 anni di età. L’indennità d’accompagnamento, nel 2005, è pari a 443.83 euro al mese e riguarda le disabilità più gravi.
    Entrambe le prestazioni economiche non subiscono aumenti da oltre 20 anni (se si escludono le ridicole perequazioni automatiche annuali).

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