Il patto di Governo riflette bene l’opinione generale dell’establishment tedesco, concorde nel dire basta ai pesanti deficit, ma restio ad attuare riforme profonde, ritenute troppo “anglosassoni”. Nel programma manca un chiaro filo conduttore. Se è forte la volontà di risanare la finanza pubblica, come dimostrano aumento dell’Iva e innalzamento dell’età pensionabile, crescono d’altra parte anche i sussidi. Positivo l’avvio di una revisione del federalismo. Ma non è detto che l’accelerazione della crescita in Germania abbia effetti sul resto d’Europa. Cambiano le regole in Germania. Il nuovo Governo parte con un programma di duecentocinquanta pagine dense di proposte concrete sotto il motto ufficiale: “Insieme per la Germania, con coraggio e umanità”. Per la verità, laccordo tra i due partiti principali è il risultato di un negoziato tra politici di seconda fila. Nel corso delle trattative, infatti, la Spd ha cambiato tutto il suo vertice, mentre nella Cdu la futura cancelliere Angela Merkel ha dovuto combattere per mantenere la sua posizione allinterno del partito. Il programma Ma guardiamo più da vicino il programma, che, secondo i suoi promotori, dovrebbe rilanciare il motore dEuropa. Sono moltissimi i cambiamenti previsti, ma manca un chiaro filo conduttore, se non laffermazione di “meno mercato, più tasse”. La riforma del federalismo Si parla poco invece di un altro punto importante: la riforma, parziale, del federalismo. Lintervento di oggi è di importanza cruciale per permettere a Governi futuri riforme più incisive. Unaltra “Grosse Koalition” dette vita infatti nel 1969 a un sistema federale con molte competenze miste, cioè aree in cui il Governo federale e i Länder erano entrambi responsabili. Il risultato è stato una paralisi perché alla fine il livello federale non si poteva muovere senza il consenso dei Länder, che spesso avevano interessi diversi.
Il patto di Governo così raggiunto riflette pertanto bene lopinione generale dellestablishment tedesco, concorde nel dire basta ai pesanti deficit, ma restio ad attuare riforme profonde, ritenute troppo “anglosassoni”.
Ecco alcuni esempi “dellattivismo” a tutto campo:
– Saranno introdotte regole speciali per lammortamento per le Pmi, invece di semplificare e ridurre le aliquote dellimposta sui profitti delle imprese.
– I sussidi per lEst sono confermati (per il capitale, non il lavoro che in quella zona della Germania scarseggia). I sussidi per l’energia alternativa aumentano, mentre quelli per il carbone dovrebbero diminuire.
– Nel tentativo di arginare i costi della sanità, si può “sospendere” il mercato. Per esempio, i prezzi dei medicinali non potranno subire alcun aumento per tre anni.
– La concorrenza viene limitata anche nel mercato del lavoro. Il Governo vuole ridurre sensibilmente il numero di lavoratori stagionali provenienti dallEuropa dellEst; a sostituirli sarà la manodopera nazionale.
– Alcune tasse aumentano, altre diminuiscono. Per esempio, cresce in parte la tassazione sul lavoro nel fine settimana, ma dovrebbero calare leggermente alcuni contributi sociali.
La tendenza di fare un passo in avanti e mezzo, o più, indietro, si conferma anche nella decisione più discussa: è previsto un aumento di tre punti percentuali della tassa sul valore aggiunto, lIva. Buona parte del ricavato (stimato in metà dellimporto totale attuale) servirà a far scendere il costo indiretto del lavoro (contributi, eccetera). Ma unaltra parte finanzierà vari programmi sociali: ad esempio, aumentano le sovvenzioni/aiuti per chi interrompe la carriera lavorativa per occuparsi dei figli. Sempre per contrastare il calo demografico, sono previste misure di incentivo alla natalità: un genitore in congedo per maternità potrà ricevere il 67 per cento del suo reddito netto, fino a un massimo di 1.800 euro al mese, per un anno. Vedremo se questa misura si rivelerà efficace.
Lo Stato spenderà di più per le famiglie, ma si stringono anche i cordoni del welfare congelando le pensioni per alcuni anni. E, soprattutto, dal 2010 in poi letà pensionabile sarà alzata fino a raggiungere gradualmente i 67 anni.
Lunico punto veramente chiaro che emerge da questo programma è la volontà di risanare la finanza pubblica. Laumento dellIva è già un segnale importante. Ma si vede che finalmente il sistema politico tedesco si è accorto dellimportanza dei costi dovuti allinvecchiamento della società. Per questo, il ministero delle Finanze pubblicherà, un “Rapporto sulla sostenibilità delle finanze pubbliche”.
Insomma, nel complesso un programma fin troppo denso, con luci e ombre. Le ombre a breve termine sono laumento delle tasse e dei sussidi; le luci sono laumento delletà pensionabile a 67 anni e il risanamento delle finanza pubblica.
Quale sarà leffetto della nuova politica economica tedesca sui partner europei? La combinazione di aumento dell’Iva e diminuzione del costi del lavoro costituisce un sussidio allexport (l’Iva non si applica alle esportazioni).
Insomma, proseguirà la tendenza degli ultimi anni: in Germania, una domanda interna debole, compensata da esportazioni sostenute da costi interni più bassi. Non è pertanto detto che laccelerazione della crescita in Germania avrà effetti positivi sul resto dellEuropa.
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Marco Giuli
Possiamo prendere atto con soddisfazione del fatto che la Germania si stia finalmente ponendo il problema delle riforme, con un programma che intelligentemente non fa della iper-flessibilità del lavoro la panacea per uscire da una condizione di scarsa crescita. Tale approccio è stato quello seguito in Italia, dove, oltre a non aver avuto effetti significativi in termini di crescita, sta probabilmente avendo un effetto detrimentale sui trend demografici vista l’insicurezza per il futuro che deriva da un lavoro “precario per sempre”.
Tuttavia mi sembra che tale programma tedesco non affronti uno dei problemi principali dell’economia del paese e dell’Europa in generale, ossia il fatto che le produzioni sono vecchie e risentono di decenni in cui l’Europa ha potuto beneficiare di un’economia dell’imitazione piuttosto che dell’innovazione.
Di certo i problemi tedeschi vengono da lontano, a mio avviso dalla rimozione dei differenziali salariali fra l’est e l’ovest in seguito alla riunificazione nonostante i consistenti differenziali di produttività. Per evitare gli effetti inflazionistici di tale rimozione è stata operata la famosa stretta monetaria che portò alla crisi dello SME, scaricando tutti i costi della riunificazione in termini di disoccupazione. Con questo programma di riforme, temo che non sarà facile correggere la rotta.