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Un ticket per Milano

Dopo l’esperimento di ticket d’ingresso in centro avviato a Bologna nel mese di giugno, la nuova giunta milanese sta discutendo la possibilità di far pagare un pedaggio per l’utilizzo della macchina in città. Del ticket d’ingresso già si era discusso su queste colonne. La proposta, seppur apprezzabile per il coraggio di avvalersi di uno strumento impopolare come il road pricing, sembra tuttavia discriminatoria e destinata ad essere poco efficace.

La proposta

Pollution charge” è il nome del ticket che il neo-sindaco Moratti vorrebbe introdurre a partire da Gennaio 2007 per scoraggiare l’ingresso nel territorio comunale di veicoli (privati e commerciali) posseduti da soggetti non residenti a Milano. Secondo le ipotesi più accreditate, il ticket dovrebbe infatti essere imposto a tutti i residenti fuori dal capoluogo lombardo che varcano i confini della città nei giorni feriali, dalle 7 del mattino alle 7 della sera, eccezion fatta per le aree in cui ci sono parcheggi di interscambio che, sebbene poste all’interno del perimetro comunale, potranno essere raggiunte senza pagare. Inoltre, essendo pensato come misura volta a ridurre le emissioni inquinanti prodotte dagli autoveicoli (da cui la denominazione pollution charge), il pagamento dovrebbe essere differenziato in tre o quattro classi a seconda delle categorie emissive, con esenzione totale per i veicoli che rispettano le norme Euro 4 e per quelli elettrici. L’ammontare del pedaggio non è ancora stato definito, ma i valori annunciati sui giornali si aggirano intorno ai 3 Є al giorno, seguendo le indicazioni avanzate qualche anno fa dallo “Studio per l’introduzione del Road Pricing a Milano” (1) , commissionato dall’allora sindaco Albertini. La sperimentazione del nuovo pedaggio dovrebbe essere avviata all’inizio del 2007.

Pollution versus congestion charge

Innanzitutto, il road pricing è uno strumento adatto a ridurre i costi di congestione, ovvero i ritardi subiti dagli automobilisti per la circolazione di un numero di veicoli maggiore di quanto consentito dalla (scarsa) capacità della rete stradale. Ad altri e più efficaci strumenti, come gli standard d’emissione (quali la già citata normativa Euro 4) o le tasse sui carburanti, è invece affidato il compito di occuparsi delle esternalità ambientali. E non si pensi che la congestione infligga meno danni dell’inquinamento: David Newbery, nel 1990, stimava che nel Regno Unito essa rappresentava quasi il 90% del totale dei costi esterni generati dall’uso degli autoveicoli (2).
Questi sono i motivi per cui a Londra il pedaggio si chiama congestion charge e dalla sua introduzione il traffico si è ridotto del 15%, con apprezzabili ricadute positive anche sulla concentrazione di inquinanti nell’area.
Dal canto suo, invece, la capacità della pollution charge milanese di ridurre la congestione pare scarsa. La scelta di tassare solo chi entra a Milano senza risiedervi decurta l’impatto del road pricing sul traffico. In questo modo, infatti, si tasserebbero solo i 530.000 veicoli di non residenti a Milano che ogni giorno varcano il confine comunale (i 160.000 ingressi di milanesi che rientrano a casa sarebbero esenti), trascurando i circa 900.000 spostamenti quotidiani di milanesi all’interno dei confini comunali. Infine va rivelato che, probabilmente, occorrerebbe una tariffa più alta di quella attualmente in discussione. Lo Studio commissionato nel 2001 mette in luce come l’imposizione di una pedaggio indifferenziato di 3 euro al confine comunale su tutti i veicoli in ingresso posseduti da non residenti a Milano, consentirebbe al massimo una riduzione di traffico del 7,5% e un contenimento delle emissioni del 2% al giorno. Questo lascia pensare che, in realtà, ci sia ancora del margine per compensare i costi derivanti dall’imposizione di livelli tariffari maggiori (e differenziati), con i benefici (minor traffico e minor inquinanti) da essi portati.

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Un pedaggio senza “principii” e con scarso gettito

Dunque, il nuovo pedaggio milanese viola tre principi fondamentali della tassazione volta a correggere le esternalità ambientali (3). Innanzitutto, i 2-3 Є ipotizzati attualmente come pagamento giornaliero non sono il risultato di un’appropriata quantificazione del livello di tassazione, tramite la valutazione monetaria del danno sociale creato dall’esternalità che si vuole ridurre. In secondo luogo, questa nuova gabella si andrebbe ad assommare alla già esistente, seppur imperfetta, tassazione nazionale sulle emissioni dei carburanti nonché alla tassa di possesso, facendo sì che tre strumenti impositivi diversi siano usati per lo stesso scopo. Infine, è evidente come la forma del pedaggio proposta sia discriminatoria (ricordando un po’ i balzelli medievali). Innanzitutto non si capisce come mai il danno ambientale causato dal traffico all’interno del Comune di Milano dovrebbe essere tassato, mentre quello riversato (anche da molti milanesi!) nella sua provincia no. E poi, perché mai veicoli identici, e quindi ugualmente inquinanti, dovrebbero essere sottoposti o meno al pagamento del pedaggio solo a seconda del luogo di residenza del suo proprietario?
Il gettito del pedaggio, così come proposto, viene stimato in 150 milioni di euro l’anno, ma poco viene detto sui costi di implementazione, che rischiano di lasciare un ben misero margine.

La ricerca del consenso

Certo, esentare completamente i residenti dal pagamento del pedaggio è la via politicamente più facile: un modo per tenersi stretti i voti del proprio elettorato, scaricando i costi politici su elettori altrui (cioè producendo un’esternalità politica negativa). Non a caso il provvedimento ha suscitato diverse reazioni tra i sindaci dei comuni limitrofi. Tuttavia, le pressioni da essi esercitate valgono ben poca cosa se, come pare, si accontenterebbero di barattare l’imposizione della pollution charge con l’introduzione della tariffa unica per il trasporto pubblico nell’area metropolitana milanese. Forse le reazioni sono state timide perché i livelli tariffari proposti sono, tutto sommato, contenuti. Due euro al giorno equivalgono al costo di due corse sui mezzi pubblici milanesi: pochi saranno indotti a lasciare a casa la macchina, il che, per il momento, è un bene dato che la capacità residua sui collegamenti pubblici extraurbani non sarebbe capace di sostenere grossi spostamenti modali.
L’accettabilità sociale potrebbe spiegare anche perché, a Milano si voglia introdurre un pedaggio finalizzato al contenimento delle esternalità ambientali. Indubbiamente, infatti, l’appeal di “pollution charge” sulla popolazione è maggiore di quello esercitato dal più anonimo “congestion charge” (4). Insomma, un provvedimento che garantisce alti ritorni in termini di consenso, benché appaia povero nei contenuti e modesto in termini di gettito.

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Si può fare meglio

Dare meno spazio alle premure elettorali e concederne di più alla razionalità sociale sarebbe utile per cercare di capire se e come disegnare il road pricing a Milano. A ciò bisogna aggiungere che probabilmente altre misure “preparatorie” sarebbero necessarie prima della sua introduzione. Tutte le città del mondo che hanno adottato il road pricing erano partite prima con un’articolata politica di parcheggi a pagamento estesa su tutto il territorio urbano (non confinata ad una ristretta area come avviene oggi all’interno dei Bastioni milanesi), con tariffe crescenti all’avvicinarsi del centro cittadino. In questo modo, infatti, si comincia ad educare la popolazione alla necessità di razionalizzare l’utilizzo di una risorsa scarsa come lo spazio pubblico urbano. Gradualmente poi si può passare dal pagamento per la semplice occupazione delle strade, come il parcheggio, a quello per il loro utilizzo, come la circolazione dei veicoli, facendo sì che, a regime, il road pricing sostituisca o integri il park pricing. In ogni caso, bisognerebbe sottoporre a pagamento tutti gli spostamenti auto-veicolari all’interno di una data area, così come avviene a Londra, pur prevedendo agevolazioni per i residenti (5). Al tempo stesso, però, la zona soggetta a pagamento dovrebbe essere circoscritta esclusivamente alle aree in cui la circolazione veicolare è più critica, il che evidentemente non coincide con l’intera superficie comunale oggi proposta per Milano.

1) Scaricabile dal sito http://www.ama-mi.it/documenti/default.asp.
2) D. Newbery (1990). “Pricing and congestion: economic principle relevant to road pricing”, Oxford Review of Economic Policy, vol. 6, n. 2.
3) Principii già chiaramente enunciati da A. C. Pigou nel 1920. Si veda anche D. Newbery, “Fair payment from road-users. A review of the evidence on social environmental costs”, discorso presentato nel Febbraio 1998 all’Automobile Association.
4) Non a caso, negli ultimi tempi, il sindaco Ken Livingstone ha annunciato di voler trasformare la congestion charge in pollution charge, forse per accaparrarsi maggiori simpatie tra gli ambientalisti.
5) In base al fatto che essi hanno maggiori probabilità di effettuare spostamenti nella zona sottoposta a pedaggio.

 

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18 commenti

  1. Luca Benazzi

    Complimenti per l’articolo chiaro ed esaustivo.
    Mi sembra che la proposta avanzata da Letizia Moratti sia molto limitata e quindi inadeguata.
    Purtroppo i cittadini, che siano essi milanesi o più in generale italiani, sono sempre poco informati sulle reali motivazioni delle decisioni politiche che pure influenzano così profondamente le loro vite.
    Milano è diventata una città invivibile. Io mi muovo nell’hinterland e solitamente lascio la macchina in periferia per poi spostarmi con i mezzi urbani (quelli che vengono dalla periferia sono rarefatti); l’idea di dover anche pagare un pedaggio poco prima di abbandonare la macchina mi porta a pensare che forse sia arrivato il momento di cambiare città.

  2. Federico Pontoni

    L’analisi é impeccabile; ma non c’é cosa che non possa essere migliorata e, pur di cominciare, sono pronto ad accettare la proposta della Moratti. L’unica modifica che farei sarebbe tassare anche i residenti, con un fine puramente rieducativo. Spiego perché. Credo che in Italia ci sia un problema di fondo, culturale: l’italiano ha un attaccamento particolare alla macchina, all’idea intrinseca che solo lei puo’ consentirgli di raggiungere la libertà di movimento totale, anche davanti all’evidenza della perdita di tempo. Vivo da qualche mese a Parigi e ho notato un’attitudine diversa nei confronti della macchina: questa é considerata come una fra le tante opzioni per muoversi; la scelta viene fatta in base alla rapidità e, in seconda battuta, al costo. E’ vero, Parigi ha una rete metropolitana invidiabile; tuttavia le dimensioni di Milano (molto ridotte), rendono valida, anche in termini di tempo, un’ipotesi residuale: i piedi. So che è una proposta sconvolgente per molti milanesi, ma dopo aver conosciuto molte persone che, pur abitando in zona A, prendono la macchina per andare alla Statale o in via Manzoni, ho compreso che il fenomeno ha veramente una dimensione culturale, che é la vera piaga da sconfiggere.
    Cordiali saluti

  3. Gianni Pischedda

    D’accordissimo…. ma manca un dato importante che avrebbe dato piu peso ai vostri argomenti: la “congestion charge” e’ attualmente di 8 sterline (12 euro) al giorno. I milanesi non sono poi tanto piu’ poveri dei londinesi.

  4. Beppe Gamba

    Ottimo contributo al superficiale dibattito estivo. Mi permetto solo di segnalare che nelle città in cui si è introdotto il road-pricing, accanto agli interventi sui parcheggi e l’uso del suolo pubblico, si è anche intevenuti per migliorare il sistema dei trasporti, in area urbana e nei collegamenti extraurbani. In assenza di valide alternative di trasporto il risultato diviene quello di far costare un pò di più l’uso del mezzo privato (e pochi vantaggi per le casse comunali).

  5. cristina bracaloni

    Basta con le polemiche e ben venga qualsiasi misura (associata ad un piano di sviluppo della rete dei trasporti pubblici milanesi e lombardi) idonea a ridurre la circolazione di autoveicoli privati.

    Ma lo sanno i giornalisti che in questi giorni intervengono sul road pricing, quali danni alla salute provoca l’inquinamento da traffico??
    Probabilmente sì ma li trascurano e magari sono tra quelli che non fanno un passo se non in motorino oppure in auto.
    La verità è che l’italiano medio è un individualista che non ha alcun senso civico, restio ad abbandonare la vecchia cara abitudine di muoversi con il mezzo privato con il quale vuole arrivare davanti al negozio per fare acquisti lasciando magari il veicolo in doppia fila.
    Una prova per tutti è che i grandi parcheggi che sono stati costruiti in corrispondenza delle fermate della metropolitana alle porte di Milano sono sempre vuoti.
    Per arginare il traffico privato da qualche parte bisogna pur cominciare se non si vuole affrontare un nuovo pesante inverno per la salute dei cittadini.

  6. daniela cascone

    Trovo l’articolo molto interessante. Vorrei solo integrarlo con un’altro punto di vista, quello del cittadino che si “ostina” per convinzione, ma anche per necessità, a prendere i mezzi pubblici.
    Io abito in periferia e lavoro, come tanti, nel centro di Roma, e probabilmente come tanti voglio dire che sono stanca di sentirmi un’intrusa ogni volta che supero il perimetro delle Mura Aureliane, una cittadina che non ha gli stessi diritti dei signori residenti del centro storico, i quali, oltre al privilegio di risiedere in uno dei luoghi più belli al mondo, si vedono concesso anche il diritto di scorazzare con le loro automobili tra le viuzze e le piazzette della Roma rinascimentale e barocca. Questi signori non solo impediscono un camminare tranquillo e in sicurezza ma, cosa ancora più grave, ci impediscono di poter godere dell’armonia dei luoghi, ci scippano ogni giorno del diritto alla bellezza.
    Vorrei infine che il mio diritto alla mobilità sia identico a quello della mia amica che abita dalle parti del Colosseo. Mentre P. può scegliere se venire a trovarmi in macchina o con l’autobus, in qualsiasi giorno e ora della settimana, io posso andare da lei in macchina solo la domenica salvo divieto per blocco alla circolazione causa inquinamento.
    Stiamo pagando tutti un tributo troppo alto all’automobile e per questo dobbiamo tutti contribuire al problema del traffico nelle grandi aree urbane. Credo per questo che bene abbia fatto il Sindaco di Londra a far pagare il ticket per la circolazione delle auto in citta a tutti, compresi i residenti. Anzi io farei come a Tokio dove qualche anno fa, non so se è così ancora oggi, non si poteva acquistare l’auto se non si dimostrava di possedere anche un posto dove parcheggiarla senza ingombrare le strade.

  7. Paolo Piazzetta

    Sono assai critico nei confronti della proposta di istituire un ticket d’ingresso a Milano. Tale raffazzonata iniziativa si basa su una scopiazzatura di provvedimenti assunti da altre città europee senza pensare alla diversa realtà non urbana bensì territoriale del nord ovest lombardo.
    Non ha alcun senso un ticket d’ingresso a Milano, che si mostra per l’ennesima volta città pronta a prendere ma non disposta a dare. Milano, oggi, si estende ben oltre i suoi confini amministrativi, giungendo lungo le direttrici del Sempione, della Varesina e della Comasina, nel medio varesotto e nella Brianza.
    Gli oltre tre milioni di residenti in questa area vasta non sono meno milanesi di chi abita in via Larga. E allora se tassa dev’essere tassa sia, ma calcolata ed esatta in ragione dello spostamento medio all’interno dell’area vasta. I proventi, gestiti da un’autorità indipendente in cui siano rappresentati TUTTI gli enti locali dell’area, sarebbero utilizzati per il potenziamento del trasporto pubblico locale.
    Diversamente, ovvero secondo il progetto Moratti, saremo in presenza di un dazio medievale e di un illecito arricchimento per l’ATM.

  8. Alessandro La Spada

    L’analisi dell’articolo e’ sicuramente condivisibile, vorrei aggiungere tre elementi che possono a mio avviso completarla:
    – Quando si definisce discriminatorio tassare un veicolo identico a seconda della residenza del proprietario dentro o fuori Milano: un’analisi economica non puo’ tralasciare che il non residente versa le sue tasse locali altrove, per cui il discriminante non e’ il veicolo, ma il costo per la collettivita’. Chi risiede a Milano pareggia pagando i tributi locali, gli altri no e devono sopperire con la tariffa.
    – Pero’ e’ giusto mediare il concetto: tra la periferia e il centro c’e’ una oggettiva differenza, tale da giustificare l’esistenza di due tariffe (periferia e centro storico). Il non residente paghera’ 1 per accedere alla periferia o 2 per il centro storico, il milanese paghera’ 0 per la periferia o 2 per il centro storico.
    – Riguardo all’applicazione pratica della tariffa: l’ATM ha attivato un servizio ben congegnato, Sosta Milano sms, per pagare il parcheggio (strisce blu o corrispondenza) con il cellulare. Il comune dovrebbe incaricare rapidamente l’ATM di sviluppare una versione del sistema adatta alla gestione della tariffa d’ingresso. I risparmi sui controlli manuali sarebbero rilevanti, l’efficienza dei controlli stessi aumenterebbe, percio’ una quota maggiore del gettito si potrebbe destinare davvero al trasporto pubblico, che sconta molti anni di disinteresse della precedente amministrazione.

  9. cartacci

    L’idea mi sembra una follia !
    vi porto l’esempio di un mio caro amico, che per 15 anni ha usato i mezzi pubblici per entrare in Milano, con tutti i sacrifici del caso (ritardi, affollamento, caldo ai limiti del malore, sporcizia, e chi più ne ha più ne metta). Ebbene, ora utilizza l’auto, impiegando circa 25 minuti. Sapete quanto impiegava con i mezzi? un’ora circa! e anche di più in caso di ritardi o guasti. Con il pedaggio si penalizzerebbe ancora di più chi non ha molti mezzi economici (e non può passare ad un’altra auto, Euro4 o Euro100) a fronte di mezzi pubblici INDECENTI !
    Vlad Cartacci

  10. Enrico Marchesi

    Mi limito a fare due osservazioni.
    A Londra è presente una estesa rete metropolitana ed esistono quindi alternative all’utilizzo dell’auto.
    A Milano i mezzi pubblici sono meno efficienti e spesso i non residenti sono costretti a servirsi dell’auto per mancanza di soluzioni alternative.
    Di conseguenza la loro domanda di mobilità tramite auto è rigida.
    Introdurre un pedaggio per l’entrata in città in questo contesto è solo una gabella mediovale, perchè difficilmente si potrà determinare una reale riduzione del traffico.
    Tutto al più si potranno raccogliere risorse o far aumentare il valore delle case in città.
    Quando all’ipotesi di innalzare il pedaggio bisogna tenere conto che tre euro al giorno per alcune categorie di lavoratori è già una cifra rilevante (che tra l’altro si va ad aggiungere al costo di utilizzo della tangenziale).
    Stiamo parlando di circa 1000 euro all’anno. Per alcuni lavoratori equivale ad una mensilità.
    Non credo, in definitiva, che sia accettabile che i costi del sistema siano scaricati sempre e comunque sulle spalle dei più deboli.

  11. Paolo Pezzuoli

    Concordo con l’articolo. Si parla sempre di inquinamento dell’aria, ma ritengo che in certe realtà, come Milano, l’inquinamento delle strade, inteso come eccessiva quantità di veicoli, fermi o in movimento, che limitano lo spazio fruibile, sia ben più grave. Demagogico quindi tariffare in base alla classe di inquinamento dei veicoli: sarebbe solo un ennesimo incentivo ad acquistare nuovi veicoli euro4. Viceversa, lo scopo é di ridurre il traffico privato nel centro: quindi, a parte i residenti nella zona interessata, tutti gli altri dovrebbero pagare. A Londra il controllo è effettuato mediante telecamere in grado di “leggere” le targhe e verificare se quel veicolo ha pagato il ticket, quindi l’emissione del ticket deve avvenire con un sistema on line che registri la targa: siamo in grado di fare altrettanto, e per giunta differenziando euro3, euro4, residenza ecc? Ho dei dubbi! Per cui è meglio semplificare al massimo: tariffa uguale per tutti, ed eventuale abbonamento mensile o annuale. Per contro si devono opportuinamente adeguare i servizi pubblici.

  12. Luciano Messori

    Anche se probabilmente la pollution charge a Milano assumerà aspetti diversi da quelli che si supponevano quando l’articolo è stato scritto, vorrei precisare che in realtà fare pagare una pollution charge a Milano e non negli altri comuni della provincia ha una sua razionale economica. Questo in quanto il danno marginale generato da un autoveicolo circolante a Milano per via delle sue emissioni è maggiore di quello generato da un veicolo circolante in un diverso comune della provincia milanese. Infatti le funzioni di danno dell’inquinamento atmosferico sono del tipo “a gradini” ragion per cui ad una maggiore concentrazione delle emissioni corrisponde un danno marginale notevolmente maggiore, ed inoltre il danno stesso dipende dalla concentrazione dei ricettori, ed ambedue le concentrazioni sono notoriamente più alte a Milano rispetto agli altri comuni della provincia.
    Quindi la razionale in questione è quella di fare pagare chi con i suoi comportamenti genera un costo sociale maggiore.
    A parte questo particolare concordo pienamente con i contenuti dell’articolo, e spero che in futuro il road pricing sia sempre più considerato dalle ammin istrazioni pubbliche e dai cittadini uno strumento da utilizzare per risolvere i problemi del traffico, e non semplicemente un’altra tassa da applicare o un balzello di vago sapore medioevale.

  13. Francesco Paoletti

    Non sono un esperto di teoria del diritto o di scienza delle finanze, ma credevo di aver capito che la legittimazione dell’Amministratore Pubblico alla funzione di imposizione fiscale derivasse dal controllo elettorale: i cittadini che considerassero illegittima una imposta a LORO applicata possono decidere in futuro di votare diversamente.
    La novità – che passa secondo me sotto eccessivo silenzio – della proposta Moratti (ex Albertini), così come della legge Soru in Sardegna e dsell’idea di tassare chi passa sui valichi alpini in Alto Adige (così siamo del tutto bipartisan, anzi tripartisan…) e nell’idea di chiedere ai propri elettori il mandato a tassarne ALTRI.
    Ovvio che i primi siano favorevoli, dato che intravedono per se dei vantaggi a costo zero, che possono arrivare addiritura a riduzioni fiscali in altri ambiti (ad esempio, con le entrate del ticket Moratti potrebbe alla fine finanziare la ventilata riduzione dell’ICI).
    Ma la questione è: si può considerare legittimo tutto ciò in uno Stato di Diritto?

  14. marco

    Non vorrei che la vostra analisi fosse dettata esclusivamente da appartenenze politiche. Non credo molto nella politica della Moratti, ma devo ammettere che l’idea del ticket sia ottima.
    A Londra il metodo ha funzionato, sebbene con logiche diverse, ma tutte le città che hanno dovuto affrontare il problema del congestionamento hanno usato tecniche di pricing. Un ottimo esempio ne è Oslo. So bene che la proposta del sindaco così com’è è perfettibile, ma bisogna appoggiare per adesso una proposta del genere, visto che la qualità dell’aria a Milano è la peggiore in Europa e il traffico contribuisce in maniera decisiva a questo avvelenamento. Intanto parta l’idea, poi si correggerà la rotta vedendo come funziona.

  15. Francesco Paoletti

    Si può anche essere d’accordo con Marco. L’aria di Milano è a livelli di inquinamento insopportabili, e la respiriamo tutti. Quindi bisogna fare qualche cosa per limitare il traffico di residenti e non residenti. Il traffico diventa un bene limitato: può essere giusto far pagare una tassa. La mia modesta proposta è che sia versata al Comune di Milano da chi varca i cancelli elettronici in entrata; e alla Provincia da chi lo fa in uscita. La distinzione fra residenza e non a mio parere non può e non deve contare (è incostituzionale e contrasta con i principi di uno stato di diritto).
    Inoltre, credo che se si vuole davvero ridurre il traffico le risorse raccolte devono essere vincolati alla realizzazione di linee metropolitane (e alla ristrutturazione delle linee ferroviarie S, che ne hanno tanto bisogno per diventare davvero delle metropolitane).

    • La redazione

      L’idea del ticket in uscita e in entrata non è male, ma rimane il problema della congestione e dell’inquinamento generati da chi né entra né esce, ma semplicemente circola dentro Milano. Quanto ai livelli ormai insopportabili di inquinamento, bisogna essere più cauti. Se parliamo dei livelli “percepiti” lei può avere ragione; ma se parliamo dei livelli effettivi, bisogna distinguere tra CO2, polveri sottili, ozono, ecc. Per una parte significativa di questi inquinanti la situazione è oggi a Milano molto migliore che trenta o anche quaranta anni fa. Certo, rimane il problema del CO2, ma non è un problema locale, prurtroppo.” (A.B.)

  16. SILVANA

    Io abito nell’hinterland milanese e mi sposto a Milano solo per lavoro è ovvio che un ticket per l’ingresso nella città contribuirebbe a decurtare ulteriormente il mio stipendio di un tot mensile che si aggiungerebbe alle maggiorazioni già previste in finanziaria sul bollo, alle tasse indirette sul carburante, all’assicurazione auto oltre che alle spese di manutenzione dell’auto. dovrò pensare a ridurre altre cose, ad esempio i divertimenti e gli acquisti; la conseguenza è che i negozi a Milano saranno accuratamente evitati a favore dei negozi nell’hinterland, e anche qui le spese saranno magre. Insomma è un altro modo per far fallire l’economia del paese. ( ma poi io ho un’auto non inquinante acquistata un mese fa!

  17. Raffaele Medugno

    L’introduzione di una pollution tax a Milano è pienamente condivisibile, come trovo del tutto condivisibile il metodo di introduzione proposto dal sindaco Moratti (discriminazione tra residenti e non). Ciò non perchè i residenti hanno un maggiore “diritto” ad inquinare la propria città: in Italia è radicato un immobilismo verso i problemi gravi del sistema sociale e una cultura contraria ad ogni tipo di riforma che obbliga la classe dirigente (quando non agisca a fini clientelari) di agire con la massima prudenza. E’ naturale pensare che la pollution charge verrà estesa in un secondo momento anche ai residenti, spingendo di conseguenza i sindaci delle città della provincia ad adottare un provvedimento simile nei propri comuni, contribuendo migliorare in modo tangibile il problema della congestione e dell’inquinamento nell’interland milanese.
    Insomma in Italia è obbligatoria la politica dei piccoli passi che di coseguenza può solo essere sostenuta e non biasimata.
    Se il provvedimento fosse stato accompagnato da una finanziaria che avesse previsto un’effettiva progressività nel bollo auto, allora la classe politica avrebbe delineato una strategia forte e credibile di lotta all’inquinamento. Ma ad oggi questo non si può dire: l’ennesima occasione mancata.

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