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Non fa una bella figura l’Italia in tribunale

La radice dell’inefficienza della nostra macchina giudiziaria non è nella carenza di risorse destinate al settore. La spesa pubblica dovrebbe essere razionalizzata, non aumentata. Alcuni segnali positivi vengono dalla riorganizzazione generale dei tribunali. Mentre restano tutti gli incentivi al processo lungo, che indebolisce la forza contrattuale della parte che ha ragione. La soluzione più efficace sarebbe stabilire un compenso a forfait per gli avvocati. Ma anche le novità introdotte dal decreto Bersani rischiano di essere presto vanificate.

Si è celebrata ieri la Giornata europea della giustizia civile e l’Italia ancora una volta si è presentata a testa bassa. All’inizio di ottobre il Consiglio d’Europa ha denunciato deficienze strutturali del sistema giudiziario italiano tali da minacciare lo Stato di diritto. Non è una novità, ormai da diversi anni l’Italia si posiziona nella visione di tutte le istituzioni internazionali nelle ultime posizioni per performance del settore giustizia. Non è solo la preservazione dello Stato di diritto a preoccupare: una giustizia civile troppo lenta ha un impatto negativo e rilevante sul grado di competitività del sistema economico.
L’inefficienza della giustizia civile italiana risiede in alcune carenze dal lato dell’offerta, ma anche in molte storture che interessano il lato della domanda.
Cosa si sta facendo per correggere le distorsioni?

Dal lato dell’offerta

ultimo rapporto Cepej, pubblicato all’inizio di ottobre, mostra nuovamente che le risorse pubbliche impegnate nel settore giustizia in Italia non sono scarse, ma sono in linea con la media di altri paesi dell’Europa a 15, che hanno però tempi dei processi di molto inferiori. Non è quindi in una carenza di spesa la radice dell’inefficienza della nostra macchina giudiziaria. Questa affermazione appare in contrasto con l’esperienza comune: si porta spesso all’attenzione pubblica il fatto che i tribunali non hanno risorse, al punto da rendere critico anche lo svolgimento delle attività quotidiane. Le denunce di disagio non sono, tuttavia, in contrasto con l’evidenza di una destinazione di risorse non esigua al settore. Emerge dai dati che è la composizione della spesa a risultare differente da quella degli altri paesi: la componente incomprimibile per l’Italia è molto alta. Il 77 per cento del budget dei tribunali è assorbito dalle retribuzioni dei magistrati e del resto del personale. Per l’Austria questo rapporto è del 55 per cento, per la Francia del 54 per cento, per Germania e Svezia del 60 per cento.
Differenze importanti si riscontrano anche nel livello degli stipendi dei magistrati. Mentre all’inizio della carriera la retribuzione dei nostri giudici è del tutto in linea con quella degli altri paesi, non è così per i livelli più alti. Fatta eccezione per la Svezia, rappresentiamo il caso in cui la progressione di stipendio con l’avanzare della carriera (dal livello iniziale a quelli del grado più alto) è maggiore: 3,2 volte, contro, ad esempio, il 2,4 dell’Austria, il 2,2 della Germania e l’1,7 dei Pesi Bassi. Inoltre, il fatto che tale progressione avvenga in Italia per anzianità e non per incarichi svolti, fa sì che la platea di soggetti che ne fruisce sia ampia. Le soluzioni per incrementare l’efficienza dal lato dell’offerta vanno, perciò, cercate più in una razionalizzazione della spesa e dell’organizzazione generale del settore, che in un aumento della quantità di risorse da impegnare.

Cosa si sta facendo

Le disposizioni contenute nella Finanziaria che tagliano gli incrementi stipendiali legati all’anzianità, ovviamente, non sono di per sé una soluzione: gli scatti di carriera oggi sono legati soltanto all’anzianità e quindi un taglio generalizzato riduce la spesa, ma non seleziona in alcun modo in favore dell’efficienza del servizio. Tuttavia, ha il pregio di porre il focus su una questione che va risolta. La riforma dell’ordinamento giudiziario, sia per le tormentate vicende parlamentari che la interessano, sia per il contenuto dei progetti che si profilano, non sembra ancora trovare la strada dei rimedi efficaci a questo problema.
Alcuni segnali positivi vengono invece dal lato della riorganizzazione generale dei tribunali. Il ministero della Giustizia intende operare tagli e accorpamenti in modo che tutte le strutture giudiziarie contino su un organico minimo di 14 magistrati. Si tratta di un intervento necessario, ma contenuto nella misura, a dispetto della vivacità delle proteste che si sono sollevate. Da analisi econometriche della Commissione tecnica della spesa pubblica e dell’Isae, ad esempio, emerge che, per il sistema italiano, sarebbe ottimale un minimo di 20 magistrati per tribunale, che il 72 per cento dei tribunali è attualmente sottodimensionato e che le performance della giustizia sono in passato migliorate in occasione di riforme che hanno aumentato la dimensione media dei tribunali. La produttività dei magistrati risulta aumentare al crescere delle dimensioni del tribunale in cui operano, per effetto di economie di specializzazione.

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La situazione dal lato della domanda

La situazione dal lato della domanda appare anche più problematica di quella relativa al lato dell’offerta.
La combinazione delle regole del processo civile, di quelle che interessano la formula di determinazione dell’onorario degli avvocati, la lentezza stessa della giustizia, generano una serie di incentivi di comportamento distorti il cui risultato finale è di indebolire ampiamente la forza contrattuale della parte che ha ragione
. L’effetto è quello di gonfiare la componente patologica della domanda di giustizia civile e di intasare i tribunali producendo ulteriori allungamenti dei processi. Lo stato di debolezza contrattuale della parte che ha ragione pregiudica l’utilità di ricorrere a sistemi di incentivazione all’uso di forme di giustizia alternativa – le cosiddette Adr – che hanno avuto successo in altri paesi, ad esempio in Inghilterra. La riforma più efficace consisterebbe nel sostituire l’attuale formula di parcella degli avvocati, basata su un sistema a prestazione, in una forma di compenso a forfait, e di consentire al legale di percepire una quota rilevante del compenso nel caso in cui una transazione tra le parti si raggiunga nelle primissime fasi del processo, come avviene in Germania.
Siamo molto lontani da questa ipotesi. Anche le novità introdotte dal decreto Bersani, che seppure non risolutive avviavano la strada a una riforma dei compensi, rischiano di essere presto vanificate. Una proposta di riforma della professione forense, trasversale, presentata qualche giorno fa al Parlamento
prevede che il sistema tariffario resti com’è, a prestazione, e che i minimi siano per molti casi ristabiliti.

Se gli avvocati prendono esempio dalla sanità, di Gilberto Muraro

Mi ritrovo perfettamente nella lucida analisi di Daniela Marchesi sulla crisi della giustizia civile in Italia e sui possibili rimedi, ma con un’avvertenza e un’integrazione.

Un’ipotesi da verificare

L’avvertenza riguarda la proposta di pagare gli avvocati a forfait. È un’idea che lanciai in un dibattito pubblico sulla giustizia a Padova nel 2003, senza con questo pretendere qualche paternità, perché la mutuai dall’economia sanitaria.
Da oltre vent’anni è stato introdotto in sanità, prima negli Stati Uniti e poi in buona parte del mondo, il pagamento agli ospedali basato sul sistema dei Drg (diagnosis related groups), proprio per evitare le terapie inefficaci e inutilmente prolungate derivanti da un sistema di pagamenti a piè di lista. Tutte le possibili malattie sono state raggruppate in circa 450 casi, e a ciascuno corrisponde un forfait. L’ospedale è così stimolato a diventare efficiente e a guarire presto. Evidente l’analogia con gli avvocati che agiscono all’insegna del motto “causa che pende, causa che rende”. La mia avvertenza sta nel fatto che ci fu un colossale e pluriennale lavoro statistico alla base del sistema dei Drg e che l’analogia logica spinge a considerare la trasposizione di tale metodo al mondo della giustizia un’ipotesi degna di approfondimento, non un’ipotesi già verificata.
L’integrazione sta nell’altra idea che in quel dibattito trassi dall’economia sanitaria: l’idea di far dirigere il tribunale (che deve diventare un grosso tribunale, come invocato da Marchesi) da un direttore – giudice o altro professionista – scelto per le sue capacità manageriali, in analogia alla figura del direttore generale dell’Asl: senza che questo intacchi l’assoluta autonomia di analisi e giudizio del giudice, così come il direttore generale in sanità non riduce l’autonomia operativa del medico.
Mi è stato detto che è in corso una sperimentazione del genere in qualche tribunale. È il caso di accelerare esperimenti e conseguenti analisi e decisioni.

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La controreplica di Daniela Marchesi

Le osservazioni del Prof. Muraro sono molto interessanti, ed è utile approfondire la riflessione su questi temi. E’ senza dubbio importante che un’eventuale trasformazione delle tariffe a prestazione in tariffe a forfait avvenga in modo accurato per evitare distorsioni. Il caso degli onorari degli avvocati italiani, però, ha caratteristiche più
favorevoli di quello citato, relativo alle cure sanitarie, e questo essenzialmente per due ragioni:
a) nel caso degli avvocati italiani non vi sono i problemi legati alla presenza di un terzo pagatore, come nel caso dell’assistenza sanitaria, perché nella generalità dei casi è direttamente il cliente e non un’assicurazione, o lo stato, a dover pagare il servizio. Questo rende molto meno distorto il funzionamento del mercato dei servizi legali rispetto a quello della sanità.
b) Nel caso della giustizia civile, che è quello di cui si parla nell’articolo, il cliente ha a disposizione un’ulteriore opzione con valore positivo, rispetto a quanto avviene nel caso della sanità, che è quella di non andare in giudizio e optare per una transazione con la controparte – mentre per il malato non curarsi evidentemente non è un’opzione con valore positivo -. Anche questo aspetto contribuisce a rendere il mercato dei servizi legali assai meno distorto di quello della sanità.
Per questo appare possibile delegare agli avvocati nel loro insieme di definire sulla base della loro esperienza un ammontare medio della tariffa a forfait per diverse tipologie di cause; valore medio che può servire da riferimento per varie ipotesi, come il mancato pagamento da parte del cliente, o per orientare il giudice nella condanna delle
spese della parte perdente. Diversamente da questi casi si può lasciare al singolo avvocato di praticare l’onorario del livello che crede, purché sia a forfait e reso noto in anticipo al cliente con un
preventivo.
Infatti, se il forfait venisse introdotto, poiché in questo settore, diversamente da quello sanitario, le spese non vengono di norma sostenute da un terzo pagatore, e poichè esiste la possibilità della via della transazione, gli avvocati, diversamente dal caso delle spese sanitarie, non avrebbero incentivo a “caricare” le parcelle.
Queste infatti sarebbero, diversamente da quanto accade ora, note in anticipo, in sede di preventivo: se gonfiate scoraggerebbero i clienti e li dirigerebbero verso un altro avvocato, o verso la scelta della transazione invece che della causa.

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11 commenti

  1. Domenico

    Complimenti per l’interessantissimo articolo,
    Negli ultimi tempo ho spesso frequentato le strutture dell’amministrazione della giustizia e penso che in questo campo sia necessaria una forte spinta verso la tecnologia e l’informatica, sull’esempio di quanto è avvenuto per camere di commercio ed agenzia delle entrate.
    Questo porterebbe a sostanziose riduzioni dei tempi morti e di gestione delle pratiche cartacee e solleverebbe il personale dall’attività di mero controllo formale delle pratiche per riqualificarlo verso altre attività “a più alto valore aggiunto” (penso soprattutto alle cancellerie).

  2. Giorgio Manca

    Sono un magistrato amministrativo, uno di quelli che, essendo entrato in magistratura da meno di due anni, sarà maggiormente colpito dal dimezzamento degli aumenti stipendiali previsto dall’art. 64 della Finanziaria 2007. Argomento su cui si è letto di tutto, compreso il
    fuorviante paragone tra gli stipendi dei magistrati e quelli dei
    parlamentari, dimenticando di dire, per esempio, che lo stipendio netto di un uditore giudiziario è pari a meno di 2.000 euro al mese. Ho apprezzato l’articolo perchè mette in evidenza come questi meccanismi retributivi, per i magistrati, non nascono per puro spirito corporativo: si tratta infatti di tutelare la loro indipendenza e autonomia (che, se non ricordo male, sono anche precetti costituzionali) che potrebbero essere pregiudicate se la categoria fosse sottoposta a ricatti e pressioni di carattere economico in sede
    di contrattazione delle loro retribuzioni.
    Detto questo, personalmente non sono contrario a modifiche della struttura retributiva (purché siano salvaguardati quei principi) legate in particolare al recupero dell’efficienza. Però, con riguardo alla norma della Finanziaria, mi chiedo più in generale: è ammissibile, sul piano dei principi che governano qualunque rapporto di lavoro, che il datore di lavoro (nel nostro caso il governo) intervenga unilateralmente, riducendo d’imperio le retribuzioni di una categoria di lavoratori? L’appello alla condivisione dei sacrifici è giustificabile, è plausibile, quando contestualmente si stanziano oltre tre miliardi di euro per il rinnovo dei contratti di tutti gli altri dipendenti pubblici (mentre dal dimezzamento degli
    aumenti dei magistrati e delle altre categorie si ricaveranno nel 2007 8 milioni di euro)?
    Quanto alle retribuzioni dei magistrati di altri paesi europei mi piacerebbe conoscere, più che il rapporto tra le progressoni economiche nel tempo, i valori assoluti (almeno nell’area dell’euro).
    Cordiali saluti.
    Giorgio Manca

  3. Oscar

    Il sistema di tariffazione degli avvocati è uno dei più forti incentivi a “tirare per le lunghe” i processi.
    La parte che ha ragione, in cause di modesto valore può trovare poco conveniente iniziare un’azione.
    Un valido deterrente, senza toccare le tariffe, può essere quello di introdurre una norma nei codici di procedura che consenta alla parte di stare in giudizio senza l’assistenza di un legale.

  4. Antonino Colombo

    Storicamente nel dibattito sull'(in)efficienza del nostro sistema giudiziario, il divieto di istituire giudici straordinari o speciali (art. 102, 2° co., Cost.) tende ad essere enfatizzato sino al punto di oscurare l’esigenza di una effettiva specializzazione professionale dei giudici. Nello stesso tempo, si dimentica che in quella stessa disposizione (v. il 2° periodo della norma costituzionale cit.) è prevista la posibilità di istituire sezioni specializzate, “anche con la partecipazione di cittadini idonei estranei alla magistratura”.
    Oggi, molte materie (ad es., le controversie in materia bancaria e finanziaria) richiedono specifiche competenze, che talora è utopistico pensare di ritrovare nella generalità dei nostri magistrati. Nonostante la prevedibile chiusura corporativa di questi ultimi, varrebbe la pena che le forze politiche fossero stimolate dall’opinione pubblica ad imboccare la strada che porta verso la creazione di simili sezioni e l’idea (non mia ma del nostro costituente) di coinvolgere “cittadini idonei” andrebbe seriamente vagliata.

  5. Federico Parmeggiani

    Tutto il diritto processuale italiano è da riscrivere, è totalmente antieconomico. Non solo incentiva strategie di tipo meramente dilatorio da parte degli avvocati, ma va sottolineato che ai tempi biblici che si incontrano nella fase di cognizione, si aggiungono i tempi altrettanto lunghi e le inefficienze della fase esecutiva, che solo ultimamente ha subito un timido inizio di “privatizzazione”. A mio avviso bisognerebbe riscrivere tutta la procedura civile dall’inizio, partendo proprio dal quel ginepraio che è il rito societario, prendendo una posizione chiara: o si adotta una politica diretta a indirizzare una volta per tutte le controversie di elevato valore tra società verso le ADR, oppure si crea davvero una procedura ad hoc, snella ed efficiente, e si costituisce una sezione apposita di magistrati che sia competente in materia, al pari di quanto, ad esempio, accde nel Delaware. Solo una riforma sostanziale e profonda ispirata all’efficienza ed all’economicità potrà migliorare la situazione, anche perchè la certezza del diritto trovo che sia molto più compromessa da una procedura farraginosa e sempre inceppata, che da una snella, informale ed economicamente vantaggiosa.

  6. michele

    Lasciatemi commentare un aspetto che agli economisti che vogliano analizzare il sistema degli incentivi tipico della magistratura italiana non dovrebbe sfuggire. Il punto ha a che vedere con la struttura della offerta di lavoro tipica del mercato italiano: mi riferisco al numero abnorme di laureati in giurisprudenza rispetto alla domanda effettiva espressa delle imprese. Credo che sia esperienza comune quella di vedere in Italia molti piu’ laureati in legge (o scienze politiche) che non in ingegneria o in materie quantitative. Cio’ a mio modo di vedere si riflette chiaramente nelle caratteristiche dei nostri magistrati: per troppi di essi il concorso di magistratura diviene una sorta di ultima spiaggia cui puntare per poter ambire ad un lavoro nella pubblica amministrazione. CIo’ non ha nulla a che vedere con il prestigio, il ruolo istituzionale, il livello qualitativo che qui in Inghilterra (dove vivo) riscontro rispetto all’Italia. E cio’ d’altra parte e’ confermato dal numero sorprendentemente superiore alla media di magistrati meridionali rispetto a quelli settentrionali. DOMANDA: come possiamo garantire imparzialita’ ed efficienza se da noi il magistrato e’ (viste le storture del nostro sistema scolastico) gia’ il prodotto di un processo di selezione che attinge ad un universo di candidati non esattamente di primo livello e cioe’: giovani attempati, meridionali, dotati di una laurea di scarso valore. Non sarebbe opportuno introdurre dei criteri piu’ selettivi magari a fronte di aumenti retributivi quali: laurea piu’ scuola di specializazione con diploma raggiunto entro i 25 anni di eta’, equa distribuzione della provenienza territoriale?

  7. ettore paolino

    Finalmente un interessantissimo articolo che affronta analiticamente il problema della inefficienza della macchina giudiziaria; tuttavia, pur apprezzandolo nel suo complesso, vorrei fare alcune osservazioni critiche al riguardo . Per quanto concerne le risorse, il paragone con gli altri paesi europei è improponibile per almeno 2 ragioni: 1) secondo i dati statistici, il contenzioso in Italia è molto più alto rispetto agli altri paesi europei: siamo un popolo molto litigioso; 2) il numero delle leggi in Italia sfiora le 100.000 tra fonti normative di ogni tipo (leggi, regolamenti, leggi delegate, ecc.), mentre in Francia l’ordinamento è composto soltanto da 6.000 leggi, in Germania da circa 8.000. Quindi, con queste premesse, è ovvio che le risorse necessarie in Italia devono essere maggiori rispetto a quelle degli altri paesi. I dati statistici non vanno presi astrattamente, ma vanno calibrati tenendo conto della realtà specifica di ogni singolo paese. E’ lo stesso discorso che si fa per le forze dell’ordine: in Italia ci sono più poliziotti per abitante rispetto alla Gran Bretagna, per esempio, ma in Gran Bretagna non esiste la crimininalità organizzata che c’è in Italia.Inoltre, è anche un problema di tecnica legislativa, perchè, come sa chiunque abbia studiato un pò giurisprudenza, in Italia c’è molto contenzioso a causa della imperfezione e della farraginosità del ns ordinamento; le leggi sono scritte male, si prestano a ogni tipo di interpretazione, per cui la certezza del diritto è solo una chimera.Per quanto concerne le risorse, da operatore del settore giustizia posso assicurare che il problema esiste veramente perche’, oltre al personale (con carenze dell’ordine del 40%: l’ultimo concorso per cancelliere è stato espletato 9 anni fa!), mancano le cose più elementari: carta per fotocopiare, il toner per le stampanti, i PC (solo il 60% degli uffici è completamente informatizzato, dati del Ministero della Giustizia),ecc.

  8. Giulio Betti

    Draghi così scriveva nella sua relazione del 31 maggio 2006:.. “Confronti internazionali mostrano che in Italia il numero di magistrati e funzionari amministrativi e la spesa pubblica per la giustizia sono paragonabili, in rapporto alla popolazione, a quelli di paesi simili al nostro per dimensione e tradizione giuridica..” Nulla da aggiungere..
    Ma allora scusate la vis polemica: se la spesa per la giustizia è la stessa che in altri paesi, come mai il centro-sinistra e i magistrati si stracciavano le vesti perchè nei tribunali mancava (manca?) anche la carta per la fotocopiatrice? E’ possibile sapere come siano spesi quei soldi oppure è chiedere troppo?

  9. daniela sabena

    Sono un avvocato e vorrei far presente che spesso, almeno per quel che riguarda la mia esperienza, sono le parti che volendo imporre posizioni di principio rifiutano proposte transattive ed accordi. Accade di sentirsi giudicare come legali poco capaci sol perché si caldeggia una soluzione transativa. Accade, specie in materia di dirtto di famiglia, di ascoltare parti che preferiscono condurre battaglie giudiziarie sulla testa dei figli minori per motivi economici, usando i figli come paravento. Riflettiamo anche su questo aspetto.

  10. Marco Solferini

    La strada per diventare avvocati oggi è molto più difficoltosa che in passato. Non posso esimermi dall’affermare che i giovani avvocati hanno il diritto di arricchirsi, ma hanno anche il dovere di offrire un servizio che sia costituzionalmente orientato e giustificato. Non può esserci crescita professionale senza una crescita della cultura professionale. La tariffa forfait è già spesso applicata e non può dimenticarsi come spesso sia applicata la tariffa oraria, di tipica importazione angloamericana, specie nei grandi studi di diritto commerciale internazionale che assistono le imprese, anche l’adr suscita interesse, quantunque vi sia un gap culturale spesso nella clientela.
    Più che lenta la macchina della giustizia è inadeguata e come tale soffre.
    Magistratura: è una categoria che stimo moltissimo, io fino ad oggi tutti i magistrati che ho conosciuto mi hanno testimoniato una profonda conoscenza del diritto, a volte anche ideologica, a tratti poetica, credo che siano un patrimonio per la democrazia e spesso sono chiamati ad agire in condizioni assolutamente deprecabili. Questo è indecoroso per i cittadini che credono nella giustizia e nella Costituzione.

  11. fazios

    Nell’anno 1996 presso la Sezione Polizia Giudiziaria della procura della repubblica del Tribunale di Vibo Valentia, ho presentato una denuncia contro un costruttore edile per calunnia nei miei confronti e abusivismo edilizio. Il P.M. sino al momento non ha iniziato l’azione penale. Come mi devo comportare?

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