A tre anni dal default Parmalat, le misure introdotte per evitare il ripetersi delle crisi e ridare fiducia ai risparmiatori ci rimandano un bilancio di luci e ombre. La legge sul risparmio aumenta il grado di tutela del risparmiatore. Rimane però la questione di come attivare strumenti di vigilanza pubblica in grado di verificare tempestivamente situazioni di allarme e realizzare adeguati interventi preventivi. Non è soltanto un problema di regole. L’educazione all’investimento è altrettanto importante di un efficace apparato di protezione.

Il 18 dicembre 2003 Bank of America dichiarava inesistente la liquidità della Bonlat, attestata da un estratto conto grossolanamente falsificato. Da quel momento scoppiava il più grande default nella recente storia della finanza. Sono tuttora in corso indagini e processi per il definitivo accertamento delle responsabilità, ma a tre anni di distanza, e guardando al futuro, almeno a una prima domanda si può tentare di rispondere: la lezione è servita?
Nella ormai lunga storia della finanza i grandi eventi di patologia hanno avuto dolorosissime conseguenze per le tasche dei risparmiatori, ma sono sempre serviti a risvegliare legislatori troppo sonnolenti che avevano riposto eccessivo affidamento nelle capacità di autodisciplina delle forze di mercato. E, al risveglio, il vero dilemma che hanno dovuto affrontare è stato quello di realizzare efficaci interventi preventivi e repressivi per evitare il ripetersi delle crisi e ridare fiducia ai risparmiatori, senza però cadere in tentazioni draconiane di regole pervasive, troppo onerose per gli operatori, e alla fine anche inutili.

Il bicchiere mezzo vuoto e mezzo pieno

Da noi si può dire che la lezione sia servita solo a metà. Il dopo Parmalat è stato caratterizzato da una lenta e faticosa rincorsa per arrivare alla scadenza elettorale con una legge sulla tutela del risparmio, risultata alla fine talmente confusa e contraddittoria da costringere il nuovo governo a una immediata correzione. Per i risparmiatori, dalla parte mezza piena del bicchiere ci sono ora maggiori tutele sul piano della trasparenza, della prevenzione dei conflitti di interesse, dei presidi per una migliore governance. Dalla parte mezza vuota, la mancata riorganizzazione degli assetti di vigilanza, una serie di fondi, che dovrebbero servire al loro ristoro, dei quali si sono perse le tracce e nessuno sa come debbano funzionare, e l’assenza di seri ed equilibrati strumenti per una più agevole e rapido accesso alla giustizia.
E che sul piano della ricostituzione di un clima di fiducia i risultati non siano brillanti lo testimonia il sondaggio presentato dall’Acri il 31 ottobre, giornata, appunto, del risparmio. (1) Secondo il sondaggio gli italiani continuano ad avere un elevata propensione al risparmio, ma sono ancora molti (il 71 per cento) coloro che richiedono maggiori controlli e (51 per cento) che ritengono le attuali tutele del tutto insufficienti. Ma quel sondaggio ci dice anche, da un lato, che soltanto il 23 per cento ha quantomeno sentito parlare della legge sul risparmio, dall’altro che, sebbene la stragrande maggioranza si dichiari poco esperta in argomenti finanziari, una buona percentuale decide da sola i propri investimenti, non disdegnando (il 20 per cento) quelli più rischiosi.

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Regole ed educazione

Possono sembrare dati contraddittori, ma in realtà sono illuminanti perché testimoniano l’importanza anche in questo campo di una maggiore diffusione della conoscenza. Presidiare con le regole il terreno della protezione dei risparmiatori è fondamentale perché ci vogliono notizie veritiere (e sanzioni effettive per chi non le dà) e intermediari che si comportino con correttezza per consentire scelte informate. Ma chi sceglie deve sapere quello che fa e comportarsi con consapevolezza, con una cultura del risparmio che da noi ancora manca.
Un recente saggio (2) individua in un’ora il tempo medio intercorrente dalla decisone di investire in strumenti finanziari a quello dell’effettuazione dell’ordine di acquisto, contro un tempo medio di tre settimane (per una spesa spesso decisamente inferiore, e dopo aver visitato numerose concessionarie) quando si acquista un’autovettura. Nessuno, ovviamente, deve pretendere che gli scandali finanziari trasformino i risparmiatori in provetti analisti che possono tranquillamente fare a meno di un rigoroso sistema di tutele e di accertamento delle responsabilità, ma i dati del sondaggio dimostrano come il tema della educazione all’investimento è altrettanto importante di un efficace apparato di protezione.
Ci sono state alcune, meritorie, iniziative in questa direzione, ma è una strada ancora tutta da percorrere. Immaginate una bella “Pubblicità progresso” in televisione e sui giornali nella quale si spiega banalmente che quando si investe in una obbligazione con tasso di interesse molto alto, magari di uno Stato estero, si rischia molto di più, oppure si dice cos’è il rating, oppure si elencano i propri diritti quando si acquistano titoli? Non sarebbe, certo, una garanzia assoluta contro i rischi di truffa, ma sicuramente renderebbe più accorti e consapevoli i risparmiatori. E non è poco.

Potrebbe ripetersi?

Ma le truffe si possono evitare? Il filo conduttore che ha caratterizzato la vicenda Parmalat è stato, come è fin troppo noto, il conclamato fallimento di tutta la catena dei controlli di mercato, interni ed esterni. Nella legge sul risparmio vi sono alcuni interventi che dovrebbero favorire una maggiore indipendenza e professionalità dei controllori e prevenire i conflitti di interesse, ad esempio nella attività dei revisori, che spesso portano a chiudere uno, se non tutti e due, gli occhi.
Rimane il problema di come attivare strumenti di vigilanza pubblica in grado di verificare tempestivamente situazioni di allarme e realizzare adeguati interventi preventivi.
È un problema complesso che investe diversi e delicati profili, da una miglior coordinamento tra le Autorità, a una maggiore rapidità nell’accesso alle informazioni e nella circolazione delle comunicazioni, alla elaborazione, preannunciata dalla Consob nella sua ultima relazione, di indici di rischio in grado di avere un reale effetto segnaletico. (3)
Certo sono tutte misure, è l’antico dilemma del quale prima si parlava, che devono evitare di tradursi in eccessivi e ingiustificati costi per le imprese. Ma, è inutile nasconderselo, tre anni fa abbiamo scoperto che ci possono essere comportamenti delittuosi talmente gravi nei cui confronti anche le regole più severe e la minaccia delle sanzioni più dure possono fare poco: la cosa più importante è accorgersene il prima possibile e, soprattutto, prima che i buoi siano scappati dalla stalla.

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(1) Sul sito www.acri.it
(2)
F. Ferro Luzzi; “Le ali. Prime riflessioni sulla gabbia ove le associazioni dei consumatori hanno rinchiuso i propri associati”, in Age, Analisi giuridica dell’Economia, n. 1, 2006, p. 143.
(3) Relazione Consob per l’anno 2005, p. 18

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