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Verso Caserta

La stella polare del “documento Rutelli” , dello scorso novembre, era costituita dall’ampliamento degli spazi di concorrenza nei servizi, nazionali e locali, e dalla riforma degli strumenti di regolazione, a cominciare dal potenziamento e dal riordino delle Autorità indipendenti. Dal vertice di Caserta ci si aspetta che il governo dica finalmente quante e quali di quelle proposte verranno trasformate in provvedimenti legislativi e in atti di indirizzo politico, indichi con chiarezza la “squadra” che dovrà lavorarci e gli incentivi che verranno messi in campo per favorire le liberalizzazioni.

Il cittadino consumatore

“Porre al centro il cittadino-consumatore”. Il titolo del documento del vicepresidente del Consiglio non lascia dubbi sull’obiettivo delle linee di intervento in esso contenute. Molti servizi di pubblica utilità vengono oggi prodotti, in Italia, guardando più alle esigenze dei lavoratori o degli azionisti delle aziende che li producono che alle esigenze di chi ne usufruisce.
In alcuni casi, i servizi vengono utilizzati per tassare implicitamente il cittadino-consumatore, a beneficio dell’azionista, pubblico o privato che sia, facendogli pagare prezzi elevati per servizi che in altri paesi sono disponibili a prezzi assai più contenuti. In altri casi, il cittadino-consumatore viene invocato soltanto in quanto meritevole di attenzioni “sociali”, ovvero come titolare del diritto di accesso ai servizi (o almeno ad alcuni di essi) a prezzi contenuti. Ma viene generalmente taciuto che la garanzia di tale diritto viene sopportata dalla finanza pubblica e quindi, in ultima analisi, dallo stesso cittadino in quanto contribuente, perché i costi di produzione dei servizi, in Italia, sono, in molti casi, elevati rispetto ai migliori standard internazionali, mentre la qualità risulta insoddisfacente.
Insomma, spesso la “socialità” è solo la copertura delle inefficienze e delle posizioni di rendita dei produttori dei servizi, che ancora godono di ampie posizioni di monopolio, legali o di fatto. “Porre al centro il cittadino-consumatore” significa cambiare prospettiva: significa dire a chiare lettere che l’efficienza non è nemica della “socialità” e anzi che, per un buon tratto, la socialità può essere perseguita attraverso l’efficienza. Significa anche affermare che la concorrenza e la buona regolazione non sono obiettivi ideologici, ma servono al cittadino-consumatore perché strumentali al raggiungimento dell’efficienza e della qualità dei servizi.

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Cosa ci si aspetta dal “vertice” di Caserta

Naturalmente, sui dettagli di ciascuna delle proposte contenute nel documento si può e si deve discutere . Alcune di esse sono già incorporate in disegni di legge all’attenzione del Parlamento, come il disegno di legge “delega al governo per il riordino dei servizi pubblici locali”. (1) Su altre questioni sono invece stati annunciati o addirittura approvati dal Consiglio dei ministri provvedimenti parzialmente contradditori con le proposte di liberalizzazione e di riforma della regolazione in senso pro-concorrenziale; un buon esempio è lo schema di disegno di legge delega per “la riforma del trasporto aereo nazionale”, che fa qualche passo avanti nella direzione desiderabile insieme, purtroppo, ad alcuni passi “laterali”, prigioniero ancora di una logica fortemente dirigista.
È auspicabile, però, che nel prossimo “vertice” di Caserta il governo e la sua maggioranza politica dicano con chiarezza se intendono accogliere l’orientamento di fondo del documento, se vogliono marciare nella direzione indicata, fino a dove e con quali tempi. È anche auspicabile che vengano individuati molto bene i settori su cui si vuole procedere prioritariamente e la “squadra” che dovrà lavorare alle riforme, al fine di evitare duplicazioni inutili di lavoro, perdite di tempo e, peggio ancora, iniziative divergenti. Già troppe volte si sono lamentate incertezze e confusione nella politica del governo: se i programmi elettorali sono spesso fisiologicamente generici, occorre ora individuare in modo non più equivoco la musica che si vuole suonare e il direttore d’orchestra. Varrebbe forse la pena concentrare, inizialmente, gli sforzi su settori che hanno grande impatto sul benessere dei cittadini-consumatori, come per esempio i servizi ferroviari regionali, che trasportano oltre l’80 per cento di tutti i passeggeri ferroviari e che, se funzionassero adeguatamente, contribuirebbero a dare sollievo alla congestione dentro e intorno ai grandi nodi urbani e quindi anche a migliorare l’aria respirata in quelle zone.

Il costo delle riforme va sostenuto

Non c’è niente di peggio, per il paese, ma anche per la credibilità della politica, che evocare un tema forte come quello delle liberalizzazioni nei servizi senza poi farne niente, trincerandosi nei sacri confini del (vago) programma elettorale della scorsa primavera, per non affrontare le difficoltà politiche e le resistenze sociali. Le une e le altre ci saranno: è inutile negarlo. Per superarle bisogna sostenere dei costi: in senso politico nessuna riforma può essere “a costo zero”.
Nel “documento Rutelli” vengono individuati alcuni “strumenti per accompagnare e sostenere i processi di liberalizzazione”. Tra questi hanno grande rilievo il generale riordino degli ammortizzatori sociali e la loro estensione ai soggetti che operano nei settori che devono essere liberalizzati, dove potrà inizialmente manifestarsi qualche esubero di manodopera, e gli incentivi alla aggregazione e alla crescita dimensionale delle imprese che gestiscono i servizi pubblici locali.
Mentre coniugare riforme e ammortizzatori sociali può essere la chiave (tra l’altro, quella degli ammortizzatori sociali è una riforma che andrebbe fatta anche a prescindere dalla liberalizzazione dei servizi), sugli incentivi bisogna stare molto attenti. Bisogna innanzitutto individuare bene i soggetti che frenano la liberalizzazione dei servizi, soprattutto a livello locale, e i motivi per cui lo fanno, per poi calibrare gli interventi (premi, ma anche punizioni) in modo da incentivare effettivamente comportamenti che vadano nella direzione desiderata.
Gli equilibri, nel caso dei servizi locali, sono molto delicati. Da un lato, infatti, vi sono le competenze, in alcuni casi esclusive, che la Costituzione attribuisce agli enti locali, dall’altro c’è la necessità di mantenere stretti i vincoli del Patto di stabilità interno, al fine di salvaguardare il sentiero di risanamento della finanza pubblica. Sarebbe forse opportuno destinare una quota predeterminata delle risorse provenienti dalle maggiori entrate fiscali a un preciso programma di incentivi per le liberalizzazioni dei servizi locali. Rendendo così chiaro l’uso a favore dei cittadini-consumatori di una pressione fiscale certamente molto elevata.

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(1) AS n. 772/2006.

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Sommario 3 gennaio 2007

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Il fabbisogno dimezzato

  1. Giacomo Dorigo

    Molte resistenze da parte di certe categorie professionali alle liberalizzazioni credo vengano anche dal fatto che molti dei diritti acquisiti dai lavoratori non sono garantiti anche ai liberi professionisti. Se i portatori dei diritti diciamo del “Welfare State” diventassero i cittadini in quanto tali e non più i lavoratori questo non potrebbe rendere più semplici le liberalizzazioni? Faccio un esempio concreto: un’ artigiana che voglia avere un figlio non avrà diritto ad alcun periodo di maternità retribuita mentre una lavoratrice dipendente con contrattoregolare l’ avrà. Un altro argomento che i liberi professionisti sollevano contro chi cerca di toccare i loro privilegi è che essi pagano più tasse di tipo non proporzionale al reditto rispetto ai lavoratori dipendenti senza avere invece alcuna assicurazione contro malattia, infortuni, maternità e con una pensione statale irrisoria.
    Io non so se questa loro asserzione sia vera, ma di nuovo non sarebbe meglio avere un’ unica tassa sul reddito graduata e abolire tutte quelle imposte su licenze, bolli, o certe bizzarrie come la tassa sulla cassetta degli attrezzi dell’ idraulico o simili?
    Non sarebbe meglio che tutti pagassimo solo un’ unica tassa proporzionale al nostro reddito e ricevessimo in cambio dallo Stato i medesimi servizi?

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