Lavoce.info

Crimini e misfatti a un anno dall’indulto

Le statistiche dicono che dopo l’ultimo indulto le rapine in banca sono quasi raddoppiate. Più in generale, varie tipologie di crimine subiscono improvvise impennate nei periodi successivi ai provvedimenti di clemenza. Con costi sociali superiori ai benefici. Tuttavia il sovraffollamento delle carceri è un problema reale. Eventuali nuove misure dovrebbero tener conto della necessità di selezionare in modo rigoroso i detenuti da liberare. I modelli econometrici potrebbero aiutare a definire i criminali abituali. Per escluderli dal beneficio.

È passato poco più di un anno dall’ultimo indulto e si torna a discutere dell’opportunità di tali strumenti per affrontare l’emergenza legata al sovraffollamento delle carceri, insostenibile sia per le condizioni psico-fisiche e igieniche dei carcerati che per il conseguente stress del personale di servizio. Uno studio recente ha analizzato statisticamente i cambiamenti nel numero e nelle tipologie di crimini successivi all’indulto del 2006 e agli atti di clemenza degli ultimi quaranta anni. (1)
Due sono i risultati inequivocabili. Dopo l’ultimo provvedimento le rapine in banca, l’unico dato criminale già disponibile, sono quasi raddoppiate. Più in generale, a seguito di indulti o amnistie, varie tipologie di crimine subiscono improvvise impennate.

I dati dell’Abi e dell’Istat

Ma andiamo con ordine. In base ai dati dell’Associazione bancaria italiana, nel mese successivo all’indulto del 2006, le rapine in banca che nell’anno precedente avevano segnato una linea decrescente, sono addirittura raddoppiate per poi attestarsi su livelli leggermente più bassi, ma pur sempre significativamente più elevati di quelli antecedenti il provvedimento. Una situazione drammatica se valutata retrospettivamente perché, a seguito delle quindici tra amnistie e indulti degli ultimi quaranta anni, la popolazione carceraria si è ridotta periodicamente di una percentuale che oscilla tra il 20 e il 50 per cento. Migliaia di potenziali malfattori liberi di tornare a sfidare la legalità.
I dati ISTAT mostrano che a seguito dei vari atti di clemenza susseguitesi dal 1962 ad oggi i crimini che aumentano più marcatamente a seguito di tali atti sono le rapine in banca (0.38 all’anno per ogni detenuto liberato), lo spaccio di stupefacenti (0.61 all’anno per detenuto), le frodi (5 all’anno per detenuto), i furti di autoveicoli (5 all’anno per detenuto), i borseggi (42 all’anno per detenuto) e persino gli omicidi (0.02 all’anno per detenuto). Analizzando le statistiche giudiziarie penali regionali, si evince che l’aumento dei crimini denunciati alle forze dell’ordine va di pari passo con l’aumento degli scarcerati, e il fenomeno è tanto più evidente nelle regioni nelle quali si liberano più detenuti. In passato, ci sono stati casi in cui le misure di clemenza hanno letteralmente svuotato le prigioni: è avvenuto nel 1966 in Abruzzo e Molise (-85 per cento) e nel 1970 in Trentino Alto Adige (-77 per cento). Ed erano anni in cui non esisteva ancora il problema del sovraffollamento delle carceri che, è giusto ammetterlo, resta a tutt’oggi il nodo principale da sciogliere.

L’analisi costi-benefici

Tuttavia, per non farsi fuorviare da giudizi (o pregiudizi) moralistici e facili luoghi comuni, è necessario analizzare a fondo le conseguenze che indulti e amnistie comportano sul piano sociale. A giustificazione della misura dell’indulto si adduce quasi sempre il sovraffollamento delle carceri, mentre i critici del provvedimento rispondono che sarebbe largamente preferibile costruire nuovi penitenziari. Ma entrambi gli schieramenti trascurano l’analisi dei costi-benefici.
Quando viene decisa una misura eccezionale come l’indulto o l’amnistia, il legislatore mette necessariamente in conto un possibile aumento del crimine. L’importante però è che il costo legato al preventivato aumento del crimine resti ben al di sotto del beneficio derivante dal provvedimento di clemenza.
Le cifre che emergono dai dati dell’Istituto di statistica, così come quelle sulle rapine in banca fornite dall’Associazione bancaria italiana, indicano che il risultato raggiunto si situa largamente al di sotto delle aspettative: a fronte di una spesa media per detenuto calcolata intorno ai 70mila euro l’anno (2), la società civile paga un prezzo stimato di 150mila euro in conseguenza dei crimini commessi in media dai detenuti che usufruiscono del beneficio di clemenza. E si tratta di una stima che pecca per difetto, perché non tiene conto di alcune tipologie di reati per i quali è impossibile stabilire un costo, come lo spaccio di stupefacenti, i tentativi di omicidio o la categoria residua dell’Istat “altri crimini”.
È dunque assolutamente necessario riequilibrare il rapporto tra costi e benefici della detenzione.

Una selezione dei detenuti

Le riflessioni suggerite dall’analisi dei dati Istat lasciano poco spazio alla fantasia, almeno nel breve periodo. Per avvicinare il rapporto costi-benefici della detenzione, al legislatore non resta molto altro da fare se non impegnarsi, con più convinzione di quanto non abbia fatto sinora, affinché eventuali nuove misure di clemenza tengano assolutamente conto della necessità di selezionare in modo rigoroso i detenuti da liberare, per escludere i criminali abituali e di professione e tutti gli appartenenti alla categoria dei recidivi, che invece hanno potuto approfittare una volta ancora dell’atto di clemenza del 2006 dopo quello del 1990. Sarebbe infatti un bel risultato se si riuscisse a stabilire preventivamente, in base alla “carriera” criminale del detenuto, chi rappresenta un costo sociale sufficientemente basso da poter essere liberato senza grave danno.
Per decidere quali fattori incidono sulla probabilità di recidività del detenuto sarebbe auspicabile l’utilizzo di modelli econometrici. Permetterebbero di valutare l’importanza di alcuni fattori, come ad esempio l’età del detenuto, il sesso, il tipo e il numero di crimini commessi in passato. Queste informazioni potrebbero poi essere utilizzate dal giudice come strumento utile per scegliere se concedere o meno il beneficio di clemenza. Modelli simili vengono già utilizzati in ambito giudiziario negli Stati Uniti, e tributario in Italia. In fondo, l’unica differenza con i cosiddetti studi di settore è che, invece di valutare la capacità di produrre ricavi da parte di un’attività economica, si valuta la probabilità di un detenuto di commettere determinati crimini.
Prima dell’indulto del luglio 2006 la popolazione carceraria italiana era pari a 60mila persone. Grazie all’indulto ne sono state liberate circa 26mila. Ma a giugno 2007, ultimo dato disponibile, si era già tornati alla capienza regolamentare delle carceri, e cioè 43mila detenuti. Tra pochissimo, dunque, si riproporrà il problema del sovraffollamento. Prima di riparlare di atti di clemenza, andrebbero almeno introdotte misure di selezione più efficienti di quelle adottate finora.

(1) “The Incapacitation Effect of Incarceration: Evidence From Several Italian Collective Pardons” di Alessandro Barbarino e Giovanni Mastrobuoni. Disponibile su www.carloalberto.org
(2) Oltre alle spese di mantenimento, in Italia è la sorveglianza dei detenuti ad avere un costo elevatissimo, con un rapporto di uno a uno tra secondini e carcerati.

Lavoce è di tutti: sostienila!

Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!

Precedente

Di doman non c’è certezza (Lorenzo de’ Medici)

Successivo

Tagli non parole!

41 commenti

  1. Agostino Alesin

    Nell`analisi costi benefici, vengono considerati i costi che la societa` sopporta nel vedere i detenuti dormire in 10 in celle da 3? Sanno gli autori che piu` o meno meta` della popolazione carceraria e` detenuta in regioni diverse da quella di residenza (questa e` stata la mia impressione, chiedete nelle carceri e poi chiedete i dati se ci sono), nonostante le norme stabiliscano che il detenuto debba essere recluso nel piu` vicino carcere al luogo di residenza (nota 13 del loro articolo)? E come confrontare indulti molto diversi senza tenere conto in modo adeguato dell`effetto tempo come fanno gli autori? I modelli econometrici chi dovrebbe farli, gli autori dell`articolo decidendono tu si` tu no in base al loro modello che richiede molte assunzioni? Tra l`altro, mi sembra che nell`ultimo indulto diversi reati molto gravi sono stati esclusi. C`e` un testo scritto che si chiama Costituzione che stabilisce una cosa simile all`equal protection clause. Per fortuna anche in presenza di modelli econometrici che hanno l`arroganza di decidere della vita delle persone detenute.

    • La redazione

      Se legge attentamente l’articolo, la nostra premessa e’ che il
      sovraffollamento delle carceri e’ insostenibile sia per le condizioni psico-fisiche e igieniche dei carcerati che per il conseguente stress del personale di servizio. Su questo siamo d’accordo. Per quanto riguarda l’analisi empirica le suggerisco di leggere il nostro studio, vedra’ che teniamo conto dell’effetto temporale. In appendice allo studio trovera’ anche una lista dei crimini che sono stati esclusi dai benefici di clemenza degli ultimi 40 anni.

  2. Alberto Lusiani

    Riguardo all’analisi costi-benefici, mi sia consentito dubitare sulla reale entita’ dei risparmi: dubito che lo Stato abbia licenziato o comunque non pagato 26mila secondini contestualmente alla dimissione di 26mila detenuti. Va inoltre sottolineato che gli eventuali risparmi hanno diminuito una voce del bilancio statale, mentre i costi in termini di crimini commessi sono ricaduti sui cittadini, come tassa aggiuntiva nascosta. Insomma, per i cittadini l’indulto corrisponde sostanzialmdente ad una nuova tassa nascosta.

    • La redazione

      Ha ragione. I risparmi si avrebbero solo nel lungo periodo e il
      prezzo dell’aumento della criminalita’ lo pagano soprattutto i cittadini.

  3. Danilo Maccarrone

    Gentili Signori,
    Grazie per il vs. contributo. Da quanto leggo dal grafico che voi presentate si evince che le rapine in banca sono aumentate sensibilmente nel periodo giugno-settembre 2006. Tuttavia mi pare imprudente dare un giudizio su quella politica (che io sposo) valutando i dati di un periodo cosi breve. Il grafico non dovrebbe arrestarsi a ottobre 06, ma “allungarsi” almeno fino a giugno 07. D’altro lato a mio avviso oltre il sano principio costi/benefici che deve essere centrale per ogni policy maker c’è da valutare il principio di legalità. Se uno Stato come l’Italia non rispetta la sua costituzione, trattando i detenuti al di sotto dello standard costituzionale, esso ha il dovere di intervenire per limitare il più grave dei reati:uno Stato in flagranza di reato che non rispetta la lettera della sua legge.

    Vi seguo con piacere,
    Danilo Maccarrone

    • La redazione

      Il grafico mostra i dati fino a dicembre 2006. Ha ragione pero’, sarebbe interessante continuare a monitorare i dati nel 2007. Riguardo al suo secondo punto veda la nostra risposta ad un commento precedente.

  4. Gaetano Criscenti

    L’approccio al tema dell’indulto, non più su basi giuridico morali, ma su quelle statistiche-economiche, è un apprezzabile sforzo che segna ulteriormente l’incomprensibilità dell’indulto 2006 , sia nelle motivazioni che nell’attuazione.
    Quel provvedimento ha difatti sterilizzato la pena per moltissimi detenuti senza tener alcun conto delle caratteristiche dei singoli rei. E’ palese che la caratterisica recidivante di moltissimi detenuti, determinava e determina un potenziale di pericolosità sociale altissimo.
    Ignorare, come si è fatto, le caratteristiche individuali dei reclusi, è un grave errore per le conseguenze di natura sociale – il messaggio implicito in un simile atto – , criminale ed economica.
    Un’ altissima percentuale dei reclusi che hanno beneficiato dello sconto di pena era ed è tossicodipendente, come altissima è la presenza tra i reclusi di immigrati clandestini e non. Semplicemente decidere, una volta per tutte, che gli immigrati devono scontare la pena nel paese d’origine e che i tossicodipendenti non colpevoli di altri reati che non sia il piccolo spaccio siano automaticamente obbligati a pene alternative – tra le quali il lavoro sociale obbligatorio -, darebbe un duraturo ridimensionamento del numero di persone ristrette in carcere. Vi è poi da affrontare anche il fatto che, a differenza di altri paesi, da noi non si conosce la differenzazione dei carceri in base alla pericolosità dei reati commessi e delle caratteristiche dei rei, nè un largo uso delle pene altrnative : un sistema del genere indurrebbe un risparmio nelle spese per la detenzione , oltre a determinare una più civile parametrazione della condanna al tipo di reato.

  5. Giorgio Corani

    Salve,
    complimenti per l’interessante articolo.
    Concordo con il punto di vista di Maccarone: sarebbe interessante avere un periodo piu’ lungo di dati dopo l’indulto.
    Si nota un picco di rapine subito dopo il provvedimento; ma poi c’è un trend decrescente spiccato (nonostante i livelli rimangano più alti rispetto al periodo pre-provvedimento).
    E’ forse questo dovuto al fatto che i malviventi vengono (velocemente) riarrestati? in questo caso, sarebbe interessante vedere quanti mesi servono per “normalizzare” la situazione, riportando il numero di furti ai livelli pre-provvedimento.

    cordiali saluti

    Giorgio Corani

    • La redazione

      Veda la nostra risposta ad un paio di commenti precedenti.

  6. enrico

    Trovo molto interessante, in un articolo che propone di utilizzare seri modelli econometrici, esordire con una affermazione ad effetto, “dopo l’indulto le rapine sono quasi raddoppiate”, demagogica e assolutamente falsa, come si verifica immediatamente alla luce del grafico a fine della pagina. Il quasi raddoppio post-indulto e’ calcolato rispetto al dato di luglio 06, il punto piu’ basso di tutto il grafico, e ovviamente di nessun particolare valore statistico. Con lo stessa criterio si potrebbe osservare che il numero di rapine a agosto 04, dicembre 04, febbraio 05, aprile 05 e’ solo del 10% piu’ basso del picco del settembre 06… Piu’ in generale il confronto andrebbe fatto con una media degli anni precedenti e confrontato con un periodo successivo all’indulto ben piu’ lungo di 3 mesi, viste le ampie fluttuazioni mensili che la serie storica evidenzia. Probabilmente si otterrebbe un aumento del 25-30%, cioe’ intorno a un quarto del “risultato inequivocabile” sbandierato nelle prime righe. Probabilmente degno comunque di essere discusso, ma parlare di raddoppio e’ ridicolo. Come spesso succede, precisione e serieta’ sono richieste solo agli altri…

  7. Giuseppe Liddi

    Il vero problema italiano è la nostra Costituzione che ha dato lo spunto per creare un consumismo delinquenziale, come si fa con i prodotti industriali che ormai durano così poco per aumentare le vendite e la produzione. Il delinquente non va recuperato in carcere ma dovrebbe essere recuperato prima che commetta i reati, per salvaguardare la convivenza civile. La civiltà di un popolo si misura dal numero dei reati commessi e non da come si sta in carcere. Tutte queste leggi che tendono a ridurre le pene ( patteggiamenti – permessi – buona condotto – indulto, ecc.) servono solo a far guadagnare gli avvocati che hanno enormi vantaggi economici dal proliferare della delinquenza in genere. Basta guardare quanti avvocati vi sono in Parlamento per capire il perchè di tutte queste leggi permissive e garantiste. La gente non distingue più la punizione dalla deterrenza e lo si nota anche dai vari dibattiti in corso. In Italia si punisce ed è sbagliato. La punizione si applica in assenza di leggi, quindi nelle dittature. In democrazia si applica la deterrenza, tramite le leggi ed il controllo. Leggi più severe consentono minor controllo e quindi un risparmio economico per i cittadini (potremmo dibattere in seguito su questo). Però leggi troppo severe non farebbero arricchire gli avvocati perchè ridurrebbero i crimini. Questo è il problema.

  8. Enrico Strada

    Per quanto mi riguarda (e non riguarda solo me…) le rapine in banca non sono un grosso problema, sono le banche stesse a rapinare i clienti in ogni maniera.

    Anzi, proporrei ai rapinatori di non recare danno ai poveri clienti presenti loro malgrado durante la rapina, ma di prendersela solo con i dipendenti della banca stessa, magari picchiandoli regolarmente e con parecchia violenza, in dondo sono solo sacerdoti del dio soldo, e io sono laico…

  9. luigi zoppoli

    Mi spiace fare un commento “terra terra” ad un articolo di tale spessore.
    L’indulto è statostudiato solocome sistema per “svuotare gli alberghi”. Di fatto ha rappresentato una ulteriore conferma dell’impunità di cui gode chi compie reati. E le normative che hanno ridotto i termini per la precrizione o le ignominie giuridiche contrabbandate come “garantismo” concorrono a confermare il paese quale “patria del diritto e cimitero della giustizia”. D’altronde da decenni nessuno è capace neppure di normare almeno per avere durate dei processi appena dignitose.
    Luigi Zoppoli

  10. Luca Sofri

    Inequivocabili? Raddoppiati? Dal 65 all’80% in un mese e di nuovo al 65 nel successivo? Mi sfugge qualcosa? Luca S.

    • La redazione

      La pregherei di dare un’occhiata al grafico numero 3 dello studio, e’ piu’ chiaro. L’aumento esatto da luglio ad agosto 2006 e’ stato da 0.52 a 0.78 rapine ogni 100 sportelli, cioe’ un amumento del 50 per cento, pero’ se si tiene conto del trend decrescente nel numero di rapine che era in atto prima
      dell’indulto l’aumento stimato e’ del 70 per cento. Nel grafico riportato nello studio vedra’ la curva che approssima il trend.
      Le farei notare anche che a seguito dell’indulto nello stesso mese la popolazione carceraria si e’ ridotta del 36 percento, quindi in termini percentuali (noi economisti le chiamiamo elasticita’) l’aumento e’ stato del 144 per cento (0.52/0.36). Era quello il dato che avevamo in mente. Comunque ha ragione, siamo stati poco chiari.

  11. s.calcagno

    Alla luce del duplice omicidio (con torture) dei due coniugi di Treviso, che cosa se ne fanno le vittime e i loro familiari dei vostri calcoli????? Fossi al loro posto, inorridirei. Forse ci sono valori che vanno al di là dei puri calcoli economici e che vengono prima anche dei ‘disagi’ dei carcerati. Se il loro trattamento non è consono ai dettami della Costituzione, non si ripara mettendo a rischio la vita, la salute, il portafogli, la tranquillità dei cittadini onesti. Si costruiscono altri carceri (Striscia la Notizia ha mostrato un carcere nuovo, non ricordo dove, costato X miliardi, mai utilizzato. Classico di noi italiani …) e si trovano altre soluzioni (espulsioni per gli stranieri – vere – e comunità terapeutiche per i drogati ecc…). La vita delle persone vale più di qualunque risparmio e vale più del disagio dei delinquenti. Rimane il problema che l’indulto – gabbato per compassione per i detenuti – era necessario per salvare molti politici – di destra e di sinistra – condannati. Per questo hanno messo Mastella alla Giustizia e Di Pietro ai Lavori Pubblici. L’indulto è il motivo principale per cui non voterò mai più per il centrosinistra, che tanto si è dato da fare per attuarlo. E voi che parlate dei risparmi ottenuti, direste le stesse cose se avessero ucciso e torturato voi o i vostri figli? Poco importa se sono aumentate le rapine in banca (sono coperte da assicurazione). Chi giace sotto terra o la pensionata derubata della sua misera pensione poco apprezzano il vostro sforzo di non essere banali e di non esprimere giudizi (o pregiudizi) moralistici. Vero è che le scarcerazioni andavano fatte caso per caso, individuo per individuo, come affermate. Perché non l’hanno fatto? E perché, visto che il lato dei costi è preminente, non è stata adottata l’amnistia? E perché hanno graziato anche chi è agli arresti domiciliari? Subivano un trattamento anticostituzionale?

  12. Alfonso Bisi

    Vorrei far notare al gentile commentatore che i presunti assassini dei coniugi uccisi non hanno niente a che fare con l`indulto (si vedano la edizioni on-line del corriere e di repubblica del 6 settembre, data odierna). Oggi la repubblica da` la notizia che nel 2006 i furti di auto sono diminuiti del 9%. L`indulto e` stato approvato nel 2006 o mi sbaglio. Magari un orrizzonte temporale piu` lungo di un mese e l`analisi di tutti i tipi di crimini consentirebbe uno studio piu` attendibile? Forse mi sbaglio ma una cosa sono le correlazioni inequivocabili (ad esempio aumento delle rapine), ben altra cosa sono le interpretazioni che si danno a queste correlazioni che a me tutto sembrano tranne che inequivocabili. Che un mese dopo una scarcerazione di massa alcuni crimini possano aumentare ci puo` anche stare, la cosa piu` rilevante e` capire nel medio lungo periodo cosa succede. E a me non stupirebbe che il crimine restasse costante o addirittura diminuisse dopo l`indulto. Del resto pur sempre di un mercato si tratta e molto competitivo per cui meccanismi di crowding out sono probabili e pure documentati in altri paesi. Ma e` proprio la sequenza degli indulti ravvicinata che rende difficile la risposta a questa domanda, paradossalmente. Ci ho provato, ma dalla figura 1 non riesco a vedere anche in modo preliminare i risultati inequivocabili. Sembra che nelle variabili rilevanti ci siano dei trend che vanno per i fatti loro. Difficile separare altri fattori rilevanti. Le leggi sulle droghe, immigrazione, cambi di governo, urbanizzazione, il 68 ecc. mi sa che la sanno lunga su questi trend.

  13. MATTEO

    Interessante. Mi stupiscono però i tempi. La curva delle rapine subisce un’impennata immediatamente dopo l’attuazione del provvedimento. Un tempo brevissimo. Cioè questi sono usciti di galera e prima di andare a casa sono passati in banca. Tutti rapinatori poi!! Allora ho in mente due scenari. Primo, le rapine non le ha compiute lo scarcerato ma i delinquenti già in giro che aspettandosi un maggior controllo futuro connesso alle scarcerazioni, avrebbero accelerato i tempi (overshooting delle rapine da effetto aspettativa). Secondo, gli scarcerati, non aveno un euro sono passati in banca a “prelevare”. Di qui la necessità di corredare il prossimo indulto anche di un assegno scarcerazione che aiutI a superare il primo periodo di libertà dello scarcerato-disoccupato.
    matteo

  14. Erasmo

    Buongiorno.
    Ho letto attentamente l’articolo e mi domandavo una cosa:
    Sostanzialmente voi dite che il rapporto costi benefici,per quanto riguarda l’indulto e’stato assolutamente negativo,in rapporto alle cifre calcolate.Mi chiedevo da dove viene la stima di 150 mila euro e su quale base e’stata calcolata.
    Grazie e continuate cosi’.

    • La redazione

      Per la quantificazione del costo sociale abbiamo prima stimato l’aumento medio per tipologia di crimine (furti, rapine, omicidi, etc.) per ogni persona liberata a seguito di atti di clemenza, il cosidetto effetto marginale (abbiamo usato dati ISTAT e ABI). Poi abbiamo valutato il costo medio per le stesse tipologie di crime (abbiamo usato indagini sulla
      vittimizzazione dell’ISTAT, dati sulle rapine in banca dell’ABI, dati sulle truffe della Confesercenti, e il valore della vita statistica stimato dalla Commissione Europea per l’Italia, cioè 2 millioni di euro).
      Moltiplicando il costo medio per l’effetto marginale e sommando i costi delle varie tipologie di crimine si ottime il costo sociale medio. Veda comunque lo studio per una spiegazione più dettagliata. Grazie per la domanda.

  15. simone ciotola

    Anche in tema di giustizia mi pare che il nostro paese sia ostaggio della falsa morale catto-comunista.

    perdonare è molto più semplice che amministrare la giustizia con equità e rigore. ci si fa “bella figura” con gli amici preti e con i benpensanti radical chic che s’incontrano nei salotti che affligono il paese. inoltre si fa qualcosa di concreto anche per gli amici degli amici che dopo le elezioni, giustamente, battono cassa.

    in un paese serio, non in ostaggio di falsi moralismi da baciapile, i delinquenti rimarrebero in galera.
    si costruirebbero carceri migliori recuperarando i costi altissimi della detenzione facendo lavorare i condannati.
    obbligandoli cioè a fare ciò che i probi cittadini fanno pagando le tasse: lavorare per lo stato.

    questo, oltre a rappresentare un validissimo ed esemplare
    contrappasso, consentirebbe, a quelli che volessero farlo, di recuperarsi più facilmente alla società civile imparando un mestiere.

    inoltre potrebbe essere interessante, in qualità di deterrente, tentare di importare una legge applicata in molti stati u.s.a..
    il cosiddetto sistema del “three strikes out”, cioè “tre errori e sei fuori”. al terzo reato sei considerato un recidivo non più recuperabile e ti fai vent’anni a produrre obbligatoriamente per lo stato.
    magari lavorando nei cantieri per le grandi opere, al posto della manovalanza imposta dalla mafia e dalla camorra.

    sarebbe un grande esempio di civiltà e giustizia.
    a metà strada tra il pragmatismo americano ed il socialismo moderato praticato presso i più vicini ed amatissimi, a parole, modelli democratici rappresentati dai paesi nord-europei.

    ma forse questo è troppo per noi.

  16. Giorgio Piermaria

    Questione di clima.
    In un certo clima fioriscono solo alcune piante e non altre. Io sono di sinistra e ritengo solo “sinistri” e superficiali quelli che pensano che eliminare certe situazione di illegalità ai semafori significhi solo accanirsi contro gli ultimi. Fare finta di niente significa permettere, grazie anche a indulti ed amnistie che il clima putrido richiami nel nostro paese le peggiori “piante”, il peggio del peggio. Ci sarà un motivo per cui sembra che ci sia la fila dei rumeni a venire in Italia ora che non ci sono più problemi all’entrata. Voi che dite saranno i migliori cittadini-modello della Romania e venire a farci visita?

  17. Franco Carisi

    Indulto e pacchetto sicurezza sono argomenti che ho trovato trattati anche su http://www.radiocarcere.com. Sono daccordo con le opinioni riportate su quel sito. L’indulto non poneva alternative. Disquisire sui suoi effetti mi sembra ultroneo. Credo che valga la pena discutere sul perchè dopo l’indulto non si è fatto niente affinchè le condizioni che lo hanno reso indispensabile si ripresentino. Per ciò che concerne il pacchetto sicurezza ritengo che il fine sia da condivisbile. Non altrettando metodo e contenuti. Sul sito riportano l’opinione del Procuratore di Torino che spiega come il provvedmento sia più dannoso che vantaggioso. Mi sembra che il problema si sia affrontato con le vecchie logiche della legislazione dell’emergenza. Logiche che nonb hanno mai portato alcun frutto.

  18. alessandro b

    L’articolo è ben documentato e contiene anche buone argomentazioni, ma si vasa su una visione troppo “economicistica” della questione indulto. Non si puo’ – e non si deve! – affrontare il problema del sovraffollamento delle carceri e delle amnistie in base all’analisi costi-benefici. La promulgazione degli indulti e piu’ in generale delle misure di clemenza generalizzate, confligge con il principio della certezza della pena (io rubo una macchina, vado in galera ma sono tranquillo perche’ tanto ogni due anni svuotano le carceri…), e rappresenta – anche se gli autori non lo dicono – una vera e propria capitolazione dello Stato di fronte alla criminalita’. Aggiungo anche che non sono a conoscenza di provvedimenti di indulto e amnistia presi in altri paesi con una frequenza cosi’ elevata (e sconsiderata) come in Italia. So’ per esempio che negli USA tali provvedimenti non sarebbero neamche concepibili; al massimo e’ il Presidente degli Stati Uniti che concede una tantum un provvedimento di clemenza, che riguarda poi UNA persona e non tutta la popolazione carceraria.
    Quindi attenzione! i modelli econometrici non possono essere usati da soli per parlare di giustizia e di legalita’!

    • La redazione

      Noi abbiamo stimato il cosiddetto effetto incapacità, cioè la riduzione dei crimini legato all’incapacità fisica del criminale di commettere nuovi crimini quando viene messo in detenzione. A questo si aggiunge l’effetto deterrenza, cioè l’aumento dei crimini quando si ha una riduzione della sanzione attesa perché il criminale pensa di poter rientrare tra i
      beneficiari di un futuro atto di clemenza. I costi sociali che noi stimiamo potrebbero quindi essere anche maggiori. Riguardo all’uso di indulti e amnistie in altri paesi consulti lo studio SPACE 1 del Consiglio d’Europa
      (http://www.coe.int/t/e/legal_affairs/legal_co-operation/prisons_and_alterna
      tives/Statistics_SPACE_I/List_Space_I.asp#TopOfPage)

      Troverà, ad esempio, che nel 2004 c’è stato un indulto in Azerbaijan, in Macedonia, in Olanda (per sovraffollamento delle carceri). Ma anche negli Stati Uniti, e più precisamente nello stato della Georgia, nel 1981 il governatore decise di liberare 900 detenuti per via della sovraffollamento
      delle carceri. Però concordo con lei che non sembra esserci in altri paesi la ricorrenza all’utilizzo degli atti di clemenza che sembra esserci in Italia.

  19. Massimo Bocchia

    Già altri hanno evidenziato la prudenza che occorrerebbe avere nel trarre conclusioni da modelli econometrici (elasticità compresa). Da parte mia, ricordando come in campo economico sia notissimo leffetto “J” (ovvero: un lag temporale tra una decisione economica ed i suoi effetti, e che dovrebbe essere preso in considerazione possa esistere anche in analisi non prettamente economiche), sottolineo alcuni elementi che dovrebbero essere chiariti prima di qualsiasi conclusione:

    1 – La relazione esistente tra aumento della criminalità e stato del clima socio-economico generale (vedi, per esempio: fasei di ciclo economico);
    2 – L’eventuale correlazione accertata tra popolazione carceraria e dinamica degli atti criminali.

    Mi pare, ma forse sbaglio, che questi aspetti di necessaria premessa siano stati poco approfonditi. Ed il trend individuato dal grafico dovrebbe essere per così dire “scomposto” in modo da evidenziare i contributi dei diversi fattori (naturali o eccezionali) per valutarne meglio l’entità e significato.

    • La redazione

      Grazie per i suoi commenti. Ci danno l’opportunità di spiegare la nostra specificazione empirica. Riguardo al suo primo punto credo che il grafico sulle rapine in banca a livello mensile dimostri che non c’è alcun lag temporale nell’aumento della criminalità. Per quanto riguarda il suo secondo punto nello studio empirico (cioè nelle regressioni) controlliamo per le
      variazioni nel PIL regionale e nei consumi aggregati regionali, per la variazione nel numero di controlli stradali effettuati dalle forze dell’ordine nelle regioni e per la variazione nel numero di agenti delle forze dell’ordine stazionati a livello regionale. Inoltre tutte le regressioni includono effetti fissi regionali e dei controlli temporali a livello nazionale. Per capire la metodologia empirica adottata la invito a
      leggere lo studio, comunque in breve possiamo dire che utilizziamo il metodo delle variabili strumentali (IV=numero di detenuti liberati a seguito di atti di clemenza) per identificare l’effetto casuale che la variazione della popolazione carceraria ha sulla variazione dei crimini.

  20. Adalmanno

    Bell’articolo, finalmente qualcuno aggiunge qualche dato oggettivo (anche se parziale e insufficiente per una seria valutazione) alla discussione, perche’ finora le risposte politiche dello stato sono state sempre improntate al “ma no, e’ una vs. impressione che ci siano piu’ reati, meno sicurezza, ecc.”, anche se cosi’ fosse il problema e’ tutto vostro (di voi cittadini)!
    L’affollamento cronico delle carceri, richiederebbe come minimo l’immediato raddoppio della loro capacita’; a distanza di un anno dall’indulto, c’e’ stato un solo rappresentante dello stato che abbia dato un parere positivo, una speranza in tal senso? Io non l’ho sentito.
    Infine che cosa e’ stato fatto per la prevenzione dei reati? Almeno per i reati connessi con le dipendenze da droga sarebbero state utili delle serie campagne informative anche dure sul fatto che i colpevoli sono sempre i consumatori perché sono loro che alimentano la domanda e rendono conveniente e redditizia l’offerta.

    • La redazione

      Riguardo al suo primo punto le vorremmo ricordare che l’analisi empirica da noi svolta si basa sulle statistiche della delittuosità (dati raccolti dalle forze dell’ordine) e sulle statistiche della criminalità (dati raccolti dagli Uffici Giudiziari) a livello regionale dal 1961 al 1995. Questi dati rappresentano la base di tutti gli studi criminologici in Italia. A noi non
      sembrano dati ne parziali e insufficienti (riguardano la totalità dei delitti denunciati). Ci auguriamo però che lo stato Italiano investa più risorse per digitalizzare queste statistiche e renderle più accessibili a noi ricercatori. Per il nostro studio abbiamo dovuto fotocopiare e inserire in formato elettronico i dati relativi a 35 anni di statistiche giudiziare penali regionali.

  21. Guido Guerra

    È passato poco più di un anno dall’ultimo indulto e si torna a discutere dell’opportunità di tali strumenti per affrontare l’emergenza legata al sovraffollamento delle carceri, insostenibile sia per le condizioni psico-fisiche e igieniche dei carcerati che per il conseguente stress del personale di servizio.
    Discutere sull’opportunità di adottare l’indulto per evitare che i carcerati stazionino in strutture prive delle condizioni di vivibilità mi pare inutile.
    E’ sufficiente ricordare che l’indulto è misura clemenziale, come grazia e l’aministia per capire che non si può affermare che questo debba eserre utilizzato per svuotare le carceri e ridare loro la sembianza di luoghi civili.
    Il dato di fatto è che l’indulto era l’unico strumento per affrontare velocemente questa situazione e non si poteva procranistare neanche di qualche mese.
    Sarò presuntuoso ma i pare che si può affermare che non vi era aternativa all’indulto.
    Mi pare pertanto che la discussione sia ultronea. Forse si dovrebbe discutere sul come evitare che il problema si ripeta.
    A mio avviso si dovrebbe pure discutere della idoneità delle struttre penitenziarie a svolgere la funzione loro assegnata.

    • La redazione

      Crediamo invece che sia molto importante discutere dell’indulto, adesso. Non dell’indulto del 2006, ma dell’indulto e dell’amnistia in generale. Ed è esattamente cioè che noi abbiamo fatto. L’alternativa alla discussione è proprio la soluzione che profila lei, cioè trovarsi fra tre o quattro anni a
      dover nuovamente affrontare “la situazione velocemente”: un nuovo indulto.

  22. marco lodi

    Mi interesso indirettamante di criminalità e sua prevenzione in ambito educativo, per motivi professionali. Trovo molto difficile trovare consenso sulla strategia detta “tolleranza zero” a mio avviso molto interessante sotto il profilo educativo. Credo potrebbe essere utile sviluppare ricerche sui costi dell’intervento continuato e progressivo sul crimine (dal piccolo al grande) da essa prefigurato. Ci sono? si può sperare che vengano effettuati?Grazie.

  23. Roberto Sormani

    Mi sembra sensato, a livello macroscopico, proporre il ricorso all’analisi discriminante sui singoli casi, ma ve ne chiedo il fondamento etico e costituzionale.
    Sul primo piano, mi sembra che il costo sociale di un’errata classificazione non possa essere ridotto a una quantificazione economica, principio fondamentale di un ordinamento garantista come vorrebbe essere il nostro.

  24. Domenico Bonanno

    Serviva veramente questo studio per dimostrare, aldilà di tecnicismi statistici, che più delinquenti „fuori“ significa più crimini commessi? Ogni persona di buon senso poteva prevedere un incremento di rapine e altro. Tutti, tranne forse coloro che perdono tempo a dimostrare che la funzione “sociale” delle carceri non è adeguata, che le condizioni dei detenuti sono insostenibili (e quelli delle loro vittime si?!), che i dati vanno letti su un periodo più lungo ecc. per dire che l’indulto è stato cosa buona e giusta. O coloro che avevano interesse. Non mi riferisco solo ai detenuti beneficiari, ma anche ai “lacchè politici” che sono costretti (alcune volte, loro malgrado) a difendere una decisione foriera solo di nuovi problemi, che non sia solo quello del sovraffollamento delle carceri. Il problema è un altro e fatichiamo a metterlo a fuoco: non è che se lo Stato non riesce, Costituzione alla mano, a garantire condizioni umane ai detenuti, costoro saranno esentati dallo scontare la pena quasi automaticamente. Vogliamo una soluzione al problema? Eccola: a parte che bisognerebbe definire meglio cosa si intende per accettabili condizioni carcerarie (perché 4/5 persone per cella è troppo? Il “recupero” dei detenuti può avvenire solo tramite la comodità?! Un minimo di “punizione” nella pena, non la vogliamo proprio prevedere?!), la soluzione è semplice, costruire nuove carceri! Tra pochi mesi (se non anni), appena finisce l’effetto (nefasto) dell’indulto, scommetto che la popolazione carceraria tornerà ai livelli di luglio 2006 e allora il problema si riproporrà. Che fare, un nuovo indulto? Io personalmente cercherei ospitalità in altro paese come perseguitato politico … Viceversa, accetterei di pagare nuove tasse (si, proprio così) per permettere la costruzione di nuove carceri (belle capienti!). il mio voto andrebbe a chi ha il coraggio di fare una proposta del genere, che va nella direzione di soluzione del problema, non di eluderlo o procrastinarlo nel tempo.

  25. Alberto Marcheselli

    Passano le estati e nulla cambia.
    Mi sia consentito richiamare, siccome mi pare sia ancora attuale (sono cambiati solo i numeri), quello che scrivevo su queste colonne tempo fa:

    http://www.lavoce.info/news/view.php?id=16&cms_pk=2072&from=index

    Alberto Marcheselli

  26. Alessandro Abati

    In quasi tutti i Paesi civili, dove la civilta’ si esprime nella tutela della parte sana della societa’ e nell’impegno alla rieducazione di quanti sbagliano, quando mancano le carceri o sono di livello tale da non garantire dignita alle persone che ospitano si lancia un "piano infrastrutturale carceri" per migliorarne qualita ed efficienza. Ma a proposito della rieducazione, in alcuni paesi Arabi, ad esempio, i carcerati ogni venerdi tornano in famiglia e al lunedi si mettono in coda per rientrare nel carcere. Non scappano. Ma non solo, i carcerati, o chi per loro, devono pagare l’ospitalita’ ricevuta nelle patrie carceri! cosi’ che la societa risparmia questo costo sociale caricandolo sulla sua famiglia che fara di tutto per non consentire a nessuno dei suoi di delinquere, perche sarebbero loro a pagare (oltre alle vittime dei delitti).

  27. Corbelli Erio

    Dall’articolo si evince che i benefici dell’indulto si riferiscono alla spesa per mantenere i carcerati, ovvero le carceri sono strapiene e farne delle nuove costa: allora facciamo si che i carcerati si automantengano col loro lavoro, pur non arrivando, regolamentando, agli eccessi che avvengono in Cina. Potremmo aprire nuove carceri adeguate con notevoli riduzioni di costi per la società. E soprattutto avremmo il beneficio finale di incarcerare per il giusto tempo coloro che delinquono, senza avere neanche perdite di tempo per indulti ed amnistie a livello di Parlamento, il quale, ulteriore beneficio, potrebbe legiferare più celermente su altre materie riguardanti cittadini onesti.

  28. gianfranco savino

    Premesso che nell’insieme l’articolo mi pare condivisibile e che il provvedimento di indulto pecca di importanti difetti (il più grave dei quali mi sembra la norma che esclude dai benefici i reati di mafia ma consente ai giudici di scarcerare quei mafiosi che scontano pene cumulative per altri tipi di reati), credo che manchino dei dati importanti nel ragionamento sugli effetti del provvedimento. La recidività documentata tra gli indultati credo si attesti intorno al 15% a fronte di una recidività usuale tra i detenuti del 35%, confermando ciò che tutti gli operatori della giustizia sanno (ma che non si dice in giro per non essere impopolari) e cioè che i provvedimenti indulgenziali (insieme alle misure alternative al carcere) sono statisticamente uno strumento di reinserimento sociale e di prevenzione dei reati più efficace delle pene detentive. Nell’analisi costi-benefici, inoltre, non si capisce qual è il costo sociale che deve essere imputato (e deve esserlo) al fatto di vivere in uno stato che vive di illegalità e amministra la giustizia in una condizione di usuale e costante violazione dei diritti civili ed umani.

  29. Valerio

    Mi sembra molto interessante l’idea dell’articolo, pero’ andrebbe aggiunto il valore positivo che i detenuti scarcerati che si sono reinseriti nella società hanno apportato. In termini di crescita di PIL e di qualita’ della vita loro e delle persone a loro relazionate. In quest’ottica va valutato se i detenuti che godono dell’indulto hanno una prospettiva di reinserimento migliore/peggiore di quelli che escono dal carcere una volta scontata la pena.

  30. vincenzo andraous

    Leggo che il carcere che ci ritroviamo è un buco nero terribile, poi leggo il giorno dopo, che invece non è poi così malandato, anzi. Davanti a dicotomie così repentine, un cittadino comune cosa può e deve pensare? Questa contrapposizione servirà unicamente a renderlo più diffidente e vendicativo nei riguardi di chi ha sbagliato; “infatti è anche da questa discrepanza che si creano le basi per lo sgretolamento del senso di sicurezza: tra ciò che è realmente, e ciò che si vorrebbe fare apparire”. Qualche volta occorre scendere dal proscenio e prendere atto che il carcere è ridotto come è, anche a causa di alcune leggi in disuso, le quali non sono mai state correttamente applicate, e di questo scempio la colpa è antica, risale a ieri, all’altro ieri, anzi forse a domani. Non porta voti né santificazioni occuparsi seriamente della galera, non è salutare guardare con pietà a chi sbaglia e tenta di riparare dignitosamente, non è innovativo a sufficienza spendere di più per prevenire e mettere mano alle leggi esistenti per renderle davvero operative, quindi efficienti ed efficaci.

Lascia un commento

Non vengono pubblicati i commenti che contengono volgarità, termini offensivi, espressioni diffamatorie, espressioni razziste, sessiste, omofobiche o violente. Non vengono pubblicati gli indirizzi web inseriti a scopo promozionale. Invitiamo inoltre i lettori a firmare i propri commenti con nome e cognome.

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén