Ha senso mantenere in attività la Stretto di Messina spa? E’ un’impresa interamente in mano pubblica, costituita per promuovere e coordinare la costruzione del famoso Ponte. Ovvero di un progetto che è stato accantonato. Ma anche se si volesse riprenderlo, questa società non sarebbe necessaria perché non è operativa, e la progettazione e costruzione del Ponte sono in mano ad altre imprese. In compenso, secondo il bilancio 2006, tra dipendenti, amministratori, affitti e varie altre voci l’intero carrozzone costa circa 21milioni di euro l’anno.
Pare che qualcuno voglia tenere in piedi la Strettodi Messina spa. Poiché mi è capitato di leggere il suo ultimo bilancio, credo sia utile raccontare di che si tratta.
Che cos’è, cosa (non) fa e quanto costa
È un’impresa, interamente in mano pubblica, costituita per promuovere e coordinare la costruzione del famoso Ponte di Messina. Si noti che però non è una società operativa, nel senso che la progettazione e costruzione del Ponte sono in mano ad altre imprese. Poiché oggi il progetto è stato "accantonato", la sua mission essenziale oggi non c’è più. Ad esempio, nel passato aveva due "info point" ovvero sportelli per informare e sensibilizzare il pubblico, su un progetto che allo stato attuale non va da nessuna parte; infatti, almeno uno di essi risulta oggi chiuso (meno male), mentre l’altro continua a iinformare. Su cosa? Mistero – In un paese normale, cassato il progetto, avrebbe dovuto essere chiuso il giorno dopo – è come tenere aperta la Fiat in un mondo che avesse deciso di bandire i veicoli a motore.
Passando ai dati, dal bilancio del 2006 risulta quanto segue (usiamo il presente per comodità, ma il dato ufficiale è di fine 2006, quando comunque il progetto era già stato accantonato).
I ricavi da vendite sono di fatto nulli. L’impresa serve solo a promuovere e a "mettere insieme" il progetto – non vende alcunché. Ma i costi, beh, quelli ci sono…
Alla Stretto di Messina spa lavorano circa cento persone. La prima cosa che colpisce è la struttura dell’occupazione: su cento dipendenti, ben tredici sono dirigenti. Se è vero che è un’impresa un po’ particolare, si noti però che un’impresa di cento persone in media di dirigenti ne avrà al massimo tre (a essere generosi).
Comunque, viste le retribuzioni, lavorare lì non deve essere male. Si consideri che tra i cento dipendenti ce ne sono sedici a tempo parziale, e – immagino – tanti commessi e impiegati di livello piuttosto basso. Eppure, il costo medio del lavoro in questa impresa, compresi (nei costi) anche gli accantonamenti per la liquidazione (Tfr) eccetera, ma compresi anche quei dipendenti che (suppongo) porteranno a casa circa 1.000 euro al mese, è circa 90mila euro all’anno a persona. Purtroppo non so quanto costino i dirigenti, ma le medie le sappiamo fare…
Anche essere nel consiglio di amministrazione non è male. Intanto, si sta in una compagnia nutrita: l’impresa non ha molto da fare, ma gli amministratori sono undici (più il collegio sindacale, si intende). Per un’impresa che non ha alcuna operatività, e che oltre tutto oggi non ha neppure una mission, un po’ tanti…
Il costo di questo simpatico gruppo (il solo cda) è di 1,6 milioni di euro all’anno (tre miliardi delle vecchie lire); il tutto, per amministrare cento persone e zero ricavi. Giusto per fare un confronto, a fine 2006 nel consiglio di amministrazione di Enia, una utility emiliana con 1.900 dipendenti e un fatturato di 1,2 miliardi di euro, sedevano otto amministratori che costavano circa 800mila euro, la metà della Stretto di Messina spa.
Tra dipendenti, amministratori, sontuosi affitti, eccetera, l’intero carrozzone costa circa 21 milioni di euro l’anno: chi lo vuole tenere in piedi afferma, fino a prova contraria, che questo denaro pubblico è ben speso. Tesi interessante, soprattutto in periodi in cui qualcuno dice di volere moralizzare la politica.
Una nuova mission?
È doveroso sottolineare che a detta dei dirigenti della società – ma confesso che su questo non ho potuto vedere i documenti perché la cosa riguarda il 2007 e il bilancio chiaramente ancora non c’è _ pare che la Stretto di Messina spa si sia buttata su progetti internazionali (ponti) ottenendo anche una commessa. In Albania. È interessante, perché il grosso di questi progetti in Albania lo si fa con i fondi internazionali, e tali fondi, in buona parte di provenienza italiana, sono caratterizzati dal fatto che lo stato estero che li eroga li può vincolare (e tipicamente li vincola) all’impegno che i lavori siano eseguiti da una sua impresa.
Ha senso tenere in piedi tutto questo? Da un lato, si noti che il programma elettorale dell’Unione non diceva "non vogliamo il Ponte", ma solo "riguardo al ponte sullo Stretto di Messina, proponiamo di sospendere l’iter procedurale in atto per realizzare le priorità infrastrutturali nel Mezzogiorno".Le ambiguità erano evidenti allora, come oggi.
Però, se anche qualcuno volesse riprendere in mano il progetto (la cui ragionevolezza è contrastata da mille analisi, ma questa è un’altra storia) la sopravvivenza della Stretto di Messina SpA non è per nulla necessaria. Un appello: trovate la soluzione tecnica migliore (la liquidazione? l’incorporazione altrove? Ok, ma senza tenere questi costi, per favore), ma fatela sparire.
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Raffaele Belluardo
Se è giusto denunciare spreco di costi ed inefficienze, credo sia scorretto lasciar passare l’idea che l’opera in questione ( il Ponte sullo stretto ) sia qualcosa di inutile,
Su questo punto il Governo attuale ha enormi responsabilità, poichè ha rinviato sine die un intervento che avrebbe dato una prima risposta seria al gap infrastrutturale dell’Isola.
Non mi capacito di comprendere da studente, da siciliano, da italiano, da europeo, come si possa essere contrari ad un’occasione dal significato così importante.
Io temo ci sia un fronte trasversale anti-meridionalista che ha ancora una visione della Sicilia come terra dalla “coppola e dalla lupara”, che sottostima le enormi potenzialità della stessa e da qui trae argomenti per parlare di sprechi e di sempiterne priorità alternative.
Per chi come me crede che una delle regioni più popolose di questo paese abbia il diritto ad una mobilità in tempi normali, di infrastrutture collaterali efficienti sa che questa scusa delle priorità sottende scarsa sensibilità al problema.
Superare la discontinuità territoriale dell’Isola è condizione essenziale per sviluppare un trasporto su rotaia efficiente ( rectius ecologico ) e sperare magari di vederne transitare anche qualche eurostar (con gli attuali traghetti ciò sarebbe impossibile).
Se si ricorda pure che istituti come il project financing sono di ausilio in queste occasioni, come può un’economista parlare di sprechi o di altro?
francesco canosa
…peccato che le denunce serie non vengono mai ascoltate! forse perchè gli italiani sono troppo innamorati della criminalità organizzata.
Basta vedere i millioni di telepetattori delle fiction sulla mafia e perchè no il fatturato che la criminalità organizzata fa in Italia, con buona pace di chi lavora a suda dalla mattina alla sera.
Sarebbe gradita una spiegazione da magistrati e polizia…
marcello
Lo sguardo sempre più sfuggente di Di Pietro mi richiama sempre di più quello di Giuda nel Cenacolo.
Perchè ha votato contro la chiusura della parassitaria Stretto di Messina spa? Forse vuole risparmiare a Berlusconi la fatica di riaprirla? Al cambio attuale quanto valgono 30 denari?
Certamente è difficile interpretare il desto in senso politico considerando il passato moralista del nostro ministro
Sandro Brusco
Carlo, eccellente articolo. Una domanda. Una giustificazione che spesso si sente per la tenuta in vita della società è che la sua chiusura comporterebbe il pagamento di ingenti penali (questo è quello che dice Di Pietro, per esempio). Ti sei per caso letto anche il contratto originario? Che dice?
Daniele Ferretti
Caro Carlo, ho letto la tua news dopo che il governo è stato battuto al Senato sulla questione della sua soppressione e temo purtroppo che questo sia il segnale più evidente che il rispondere alle raccomandazioni europee sui tagli alla spesa non sia geneticamente compatibile con lui così come stanno le cose.
In caro saluto.
Daniele
Luca Rosso
Forse potreste rettificare l’articolo o fornire ulteriori vostre delucidazioni sulla vicenda anche alla luce di quanto scritto da Di Pietro sul suo blog. Ve ne sarei grato. Buon lavoro 😉
Mauro Balestrieri
Incredibile. Quando sono a venuto a conoscenza dell’opposizione di alcuni deputati dell’Italia dei Valori in Parlamento sulla “soppressione” di questa farsa all’italiana non ci volevo credere. Il Ministro Di Pietro sarà al vertice delle classifiche sui politici più ben visti dal paese, ma questo non lo autorizza certo a commissionare nefandezze di tal genere, nè a sostenere un’opposizione poco illuminata.
In questo periodo sto leggendo “La Casta” di Rizzo e Stella… Tra gli sprechi del Bel Paese, oltre alle comunità montane a livello del mare e alle foltissime amministrazioni di Comuni sotto i 200 abitanti, bisognerebbe anche aggiungerci fondi per Società finalizzate a promozioni fantasma… onde dedurne che la situazione è tragica: buttarsi giù dal ponte nemmeno si può, perchè ancora non esiste.
Mario Ricci
I soliti “menage” governativi, in poche parole, la solita legge del “menga”. Grazie per l’ospitalità concessami.
MFR
Giuseppe Rossi
Il Signor Lombardo della “Catanese” Mpa (movimento per l’autonomia) ha sostienuto in Parlamento che non si deve chiudere la Società Stretto di Messina perche si dovrebbero pagare 500 milioni di euro alle società private che hanno partecipato alla gara. Quindi il governo, sciogliendola, dovrebbe affrontare questa spesa a meno che (se ho capito bene, ma è questo il punto che – non fidandomi – vorrei che mi venisse confermato o smentito) tiene la società aperta ancora fino al 2008. In quel caso i costi sarebbero molto inferiori (60 milioni di euro). Alias 71 contro 500. Se è vero avrebbe ragione Lombardo!
cesare beccaria
Sono rimasto molto sorpreso quando ho letto che Di Pietro ha votato contro lo scioglimento sostenendo che questo costerebbe di più che mantenere in vita la società spa. attuale e che secondo lui andrebbe utilizzata per le infrastrutture siciliane.
Sarei curioso di sapere che cosa ne pensano i siciliani democratici informati sulla questione. grazie e cordiali saluti.
CUCCITTO ALESSANDRO
Che sia un’inutile spreco di risorse questo è evidente, oggi ancor più dopo la puntata di ballarò, se non sbaglio. Ci chiederemo il perchè è ancora in vita, semplice, il clientelismo, i dipendenti sono stati collocati da politici, chiudere la società vorrebbe dire perdere voti e consensi sul territorio. Non a caso anche Di Pietro che ultimamente sembra più pragmatico ed attento, almeno in apparenza, alle esigenze dei cittadini, ha dissentito all’intenzione di chiudere la società Stretto di Messina. Il nostro caro ex magistrato ha interessi in sicilia, un suo deputato è il famoso Orlando Leo Luca, vi ricorda niente? Come al solito c’è da vergognarsi. Saluti
ALDO MARETTI
Gent.le Scarpa,
sul sito di DiPietro leggo che
“C’è già la mia disposizione per la Società Stretto di Messina: disposizione di sopprimere ogni sede secondaria e trasferire quella primaria presso il provveditorato alle opere pubbliche, al mio ministero o presso l’ANAS, a zero euro. Tutto il personale, ad eccezione di massimo cinque unità indispensabili, viene eliminato. Il Consiglio di Amministrazione viene azzerato, sostituendolo con un amministratore unico nella persona del presidente dell’ANAS che non verrà pagato.”
E’ vera l’iniziativa di DiPietro, per cui le sue preoccupazioni vanno aggiornate o si tratta di millantato credito?
grazie mille
Aldo
Giovanni Fazio
Tutto condivisibile, quanto scritto dal prof. Scarpa.
E infatti, mi pare che le cose siano andate proprio così; meglio, fossero già così nel decreto legge del Governo; se, poi, qualcuno ha pensato in sede di conversione di introdurre qualche zeppa contro la decisione, non c’è comunque riuscito.
Sul punto sarebbe stato utile rendere ragione di questo fatto, e inoltre:
– precisare chi fosse quel “qualcuno”: ad esempio dicendo chi aveva presentato l’emendamento “salva Societa del Ponte”;
– precisare cosa era successo in sede di votazione al Senato, dove il Governo si dice sia “andato sotto” proprio su quel punto: ma se il risultato è che la Società verrà liquidata, non è positivo che sia “andato sotto” in una votazione che mirava a fare il contrario di quello che il suo decreto proponeva?
Tutto questo si poteva scrivere, se non altro perchè la data di pubblicazione dell’articolo del Prof. Scarpa è quella del giorno in cui sono avvenute le votazioni al Senato, mi pare.
Cordialità.
Stefano Crimì
In Senato la maggioranza è andata sotto proprio su questo punto: ma chi è che ha voluto salvare la società? Perché qualcuno della maggioranza ha sentito il bisogno di proteggere una società che non sembra avere alcuna utilità? Posso ancora capire l’opposizione (probabilmente i dirigenti e gli amministratori della Spa sono stati nominati da loro, e quindi hanno interesse a “salvaguardarli”), ma perché Di Pietro e i suoi (che a parole si dicono sempre contro gli strechi ed il malgoverno) hanno votato contro la liquidazione della società?
Mauro
Il titolo del mio commento vuole essere una riflessione non tanto sulla notizia in sé, già autorevolmente commentata da molti, incluso l’autore dell’articolo, quanto sulla ipocrisia e sull’inutilità che permea organismi il cui ruolo è sancito nientemeno che dalla Costituzione.
Mi riferisco alla Corte dei Conti, magistratura contabile sulla cui capacità di incidere significativamente nei confronti del malcostume e della disinvoltura con cui vengono utilizzate le finanze pubbliche è lecito porsi domande.
Rapida e spietata contro gli amministratori locali che abbiano “sperperato” qualche decina di migliaia di euro in operazioni, magari azzardate, ma nelle quali per vedere un dolo occorrono lenti particolarissime, o che abbiano creato un “danno d’immagine” (sic) all’ente, tale magistratura diviene lenta e remissiva di fronte a fatti di ben maggiore rilevanza come quello della società per il ponte sullo stretto. Qualcuno saprebbe spiegarmene le ragioni?
Alessandro Abati
Pur essendo contrario al progetto del Ponte di Messina, in quanto (1) ci sono modi molto piu efficienti gia’ attualmente per collegare le due regioni, ma che potrebbero ulteriormente essere potenziati (2) perche non sarebbe mai il volano di due deboli economie, in termini di logistica, non mai sinergiche, sono d’accordo che un Governo che la sera stessa delle elezioni va in TV (Porta a Porta?), e non in Parlamento, a bloccare la gara gia affidata sul Ponte, avrebbe dovuto coerente interrompere/dismettere ogniqualsiasi iniziativa ad esso collegato. All’indomani, al piu tardi. Son passati quasi due anni e si tenta di giusitificare l’esistenza di un carrozzone (non per dimensioni, ma per evidente inutilita’) finanziato pubblicamente. Costasse anche solo 1.000 Euro l’anno, con la decisione del Governo, la sua mission istitutionale e venuta meno. Non vale, invece, l’esempio della FIAT, poiche solo un privato potrebbe (follemente e di tasc sua) continuare a buttare i suoi soldi nella …’Messina Spa’! con i soldi pubblici e meglio sempre perseguire spese che abbiano natura di investimenti, che perseguano Value for Money e con spese performanti per il bene pubblico. Sarebbe meno ipocrita e meno ‘italiano’, istituire un Fondo speciale per i dipendenti della ‘Messina Spa’, che son diventati disoccupati per decisione del Governo e non per loro incompetenza. La vergonga piu grande rimane nel fatto che il nostro Paese sembra unico in quanto a ‘non committment’ delle Pubbliche Amministrazioni (e qui parliamo di quella centrale) come controparti di operatori/investitori privati su contratti a lungo termine gia affidati per opere startegiche per il Paese.
Carlo Isgrò
Se si dovesse sciogliere la società per colpa dello Stato italiano, questi dovrebbe versare alla suddetta società la somma di 400.000.000 di euro di penale. E’ solo per questo motivo che si lascia in vita con solo 5 dipendenti. Si aspetta la “morte” naturale.
luigi v
Egregio Carlo, pensavo anche io come il suo articolo ma mi sono informato meglio (veda il sito di di pietro) e in effetti quello che ci fanno credere i giornali non è propriamente vero. di pietro ha gia’ tolto le risorse alla societa’, quindi lo stato non deve pagare quasi piu’ nulla, resta la societa’ in vita solo perche’ se la si chiude si devono pagare centinaia di milioni di euro in penali.
Giuseppe Palermo
Pienamente d’accordo. Voglio ricordare che c’è un precedente di pari gravità che deve far riflettere. La società, senza alcun motivo d’urgenza, ha appaltato l’opera solo due settimane prima delle elezioni che avrebbero deciso del suo futuro, creando così il fatto compiuto che ora viene addotto a pretesto del suo salvataggio. Astuto. Si tratta però di un atto sul piano amministrativo per lo meno "inopportuno" (in senso tecnico), censurabile dal punto di vista contabile e scorretto sotto tutti i punti di vista. E’ allora – senza entrare nel merito dell’utilità del ponte – che bisognava protestare. Anch’io aspetto di sentire la Corte dei Conti, che comunque ha già parlato chiaro sul sistema delle Grandi Opere in generale (ponte e Mose inclusi), cf. la delibera ultima: http://www.corteconti.it/Ricerca-e-1/Gli-Atti-d/Controllo-/Documenti/Sezione-ce1/Anno-2007/Adunanza-c/delibera-7060-2007.doc_cvt.htm
Paolo Savigni
Sono rimasto sbalordito anch’io da questa vicenda, soprattutto dalla posizione assunta dal ministro Di Pietro, così ho voluto approfondire e, leggendo dal suo blog, devo dire che si aprono altri scenari e, forse, questa volta, è stata presa la decisione giusta.
Occorrerà vedere se le opere alternative verranno veramente portate a termine.
Questo il link: http://www.antoniodipietro.com/2007/10/ponte_di_messina_fine_della_st.html#comments
Stefano Micossi
Il divertente articolo di Carlo Scarpa dimentica di discutere un aspetto non secondario. Il contratto firmato da Stretto di Messina, società concessionaria del ponte, con al società vincitrice della gara d’appalto per la costruzione del ponte, Impregilo, contiene un penale molto onerosa per lo stato in caso di cancellazione dell’appalto, dell’ordine di 300 milioni di euro (non concosco la cifra esatta). Tale penale aggiunge una dimensione partcolare al problema: la penale diventa certa ed esigibile nel momento in cui lo stato dichiara cher il ponte non si fa più. Finora non lo stato non lo aveva fatto: si è limitato ad annunciare che il progetto “non era più prioritario”, rinviando con un escamotage il pagamento della penale. Credo sia per questo motivo che il ministro Di Pietro si è opposto alla chisura della società. Ora i nodi vengono al pettine. Una questione sussidiaria che La Voce potrebbe porre è questa: il contratto è stato firmato pochi giorni prima della scadenza delle scorsa legislatura. Si sapeva che probabilmente il centro destra avrebbe perso le elezioni. Ci sono gli estremi di un danno erariale? Il nuovo governo era stato informato (dubbio che sorge per il fatto che ha poi confermato gli amministratori in carica)? Stefano Micossi
La redazione
Caro dr. Micossi,
sono in parte d’accordo. Ma solo in parte. Credo esista una penale (ma perché il Ministro non pubblica le carte, così capiamo meglio?) ma non credo che si possa evitare di pagarla solo dilazionando il progetto sine die. L’escamotage (se così lo vogliamo chiamare) è semplicemente di non dire "non vogliamo fare il ponte" ma di rinviare la cosa alle calende greche? ovvero speriamo davvero di potere prendere in giro l’impresa per 100 anni?
Non sono favorevole al Ponte, spero con lei che qualcuno sia chiamato a pagare per il danno erariale, ma francamente spero anche che il nostro sistema legale sia immune da scappatoie del genere. Se il "trucco" di Di Pietro è tutto qui, sono un po’ deluso… Ma come ho detto altre in un’altra risposta fin quando non ci fanno vedere le carte non posso dirlo davvero…
Cordialissimi saluti
carlo scarpa
Carlo Catalano
Il ministro Di Pietro, che più degli altri si è assunto la responsabilità del mancato scioglimento della società, giustifica ciò sostenendo che qualora si fosse proceduto in tal senso lo Stato sarebbe obbligato a corrispondere penali per circa 350 mln di euro e che tale esborso possa essere evitato se, anzichè sciogliere adesso la società, in futuro il CIPE deliberi la rinuncia alla costruzione del ponte sullo stretto. In merito ai costi del mancato scioglimento lo stesso ministro ha proposto che avvenga una fusione per incorporazione nell’Anas SPA azzerando di conseguenza il costo degli organi amministrativi e di controllo e mettendo a frutto in quest’ultima il personale della Stretto di Messina SPA. Mi auguro che sia vero il fatto che rinunciando alla liquidazione oggi si eviti di pagare le penali in futuro poichè questo è senz’altro il motivo principale che giustifica la mancata liquidazione.
rosario nicoletti
Molto apprezzabile e ben documentato l’articolo: la spa di cui trattasi è uno delle tante oscenità del panorama italiano. Mi sembra tuttavia importante la domanda: è vero che lasciando intatto il carrozzone non si pagano le penali alle società appaltatrici? E perché mai?
Costi Maria
Sono stupita che Carlo Scarpa non specifichi i motivi, che mi sembrano più che validi, addotti da Di Pietro per non eleminare la Società Stretto di messina che ci costerebbe un occhio della testa, ma di svuotarla senza pagare penali. Perchè non è stato chiarito questo punto da nessun mezzo di informazione? L’ho trovato scritto solo sul sito di Di Pietro…. Me ne dispiace.
La redazione
Cara lettrice,
La mia intenzione era semplicemente di spiegare quale fosse la società oggetto della contesa. Se poi sia opportuno scioglierla (come proposto da alcuni) o incorporarla in Anas (che è parte della proposta Di Pietro) non è questione su cui sono intervenuto se non (in fondo all’articolo) dicendo che entrambi mi sembravano comunque buoni modi di eliminare questa
vergogna. Se però non la si sciogliesse nè la si assorbisse in Anas, sarebbe grave.
Sulle penali, su cui si parla molto, ma su cui si sa poco, ho già scritto rispondendo ad altri commenti.
Carlo Scarpa
Luro62
Ho letto il suo articolo e il resoconto che fa Di Pietro sulla necessità di mantenere la società per evitare di pagare penali all’impresa vincitrice dell’appalto. Formalmente il discorso di eliminare una società che ha perso il suo scopo di esistere non fa una piega ma forse anche le ragioni di Di Pietro sono valide anche perchè mi sembra che sono stati adottati anche interventi per limitare la spesa residua.
MARIO LENA
Sono nato e vivo al nord, ma spero veramente di arrivare a vedere costruito e finito il ponte di Messina! Vorrà dire che l’Italia è uscita dal tunnel del provincialismo al ribasso. Non capisco inoltre come si possa imputare ad un governo legittimamente in carica l’aver stipulato un contratto per la costruzione di un’opera che era nel suo programma di governo. A questo punto tutti i governi devono chiedere all’opposizione del momento se sono d’accordo? Bene ha fatto Di Pietro, sarebbe costato in penali e come ha detto "a questo punto sarebbe stato difficilissimo tornare indietro". Con la marea di sprechi italiani, il tenere una porta aperta sul futuro non è buttar via i soldi, ma non tagliare le ali anche ai posteri.
a.ferrrari
e’ scandalosa la totale inefficienza dell’organizzazione dello stato nella programmazione dei lavori pubblici. era stata creata l’apposita authority ma non è servita a niente in un paese dove l’Anas o altri enti sono inutili e sovrapposti alle competenze delle Regioni e delle Province. Bisogna snellire e avere il coraggio di “tagliare” queste società e spostare le professionalità dove servono.
Io personalmente mi sono dedicato allo scandalo del ponte di Montodine in Provincia di Cremona, ponte crollato nel nov. 1994 e ancora da terminare con costi lievitati dopo vari scandali a circa 70 miliaridi di lire dai previsti 32 nel 1998.
ecco come vengono sprecate le risorse in rivoli inutili ed aumenta il deficit pubblico senza fine.
otto_vask
Se la storia delle penali è vera il significato dell’opposizione alla chiusura da parte del ministro delle infrastrutture cambia totalmente. Mi conferma l’idea che questo governo, tra i tanti difetti, non sia capace di comunicare. E che i media italiani fatichino a fare il loro lavoro in maniera decente.
davide
La società “stretto di messina”, è finita col passare da un’azienda parassita alle spalle dello stato italiano ad un’innoqua società con ZERO dipendenti ma tuttavia ancora esistente.
Infatti come spiega in modo ineccepibile e trasparente il ministro delle infrastrutture Di Pietro, questa mossa (mi riferisco all’azzeramento del numero dei dipendenti, piuttosto che allo scioglimento della società) ha consentito allo stato italiano di risparmiare diverse centinaia di milioni di euro, fondi che saranno destinati alle provincie che si affacciano sullo stretto.
quindi caro dott. Scarpa ritengo fuori luogo la sua critica, o qunto meno basata su dati che appartenevano al passato e che sicuramete non si riproporranno più. MERITI al nostro ministro delle infrastrutture.
Eliseo Hunter
Sulle molte inesattezze dell’articolo sorvolo, visto che i commenti precedenti hanno già rettificato. Domando al dott. Scarpa: ma sull’eliminazione dei dipendenti nessuno ha speso una parola?
Qualcuno ha asserito, secondo me in malafede, che sono delle assunzioni clientelari. Allora sbattiamoli fuori a pedate nel sedere…. Che tristezza!!!!
Poi la Sinistra-sinistra s’affanna a dimostrare che difende i diritti di tutti i lavoratori, tranne quelli della società dell’odiato Ponte. No quelli non meritano. Peggio per loro; come se fossero dipendenti di una fabbrica di mine antiuomo.
Quanto livore e odio!!! Si straparla e si “pontifica” a sproposito. Ma per progettare un’opera così importante, credete davvero che siano degli imbucati o dei raccomandati? Prima di parlare bisogna informarsi, visto che stanno per partire delle denunce a raffica da parte dei dipendenti di detta Società verso tutti i soggetti che hanno vomitato calunnie verso di loro. Se questi vincono le cause, cosa molto probabile, camperanno da veri nababbi….
La redazione
Di inesattezze francamente non ne ricordo, nè nessuno me ne ha fatte notare. Le cifre sono quelle. Sulla "eliminazione" dei dipendenti… Tralasciando il termine da lei scelto, da cui mi dissocio, non credo abbia senso tenere in piedi alcun posto di lavoro il cui salario non corrisponde a una qualche produttività. In una impresa che non produce alcun servizio, la produttività dei dipendenti è nulla (non per cattiva volontà loro… che c’entra?); ma allora non vedo perchè tenere in piedi tale impresa. Dopo di che, chiunque vede (ma di ovvietà cerco di scriverne meno possibile) che in una zona ad alta disoccupazione la tutela delle fasce deboli debba essere attenta, il che però ricade nella generale questione degli ammortizzatori sociali.
Venti milioni di Euro annui per dare un lavoro a 100 persone significa spendere 200 mila Euro per ciascuno di essi. Forse si può fare di meglio. Lascio che i lettori valutino chi sta parlando a sproposito…
Carlo Scarpa
Alfonso Salemi
Ho capito che mantenere la “Stretto di Messina spa” è un costo inaccettabile.
Ho capito che eliminare questa società comporta un costo notevole.
Ho capito le proposte di Di Pietro.
Ma, alla fine, cosa si è deciso di fare in concreto?
Esiste un modo per addebitare ai parlamentari il costo inutile che devono sopportare i cittadini a motivo della incapacità di decidere?
Cordiali saluti
La redazione
In concreto, se non è stata eliminata, resterà in vita. Il Ministro Di Pietro ha espresso l’intenzione di ridurne il personale e gli
amministratori ai minimi possibili, ma non mi risulta che la decisione finale a riguardo sia già operativa.
Con i migliori saluti
Carlo Scarpa
bernardino Manfrin
Non solo non ha alcun senso mantenere la Societa promotrice, ma vi immaginate quale regalo faremo alla malavita organizzata. Ci pensi bene quel narcisista.
Mor Temor
Un progetto spettacolare per Messina …. : http://www.youtube.com/watch?v=gMYwNo-uzX0