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DOBBIAMO PROPRIO RINUNCIARE AL MAGGIORITARIO?

Il voto del Senato sulla Finanziaria sembra allontanare le elezioni. Pur di evitare il referendum, i partiti cercheranno ora di trovare un accordo sulla riforma della legge elettorale. La proposta Vassallo è un buon punto di partenza, ma fa uscire di scena il maggioritario.  Si rischia di abbandonare il bipolarismo e di ricadere nell’instabilità.  Difficile prevedere in che misura il sistema proporzionale con collegi uninominali potrà modificare la selezione della classe politica. Impossibile comunque far peggio del sistema attuale, in cui non si possono esprimere preferenze.  

Il voto di ieri al Senato allontana le elezioni, ma paradossalmente rende più praticabile una riforma della legge elettorale in questa legislatura. Pur di evitare il referendum, i partiti cercheranno ora di trovare un accordo. C’è, dunque, una piccola opportunità da sfruttare per cambiare quelle regole, introdotte alla fine della scorsa legislatura, che impediscono agli italiani di selezionare e rinnovare la classe politica, che accentuano l’instabilità e inducono alla formazione degli “one-man party”, di cui abbiamo alcuni fulgidi esempi in questa legislatura. Liberarsi dal cosiddetto “porcellum” è un’opportunità che non bisogna assolutamente lasciarsi sfuggire. Ma perché rinunciare a priori alla possibilità di reintrodurre il sistema maggioritario?

La proposta Vassallo

La proposta elaborata da Salvatore Vassallo introduce un sistema a prevalenza proporzionale basato su collegi uninominali (dove vince chi prende più voti), raggruppati in circoscrizioni relativamente piccole, all’interno delle quali si applica il principio proporzionale. In sintesi, vengono eletti i candidati che nel loro collegio ottengono la maggioranza relativa e i restanti seggi vengono assegnati in base alla distribuzione dei voti ai partiti nell’intera circoscrizione, attribuendoli a quei candidati che, pur perdendo nel loro collegio, hanno ottenuto le percentuali più alte per quel partito nei vari collegi (i “migliori perdenti”). Se adottata, questa riforma comporterebbe un netto miglioramento rispetto allo status quo. Ne condividiamo tre obiettivi su quattro. Giusto, infatti, i. “consentire agli elettori di valutare la qualità degli eletti”, ii. “ridurre la frammentazione garantendo un moderato pluralismo” e iii. “preservare il bipolarismo”. Abbiamo qualche dubbio sul proposito di “evitare di incentivare troppo la formazione di coalizioni pre-elettorali” perché appare in contraddizione con il terzo obiettivo, quello di preservare il bipolarismo. Vediamo perché.

Regole o discrezionalità?

La proposta Vassallo non chiede ai partiti di dichiarare prima delle elezioni con chi saranno disposti a governare, né tantomeno li incentiva a farlo. Agli elettori viene chiesto un “mandato in bianco”, che permette ai partiti di avere le mani libere nello scegliere le alleanze governative. Questa discrezionalità consente a un partito di centro di avere un peso molto forte e di tornare a essere l’ago della bilancia. In virtù di questo ruolo, potrebbe acquisire un peso elettorale ben maggiore di quello stimato nelle simulazioni dei politologi, che applicano il nuovo sistema al risultato delle scorse elezioni. Ma come gli stessi politologi riconoscono, le nuove regole cambiano le aggregazioni politiche. Un grande centro potrebbe anche finire per tentare pezzi importanti di un partito giovane ed ancora eterogeneo, come il Partito Democratico.

Secondo Giovanni Sartori e Franco Bassanini, la riforma a regime dovrebbe portarci ad avere sei partiti, in grado di raggiungere il 5-6 per cento in almeno una circoscrizione. Meno partiti che oggi, ma ancora sufficienti per consentire diverse coalizioni post-elettorali. Vero che la possibilità di modificare le coalizioni governative senza ritornare alle urne può rappresentare in alcune circostanze uno strumento utile a risolvere l’impasse politico. Ma sulla base dell’esperienza politica italiana, che ci ha regalato, nel corso degli anni Ottanta, ben dodici governi, di cui uno durato solo undici giorni, c’è da chiedersi se non sia preferibile un maggior ricorso alle regole e una minor discrezionalità per aumentare la stabilità politica di un paese tristemente noto per la litigiosità e l’instabilità delle sue coalizioni di governo.  Il maggioritario, pur diluito dalla quota proporzionale, ci ha regalato maggiore stabilità. E’ vero che non ci ha liberato dalla frammentazione. Ma non sarà proprio perché era diluito? Il maggioritario a doppi turno consentirebbe una drastica riduzione della frammentazione

L’accountability della classe politica

La proposta Vassallo prova a superare le liste bloccate (non si possono esprimere preferenze) che caratterizzano il sistema attuale e rimette la scelta dei candidati nelle mani degli elettori. Bene. Con l’introduzione dei collegi uninominali, il rapporto tra elettori ed eletto diventa molto stretto. Ad esempio, il politico che viene eletto, se vuole avere un secondo mandato dovrà presentarsi nuovamente al giudizio degli stessi elettori: l’accountability politica è, dunque, molto elevata. Anche se il sistema contempla una componente (fortemente) proporzionale, gli eletti attraverso la componente proporzionale saranno – nella quasi totalità dei casi – i “migliori perdenti” dei collegi uninominali. Se si vuole mantenere l’accountability bisogna però evitare in tutti i modi di dar maggior risalto alle liste bloccate. Se gli eletti attraverso il proporzionale fossero, ad esempio, selezionati prioritariamente dalla lista bloccata (attribuendo il primo seggio “proporzionale” al capolista, come suggerito da Franco Bassanini sul Sole24Ore del 13 novembre) si tornerebbe a restituire il potere di valutare e scegliere gli eletti alle segreterie di partito togliendo questo diritto agli elettori, soprattutto nei partiti più piccoli. Una tentazione cui resistere in tutti i modi.

Inoltre i collegi devono rimanere piccoli per assicurare il controllo degli elettori sugli eletti. La proposta Vassallo prevede che il numero dei collegi sia pari alla metà degli eletti. Bene chiedersi cosa accadrebbe se si riducesse il numero dei parlamentari, come deliberato dal Consiglio dei Ministri del 28 settembre scorso. Con un Senato di 200 eletti e una Camera di 450 seggi, un collegio uninominale al Senato avrebbe mediamente 450 mila votanti, alla Camera 220 mila, più del doppio che in Francia. Col maggioritario si ha un collegio per ogni eletto, dunque un più stretto legame col territorio.

La selezione della classe politica

Per ridurre davvero i costi della politica, il sistema elettorale deve garantire una selezione dei politici, che consenta di ringiovanire il Parlamento senza ricorrere a quote per i giovani o a pensionamenti forzati della gerontocrazia. Purtroppo, gli incentivi per la selezione dei candidati di partito introdotti dalla proposta Vassallo sono difficili da valutare, soprattutto nel caso dei partiti più piccoli. È forse il prezzo che si paga introducendo sistemi mai sperimentati prima. Non possiamo imparare né dalle esperienze altrui né dalla nostra storia recente. Soprattutto, non è facile prevedere in che misura la forte componente proporzionale modificherà gli incentivi alla competizione nella classe politica ottenuti attraverso l’uso dei collegi uninominali.

Sappiamo invece sin d’ora che il maggioritario permette una migliore selezione della classe politica del sistema proporzionale. Ce lo insegna l’esperienza XIII e XIV legislatura, durante la quale il Parlamento italiano era stato eletto con un sistema misto, con quota maggioritaria e proporzionale. Gli eletti nei collegi proporzionali hanno messo in mostra un maggior tasso d’assenteismo durante le votazioni in Parlamento dei deputati eletti nei collegi maggioritari. E questi ultimi erano più giovani degli eletti col proporzionale, avendo al contempo livelli di istruzione più elevati dei proporzionalisti ed esperienze amministrative a livello locale.

La domanda legittima da porsi alla luce di tutti questi rilevi è dunque: siamo davvero sicuri che gli italiani non vogliano un sistema maggioritario? Nel 1999 quasi il 50 per cento di loro ha espressamente richiesto l’abolizione della quota proporzionale. E il sacro terrore che la classe politica mostra oggi nei confronti di un referendum indetto in nome del maggioritario fa pensare che gli italiani vogliano avere quel maggiore controllo sulla classe politica che il sistema maggioritario consente. il sistema maggioritario. Dobbiamo davvero rassegnarci a farne a meno?

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29 commenti

  1. Fabrizio Pauri

    E’ un articolo molto interessante, che mette in luce pregi e difetti (governabilità) della proposta Vassallo. Ma si può pensare che la sola modifica della legge elettorale possa risolvere i problemi della situazione politica attuale ? Se cominciassimo a pensare di avere una separazione più netta tra potere esecutivo (governo) e potere legislativo (parlamento), con elezioni separate (magari anche nel tempo, come negli Stati Uniti) ?

  2. Marcello

    Nessun testo costituizionale parla di "scadenza" dei risultati di un fererendum. Mi chiedo come sia possibile che la classe politica disattenda così spudoratamente i risultati di una consultazione i cui esiti sono stati chiarissimi. Il problema è che la rappresentatività democratica viene in Italia considerata un mero sigillo del potere e non il primo riferimento dell’azione politica, tant’è che i referendum non piacciono a nessun esponente della "nomenclatura". Persino le stesse elezioni vengono da alcuni considerate una noiosa procedura a cui controvoglia doversi sottomettere…

  3. ANTONIO BOTTONI

    Se non ricordo male uno studio rilevò che i debiti statali dei paesi con sistema elettorale proporzionale sono molto più alti dei debiti statali di paesi con sistema maggioritario. questa è una buona ragione per chiedere il sistema maggioritario

  4. Alberto Lusiani

    Il sistema uninominale maggioritario ha indubbi vantaggi rispetto al proporzionale, tuttavia a mio parere non e’ adatto alla mentalita’ dei politici e degli elettori italiani, che preferiscono premiare coalizioni estese e disomogene rispetto a coalizioni piu’ coese e compatte, come e’ accaduto con Univo+RC contro Polo nel 1996 e con Polo+Lega contro Ulivo senza Dini e Di Pietro nel 2001. Ritengo che il sistema proposto da Vassallo e altri possa essere uno dei migliori compromessi pensabili, data la mentalita’ italiana. Rispetto al sistema Vassallo, il maggioritario puro a 1 o 2 turni avrebbe il vantaggio di una migliore responsabilizzazione degli eletti ai collegi ma lo svantaggio di eliminare forze politiche rappresentative anche se minoritarie (come Bayrou in Francia, i lib-dem in UK) e specificamente in Italia avrebbe la conseguenza di premiare coalizione estese e disomogenee. Va sottolineato che il proporzionale con collegi piccoli come proposto ha un effetto maggioritario sia pure attenuato a favore dei partiti piu’ rappresentativi collegio per collegio. Questo premio attenuato e distribuito non danneggia cosi’ irreparabilmente le forze minori, rendendo anche molto meno probabili le coalizioni elettorali disomogenee di comodo. Certamente rimarrebbe il problema del governo di coalizione. A mio personale parere la soluzione migliore e’ avere un presidente elettivo con maggiori poteri. Ritengo invece sbagliato eleggere in qualche modo una maggioranza di governo dando un premio di maggioranza ad entita’ impersonali come un partito o peggio una coalizione, la cui responsabilita’ nei confronti degli elettori e’ molto piu’ sfumata e indefinibile.

  5. Francesco Romeo

    In Italia abbiamo già una legge elettorale che ha garantito da quando è entrata in vigore stabilità e governabilità agli enti a cui si applica, ed è la legge per i comuni maggiori di 15.000 abitanti. A costituzione e collegi elettorali vigenti, quindi col minimo impatto legislativo, basta modificare la legge per i comuni maggiori per la gestione dei resti, aggiornare il numero di deputati e senatori a quelli dei collegi elettorali del "mattarellum", e altri piccoli aggiustamenti. I principi di questo modello che mi piacciono sono: 1) Al primo turno tutti i partiti si possono presentare indipendentemente col proprio candidato e il proprio programma, che gli elettori possono valutare molto semplicemente 2) I primi 2 votati vanno al ballottaggio, e a quel punto vengono definiti gli apparentamenti che devono valere per tutta la legislatura 3) L’assegnazione dei seggi determina un chiaro premio di maggioranza alla coalizione vincente, che ha la possibilità di governare veramente.

  6. Alessandro

    Il maggioritario è utile solo nei paesi in cui vengono rispettati almeno uno dei due principi seguenti:1.un forte bipartitismo storico, "naturale" (ad esempio USA e Regno unito);2.una forma di governo presidenziale o semipresidenziale che ne assicuri la piena efficacia ed efficienza.A me sembra che all’Italia manchino entrambi i presupposti.Quindi per uscire dall’impasse sarebbe il caso di approdare ad un proporzionale corretto sul modello tedesco che prevede l’elezione del 50% dei parlamentari con il sistema maggioritario. Il maggioritario non farebbe altro che creare dei listoni in cui vi sarebbe tutto ed il contrario di tutto.Non verrebbero esaltate le identità culturali e politiche, anzi verrebbero diluite ed umiliate.Tutto ciò potrebbe portare ad esecutivi duraturi,ma divisi politicamente su tutto.Il sistema proporzionale,invece,darebbe luogo a delle formazioni politiche con delle forti radici identitarie che potrebbero allearsi per formare dei governi con programmi credibili. In Italia si potrebbero ricostituire, in tal modo, le famiglie politiche che tutt’oggi caratterizzano il panorama europeo.Avremmo così il seguente panorama:una destra sociale conservatrice, i liberali,i cristiano democratici,i socialdemocratici ed una sinistra comunista e ambientalista.Guardare le maggiori formazioni politiche del parlamento europeo per credere. La proposta Vassallo non si confà all’Italia ma rappresenta l’ennesimo cocktail per cercare di dare un contentino a tutti. Se di proporzionale corretto si deve parlare, che si parli il tedesco puro!

  7. Andrea Petrelli

    Io penso che l’unico sistema proponibile in questo paese sia il maggioritario secco a turno unico (ma anche a doppio turno potrebbe andare bene) senza quota proporzionale. Per quanto riguarda il referendum vorrei esporre una piccola considerazione. Nel 1994 un referendum ha abolito il sistema elettorale proporzionale ed oggi, eludendo la volontà popolare (cosa che era stata già fatta con il mattarellum e poi con l’ultima legge elettorale voluta da Berlusconi), tutti i politici, tranne i radicali, vogliono imporre un ritorno al proporzionale senza avere rispetto alcuno per gli elettori. Non solo, il referendum del 1999 citato nell’articolo, che proponeva di abolire anche il restante 25% di proporzionale ebbe questo risultato: DATA 18 aprile 1999 REFERENDUM Quota Proporzionale AFFLUENZA 49,6% QUORUM non raggiunto SI’ 91,5% NO 8,5% RISULTATO non valido Abolizione della quota proporzionale nelle elezioni della Camera dei Deputati. (fonte Wikipedia) Quel risultato dimostra che, tralasciando la fisiologica quota di astensionismo, (ricordo che il referendum che ha avuto la maggiore affluenza di sempre è stato quello sul divorzio in cui andò a votare l’87,7% della popolazione), se tutti coloro che erano per il no fossero andati a votare, il referendum, con ogni probabilità, sarebbe passato. Un esempio chiarirà il concetto: Nel referendum sul divorzio citato, si raggiunse una percentuale di votanti pari all’87,7%. Il 91,5% del 49,6% (percentuale degli elettori che votarono Sì al referendum del 1999 sul totale della popolazione con diritto di voto) equivale al 45,38% della popolazione con diritto di voto. Il 51% di 87,7% è pari a 44,73%. Questa è, quindi, la percentuale sul totale della popolazione, che sarebbe bastata a far vincere il referendum sul divorzio. Quindi il numero dei sì del referendum del 1999, sarebbe stato sufficiente a far vincere il referendum sul divorzio (ribadisco quello che ha avuto la maggiore affluenza di sempre), ma, considerata la totale immoralità dei politici, che da diversi anni ormai hanno adottato il metodo di invogliare gli elettori a non votare, il referendum non passò. Alla luce di queste considerazione, se la politica avesse un minimo di moralità, per cambiare una decisione presa dagli italiani attraverso un referendum, dovrebbe chiedere di nuovo agli elettori il loro parere con un nuovo referendum. Saluti.

  8. Luca Cifoni

    Se non ho capito male anche la proposta Vassallo di fatto non consente nessuna scelta dei candidati. Infatti i perdenti dei collegi vengono comunque ripescati in quota proporzionale, e questo limita fortemente la competizione personale.Poi ci sono le liste circoscrizionali (che comunque verrebbero scelte dai partiti) ma alle quali si attingerebbe solo in casi-limite. Inoltre si allude alle primarie per la selezione, ma queste dovrebbero essere istituzionalizzate oppure lasciate alla libera iniziativa dei partiti?

  9. Enrico Palma

    Non ho mai sentito parlare di metodo inglese. Forse perché solo in quel caso l’eletto è quello che veramente è il più gradito a chi vota? Si creano circoscrizioni uninominali e chi prende un voto di più è eletto. Chiaramente senza potersi presentare che in un unico collegio. Forse rischioso per troppe teste "coronate" e notabili vari? Chi non è eletto a casa, senza ripescamenti vari a garantire posizioni di potere più che di gradimento. La coalizione che ha più eletti governa. Mi sembra tutto molto elementare.

  10. Eugenio Cuomo

    Dobbiamo assolutamente mantenere il maggioritario che è il sistema preferito dal Popolo italiano. In barba a tutti quelli che vogliono mantenerei partitini andiamo ad un sistema bipartitico puro come quello inglese o americano.

  11. Carlo Lombardi

    Sono totalmente d’accordo. Ritengo, come è stato detto, che in un sistema rappresentativo e parlamentare qual è il nostro, il Parlamento debba restare autonomo e sovrano, così come i suoi componenti, legati all’elettorato unicamente da un rapporto di responsabilità politica. Riaffermata la centralità del Parlamento, resta però il duplice problema di rendere effettiva tale responsabilità politica e di semplificare la rappresentanza politica, pur salvaguardando il ruolo di partiti e movimenti. Il sistema di voto maggioritario in collegi uninominali mi pare il più adatto per ottenere questi risultati: la scelta dell’elettore ha una "gittata" e un potere di sanzione maggiore, sia a livello di collegio che nazionale, rispetto alle ipotesi di ripartizione proporzionale dei voti, con un rilievo pronunciato anche dei piccoli numeri (l’elezione presidenziale americana del 2000 insegna…), mentre i candidati di partiti e movimenti sarebbero naturalmente avvantaggiati, data l’organizzazione che li spalleggia. Tra le ipotesi da scartare rientra secondo me anche il recupero secondo criteri proporzionali dei candidati battuti nei collegi uninominali, come in Germania e come proposto da Veltroni, dato che tende a rendere inefficace proprio il potere di sanzione dell’elettore e ad affievolire il meccanismo della responsabilità politica. Ovviamente ci sono delle obiezioni. Una delle più fondate è che le candidature con possibilità di elezione possono diventare così materia di negoziato (è quello che è successo in Italia dal 1994 al 2001). Di qui nasce la mia proposta, basata su di un turno di elezioni primarie, con voto trasferibile (sistema australiano o del second best) per rafforzare il meccanismo della responsabilità politica, seguito – dopo un congruo periodo di tempo, in modo da calmare gli animi – dalle votazioni effettive per il Parlamento. Questo potrebbe essere lo schema: i) tra i sei e i quattro mesi precedenti alle elezioni, nei collegi vengono indette le elezioni primarie per la scelta dei candidati presenti al turno finale di elezioni; ii) lo stesso giorno non può essere chiamato alle urne più del quindici percento del corpo elettorale complessivo, in modo da evitare significati nazionali della consultazione; iii) il voto è trasferibile da candidato a candidato, anche tra liste differenti, in modo da limitare il potere di ricatto delle formazioni maggiori riguardo all’inutilità di votare quelle minori e rafforzare il meccanismo della responsabilità politica, consentendo più libertà all’elettore di penalizzare un candidato della propria parte politica giudicato negativamente; iv) passano al turno elettorale finale i tre (o i due) candidati del collegio che hanno riportato più voti: a livello nazionale si dovrebbero così creare poche formazioni, alcune con forte radicamento territoriale, mentre – anche se depotenziato – verrebbe mantenuto un certo potere negoziale delle liste più piccole, da esercitare eventualmente attraverso accordi di desistenza relativi al turno finale di elezioni; v) entra in Parlamento il più votato nel collegio alle elezioni finali. Un sistema di voto del genere mi sembra avere il pregio della facile comprensibilità, potrebbe forse andar bene anche ai partiti medio-piccoli (che del resto verrebbero spazzati via dal prossimo referendum elettorale), specialmente se radicati in certa zone, e porterebbe a ridurre la frammentazione in Parlamento. C’è da dire, comunque, che un ruolo importante nella semplificazione della rappresentanza parlamentare è giocato dalle normative interne della due Camere, che negli ultimi anni non hanno certo aiutato.

  12. PierGiorgio Gawronski

    Colpisce la sistematica sopravvalutazione dello stato della democrazia italiana da parte dei sostenitori tout court del maggioritario. A parte le derive di ogni tipo (cui abbiamo assistito nella precedente legislatura, e che minacciano di riprendere vigore), la stessa inefficienza dei governi e delle istituzioni (p.a. in testa) si deve largamente alla partitocrazia, e alla opacità e allo scarso controllo democratico sull’uso del potere da parte delle maggioranze. Il maggioritario attribuisce facilmente un peso sproporzionato alla maggioranza, rendendone ancor meno controllabile l’operato. Io sono sempre stato per il maggioritario, almeno dal 1992: ma possibile che non si riesce a crescere culturalmente, sul piano istituzionale, e a passare dall’idea di una "legge elettorale maggioritaria" a un "sistema istituzionale maggioritario" coerente, dove alla legge elettorale si accompagnino anche i dovuti check and balances? Il maggioritario va bene per le democrazie di grande tradizione. E’ una ferrari: e l’Italia non è lo Schumaker delle democrazie. Almeno, mentre ci diamo un maggioritatio, attrezziamo la ns democrazia per reggerne l’impatto! Oppure rassegnamoci a guidare una Punto: una buona proporzionale, con 6 partiti e senza fattore K. Non si vola e non è emozionante: è quanto possiamo obiettivamente permetterci allo stato.

  13. Stefano Vavassori

    Sono assolutamente favorevole al sistema maggioritario, perchè lo ritengo l’unico in grado di costringere i partiti ad assumere precisi impegni pre-elettorali e di consentire governailità e stabilità, senza rischio di ricatto politico e conseguenti "inciuci" con partitini tanto minuscoli, quanto capaci di condizionare politicamente le scelte dell’esecutivo, spesso facendo leva sulla demagogia.

  14. Paolo Grassi

    Credo che la maggioranza degli italiani sia convinta della necessità di ridurre il numero dei partiti, o meglio, dei gruppi parlamentari. -La prima cosa da fare, è quella di stabilire che i parlamentari che lasciano il partito che lo aveva presentato nelle proprie liste, sarà collocato in un gruppo parlamentare misto che non ha alcun tipo di finanziamento. Il parlamentare dovrà rimborsare, pro-quota, con trattenuta dall’indennità di carica , il 100% dei costi di struttura del gruppo misto. -Definito il tetto delle spese elettorali, il rimborso delle spese effettivamente sostenute sarà effettuato in proporzione al numero di parlamentari eletti e limitatamente alle spese realmente sostenute. Le pezze giustificative in originale dovranno essere depositate e la G.d.F. sarà incaricata dei controlli incrociati. La decadenza dalla carica di parlamentare sarà la sanzione primaria per chi dovesse presentare documenti falsi. -Per quanto riguarda il sistema elettorale, credo che il proporzionale con sbarramento al 4 o 5% sia il preferito dalla gente perchè non obbliga a schierarsi da una parte o dall’altra. La percentuale dei votanti, potrebbe risalire e ciò sarebbe un bene. -Preferenze: valide soltanto se avranno ottenuto, ad esempio, il 3 – 4% dei voti ottenuti dalla lista. Altrimenti saranno ritenute non valide e risulteranno eletti i candidati per ordine di lista. -I collegi e le circoscrizioni elettorali, dovranno essere decisamente più piccole delle attuali. Solo così l’elettore potrà avere le informazioni necessarie sui candidati e potrà esprimere la preferenza con maggiore consapevolezza. -Non sarà consentita la presentazione del candidato in più di uno o al massimo due collegi e/o circoscrizioni -Le liste dovranno essere firmate sia dai segretari nazionali dei partiti che da quelli regionali. Le segreterie nazionali non potranno così imporre candidati non desiderati a livello locale. -I segretari che sottoscrivono la lista, si assumeranno la responsabilità oggettiva anche a nome del partito, per gli atti compiuti dai candidati che risulteranno eletti ed avranno tutte le responsabilità che, ad esempio, hanno gli massimi responsabili delle aziende private. Credo che così facendo, si ridurrebbe il numero dei partiti perchè, lo sbarramento al 4-5% con la conseguenza di non ottenere il rimborso delle spese elettorali, potrebbe far desistere da avventure elettorali. La possibilità do poter esprimere la preferenza potrebbe poi ridare fiducia agli elettori. Lo sbarramento anche sul numero di preferenze sarà utile perchè chi otterrà un congruo numero di voti potrà affermare di avere concretamente contribuito a far ottenere i voti per eleggere un parlamentare. Per gli altri, eletti soprattutto perchè messi in testa alla lista, anche il partito risponderà politicamente e oggettivamente per il parlamentare candidato dal partito. Quanto sopra non è che un modestissimo contributo alla discussione su un argomento che deve assolutamente essere affrontato e risolto.

  15. elio smedile

    La proposta Vassalli può essere una base eccellente. Ridare agli elettori il potere di scegliere direttamente gli eletti è fondamentale qualche che sia il sistema elettorale prescelto. Vorrei però che si smettesse quando si parla di sistemi elettorali di additare solo esempi stranieri (tedesco, spagnolo, francese..). Il nostro Paese è molto diverso da questi. Riferiamoci invece se vogliamo ai rusultati dei diversi sistemi sperimentati in Italia e cerchiamo di trarne gli opportuni insegnamenti Elio Smedile Monza

  16. Calisio

    All’interno del dibattito sul sistema elettorale uno dei poli di attenzione, anche se spesso non viene ricordato, è la necessità di garantire stabilità all’esecutivo, perchè si ritiene (a ragione, direi) che è un bene per il Paese che l’esecutivo abbia la possibilità di svolgere la propria attività con una certa possibilità di respiro. Due considerazioni: la prima è che la storia recente dimostra che anche per i sistemi bipolari il risultato di sostanziale parità alle elezioni sta diventando la regola: due volte negli USA, in Germania, in Austria, in Italia… quindi per svincolarsi da questa tendenza sono necessari sistemi che premino piccole differenze con sostanziosi premi di maggioranza. Ma questo è letale per la democrazia, perchè consente alla maggioranza così costituita di fare di tutto e di più senza alcun freno o controllo per tutta la durata della legislatura. La ragione delle sostanziali parità è da ricercarsi, a mio vedere, dal prevalere della cultura dell’apparire effimero rispetto a quella della coerenza nelle idee e nell’azione di lungo periodo, per cui la quota di elettori influenzabili nelle ultime ore di campagna elettorale con invenzioni mediatiche di grande effetto risulta determinante. Di qui lo svuotamento della politica ragionata ed il prevalere dello scontro teatrale: bravi tutti e due, risultato di parità. La seconda considerazione è sull’azione dell’esecutivo: i provvedimenti “scomodi”, anche se validi e necessari, rischiano sempre di mettere in crisi un governo in presenza di una maggioranza risicata. E non si possono prendere, di conseguenza, a fine legislatura, quando minore è l’interesse alla continuità dell’esecutivo. La proposta: perchè non ragionare in termini di “premio di governabilità” anzichè di “premio di maggioranza”, ponendo delle regole/meccanismi favorevoli alla continuità dell’attività dell’esecutivo, mettendolo al riparo dai ricatti della sottopolitica, ma istituendo dei sistemi di controllo da parte del Parlamento efficaci e trasparenti per il Paese, che possa verificare “in tempo reale” la distanza dell’azione dell’esecutivo dalle opinioni dei singoli parlamentari?

    • La redazione

      Non derubricherei il maggioritario solo perché nelle elezioni l’elettorato è quasi diviso a metà. Questi risultati possono essere l’effetto dell’offerta politica più che del sistema in se. E poi le maggioranze (risicate o meno) non sono chiamate a governare "contro" le minoranze. Esistono molte maniere di fornire garanzie in un sistema bipolare, attraverso un sistema di check and
      balances sia costituzionale che de facto.

  17. Franco Bruno

    Nessun sistema elettorale che non preveda espressamente la reintroduzione della preferenza nominale potrà restituire al cittadino elettore una quota maggiore di libertà di scelta rispetto ai vertici dei partiti. Gli stessi collegi uninominali per partito, piccoli o grandi che siano, presuppongono scelte compiute a monte dalle segreterie delle singole organizzazioni politiche. E del resto l’ipotesi di primarie pre elettorali altro non è che una modesta copia del sistema delle preferenze. Purtroppo la raccolta del consenso attraverso le preferenze comporta il rischio di distorsioni e degenerazioni ben note. Ma forse è meglio correre questo rischio che tenersi la situazione attuale.

  18. enzo pace

    Se è vero che la democrazia regge sulla garanzia che riesce ad offrire alle minoranze di oggi di diventare ricevendo consenso- le maggioranze di domani, non v’è dubbio che l’unico sistema compatibile con questo assunto è quello proporzionale puro.Se interessa la stabilità delle formazioni governative, senza che formazioni minori esercitino ricatto alcuno, bisognerà decidersi a modificare il quantum necessario per la fiducia, passando dall’attuale maggioranza assoluta, ad una maggioranza semplice offerta dai voti dei rappresentanti eletti nel partito (formazione politica) che avrà ottenuto il maggior numero di voti con un premier che sarà espressione di quel partito e con ministri da lui indicati.

  19. Giacomo Dorigo

    Salve, mi chiedo che effetto potrebbe avere l’introduzione dell’opzione NOTA (“none of the above”, http://en.wikipedia.org/wiki/None_of_the_above) nel nostro sistema elettorale. Qui per “NOTA” non intendo una versione debole di semplice registrazione del dissenso, ma una versione forte in cui se il candidato NOTA riceve la maggioranza dei voti si annulla la votazione nel collegio e si riparte da capo con nuovi candidati.

    • La redazione

      Come si puo’ evdere anche su wikipedia, l’opzione nota esiste già in italia. Si tratta della scheda bianca. Non credo che la sua proposta di ritornare a votare se c’è una maggioranza di schede bianche risolva molto. Da dove dovrebbero essere "estratti" i nuovi candidati?

  20. Henri Schmit

    Sono al 100% d’accordo sulla preferenza di un sistema maggioritario. Il sistema tedesco non è maggioritario per niente; permette solo la selezione per via del voto di metà degli eletti di cui il numero viene comunque è determinato proporzionalmente per lista, l’altra metà essendo eletta in base all’ordine di lista fissato dai partiti. Il sistema semi-maggioritario in vigore fino a due anni fa era pesantemente inacquato da un 25% formale di proporzionale che in realtà incideva molto di più per via dello scorporo. Questo fatto in parte spiega l’aumento del numero dei partiti (denunciato dal prof. Sartori e da altri fautori del proporzionale). Il vantaggio della proposta Veltroni – dal punto di vista dei difensori del maggioritario – è il ritorno alla scelta dei singoli eletti tramite il voto, cancellando quindi il meccanismo da nomenclatura delle liste bloccate. Ma dovremmo accontentarci di questo miglioramento molto parziale? Assolutamente no! L’unico sistema elettorale compatibile con la libertà degli elettori e con quella degli eletti è il maggioritario. Oggi la libertà degli eletti non viene sufficientemente apprezzata, in quanto sembra preferibile vietare i ribaltoni o i cambi di campo dei singoli eletti, ignorando che la nostra costituzione, come tutte quelle delle grandi democrazie occidentali, vieta il mandato imperativo, vieta giustamente mandati vincolanti da parte degli elettori e da parte dei partiti. In America è assolutamente normale che singoli rappresentanti votino in modo diverso rispetto alla linea del partito e alle elezioni gli elettori ne tengono conto premiando chi nelle situazioni difficili ha saputo esprimere un proprio parere. La differenza fra proporzionale e maggioritario non è (solo) una differenza tecnica fra due meccanismi per designare deputati e creare efficienza governativa. E’ anche un scelta ideologica fra due tipi di democrazia, una liberale, l’altra partitocratica. Le tre maggiori democrazie al mondo (USA, Inghilterra e V° Repubblica Francese) sono rette da leggi maggioritarie; le piccole democrazie chiassose, inefficienti della Vecchia Europa invece sono governata dal proporzionale, cioè dalle nomenclature dei partiti. Perchè non creare un movimento civico a favore di una legge elettorale maggioritaria uninominale a doppio turno. Presidente potrebbe essere Antonio Maccanico. Dopo un po di propaganda intelligente si potrebbe sperare di ottenere l’appoggio del Partito Democratico, di Allenaza Nazionale, dell’Italia dei Valori, dei Liberaldemocratici, e chissà di chi altro. Da solo il parlamento attuale di rappresentanti da nomenclatura eletti con il Porcellum non ci arriva.

  21. Umberto Zaccaro

    Non credo che i mali della politica italiana siano legati al maggioritario. Anzi. E’ stato proprio questo sistema che ha introdotto una certa stabilità nella politica italiana ed una prima responsabilizzazione dei partiti . Il problema è che questo sistema è stato sempre osteggiato dai politici stessi, daltra parte fu introdotto grazie da un referendum popolare cui la maggioranza dei politici di allora era contrario. Questa contrarietà ha portato a creare delle formule di maggioritario "debole" in cui il ruolo dei partiti è stato sempre preponderante rispetto al volere degli italiani. Adesso si vorrebbe tornare ad un proporzionale "forte" introducendo dei correttivi per ridurre la frammentazione dei partiti.. La cura sembra peggio del male stesso. Resta un quesito: ma la Margherita si doveva proprio fondere nel PD? Saluti

  22. eppursimuove

    Si rischia di cadere nell’instabilità? Perchè, le coalizioni disomogenee create in questo bipolarismo italiano, fatte per vincere le elezioni anzichè per governare danno stabilità? E poi, questa stabilità cos’è. Un valore assoluto o solo un modo temporale tramite il quale attuare un programma. E allora, un programma ha bisogno di valori, idee, soluzioni pratiche e insieme omogeneo. Se il proporzionale fa ritornare alla prima repubblica, la seconda repubblica del bipolarismo italiano non è mai decollata.

  23. Locatelli Andrea

    Credo che il tema della riforma elettorale sia un falso problema e abbia ragione Galli Della Loggia sul Corriere del 22 novembre quando afferma che il fallimento del maggioritario è legato all’incapacità di formulare una proposta politica coerente e strutturata da parte dei gruppi dirigenti dei due schieramenti. Pur condividendo i vostri auspici per il maggioritario, bisogna tener conto che questo sistema elettorale nel mondo occidentale ha storicamente funzionato con società civili capaci di fare sintesi e non di premiare proposte estreme e minoritarie. La storia politica ed economica di questo paese vede il permanere di fattori strutturali, quali un massimalismo di sinistra oppure un’ideologia da rentier mascherata da protezionismo liberale, che minano alla base qualsiasi confronto politico simile ai modelli degli altri paesi occidentali a vocazione maggioritaria. Non è primariamente un problema di riforme istituzionali bensì è con una parola abusata una questione culturale sul rapporto far società civile e politica. In altri termini è latitante una maturazione nella società civile di quali obiettivi vogliamo dare alla politica.

  24. Marco Giaffreda

    Da studioso di sistemi elettorali (Si veda qualche pubblicazione sui "Quaderni dell’osservatorio elettorale") posso dire che il rischio di ritorno al passato è tanto maggiore quanto più si modificano i "parametri tecnici" della proposta Vassallo (dimensioni circoscrizioni, seggi, ecc.). Se la proposta arriva così in parlamento l’unica ancora di salvezza è porre la fiducia…

  25. Michele Perbellini

    Condivido nella sostanza il Vostro articolo. Aggiungo che il sistema elettorale dovrebbe, a mio modo di vedere, rispecchiare il nostro paese e le sue radici. Siamo la nazione delle sfumature, dei campanili, delle infinite varietà di cibi, vini, dialetti; insomma la nostra storia ci impedisce un eccesso di sintesi e credo che, anche per ciò che riguarda la legge elettorale, di ciò dovremmo tener conto.

  26. encas45

    Io, per quello che può valere, sono favorevole al maggioritario a doppio turno. Ritengo giusto, quindi, andare al referendum se la ‘ns.classe politica’ non si deciderà a muoversi. Ieri sera, ad esempio, mi ha fatto ridere la notizia letta sul Televideo dell’accordo Berlusconi-Lega per una soglia di sbarramento al 4%, giusto la percentuale raggiunta da coloro. Altro che miglioramento delle condizioni politiche della ns. povera Italia. Prodi disse che, terminato il suo incarico, si sarebbe ritirato; Berlusconi, invece, non solo fonda un nuovo partito, ma crea malumore e discordia nel centro destra; mi chiedo perchè l’uomo + ricco d’Italia, il 2° o 3° + ricco d’Europa ed una dei primi 10 del mondo non venga messo in grado di NON NUOCERE al Paese, che NON è una sua azienda.
    Questo è il referendum che proporrei agli Italiani, anche via Internet.

  27. Federico Guidi

    Giudico irreale, in questa fase politica, pensare a profonde riforme della Costituzione come, ad esempio, il monocameralismo. Non sono tempi da "bicamerale 2" ! Sono possibili invece ritocchi funzionali come la riduzione del numero dei Deputati ( 420 ? ) e di quello dei Senatori (210 ? ), fatto atteso con alto gradimento da tutti i Cittadini. E, se così fosse, si imporrebbe un’altra modestissima modifica alla norma costituzionale che prevede il voto attivo per il Senato agli ultra venticinquenni. Qualsiasi Legge Elettorale rischierebbe di non garantire risultati politici di uguale valenza nelle due Camere, stante una differenza fra i due bacini elettorali di ben 4.500.000 circa di giovani elettori ( ben sette classi ! ) Chi deciderà dovrà tener presente l’altissima probabilità che alle elezioni si vada nuovamente in situazione di equilibrio fra i due schieramenti, sia per fatti interni che internazionali (vedi elezioni U.S.A. ).

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