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DOPPIO TURNO, IL GRANDE ASSENTE

La proposta da Vassallo ha indubbi vantaggi rispetto alla legge elettorale attuale. Il meccanismo delle liste bloccate e il potere dei partiti nello scegliere l’ordine degli eletti rimangono, ma sono ridimensionati a favore del potere di scelta degli elettori. Mentre le dimensioni ridotte delle circoscrizioni dovrebbero determinare un certo effetto di sbarramento, la cosiddetta soglia implicita. Non ha però l’effetto di forte semplificazione del sistema partitico che, almeno in linea teorica, discenderebbe dall’adozione del modello maggioritario a doppio turno.

In premessa di ogni commento su un progetto di legge elettorale va chiarito a tutte lettere che le generalizzazioni valgono poco, perché la coda del diavolo sta nei dettagli. Inoltre l’assenza di effettiva esperienza induce a pronostici aleatori, spesso dominati dall’ansia di avveramento dei desideri di chi partecipa al gioco, vuoi come protagonista, vuoi come interprete.

Dalla Germania…

Ciò detto il sistema Vassallo-Chiaramonte-Ceccanti (ma ciò che conta è che provenga da Walter Veltroni) sembra funzionare così: 1) metà dei seggi sono messi in palio in collegi uninominali, in cui si sfidano singoli candidati, ciascuno collegato a una lista; 2) l’elettore sceglie tra i candidati in lizza per il suo collegio e, così facendo, assegna il proprio voto anche a una lista “bloccata” di candidati; 3) i candidati che vincono le sfide uninominali entrano comunque in Parlamento; 4) ciascuna lista ha diritto ad avere un numero di seggi rispetto al totale in palio – compresi quelli acquisiti dai suoi candidati vittoriosi nei duelli maggioritari – che sia proporzionale ai voti conseguiti; 5) se la quantità di voti raccolti da una lista le dà diritto a più seggi di quelli già conquistati dai suoi candidati nelle sfide uninominali, questi seggi sono assegnati ai migliori perdenti collegati con quella lista o, in mancanza, ai candidati inseriti nella lista bloccata.
Quindi, tendenzialmente, il numero di seggi che sarà assegnato a ciascuna lista dipenderà dalla percentuale di voti conseguiti dalla lista nell’insieme. Tuttavia la selezione degli eletti, tra i soggetti collegati o inseriti nella lista, dipenderà in primo luogo dal grado di consenso che ciascun candidato avrà raccolto tra i cittadini. Un candidato molto gradito agli elettori entrerà in Parlamento direttamente dalla porta principale, quella del maggioritario. Un candidato meno popolare dovrà sperare di raccogliere comunque un livello di consenso relativamente alto, rispetto agli altri ‘perdenti’ del suo partito; un candidato che faccia affidamento solo sul proprio inserimento nella lista ‘bloccata’ non dovrebbe avere grandi speranze.
Per le ragioni appena dette il sistema che si vorrebbe adottare è prima di ogni altra cosa “proporzionale”: in termini geografici questo è l’apporto “tedesco”.

…alla Spagna…

Vediamo adesso i correttivi che dovrebbero recare un effetto maggioritario: e qui andiamo verso la Spagna. Un elemento molto importante è che la ripartizione dei seggi dovrebbe avvenire separatamente per ciascuna circoscrizione. Quindi, la proporzione sarà calcolata rispetto a un numero limitato di seggi da distribuire: al massimo sedici. Questo vuol dire che, anche senza soglie di sbarramento stabilite per legge, un partito molto piccolo, ad esempio con meno del 2,5 per cento di voti, difficilmente raccoglierà anche un solo seggio. In compenso, partiti deboli a livello nazionale, ma forti a livello locale possono sperare di “sfondare” almeno nelle circoscrizioni di riferimento. E anche un partito piccolissimo potrebbe riuscire ad avere un proprio rappresentante in Parlamento, se presentasse un candidato “eccellente”, che fosse in grado di vincere la sfida uninominale.
Il sistema proposto presenta indubbi vantaggi rispetto alla legge elettorale attuale, che del resto è quanto di peggio la tradizione costituzionale occidentale abbia mai visto. In primo luogo, il meccanismo delle liste bloccate – e in generale il potere dei partiti nello scegliere l’ordine degli eletti – rimane, ma è ridimensionato a favore del potere di scelta degli elettori. In secondo luogo, le dimensioni ridotte delle circoscrizioni dovrebbero determinare un certo effetto di sbarramento, la cosiddetta soglia implicita.

…Senza passare per la Francia

Naturalmente, il sistema non ha l’effetto di forte semplificazione del sistema partitico che, almeno in linea teorica, discenderebbe dall’adozione del modello maggioritario a doppio turno. Del resto, ci sarebbe anche da chiedersi se l’adozione di un simile modello non indurrebbe comunque tutti i partiti a formare già prima delle elezioni coalizioni molto ampie, ma per ciò stesso soltanto di facciata e fragili. È proprio questo uno dei punti che il progetto in esame intende affrontare, sul presupposto che sia meglio che i partiti corrano da soli, in un sistema trasparente, piuttosto che dare vita ad alleanze tanto estese, quanto perennemente in bilico e incerte al momento di governare sulla base del mandato democratico conseguito. Verrebbe da chiedersi, a questo punto, perché non venga analizzata e discussa, ma sia stata anzi rimossa dal tavolo, l’ipotesi maggioritaria modellata sul doppio turno alla francese, pur apportando a essa talune correzioni. Francamente fa sorridere che siano tanti quelli che iniziano i loro discorsi o interventi dicendo: "premetto che la mia prima opzione sarebbe per il maggioritario, tuttavia…" In fondo, non è di un secolo fa il referendum che, pur tra mille difficoltà, arrivò a sfiorare la maggioranza.

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14 commenti

  1. Piero Borla

    Come si dividererà il territorio in circoscrizioni della dimensione indicata da Vassallo, che funzionino come bacini chiusi, ossia senza alcun recupero dei resti ? La dimensione regionale è ormai un punto di riferimento di comune dominio; il progetto richiede invece di spezzare l’unità delle regioni grandi e anche delle quattro provincie maggiori. Ma il metodo D’Hondt è essenziale. Si possono prendere a base le regioni, senza disaggregarle, a due condizioni : a) mantenere comunque la soglia del 4% b) per bilanciare l’abbassamento, nelle grandi regioni, della soglia prevista da Vassallo, elevare il numero dei collegi a 2/3, o almeno 3/5, dei seggi spettanti. Ciò rafforza l’effetto della clausola che gli eletti nei collegi uninominali entrano comunque in parlamento : essa ha un significativo effetto polarizzante e va comunque conservata. Inoltre così sono del tutto superflue le liste bloccate. Circa il doppio turno, è bene tener conto anche degli effetti sistemici che in Francia derivano dalla elezione diretta del presidente della Repubblica. Piuttosto, il sistema Vassallo, comunque articolato, rende del tutto necessario introdurre insieme almeno la sfiducia costruttiva.

  2. Andrea Declich

    Il problema del perché il sistema francese non venga riproposto, secondo me, è semplice: avrebbe i vantaggi dell’uninominale, ma non i suoi paradossi (viene eletto il candidato che ha la maggioranza relativa e non assoluta dei consensi; per cui può venire eletto non il più desiderato, ma quello che dispiace meno tra tutti). E’ vero, i partiti possono fare accordi pre elettorali, ma questi devono essere sanciti dall’elettorato. Prevarrebbero solo quei partiti che riescono a presentare candidati validi. I partiti non sparirebbero (non sono spariti in Francia), ma devono dimostrare di essere macchine produttrici di classi dirigenti di valore. Certo, l’obiezione è che poi niente obbligherebbe i deputati a formare una data maggioranza, o una coalizione. Ma questo problema mi pare esista anche nella proposta Vassallo. E’ un problema di politica, non di regole. I vari senatori che ogni tanto si differenziano, per esempio Dini, Turigliatto, oppure che defezionano, come Di Gregorio, sarebbero tutti vincolati a una coalizione che li ha eletti, ma ognuno interpreta il mandato ricevuto come crede. E un nodo gordiano, questo, che va sciolto con scelte coraggiose

  3. marco ajello

    non seguo l’autore nel considerare l’attuale legge elettorale la peggiore possibile. all’interno di un voto "presidenziale" (scelta fra Berlusconi e Prodi) l’elettore poteva scegliere una qualsiasi lista, non solo fra le maggiori e senza penalizzare la coalizione, visto che , se pure il partito da lui scelto non fosse riuscito a raccogliere neppure un seggio, avrebbe comunque contribuito al gruppo di partiti scelto. se si riteneva che il partito preferito avesse fatto inadeguate candidature c’era comunque l’imbarazzo della scelta. Le liste erano mote e di fatto per quelle minori si votava per questo o quell’altro capolista. L’elettore aveva dunque un discreto ventaglio di persone fra cui scelto, fermo restando il bipolarismo coatto di base. E infatti la gente ha apprezzato e l’affluenza alle urne è stata alta. Di certo non capiterà col sistema spagnolo. che comunque credo sia una valida alternativa. E Berlusconi credo miri a quel sistema. Il suo obbiettivo è fare il partito popolare europeo d’Italia.

  4. Henri Schmit

    Siamo in tanti a condividere analisi e conclusione e non vogliamo fermarci ad una domanda retorica. La legge elettorale non è solo un meccanismo tecnico per designare i membri del parlamento e assicurare efficienza governativa, è anche l’espressione ideologica di una certo concetto della democrazia. La democrazia liberale e rappresentativa, basata sulla libertà di scelta degli elettori, sulla libertà di decisione degli eletti e sulla loro responsabilità davanti all’elettorato, sul ruolo rappresentativo del parlamento e sul divieto del mandato imperativo, vieta il mandato vincolante sia da parte degli elettori sia da parte dei partiti. Nei fatti purtroppo non è così. I partiti comandano il voto dei rappresentanti eletti con liste decise nelle loro segreterie. L’opinione dominante approva e favorisce questo presunto vincolo di voto in base ad una falsa teoria antiribaltone e antivoltagabbana. In una democrazia liberale invece il deputato esprime ad ogni votazione il proprio parere e, legge elettorale permettendo, l’elettore dovrebbe premiare chi su temi cruciali ha saputo fare valere il proprio parere. Questo però può avvenire solo con un sistema veramente magggioritario.

  5. Jack

    Il miglior sistema elettorale in vigore nella ue e’ quello francese, che permette,col doppio turno, di far convergere verso i 2 partiti piu’ rappresentativi dei due schieramenti. Ma il sistema francese presenta una serie di caratteristiche che l’italia non puo’ adottare x le sue particolari caratteristiche. Chi vi scrive abita a sud di questo meraviglioso paese e assiste ad ogni tornata elettorale a veri mercificazioni del voto…che sono acuite se si parla di uninominale. Per questo secondo me si dovrebbe assegnare mediante doppio turno il seggio "al partito" e non "alla persona". il partito avrebbe una lista bloccata a livello nazionale il cui ordine di preferenza tra i candidati sia istituito x legge con le primarie. Inoltre un eletto, se si distingue (dalla linea del partito in cui e’ stato eletto) x piu di 3-4 volte nella legislatura perde automaticamente il posto e viene sostituito da un altro. E cosi con queste due regole, elettive e parlamentari, cancelliamo dini e de gregorio e i partitini con potere di ricatto.

  6. Fernando Luigi Fiori

    Lei ha spiegato con grande chiarezza ciò che altri commentatori hanno tralasciato: il meccanismo di ricorso alle liste "bloccate" solo dopo il calcolo del sistema proporzionale. Premesso che solo il termine "bloccato" mi fa venire la pelle d’oca, la domanda alla quale non riesco a trovare una risposta è: ma una legge elettorale come questa impedirà che il futuro Parlamento pulluli di inquisiti/condannati, mestieranti della politica/affare, come l’attuale?

  7. Daniele Ferretti

    Il commento precedente, così come il testo dell’autore, mi paiono riproporre un tema ed una domanda – perchè non prendere in considerazione anche un’ipotesi di maggioritario – non banale. Anche perchè pochi mesi orsono si è tenuta una raccolta di firme su di un referendum, con tutti i limiti tecnici di dover lavorare su di un testo esistente, che alcune cose le ha dette dal punto di vista dei cittadini: governabilità, semplificazione del sistema dei partiti, valutazione politica sui risultati ottenuti da una maggioranza. Lavorare su di un’ipotesi che riprenda queste linee in modo più completo ed organico come può fare una proposta di legge corredata da modifiche ai regolamenti parlamentari e quant’altro, è così poco praticabile da parte di questo Parlamento?

  8. venturoli massimiliano

    Il problema del sistema elettorale da adottare è importante, ma non vorrei che facesse perdere d’ occhio il vero problema che stà facendo morire la democrazia in italia, cioè la mancanza di ricambio generazzionale nella classe dirigente italiana. Nessun sistema elettorale garantisce tale ricambio. Infatti, al di là del sistema elettorale, per ottenere un ricambio generazzionale reale ed concreto occorre la " maturità " dell’ elettorato che vota. I politici, politologi ed aspiranti stregoni che fanno trasparire il sillogismo: buona legge elettorale uguale buona classe politica. Truffano i cittadini!!! Nessun sistema elettorale produce, di per sè, una classe dirigente: capace, onesta e "giovane". Direi piuttosto che una classe dirigente capace fà la " fortuna " del sistema elettorale. Oggi il dibattito che si stà creando, attraverso le tipiche " guerre di religione " italiane, pone un problema, ma sopratutto, manda del " fumo negli occhi " ai cittadini italiani. Questo " fumo" cerca di nascondere il " viso " dei soliti politici.

  9. mirco

    Per quanto possa contare il mio parere credo che le elezioni servano per eleggere dei rappresentanti che a loro volta rappresentino le idee e i programmi di chi li elegge.Il maggioritario non è un sistema che permette questo.E’ vero che il proporzionale non è il miglior sistema per la stabilità dei governi, ma dal 1948 al 1993 l’italia è progredita e si è sviluppata non credo che la crisi della prima repubblica sia dovuta al sistema proporzionale che aveva.Non mi interessa un doppio turno alla francese o un maggioritario con a sinistra un partito democratico cattodiessino e a destra un partito populista razzista e xenofobo e clericale non sarebbe democrazia.Il problema dell’italia non è nel sistema elettorale

  10. Massimo D.

    C’è un dettaglio della proposta Vassallo che, pur ricordato, rischia di non essere apprezzato adeguatamente nella sua rilevanza.
    Si tratta della norma che assegna comunque i collegi uninominali al candidato di maggioranza relativa.
    Nel contesto di una legge elettorale che complessivamente non incoraggia la convergenza su un unico candidato di coalizione, e quindi spingerà molte forze a correre da sole, la maggioranza relativa sarà facilmente raggiunta da una lista con percentuali di voto magari solo del 30%. Quindi, se nella circoscrizione le preferenze sono sufficientemente omogenee (ipotesi ragionevole trattandosi di circoscrizioni piccole), l’effetto sarà di garantire fino al 50% dei seggi a forze che hanno il 30% dei voti.
    Paradossalmente, il premio è tanto minore quanto più la lista si avvicina al 50%: oltre il 50% il meccanismo è proporzionale e quindi non assegna alcun premio. Dunque, la legge premia sì i partiti “a vocazione maggioritaria”, ma… li premia di più se non si coalizzano con i partiti minori.
    Veramente la proposta sembra cucita in modo sartoriale addosso a PD e FI.

  11. Alessandro Cavallero

    A molti il dibattito sulla legge elettorale può apparire lontano dai problemi quotidiani della gente.In realtà,è a partire dalla legge elettorale che si creano le basi per una democrazia che funziona,per una classe dirigente che cerca di risolvere i problemi invece di coltivare il proprio orticello elettorale,per governi che prendono decisioni senza subire il ricatto dei partitini.Qualcuno ha scritto che una buona legge elettorale non fa un buona classe dirigente:può darsi,ma di certo una cattiva legge elettorale fa una pessima classe dirigente perché permette l’esistenza dei partitini,i quali passano tutto il tempo a cercare di sopravvivere e di pesare più di quanto valgono.Ritengo che il Vassallum sia una buona legge, a patto che non consenta a forze politiche eterogenee di costruire coalizioni artificiali per presentare candidati comuni nei collegi uninominali.Pertanto,la riforma dei regolamenti parlamentari è decisiva.Il sistema spagnolo potrebbe funzionare.Oltre a circoscrizioni piccole con 3-4 seggi da assegnare,basterebbe adottare un riparto dei seggi a livello circoscrizionale e il “metodo belga” per creare un sistema praticamente bipartitico

  12. Alessandro Cavallero

    Ritengo che il doppio turno francese sia la soluzione migliore, e non credo che esso possa funzionare solo in presenza di un modello semipresidenziale; al contrario, penso che possa adattarsi bene ad un sistema di cancellierato di stampo tedesco. Peraltro, a tal proposito, non si citano mai abbastanza quelle norme della Costituzione della V Repubblica francese che rendono il governo francese praticamente inattaccabile.. penso al 49-3, che però Sarkozy – chissà perché – vuole riformare… Il doppio turno azzererebbe il potere di ricatto dei piccoli partiti, perché sposterebbe la scelta dalle segreterie di partito agli elettori. Peraltro, come alcune simulazioni hanno evidenziato (usando i voti della Camera 2006, sebbene i risultati elettorali siano endogeni alla legge elettorale stessa, almeno a mio avviso), col doppio turno FI avrebbe circa 390 seggi (da sola, senza bisogno del PdL), il PD la restante parte, con qualche briciola per AN, Lega e RC.

  13. Giuseppe

    La legge elettorale è importante perché esprime le modalità con cui potrà essere strutturato il panorama politico dei prossimi anni, ma non è l’unico elemento in gioco. A mio parere occorre affiancare ad una buona legge elettorale del tipo uninominale maggioritario a turno unico o eventualmente a doppio turno anche importanti riforme costituzionali che possano diminuire il potere di ricatto delle minoranze che sono amplificate in parlamento e aumentare i poteri del premier se non addirittura eleggere direttamente il Presidente della Repubblica con poteri esecutivi sul modello americano o semipresidenziale alla francese (con limite temporale di quattro anni e di due mandati per evitare la dittatura strisciante). In tal modo l’esecutivo esce rafforzato, non implode al suo interno, deve confrontarsi "solo" con le parti sociali e non discutere in modo eccessivo ripiegandosi su se stesso. A ciò dovrebbe far seguito una riforma della struttura bicamerale del parlamento. Il paese sarebbe così in linea di principio in grado di rimettersi in cammino.

  14. Franco Plutino

    E’ stato aperto un dibattito decisivo per la vita democratica di questo paese. La discussione della riforma elettorale guarda avanti, ma fa i conti col nostro passato tutto italiano. Quanti ricordano “il Caso” degli anni settanta e il bipartitismo imperfetto? DC e PCI erano alternativi ma, tutto sommato, stavano attenti a non perdere il ruolo centrale nella maggioranza e nell’opposizione. Si legittimavano a vicenda. Riconosciamo, però, che il sistema era bloccato e che oggi manca quel “rispetto” reciproco in presenza dello stesso problema: il superamento della transizione infinita e l’ammodernamento dei meccanismi di selezione della classe dirigente, politica in questo caso. In un altro scenario: la globalizzazione dei sistemi che richiede risposte immediate. Il “Governo” degli interessi di questo Paese e dei suoi cittadini. Non so se il governo Prodi sia un ostacolo alla serenità della discussione ma non deve essere neppure la giustificazione per perpetuare uno dei nostri tanti difetti, la paura di prendere decisioni e pensare che da questo professionismo politico si vuole ma non si possa uscire. Meno ipocresia non guasterebbe. Scegliere un gatto che prenda i topi.Non un gattotopo

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