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LE CRISI NON FINISCONO MAI*

Il sistema finanziario è una delle parti più regolate dell’economia. Ma nonostante la stretta sorveglianza delle autorità di governo le crisi continuano a ripetersi. Accade perché sotto ogni possibile sistema di regole, operatori intelligenti cercheranno comunque di sviluppare strategie per garantire i rischi che si assumono nel modo meno costoso possibile. E troveranno le strade per aggirare in modo legale i limiti imposti. Agli investitori individuali non resta che chiedere più informazioni e cercare di ottenerle in una forma comprensibile.

La crisi forse non è ancora chiusa, ma possiamo comunque fermarci ad analizzare la situazione. Che lezione dobbiamo trarre dalle turbolenze iniziate ai primi di agosto 2007? Molto di ciò che qui scrivo non è nuovo, ma fatti recenti hanno messo meglio in luce alcune questioni importanti. La riflessione sulle cause principali dei problemi che stiamo affrontando, mi porta a concludere che ci sarà sempre un’altra crisi.

Il "laissez faire" non abita qui

La sua centralità nell’attività economica industriale, unita alle potenzialità di abusi, ha fatto sì che il sistema finanziario sia una delle parti più regolate della nostra economia. Attraverso una varietà di regolatori e di controllori, con responsabilità che spesso si sovrappongono, i governi producono regole corpose che poi si dispongono ad attuare. Il concetto di laissez faire per il sistema finanziario non ha senso neanche per i più convinti difensori del libero mercato.
Nonostante la stretta sorveglianza delle autorità di governo – negli Stati Uniti, ad esempio, abbiamo l’Office of the Comptroller of the Currency, la Federal Deposit Insurance Corporation e la Federal Reserve, oltre alle autorità di Stato sulle banche – le crisi continuano a verificarsi.
Una delle cause è la tendenza delle autorità a combattere la battaglia del momento, cercando le debolezze del sistema rivelate dalla crisi più recente in ordine di tempo. Così quando si è pensato che gli schemi complessi degli scambi computerizzati avessero contribuito al crollo della borsa dell’ottobre 1987, sono stati introdotti gli interruttori automatici che arrestano i sistemi di ordini attraverso computer quando gli indici si muovono oltre un certo livello. Nel dopo-crisi asiatica, il Fondo monetario internazionale ha introdotto nuovi strumenti di prestito nel tentativo di evitare i problemi di contagio, in sostanza per trattare con i paesi che erano vittime innocenti di problemi creati altrove. E con il collasso del fondo Ltcm abbiamo visto il gran fermento per comprendere le ragioni e il potenziale impatto di quelle che furono chiamate “highly leveraged institutions”.
Per quanto necessaria possa essere stata ciascuna di queste riforme, non risolveremo le crisi di domani guardando al passato. Gli innovatori finanziari cercheranno sempre il punto più debole del sistema: le innovazioni continueranno a sfruttare i difetti dell’apparato di regolamentazione e di controllo e a manipolare i limiti intrinseci del rapporto tra gestori finanziari e investitori loro clienti. La crisi del 2007 ci fornisce esempi di entrambi.

 Sfruttare i difetti dell’apparato

Le istituzioni finanziarie hanno potuto ridurre il capitale detenuto spostando le loro attività su varie entità legali che non erano di loro proprietà: quelle che oggi indichiamo come “conduit” o “veicoli finanziari speciali”. E, per inciso, ogni crisi finanziaria sembra comportare un suo proprio vocabolario.
Invece di possedere le attività, cosa che avrebbe implicato un costo in termini di capitale, le banche hanno emesso garanzie di vario tipo per i “veicoli finanziari speciali”, garanzie che non richiedevano alle banche di detenere il capitale.
Il fine del capitale di un’istituzione finanziaria è di agire come assicurazione contro la perdita di valore delle attività. L’idea è che se anche una parte del portafoglio prestiti della banca entra in sofferenza, ci saranno comunque risorse sufficienti per ripagare i correntisti. Ma detenere il capitale è costoso, così banchieri e gestori sono sempre alla ricerca di sistemi per ridurre la quantità di risorse che devono detenere. È importante comprendere che sotto ogni possibile sistema di regole, banchieri intelligenti e generalmente molto ben pagati cercheranno comunque di sviluppare strategie per garantire i rischi che si assumono nel modo meno costoso possibile, perciò minimizzando il capitale detenuto.

I rapporti tra investitori e gestore

Ma questo non è l’unico problema. Gli innovatori finanziari cercheranno anche modi per sfruttare i rapporti tra l’investitore (il principale) e i gestori delle attività dell’investitore. Il problema è che le persone agiscono soprattutto a proprio vantaggio, che può coincidere o meno con quello del principale. Il problema dell’agente-principale è impossibile da evitare.
Si consideri il caso del gestore di un fondo pensione in cerca di strumenti sui quali investire denaro. Le regole di tipo governativo e istituzionale restringono le sue scelte all’attività a reddito fisso e a elevato rating. Supponiamo che il gestore trovi un qualche titolo AAA che ha un ritorno leggermente più alto degli altri: a causa della differenza nei rischi di liquidità, per esempio, un titolo potrebbe avere un ritorno di 20 o 30 punti base (cioè 0,20 o 0,30 punti percentuali). Studiando l’opzione ad alto rendimento, il gestore scopre tuttavia che c’è una probabilità di perdita lievemente superiore agli altri. Ma, ad una analisi più accurata, scopre anche che il titolo avrà difficoltà solo in caso di catastrofe sistemica. Il gestore sa bene che se si verifica una crisi di tali proporzioni, avrà comunque problemi ben più seri di questo, e dunque compra il titolo: in questo modo supera il benchmark sul quale è misurato il suo rendimento.
Quando acquista il titolo rischioso per battere il benchmark, il gestore non agisce nell’interesse dei sottoscrittori del fondo. Al contrario, spinto dalle regole del gioco, contratta con le banche di investimento e con i loro “ingegneri” finanziari per creare titoli a rendimento leggermente più elevato, ma che comunque soddisfino i vincoli per l’inclusione nel portafoglio dei fondi. Questi gestori non sono né stupidi né ingenui, rispondono semplicemente in modi completamente legali agli incentivi che vengono offerti.
Penso che non ci sia modo per fermare comportamenti di questo tipo: i gestori delle istituzioni finanziarie cercheranno sempre i limiti definiti dagli apparati di regolazione e li troveranno. In fin dei conti, le regole dettagliate costituiscono una guida per aggirare legalmente lo spirito della legge. E tanto più dettagliate sono le regole, tanto più ingegnosa l’elusione. È una capacità inventiva altamente remunerata, possiamo perciò star certi che queste strategie continueranno.

Che fare?

E allora cosa fare? Sia gli investitori individuali che le autorità di governo devono fare aggiustamenti. Gli investitori individuali devono chiedere più informazioni e ottenerle in una forma comprensibile. Come individui dovremmo far nostro lo stesso principio che il presidente Ronald Reagan adottò negli accordi sul disarmo nucleare con l’Unione Sovietica: “Fidati, ma controlla”. Dovremmo insistere perché i gestori dei fondi e società di gestione rendano pubbliche le caratteristiche dettagliate di ciò che vendono, insieme a costi e provvigioni. Questo ci dovrebbe consentire di sapere cosa compriamo e di comprendere gli incentivi a cui sono sottoposti i nostri banchieri. Per quello che riguarda le autorità di governo, la lezione principale punta a chiarire il rischio relativo associato alle varie parti del sistema finanziario. Altrove ho suggerito che almeno alcuni dei problemi messi in evidenza dalla crisi attuale potrebbe essere attenuati aumentando la standardizzazione dei prodotti finanziari e incoraggiando gli scambi a migrare nei mercati organizzati.

* Il testo inglese dell’articolo è disponibile su www.voxeu.com

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  1. Renzo Pagliari

    Le osservazioni dell’autore giuste e condivisibili, non considerano un aspetto fondamentale del problema. La causa prima di quanto sta accadendo è rappresentata dal distacco progressivo di individui, istituzioni finanziarie, sistemi economici dall’economia reale. La ricerca continua di utili crecenti da speculazioni su titoli di qualsiasi natura, prive di contatti con gli incrementi del valore reale sottostante ad essi, non può non produrre, per i motivi acutamente esposti dall’autore, i noti effetti critici. Le speculazioni al rialzo o anche al ribasso possono essere vantaggiose all’ inizio, poi segue inevitabile il crollo, quando i fondamentali siano stati abbandonati/trascurati. Un rimedio serio ed efficace è individuabile nell’ inibizione dell’uso nei mercati finanziari di tutti i titoli derivati, poichè hanno caratteristiche molto vicine ai giochi d’azzardo. In pari tempo dovrebbero essere impedite vendite a termine di commodities, titoli e valute non possedute al momento del contratto. Il tutto previo accordo di ferro tra gli stati che ospitano le principali piazze finanziarie e/o che potrebbero ospitarne, sotto controllo stringente di enti internazionali come il FMI.

  2. Luciano Pontiroli

    Mi pare che la tesi del prof. Cecchetti meriti un’integrazione: la maggiore trasparenza deve servire non tanto alla scelta dell’investimento, ma anche e soprattutto ad agevolare il controllo sull’operato del gestore – controllo dell’autorità di vigilanza, ma anche controllo delle Corti stimolato dall’investitore: purché le Corti conoscano il loro mestiere. L’altro commento equivale al proverbiale gettare il bambino con l’acqua sporca.

  3. Marco

    Complimenti per l’articolo.
    Le crisi non finiranno mai fintanto che una societa
    perde il 50% delle quotazioni in sei mesi con mercati in rialzo e se la chiami ti dice che le quotazioni non la riguardano.
    Finchè quota sotto il patrimonio e quando gli indici come oggi volano,lei è negativa.
    Finchè la consob dice che non è suo compito,finche borsa italiana parla solo con istituzionali e non con investitori individuali.
    Scusate,ma leggere che il sistema finanziario è regolato,in italia mi mette di buon umore.
    Vi invito ad operare sui boock,small caps italiane
    Se volete vi segnalo qualche azienda,forse mi spiegate come mai sono a sti prezzi,come mai non cominicano mai,come mai certi rappresentanti di azioni risparmio sono introvabili.
    Ora non si parla piu si soluzione 5,Parmalat,Cirio,Bipop.
    Ma poco è cambiato.
    Vorrei trovare delle risposte,su molte aziende,vorrei trovare qualcuno che mi spieghi come mai a fronte di aumento di utili,patrimonio,ebitda,con titolo in ipervenduto,un azienda anche con indici al rialzo scende.
    Vorrei che qualcuno mi spieghi perchè entra un fondo ,compra il 5%,gestione risparmio,il titolo perde il 45%.
    Da chi ha comprato questo fondo?
    Buona serata.

  4. giovanni morlino

    Condivido appieno il commento di Renzo Pagliari. L’articolo di Cecchetti mostra una visione troppo parziale, additando l’avidità umana come responsabile ultima delle crisi finanzierie; e di fronte l’avidità qualunque regola è aggirabile. Ma forse il dito andrebbe puntato sul sistema in sè: in fondo qual’è lo scopo ultimo del sistema finanziario? E’ quello di moltiplicare il denaro. Ma questo denaro non ha un corrispettivo in beni reali, vive solo in virtù della fiducia che gli operatori ripongono nella sua esistenza. E’ come un sogno, quando ci si sveglia la bolla crolla. Le bolle sono connaturate al sistema finanziario, ne costituiscono l’essenza. Semmai il problema nuovo che oggi ci troviamo ad affrontare è l’eccessivo potere che la finanza ha assunto nei confronti dell’economia reale. Un tempo il crollo di una bolla influiva quasi solo sui mercati finanziari, oggi invece può avere serissime ripercussioni sull’economia reale.
    A mio parere non servono solo nuove regole, ma un ridimensionamento del ruolo della finanza stessa.

  5. Marcello Sant'Agostino

    Non condivido la tesi di questo articolo, cioè che non si debba tentare di regolamentare le operazioni finanziarie perchè comunque operatori “intelligenti” riuscirebbero ad aggirare i limiti imposti. Non condivido neanche l’idea ricorrente in ognuna di queste crisi che gli investitori potrebbero evitare i danni se avessero magiori informazioni e maggiore competenza economico-finanziaria. Ho letto anche un articolo di Giavazzi sul Corriere di lunedì 29 in cui si invitava a non approfittare dell’allarme prodotto da questa crisi per “demonizzare” (leggi “regolamentare”) certe operazioni finanziarie. Il loro merito sarebbe di rendere possibile il prestito anche a chi non può fornire garanzie materiali. E a conferma dei pregi di un libero mercato il fatto che tre capi di grandi banche sono stati silurati negli USA (se si pensa alle conseguenze della crisi sulle borse di tutto il mondo e alla perdita di credibilità mi sembra anche poco). Comunque mi sembra grave che questi crediti “sospetti”siano stati nascosti insieme a crediti “normali” al punto che a distanza di 6 mesi ancora non si conosce l’estensione dei danni.

  6. Fabrizio Pauri

    La recente impressionante crescita dell’Euribor contraddice in modo clamoroso la sostanza dell’articolo. Come molti non sanno, l’Euribor non è legato al tasso unitario di sconto, ma viene fissato di fatto dal sistema bancario; il quale dopo aver generato la crisi dei subprime, ora scarica sui mutui i costi delle insane operazioni. Come è evidente, il cittadino è completamente in balia del sistema bancario.O no ?

  7. antonio mansueto

    I commenti su questa crisi nata dalle emissioni “subprime” e poi estesasi fino a chissa’…lasciano intendere che la finanza si e’ spinta troppo oltre, forse ha superato il limite della sua utilita’, la deregolamentazione ha fatto si’ che i difetti eterni (effetti collaterali?) dei mercati si allargassero a settori fino a poco addietro difesi da rigide regole (visto che si cita il 1929…). Concentrazione degli scambi e standardizzazione solo 15 anni fa erano concetti pubblicizzato come leve per far crescere i mercati finanziari. Ora che sono stati “superati” anche dalle regole europee (vedi Mifid 2) dobbiamo tirarli fuori come novita’ come fa Cecchetti. Mah, dal 1987 andiamo avanti a “scoppio di bolle” crescenti finché -speriamo mai- ci sarà una bolla che faccia saltare l’attuale ordinamento del sistema finanziario e ci imporra’ di tornare al passato, chissa’ con quali sconvolgimenti? Lasciamo un bel punto interrogativo.

  8. Paolo

    Quanto alla parte in cui si tratta di ingegneria finanziaria e degli incentivi a costruire strumenti finanziari sempre più complicati per offrire rendimenti extra, mi sembra che in questo caso sia stata sorpassata la soglia dell’agire corretto. La violenta crisi che ha colpito alcune istituzioni finanziarie ed ha provocato tensioni sull’Euribor è scaturita non da shock esterni, ma dalla consapevolezza da parte degli operatori che la situazione non era più sostenibile. Mi è sembrato di capire che la domanda degli operatori finanziari non era "se" , ma "quando" ci sarebbe stata la crisi. Visto che di Siv e Conduit già se ne parlava nel 2002 con lo scandalo Parmalat, mi chiedo se le Autorità Monetarie non potessero agire prima per "indirizzare" il mercato e non aspettare di rimediare alla crisi del mercato finanziario. Se agli operatori non resta altro che chiedere più informazioni e cercare di capirle, allora aboliamo le Autorità di controllo, che ci stanno a fare?

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