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QUANDO L’ANTITRUST SBAGLIA BERSAGLIO *

Il decreto legge collegato alla Finanziaria contiene una riforma complessiva della regolazione del mercato dei farmaci di fascia A, quelli rimborsati dal Ssn. L’Antitrust ha criticato la norma, in particolare per le modalità con cui verrà garantito il rispetto del tetto aggregato alla spesa farmaceutica nazionale. Ma sono critiche sbagliate. Perché i meccanismi introdotti costituiscono un modello che rispetta la competizione tra le imprese aderendo all’evoluzione del mercato che ne deriva e incentivando l’innovazione.

Il decreto legge collegato alla Finanziaria contiene all’articolo 5 una riforma complessiva della regolazione del mercato dei farmaci di fascia A, quelli sottoposti a rimborso da parte del Servizio sanitario nazionale. In una segnalazione del 25 ottobre scorso, l’Antitrust muove alcune critiche alla riforma, riferite in particolare alle modalità con cui verrà garantito il rispetto del “tetto” aggregato alla spesa farmaceutica nazionale.

Il decreto e i rilievi dell’Antitrust

Il decreto legge prevede un meccanismo per il quale, nel caso la spesa farmaceutica pubblica superi il tetto, il recupero ex post dello sforamento per la parte a carico dell’industria non avvenga più, come accaduto finora, tramite taglio dei prezzi, ma tramite un “pay-back” (ripiano in moneta a favore del Ssn). Prevede inoltre un sistema di regolazione ex ante basato sull’attribuzione da parte dell’Agenzia del farmaco (Aifa) all’inizio di ogni anno, a partire dal fatturato di quello precedente e distintamente per i farmaci coperti da brevetto e per i generici o equivalenti, di un “budget” previsivo per impresa, entro il quale l’azienda non sarà chiamata a partecipare al pay-back nel caso di sforamento della spesa aggregata.
Autorità segnala il rischio di “un rallentamento della dinamica di mercato tra concorrenti” sulla base di due osservazioni critiche: a) “con la definizione di budget aziendali individuali”, la regolazione finirebbe per conservare “in larga misura le attuali posizioni relative tra le imprese”, invece di premiare le aziende più impegnate negli investimenti in R&D; b) non vi sarebbero elementi volti a “incrementare il grado di concorrenza tra prodotti equivalenti”, incoraggiando “l’ingresso di imprese produttrici di farmaci generici” e la loro diffusione.  
Si tratta di critiche a mio giudizio sostanzialmente sbagliate, che risentono di una inadeguata comprensione dei meccanismi introdotti dalla riforma. Una discussione adeguata di ambedue i punti sollevati dall’Antitrust richiederebbe molto più spazio, quindi mi soffermerò qui solo sul primo dei due.

Perché la regolazione

Prima di tutto, è opportuno richiamare due caratteristiche del mercato farmaceutico, una di natura più generale e l’altra specifica al nostro paese. Il mercato non presenta le connotazioni canoniche per la regolazione – condizioni di monopolio naturale non contendibile o presenza di oneri di servizio pubblico – ma ciò nonostante la richiede comunque per un suo segmento, più o meno ampio a seconda dei paesi, quello dei farmaci rimborsati dal servizio pubblico. La presenza del “terzo pagante” – il Ssn che per motivi di meritorietà sociale sostiene la spesa al posto del cittadino – implica che, sul versante della domanda, risultino in questo segmento inibiti i normali meccanismi di autoregolazione propri del mercato, dato che per l’acquirente il farmaco è sostanzialmente gratuito, a parte l’eventuale presenza di un ticket.
La seconda caratteristica, specifica del contesto italiano, riguarda la presenza di un tetto alla spesa farmaceutica. Si tratta di uno strumento di controllo della spesa pubblica che probabilmente non sarebbe necessario in un assetto di governance fortemente strutturato, in cui il sistema delle responsabilità di bilancio fosse adeguatamente operante lungo tutta la catena decisionale, dalle Regioni fino ai medici di base, così da ricondurre entro limiti fisiologici anche gli effetti dell’azione di marketing delle imprese su questi ultimi. Senza nulla togliere all’urgenza di procedere verso un sistema di governo più stringente, il tetto rimane oggi in Italia uno strumento necessario di controllo dei comportamenti e della spesa.
L’assetto di regolazione finora esistente era criticabile per molti aspetti. Sul punto sollevato dall’Antitrust, il difetto principale riguarda il modo in cui si è fatto fin qui rispettare il tetto alla spesa farmaceutica nazionale: tagli di prezzo orizzontali che hanno determinato distorsioninei prezzi relativi tra Italia e altri paesi europei e una incertezza di prezzo particolarmente dannosa proprio per le imprese che introducono farmaci innovativi e che non hanno potuto contare su un orizzonte affidabile per il recupero degli investimenti in R&D. Non a caso negli anni passati il nostro paese ha perso attrattività per gli investimenti nel settore e, pur costituendo il sesto mercato mondiale per consumo di farmaci, ha finito per collocarsi in una posizione di minorità nel campo della ricerca farmaceutica.

Budget e sforamento

La riforma varata con il decreto collegato innova radicalmente la situazione. Per prima cosa, si dà stabilità ai prezzi sostituendo, per il ripiano degli sforamenti, il taglio di prezzo con il meccanismo del pay-back rispetto ai budget contrattati con l’Aifa. Ma più importante ancora è il sistema ex ante di regolazione, volto a prevenire gli sforamenti del tetto aderendo al tempo stesso alle dinamiche concorrenziali del mercato. All’inizio di ogni anno l’Aifa attribuisce a ciascuna impresa budget previsivi, distinti per i farmaci equivalenti e per quelli ancora coperti da brevetto, sulla base dei volumi e dei prezzi dell’anno precedente e utilizzando a fini incrementali il 60 per cento delle risorse aggiuntive che derivano dalla dinamica del tetto di spesa legata alla crescita del finanziamento del Ssn e di quelle liberate per effetto delle decadenze di brevetto previste per l’anno in corso. Il restante 40 per cento va a costituire due “cuscinetti” di pari ammontare (20 per cento l’uno): il primo è destinato a garantire prezzi remunerativi degli investimenti in R&D incorporati nei farmaci innovativi che saranno autorizzati in corso d’anno.Il secondo resta non specificamente allocato e quindi costituisce uno spazio a disposizione delle dinamiche spontanee di mercato.
Nel caso di sforamento del tetto a livello nazionale, ogni azienda è chiamata a contribuire al ripiano in proporzione al superamento del proprio budget e la presenza dei due “cuscinetti” implica che il ripiano non riporti l’azienda esattamente al budget definito ex ante. In altri termini, il budget non costituisce una quota di mercato preassegnata all’impresa, ma semplicemente uno spazio all’interno del quale questa non è chiamata a partecipare al ripiano dell’eventuale sforamento del tetto aggregato di spesa: se le dinamiche spontanee di mercato portano a un fatturato dell’impresa inferiore al budget, quello dell’anno successivo riparte dal nuovo livello. La stessa cosa avviene se il suo fatturato risulta superiore al budget ma non c’è sforamento del tetto aggregato.
Se il suo fatturato risulta superiore e c’è sforamento aggregato, l’impresa è chiamata al pay-back in misura inferiore al superamento del proprio budget, cosicché l’anno successivo riparte comunque da un fatturato superiore al budget originario. In sintesi, il meccanismo assicura che gli spostamenti nelle quote di mercato dovuti alla capacità innovativa e di mercato delle diverse aziende siano confermati ex post, anche nel caso di un eventuale ripiano, e da essi si parta nella definizione dei budget dell’anno successivo.
In questo modo, pur nel rispetto del tetto aggregato di spesa, la riforma istituisce un modello di regolazione che rispetta la competizione tra le imprese aderendo all’evoluzione del mercato che ne deriva e incentivando l’innovazione. Semmai, si tratta di valutare se i due “cuscinetti” non vadano ampliati rispetto a quanto stabilito sulla base delle stime oggi disponibili circa le dinamiche del prossimo futuro: saranno la pratica regolatoria e l’evoluzione del mercato a fornire le indicazioni decisive a questo riguardo.

* Consigliere economico del viceministro all’Economia Vincenzo Visco.

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  1. Valerio Poppi

    Credo che si tratti di una non approfondita comprensione del mercato dei farmaci, si continua a non distinguere tra dinamiche di mercato di questi ultimi e dinamiche di mercato di altri beni (poniamo degli snaks), è evidente per chiunque che in presenza di farmaci validi ed utili questi si imporrebbero oltre le quote (si immagini una nuova terapia per una malattia oggi non curabile), il cui sistema al contrario serve a regolare le azioni di marketing aggressivo in assenza di innovazione terapeutica. Ciò che è ad libitum per gli snaks: l’essere aggressivi nel marketing per accrescere le quote, sarebbe bene che non lo fosse per i farmaci.

  2. MUSSARI FERDINANDO

    L’antitrust non è il corretto ente che può regolamentare il mercato del medicinale in quanto il sistema NON è DI MERCATO, per la presenza del terzo pagante, perchè è l’offerta di salute che crea la domanda. il pay back non si riperquote solo sull’industria ma anche sulla catena del farmaco che non può controllare queste dinamiche. il governo di questo settore va demandato alla costruzione di procedure terapeutiche nazionali riconosciute.

  3. claudio bellavita

    Tutto bene ma resta l’impressione di un ‘enorme e macchinosa invadenza di uno stato mamma, che entra nei dettagli delle % in cui si può operare una deduzione o un contributo, quasi accompagnandoti per mano su ogni passo. Spostandoci di problematica, c”è nel ministero delle Finanze un delirio di onnipotenza e di regole complesse e variate di anno in anno, che si manifesta soprattutto contro i lavoratori autonomi, obbligati ogni anno a aumentare gli oneri di commercialista. E non è che i "viscalisti democratici" abbiano semplificato le cose, tutt’altro.

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