Dopo una fase di riassorbimento delle turbolenze estive, sui mercati finanziari internazionali si registra una nuova ondata di sfiducia, prontamente segnalata da forti tensioni negli scambi interbancari e un rialzo del premio di rischio. Tuttavia, le banche italiane, grandi e piccole, sembrano aver affrontato in maniera più che soddisfacente la crisi di liquidità. In un contesto di estrema incertezza, gli istituti esteri hanno dimostrato un alto livello di fiducia nella solidità delle istituzioni creditizie del nostro paese.
Nelle ultime settimane, la fase di riassorbimento della crisi che lo scorso agosto ha scosso i mercati finanziari internazionali si è interrotta. Dubbi circa l’affidabilità dei bilanci di Merrill Lynch e la diffusione di analisi di Goldman Sachs in base alle quali Citigroup , rischia di dover svalutare fino a 15 miliardi di dollari di finanziamenti per le perdite legate alle sofferenze sui mutui subprime e ai relativi crediti cartolarizzati, hanno determinato una nuova ondata di sfiducia, prontamente segnalata dai regressi dei principali segmenti del mercato finanziario e da forti tensioni nel comparto interbancario. (1)
Tassi interbancari: tensioni vecchie e nuove
Cruciale indicatore delle tendenze dei mercati interbancari in Usa e nell’area euro è il differenziale tra il tasso applicato sulle operazioni non garantite (l’Euribor per l’Eurozona e il Libor per gli Stati Uniti) e quello sulle operazioni garantite da titoli, cioè sui finanziamenti pronti contro termine. Osservando il grafico 1 si vede come fino alla fine dello scorso luglio lo spread, che misura il premio per il rischio richiesto nel comparto, si sia attestato intorno ai 13 punti base nell’area euro e ai 20 punti base negli Usa. In seguito alla crisi dei subprime esso ha toccato i 120 punti base negli Usa (intorno alla metà di agosto) e gli 80 punti base nell’Eurozona (nei primi giorni di ottobre).
Dopo questa fase estremamente “acuta”, il premio per il rischio sui mercati interbancari statunitensi ed europei è progressivamente diminuito, restando comunque su livelli ben più elevati di quelli osservati in passato. Gli eventi più recenti hanno prodotto una inversione della tendenza al miglioramento, tal che nel giro di pochi giorni si è registrato un nuovo aumento: di oltre 50 punti base negli Usa e di quasi 10 nell’Eurozona.
Le banche italiane
L’evoluzione dei tassi interbancari ha avuto importanti risvolti negativi su diverse istituzioni bancarie internazionali. Esempio lampante – e per molti e diversi motivi “caso” destinato a entrare nei libri di testo di economia monetaria – è la crisi di liquidità che ha colpito l’inglese Northern Rock. (2)
Più in generale si è assistito a una plastica estrinsecazione del lemon’s principle, cioè a dire – lo ha ben ricordato Charles Wyplosz (3) – che in un contesto di informazioni asimmetriche, molte istituzioni finanziarie, sulla base del timore che la controparte potesse risultare coinvolta in operazioni connesse con il mercato dei subprime, hanno drasticamente ridotto la disponibilità a finanziarsi vicendevolmente. Problemi di fiducia, dunque. Ma come ne sono uscite le banche italiane? Per rispondere a questa domanda utili indicazioni si possono trarre da quanto avvenuto durante il periodo compreso tra il 9 agosto e il 30 settembre, cioè all’apice della crisi, rispetto al lasso di tempo precedente, sull’e-Mid, il mercato elettronico dei depositi interbancari che complessivamente intermedia il 17 per cento delle transazioni in depositi nell’intera area euro.
Tabella 1
Nella tabella 1 si possono osservare le variazioni percentuali dei finanziamenti overnight, mediamente intermediati in un giorno, rilevate sul mercato e-Mid tra il periodo antecedente e quello successivo alla crisi di liquidità. (4)
Si nota che le banche italiane di dimensione medio-piccola non hanno sofferto di una restrizione dei flussi di finanziamento, anzi sono state in grado di accrescere il loro approvvigionamento, ottenendo risorse finanziarie sia da banche italiane di eguale o maggiore dimensione, sia da banche estere. Il saldo netto complessivo è stato pari a oltre 2,6 miliardi: 2,5 miliardi di maggiori sottoscrizioni e 160 milioni di minori erogazioni. Per quanto riguarda gli istituti bancari italiani di grandi dimensioni, si osserva una crescita dei finanziamenti ricevuti dalle banche estere di eguale grandezza (saldo positivo per circa 500 milioni), che ha sostanzialmente compensato la riduzione dei flussi provenienti dalla restante tipologia di banche. Se i finanziamenti verso l’Italia non si sono interrotti al momento della crisi di liquidità, ma sono anzi generalmente cresciuti, le banche italiane, sia grandi che medio-piccole, hanno invece ridotto in misura consistente l’assunzione di rischi verso l’estero: il saldo complessivo delle banche estere è stato negativo per 2,6 miliardi.
In definitiva, le banche italiane sembrano aver affrontato in maniera più che soddisfacente la crisi di liquidità che sui mercati internazionali ha mietuto diverse vittime, anche illustri. In un contesto di estrema incertezza, le banche estere hanno mostrato di avere un alto livello di fiducia sulla solidità delle istituzioni creditizie italiane.
(1) Per una rassegna degli eventi e delle cause della crisi si veda “La crisi nata dai Subprime”.
(2) Si veda al riguardo Jean Pisani-Ferry, “La settimana di fuoco delle banche”.
(3)Charles Wyplosz, “Subprime crisis: Second-best solutions”.
(4) In termini di grandezze assolute si è passati complessivamente dai 23,4 ai 17,2 miliardi medi giornalieri.
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