Che non si possano separare in vitro la politica e la gestione della sanità è riflessione condivisa da quasi tutti gli interventi, sebbene sia molto differente la valutazione che ne deriva: per taluni dei commentatori è una commistione comunque dannosa, per altri è tale solo laddove la politica è una cattiva politica. La necessità che mi pare significativo mettere in luce nel dibattito attuale è un
chiarimento sulle forme e sulle quote di responsabilità che spettano, appunto, alla politica e alla gestione. Pochi brevi esempi possono essere utili per illustrare il continuum tra decisione politica e decisione gestionale:
1) organizzare il servizio sanitario di una regione attorno ad un forte baricentro pubblico vs un’organizzazione che apre al massimo grado ai privati è una scelta prettamente politica;
2) la recente decisione della Regione Veneto di rendere facoltativi alcuni vaccini deve spettare anch’essa alla politica, sebbene sulla base di evidenze fornite dal mondo scientifico;
3) la scelta sull’organizzazione logistico – territoriale di una azienda sanitaria spetta al suo management, avendo presente gli indirizzi regionali in materia;
4) la scelta sullo sviluppo del personale interno a un’azienda o sugli acquisti di fattori produttivi e tecnologie spetta al management, semmai ascoltati i suoi tecnici di settore.
La valutazione di questi quattro comportamenti cambia in base al coinvolgimento della politica nella decisione. È importante che questa distinzione sia netta, perché solo se la politica non si occupa della gestione (i punti 3 e 4) è legittimata a valutarla e ad assumere comportamenti conseguenti; quando la politica invade il campo della gestione, la valutazione diventa difficile, opaca. L’esempio è proprio quella del medico, capace ma vicino all’assessore: più capace o più vicino all’assessore? Difficile giudicarlo.
Certo rimangono aree di decisioni intermedie e condivise (il punto 2) e mai sarà possibile separare totalmente i due ambiti. Ma operare un chiarimento sul lato della gestione è materialmente possibile e opportuno.
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Lorenzo Terranova
Uno dei (tanti) punti della relazione fra sanità e politica riguarda il ruolo svolto dalla politica. Non mi scandalizzo tanto che il manager sia politicamente vicino allAssessore (non capisco quale differenza ci sia fra un azionista di maggioranza di unazienda che nomina il proprio amministratore delegato e una giunta regionale che nomina un direttore generale di ASL o AO) quanto che la scelta del manager non sia fatta valorizzando il profilo professionale del candidato; scegliendo un manager di scarsa qualità si ha una volontà della politica di svolgere funzioni di gestione e non solo di indirizzo. La riforma della Bindi aveva la debolezza di non rendere esplicito il criterio della competenza nella scelta del direttore generale, mentre il DdL del Ministro Turco valorizza il profilo professionale. Va approfondito e puntualizzato il percorso attraverso si sceglie e si valuta il direttore dellAzienda, mutuando tecniche già ben note. Ciò significa associare un processo continuo di sviluppo e di valutazione degli skill tecnici, delle capacità gestionali e di leadership dei candidati per la direzione delle ASL/AO. Credo che questa sia la vera sfida nei prossimi anni per il SSN.