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MA IL SORPASSO C’E’

Non ha molto senso angosciarsi per il sorpasso spagnolo quando il vero problema è la tendenza di lungo periodo. E questa mostra chiaramente che il reddito italiano pro capite a parità di potere d’acquisto è costantemente calato nell’ultimo decennio. Sicuramente le cause saranno svariate e complesse, ma investire di più e meglio nell’istruzione potrebbe davvero fare la differenza nel prossimo futuro. Anche perché la Grecia partendo dallo stesso livello dell’Italia, ha adesso una popolazione con circa il 30 per cento in più di anni di scolarizzazione.

Nelle ultime settimane è tornato in auge il tormentone del sorpasso, sfortunatamente non quello dell’Italia sulla Gran Bretagna, ma della Spagna sull’Italia. Il dibattito si è riacceso dopo le affermazioni di Zapatero prontamente negate da Prodi. I giornali si sono concentrati sul confronto Italia – Spagna, ma in realtà è in corso anche un προσπεραση. (1)

QUAL È IL PIL DA CONSIDERARE

Prima di tutto bisogna chiarire i parametri da considerare. In termini di Pil totale, non c’è stato alcun sorpasso: nel 2007 il Pil della Spagna era ancora soltanto due terzi di quello dell’Italia. Ma quello che importa al cittadino italiano è come vive e di quanto potere d’acquisto dispone, non il totale nazionale. Bisogna dunque guardare al Pil pro capite. Con questo parametro le distanze si accorciano, ma con l’Italia ancora al di sopra della media comunitaria (105 per cento) e davanti a Spagna e Grecia (che restano al di sotto).
Tuttavia, per avere un’idea più precisa del vero potere d’acquisto del prodotto nazionale bisogna tenere conto del fatto che il potere d’acquisto di un euro cambia da paese a paese. In Italia i prezzi sono, in media, più elevati che in Spagna e Grecia. Gli economisti hanno pertanto sviluppato il concetto del Pil a “parità di potere d’acquisto” (Ppp) che indica la quantità di beni e servizi che si possono comprare con il Pil prodotto nel paese. Questo indicatore permette in sostanza un confronto tra paesi del tenore di vita reale.
Cosa dicono i dati? Esistono molti modi di misurare il livello dei prezzi e pertanto di calcolare il Pil pro capite a parità di potere d’acquisto. Tutte le quattro grandi istituzioni finanziarie internazionali pubblicano serie storiche su questo dato. La tabella in basso riassume i dati della Banca mondiale, del Fondo monetario internazionale, della Commissione europea e dell’Ocse.

Tabella 1: Pil pro capite a parità di potere d’acquisto

Il quadro non è uniforme, ma la tendenza prevalente è chiara. Soltanto per la Banca mondiale l’Italia è ancora davanti a Spagna e Grecia. Secondo le altre tre fonti, l’Italia è stata sorpassata o dalla Spagna o dalla Grecia (o da entrambe). Tuttavia, per i dati della Banca mondiale bisogna tener conto del fatto che si riferiscono al 2005. Negli ultimi due anni, sia Spagna che Grecia sono cresciute più dell’Italia ed è dunque molto probabile che il giudizio sarà uniforme quando anche le stime per il 2007 della Banca mondiale saranno rese note.
Gli ultimi dati hanno fatto notizia, ma quello che importa è la tendenza di lungo periodo, e non il valore di un anno. E, purtroppo, uno sguardo rapido alle statistiche europee mostra subito una tendenza negativa: il reddito italiano pro capite a parità di potere d’acquisto è costantemente calato nell’ultimo decennio, passando dal 105 per cento (nel 1995) al 93 per cento (2007) della media dell’Euroarea. La tendenza negativa costituisce il vero problema dell’Italia. Tendenza per altro confermata, e senza appello, da tutte le banche dati: l’Italia ha perso terreno e quasi sempre a due cifre, nell’arco di sette anni.

Tabella 2: Pil della Spagna e della Grecia come percentuale del Pil italiano

Fonte: Fondo monetario internationale, Commissione europea, Ocse.

IL RUOLO DELL’ISTRUZIONE

Un declino relativo cosi rapido avrà molte cause. Di sicuro, una di queste è l’istruzione.
Il presidente Prodi ha affermato recentemente che “la scuola è sacra”. Ma le cifre, di nuovo, parlano chiaro: anche da questo punto di vista l’Italia è in calo. I due grafici qui sotto mostrano prima una misura del capitale umano (numero medio di anni di scolarizzazione), e poi una misura del potenziale per la ricerca e l’innovazione (la percentuale della popolazione in età di lavoro che ha conseguito un titolo post-secondario).
Dal primo grafico si evince il “sorpasso” della Spagna, che partiva con una popolazione che aveva soltanto il 60 per cento degli anni di istruzione di quella italiana. Colpisce ancora di più il dato della Grecia che, partendo dallo stesso livello dell’Italia, ha adesso una popolazione con circa il 30 per cento in più in termini di anni di scolarizzazione.

Neanche per quanto riguarda la percentuale della forza lavoro con istruzione post-secondaria, i dati sono confortanti: nell’arco di quarant’anni si passa da 0,5 a 5 per cento per l’Italia e da 1,5 a 5 per cento per la Spagna. Di nuovo, è il προσπεραση a a colpire: la Grecia parte dallo stesso livello dell’Italia e raggiunge (quasi) nel 2000 la Germania, paese di riferimento in questo campo.

Per concludere, non ha molto senso angosciarsi per il sorpasso spagnolo quando il vero problema è la tendenza di lungo periodo. Sicuramente le cause saranno svariate e complesse, ma investire di più e meglio nell’istruzione potrebbe davvero fare la differenza nei prossimi decenni. 

(1)“ Prosperasi”, ovvero “sorpasso” in greco.

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LE RAGIONI DI UNA MOSSA A SORPRESA

15 commenti

  1. Luca Cifoni

    Pienamente d’accordo: quel che conta è la tendenza di lungo (o già medio) periodo, che vede la Spagna passarci avanti inesorabilmente. Tuttavia, volendo un po’ pignoleggiare sul sorpasso 2006, si può notare una piccola stranezza: Eurostat ha usato una conversione PPP tra Italia e Spagna uguale a quella di alcuni anni fa: laddove se il livello dei prezzi resta più alto da noi, il fatto che la Spagna abbia da tempo un più elevato tasso di inflazione, avrebbe dovuto portare ad un relativo aggiustamento.

  2. Pablo Da Pietrasanta

    Che problema c’è? Avra’ avuto le sue buone ragioni per sorpassarci….non credo ci vorrà molto….visto le politiche economiche che il nostro bel paese intende proseguire….preoccupiamoci piuttosto della nostra salute…..IL nostro cancro è la nostra incompetente classe politica.

  3. Stefano Lalatta

    Leggendo questi semplici ma chiarissimi dati, fa ancora più impressione la leggerezza e l’arroganza con cui Prodi ha liquidato la vicenda "sorpasso". La questione è oramai chiara a molti: con il nostro tasso e livello di scolarizzazzione, i nostri ragazzi avranno ben poche possibilità di competere nel futuro. Di questo nessuno se ne occupa. Meglio parlare di legge elettorale e di giudici "deviati"…

  4. Valerio Poti

    Concordo con la disgnosi e con la "cura" ma suggerirei di non enfatizzare solo alla quantità di anni di scolarizzazione ma anche alla loro qualita’, per non rafforzare l’equivoco che e’ solo una questione di maggiori risorse da spendere nell’istruzione. Sul terreno della qualita’, purtroppo, probabilmente il confronto diventa ancora piu’ drammatico, specialmente dalla fine degli anni 80 in qua, cioe’ da quando e’ cominciato il declino dei licei, ma ci vorrebbero dati storici comparabili a quelli prodotti di recente dall’OCSE per capire meglio le dinamiche evolutive. A livello di studi universitari, a costo di complicare il quadro, il problema e’ forse la grande disparita’ tra alcuni istituti eccellenti (una chicca: la meta’ di coloro che conseguono l’agognato Certificate of Financial Analyst in Irlanda sono espatriati Italiani, soprattutto Bocconiani ma non solo, indice che qualcosa di buono qualche facoltaànostrana la insegna) e MOLTI meno che mediocri.

  5. Simone

    E’ indubbio che l’italia economica e’ spaccata in due: il centro-nord ed il sud. Sarebbe possibile vedere il Pil equivalente delle due italia messo a confronto con quello degli altri paesi?

  6. Giuseppe Cangini

    L’accordo è scontato; non solo nei numeri, ma di evidenza quotidiana. La radice ultima mi sembra che anche in questo caso vada ricercata, però, nel cinismo e nell’apatia, con i quali la ns/ società reagisce al problema. Il non aver osservato reale reattività dei decisori per lunghi anni, fa ritenere la deriva ineluttabile. La sostanziale mancanza di commenti al discorso di fine 2007 del Signor Presidente della Repubblica, di per sè quasi eversivo (in una società ordinata), ne è la prova più lampante.

  7. gianluca

    Alle volte "noi" economisti ci facciamo trasportare parecchio dall’obiettività degli indicatori, che poi tanto obiettiva non è se allarghiamo la lente. Ahinoi!, la Spagna ha da sempre avuto un passo più interessante di quello italiano. Più sensuale, più attrattivo. E ciò non per i monumenti o per le donne, ma piuttosto per la tranquillità e il coraggio insito nel percorso culturale di ogni singolo individuo. Piango perchè, quando racconto della nostra condizione a qualche amico spagnolo, stentano a crederci e mi prendono in giro pensando che io non usi bene le parole.

  8. Stefania Mercuri-Schürmann

    Mi piacerebbe sapere quanto contano gli aiuti dell’UE in questo sorpasso della Spagna e della Grecia nei confronti dell’Italia. Entrambi i paesi, al contrario dell’Italia, ricevono dall’UE più soldi di quanto ne versino nelle casse comuni. Può essere anche questo un fattore determinante?

  9. Luigi Scorca

    Penso che siano varie le cause che hanno determinato una stagnazione del Pil pro capite Ppp italiano: se è vero che nel nostro Paese non è compresa pienamente la necessità di coltivare il capitale umano, l’ Italia sconta una miope politica economica che non ha saputo creare competizione tra gli attori economici. Le privatizzazioni dei monopoli nazionali non sono state accompagnate da efficaci politiche di regolamentazione: la permanenza di barriere all’ ingresso, il mancato controllo sul raggiungimento degli standard di servizio e la timidezza con cui si procede nella separazione delle reti, ha portato alla trasformazione dei monopoli pubblici in meri monopoli privati. Altri paesi invece, tra cui la Spagna, hanno agito dapprima privatizzando le società, poi permettendo l’entrata di nuovi concorrenti in un mercato liberalizzato. Di conseguenza, mentre effettive regolamentazioni in altri paesi hanno portato ad una diminuzione dei prezzi dei servizi, e quindi ad un maggiore potere d’acquisto, l’ Italia continua ad avere i prezzi più alti nella UE: questo è sia una importante causa dell’ indebolimento del potere d’acquisto, che un freno alla crescita dell’intero sistema-paese.

  10. maurizio carra

    Sono solo in parte d’accordo sul contenuto dell’articolo "Ma il sorpasso c’è" in quanto, a mio avviso, gli autori hanno trascurato un fattore molto importante nella determinazione del Pil "reale": l’economia sommersa che da noi pesa un terzo del Pil. E’ chiaro che nel conteggio va inserito solo il differenziale in quanto anche gli altri paesi soffrono dello stesso male, ma, in misura più moderata. A voi le conclusioni. Grazie e complimenti

  11. Giuseppe P.

    Ottimo articolo. Vorrei far notare che in Italia la condizione dei giovani è particolarmente preoccupante. Un mercato del lavoro che punisce sul piano dei salari (invece di premiare e ricompensare) quanti sono "flessibili", per scelta o per necessità. Uno stato sociale praticamente assente nell’aiuto dei giovani fa sì che noi graviamo interamente sulle spalle delle famiglie. I nostri genitori, alla nostra età, stavano meglio di noi. Se non fosse per il sostegno delle nostre famiglie, noi vivremmo al di sotto della soglia di povertà, pur lavorando duro.

  12. Gino Vipiccone

    Vi metto al corrente che in Spagna la festa e’ finita. Anche Trichet qualche giorno fa ha detto che "E’ difficile da credere la crescita spagnola", aggiungendo che comunque si basa sull’immigrazione non qualificata a bassissima produttività. Aggiungo che l’economia spagnola si basa sulla costruzione di enormi edifici di dieci piani (urbanizzazioni), nelle quali vanno ad abitare gli spagnoli che si spostano dai vecchi quartieri che vanno via via occupando gli immigrati che si sono stabiliti qui per costruire, appunto, le case nelle quali andranno ad abitare gli spagnoli che si spostano. Cioè in Spagna si e’ continuato a fare ciò che già si fece (in tutta Europa) negli anni ’60 e ’70. Questa è l’economia spagnola. Ma siamo alla fine e con l’avanzo di bilancio di questi anni i politici (chiunque vinca) dovranno spendere il denaro pubblico affinché la gente possa mantenere un livello di vita "europeo" che ormai dà per scontato. L’Italia di Craxi e della razzia delle casse pubbliche

  13. Fabrizio

    I dati economici italiani non sono sottostimati? La forte presenza di una economia sommersa nasconde parte del PIL e potere di acquisto reale. I dati in discussione insieme ad altre valutazioni segnalano comunque un declino rispetto agli altri paesi europei. E’ vero che la Spagna ha puntato molto sull’edilizia, ma anche sulle infrastrutture e sull’istruzione come investimento per il futuro. L’Italia, nello stesso periodo, ha concluso qualcosa in questi settori?

  14. gilda pisani

    Frequento regolarmente la Spagna da oltre 10 anni, e la questione del sorpasso analizzata tramite gli indicatori economici mi sembra, sia detto senza offesa, risibile. In Spagna ai colorati e affollatissimi banchi dei mercati si chiede chi è l’ultimo -come dal medico!- e nessuno tenta di fare il furbo. Mia figlia, che abita nell’hinterland di Barcellona, trova ogni 15 giorni nella buca delle lettere un giornalino del Comune, molto ben fatto, nel quale si dà conto delle attività svolte, dei progetti anche più insignificanti (come il cambio della segnaletica in strade secondarie), e -udite udite- dello stato di avanzamento dei progetti più significativi portati avanti dall’amministrazione. Alle strisce pedonali le auto si bloccano senza eccezioni e giuro che in 10 anni non ho mai visto arrivare un treno in ritardo. Ricordate poi un certo Aznar, che ha perso le elezioni a cui era superfavorito per una plateale e cinica bugia detta pochi giorni prima del voto? Ultimo piccolo appunto: quando si accorgono che è italiana, tutti, ma dico tutti, le chiedono com’è possibile che l’Italia sia caduta nelle mani di un uomo che lì ancora ricordano per aver portato in Spagna ‘Colpo Grosso’

  15. David

    La crescita italiana è al palo da molti anni, lo sappiamo e lo viviamo sulla nostra pelle quotidianamente. Questo articolo evidenzia chiaramente la penosa tendenza anche nei confronti di paesi come la Grecia e la Spagna che fino a pochi anni fa mai avremmo pensato ci potessero insidiare. La mia perplessità è sul livello di scolarizzazione, secondo me non basta studiare di più per aver un paese più forte. Spero di non essere frainteso perchè considero anche io la cultura un elemento di valore per tutta la società. Credo che non basti solo scolarizzare un paese, ma soprattutto far capire alla classe imprenditoriale che utilizzando al meglio le proprie risorse si possono ottenere risultati di gran lunga migliori di quelli attuali. Far capire che l’investimento in formazione, ricerca e sviluppo sono le chiavi per il successo in tutti i campi. Università e Imprese devono muoversi di pari passo, non è possibile dare la laurea a troppe persone che poi andranno a fare lavori dove basta la terza media. Se i nostri laureati finiscono a lavorare nei call center che futuro abbiamo come paese?

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