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LE RAGIONI DI UNA MOSSA A SORPRESA

L’intervento di ieri del Fomc è un caso emblematico di politica monetaria ben giustificata dai risultati della ricerca empirica. Nel breve periodo una limitazione delle fluttuazioni del mercato azionario americano riduce la probabilità di entrare in una fase di alta volatilità, con fenomeni di panico irrazionale. Nel lungo periodo la diminuzione del premio al rischio può compensare una riduzione attesa della crescita dei dividendi futuri generata dal potenziale rallentamento dell’economia e stabilizzare così il mercato.Bernanke lo aveva già spiegato nel 2003.

Alle 14.20 (ora italiana) di ieri il Federal Open Market Committee (Fomc) ha approvato una riduzione del 75 per cento del tasso di riferimento per la politica monetaria, il Federal Fund Target, dal 4,25 per cento al 3,5 per cento, allo stesso tempo anche il tasso di sconto è stato ridotto dello stesso ammontare e fissato al 4 per cento.

MANOVRA INUSUALE

La manovra è inusuale sia per la tempistica sia per le dimensioni. Infatti il Federal Fund Target viene normalmente fissato nei meeting del Fomc che sono programmati con un calendario noto con un orizzonte di un anno (http://www.federalreserve.gov/monetarypolicy/fomc.htm#calendars) e il tasso viene normalmente cambiato con movimenti piccoli, di 25 punti base. Nessun incontro era previsto per ieri e sulla base delle indicazioni del Federal Fund Future a 30 giorni (www.cbot.com) i mercati si aspettavano un taglio di 25 punti base in occasione del prossimo meeting del Fomc in programma per il 29 e 30 gennaio 2008. Credo che le ragioni di questa mossa a sorpresa non vadano ricercate nei modelli di equilibrio generale di stile neo-keynesiano, che non hanno ancora raggiunto il grado di complicazione necessario per integrare le fluttuazioni dei mercati finanziari con le fluttuazioni macroeconomiche, soprattutto per quanto riguarda la rilevanza del premio per il rischio, ossia del rendimento in eccesso rispetto al tasso di politica monetaria (risk-free) richiesto dai mercati per detenere attività rischiose. Credo invece che le ragioni di questa mossa vadano ricercate in un modello di equilibrio parziale mirato a valutare empiricamente le relazioni tra politica monetaria e mercato azionario.

IL MODELLO DI BERNANKE

Tale modello è descritto in maniera molto lucida e chiara in un intervento del professor Ben Bernanke alla London School of Economics il 9 ottobre 2003 (http://www.federalreserve.gov/BoardDocs/Speeches/2003/20031002/ ).
Nel discorso, Bernanke riporta i risultati di ricerche condotte da Kenneth Kuttner assieme a un coautore in cui si affrontano due questioni. La prima è qual è l’effetto di mosse di politica monetaria sui mercati azionari, la seconda è quali sono le ragioni di questo effetto.
La risposta empirica alla prima domanda è basata sulla costruzione di un indice della politica monetaria non anticipata basato sulla differenza tra il Federal Fund rate atteso dai mercati (cioè quello basato sul Federal Fund Future) e il Federal Fund rate effettivamente realizzato nei giorni in cui il Fomc si è riunito per prendere decisioni. Il risultato è che in media un taglio a sorpresa dei tassi di interesse da parte della Fed di 25 punti base genera un rialzo dei mercati azionari tra 0,75 e 1,5 punti percentuali. Sulla base di queste stime possiamo avanzare la congettura che, se non avessimo visto il taglio di ieri, inatteso per mezzo punto percentuale, la borsa americana sarebbe scesa tra un 1,5 e un 3 per cento in più del meno uno per cento effettivamente registrato.
La risposta alla seconda domanda è basata su un modello di equilibrio parziale che identifica tre determinanti del valore delle azioni: il flusso di dividendi futuro, i tassi di interesse risk-free futuri e la rischiosità percepita dell’investimento azionario (il risk-premium). Il valore di equilibrio del mercato azionario riflette il flusso di dividendi futuri scontato a tassi che esprimono le aspettative per il risk-free e il premio al rischio. Kuttner e il suo coautore trovano che la politica monetaria influenza il mercato azionario non tanto attraverso un impatto sui dividendi attesi o sul risk-free rate, ma piuttosto influenzando la rischiosità percepita dell’investimento azionario.
Alla luce di questa evidenza, la mossa di ieri può essere interpretata attraverso gli effetti di breve periodo e degli effetti di lungo periodo. Nel breve periodo una limitazione delle fluttuazioni del mercato azionario americano riduce la probabilità di entrare in una fase di alta volatilità, dove fenomeni di panico irrazionale prendono il sopravvento (cosa sarebbe successo ieri se gli indici americani avessero perso il quattro per cento anziché un ordinario uno per cento?). Nel lungo periodo la riduzione del premio al rischio può compensare una riduzione attesa della crescita dei dividendi futuri che il potenziale rallentamento dell’economia genererebbe e stabilizzare così le fluttuazioni del mercato.
Ritengo l’intervento di ieri un caso emblematico di politica monetaria ben giustificata dai risultati della ricerca empirica.

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LA RISPOSTA AI COMMENTI

12 commenti

  1. NC

    Una volta i Bocconi ci insegnavate che i risultati di una corretta politica monetaria si valutano nel medio/lungo periodo.

    Oggi scopro che mezza giornata di trading porta un esimio professore a ritenere che “l’intervento di ieri un caso emblematico di politica monetaria ben giustificata dai risultati della ricerca empirica.”.

    A parte l’assurdita’ della frase come pure quella della congettura sul 3% in meno rispetto all’1% di ieri vorrei farLe notare che oggi la borsa e’ giu’ del 3% e quell’intervento “empirico” si e’ perso nellla volatilita’ di un mercato che Bernanke continua a non capirlo.

    Per il FOMC del 31 meta’ mercato si aspetta un taglio di 50bps, l’altra meta’ un taglio di 75bps: aspettiamo di vedere come va il mercato il giorno prima e sapremo quale sara’ la decisione del buon Ben.

    Viva la macroeconomia

    • La redazione

      Il punto del mio articolo era illustrare come l’intervento della FED fosse in sintonia con i risultati empirici di una lavoro accademico. Non ho espresso alcuna valutazione sull’opportunità dell’intervento. Non ho mai insegnato che gli effetti di i risultati di una corretta politica monetaria si valutano nel medio/lungo periodo. Se uno studente di primo anno mi scrivesse una cosa simile in un esame, non arriverebbe alla sufficienza.

  2. Paolo

    Gentile Professore, non credo che Bernanke abbia agito sulla base della ricerca empirica…di un trader di Societe Generale che ha da solo causato il crollo in Europa. Spero cha alla luce di questo lei possa elegantemente rivedere la propria posizione.

  3. Fabio

    Interessante e lucido il suo commento. Nel farle i complimenti le chiedo qualche sforzo in più e di essere coraggioso. Prenda una posizione di policy sulla decisione piuttosto che fare da feed sull’articolo scientifico di Bernanke.
    Ha fatto bene Bernanke a tagliare i tassi di 75 pb fuori dal meeting? Sono corretti i 75 pb? E’ corretto il timing? Dal suo articolo (non quello di Bernanke) uno potrebbe essere tratto in inganno e pensare che visto che la politica monetaria (non anticipata) influenza il premio al rischio, la Fed debba agire per contenerne l’effetto negativo sui mercati azionari. La riduzione del premio al rischio ha effetti di breve e di lungo periodo, agendo positivamente sulla volatilità (contenendola nel breve) e nel lungo periodo (compensando l’effetto del rallentamento dell’economia sui corsi azionari). Dovrebbe la banca centrale fare targeting anche sui mercati azionari? Non crea ciò eccessiva volatilità, quella stessa volatilità che si cerca di contenere? Il premio al rischio non è diminuito ma cresciuto. Basta dare un’occhiata ai vari indici VIX o CDS. I modelli di equilibrio parziale non rischiano di essere sempre specificati male?

  4. OS

    Come il precedente lettore, anche io ho sofferto negli anni passati alla Bocconi studiando economia monetaria… E come il precedente lettore anche io sono perplesso dall’intervento del Prof. Favero. Il messaggio sembra (quasi) essere che le banche centrali debbano concentrarsi sul breve periodo e “contenere” ogni tipo di aggiustamento, quale quello dei mercati di borsa. Poco importa se questo poi causa l’ingigantirsi di bolle come quella attuale nel mercato delle case USA (ricorderi in questa sede che l’attuale e’ bolla nata a seguito di quella dell’ICT a causa, in parte, di una politica monetaria troppo rilassata da parte della FED)… Seppur non mi dedichi piu’ all’economia monetaria (sono passato all’economia del lavoro, micro), ho discusso l’argomento con colleghi ‘monetari’ (alla LSE dove ora mi trovo) e amici che lavorano alla Bank of England (istituzione abbastanza rispettabile). Abbiamo tutti concluso che gli obiettivi di una banca centrale sono la stabilita’ di medio-lungo periodo dei prezzi. Mmmm… Perche’ il Prof. Favero non darebbe la sufficienza ad uno studente che scrivesse questa semplice verita’ in un esame?

  5. Alessio

    E la consistenza temporale della politica monetaria? Va bene, assumiamo che l’altro giorno la mossa a sorpresa della FED abbia evitato che le borse continuassero a cadere in picchiata. Per quanto tempo? Una settimana? Due? E poi? I mercati azionari probabilmente rinizieranno a cadere e allora cosa si fa? Soprattutto, a quel punto cosa si devono aspettare gli investitori razionali? Un altro taglio di 75 punti del tasso di riferimento? Non credo, altrimenti andiamo a tassi reali negativi. In ogni caso l’inflazione continuerá a salire dato che abbiamo abbassato i tassi. A quel punto avremo probabilmente alta inflazione e bassa crescita. E le borse in queste condizioni dovrebbero riprendersi? Mi sembra che la mossa abbia il solo effetto di confondere le aspettative razionali degli investitori, il che, per il sistema economico non é mai un bene. Lei scrive "L’intervento di ieri del Fomc è un caso emblematico di politica monetaria ben giustificata dai risultati della ricerca empirica." Anche la curva di Phillips sembra una relazione robusta ma questo non indica che si debba usare la politica monetaria per ridurre la disoccupazione.

  6. DF

    Da ex-studente di economia monetaria e oggi operatore sui mercati finanziari confesso anch’io la mia perplessita’ nel leggere l’intervento del prof. Favero. E’ evidente che nel breve l’impatto sui corsi azionari di un taglio dei tassi non e’ dovuto ad un riaggiustamento del "fair value", quanto piuttosto ad una istantanea riduzione del rischio percepito dal mercato. Il punto e’ pero’ un altro: rimango dell’idea che compito di una buona politica monetaria sia ridurre la volatilita’ di reddito e prezzi, lasciando che siano i mercati finanziari ad occuparsi di trovare nuovi equilibri per i prezzi delle attivita’. In caso contrario se si assume che la funzione di reazione della bc debba in qualche modo tenere conto delle fluttuazioni del nasdaq, si finisce con aumentare l’incertezza e si ammette che la politica monetaria abbia un qualche ruolo nel correggere le bolle speculative, proprio cio’ che bernanke nel suo articolo nega di voler fare.

  7. Doctor HOUSE

    Ho letto il discorso di Bernanke del 2 Ottobre 2003, nel quale ho trovato (alla fine) dei riferimenti ai lavori empirici di Lettau & Ludvigson, che hanno tentano di cogliere empiricamente il legame (di lungo periodo) tra ricchezza, consumo e reddito da lavoro in USA.
    Allora: in un contesto nel quale i partecipanti al “mercato finanziario” sono inondati tutti i giorni di notizie di diminuzione della ricchezza percepita dalle famiglie americane alla luce della deflazione dei prezzi degli immobili,
    una contrazione anke dei corsi azionari avrebbe effetti ulteriormente negativi sulla propensione al consumo; … senza considerare la possibilità concreta che i redditi da lavoro NON si mantengano inprogressione.
    Conclusione: all’inizio della scorsa settimana, la mossa a sorpresa della FED potrebbe essere giustificata nel tentativo di sostenere una delle due determinanti della HOSUEHOLD WEALTH americana, e cioè lo stock market…

  8. Valerio Poti

    La spiegazione della mossa del FOMC e’ plausibile. In effetti la correlazione tra premi al rischio impliciti nelle quotazioni del mercato azionarie (prezzo/earnings attesi da analisti-TBill rate) e tassi a breve e’ impressionante, il che spiega anche la correlazione negativa tra volatilita’ dei tassi monetari e volatilita’ del mercato azionario. Ma non c’e il rischio che con questo comportamente il FOMC generi l’aspettativa di un taglio dei tassi ad ogni accenno di turbolenza finanziaria? Come spiega l’articolo, e’ il taglio inatteso che influenza il premio a rischio. Il pericolo quindi e’ che siano necessari tagli sempre piu’ robusti per sostenere i corsi azionari. Ma il tasso sui Fed fund, come ogni altro tasso, non puo’ scendere piu’ di tanto. Banalmente, non si pu’ avere un tasso nominale negativo! I tassi reali, invece, possono essere negativi. Quindi, un pericolo ulteriore e piuttosto concreto e’ che, proseguendo su questa strada, la Fed si trovera’ prima o poi nella condizione di dover lasciare che sia l’inflazione a dare al mercato azionario lo stimolo necesario ad evitare una crisi.

  9. Z

    …senza contare il rischio che in una economia indebitata come quella americana una nuova bolla speculativa inizi a cavalcare l’onda del panico della politica monetaria (e fiscale). Mi viene qualche sospetto sull’ indipendenza della politica monetaria (e anch’io da ex studente del prof. Favero rabbrividisco..) e sono sempre più convinta della genialità dell’invenzione della BCE (meno sottoposta strutturalmente,sembrerebbe, a pressioni esterne).Questo tentativo estremo di salvataggio non pare una incongruenza con la teoria del libero mercato che ci insegnano e che esportano gli americani?

  10. PdV

    Ho letto i commenti che sono stati fatti all’articolo del professor Favero e ad essere onesti mi lasciano ancor piu’ stupefatto del commento stesso.
    1- Mera e facile speculazione pensare che l’intervento sia stato fatto unicamente per correre ai ripari al “danno” Soc.Gen. Non penso che i mercati azionari fossero in un trend crescente da inizio anno, anzi. Le previsioni di taglio dei tassi da parte della FED come gli “operatori finanziari dovrebbero sapere” sono di un tasso vicino al 2.5%. Storicamente tutti gli interventi precedenti alla data ufficiale sono stati seguiti da interventi quasi della stessa entita’ nella data del meeting ufficiale e storicamente non si ricordano molti casi Kerviel.
    2- Quanto il mercato di questo periodo sia lontano da qualsiasi modello macroeconomico e’ cosa nota, cercare di inferire dalle dinamiche intraday l’adeguatezza di una politica monetaria e’ paradossale. Gli “operatori finanziari” dovrebbero sapere che mai come in questo periodo il mercato e’ dominato dalla speculazione che fa si’ che ogni dato macroeconomico sia privo di impatto.
    3 – Secondo quale modello agisce Trichet? forse il famoso “Speriamo ci pensi Ben”…

  11. GS

    Trovo le riflessioni basate sulla ricerca empirica molto interessanti. E tuttavia persiste un dubbio. La crisi del subprime annovera fra sue le cause l’errata percezione del rischio da parte degli investitori globali. Tale percezione si è riflessa in un mispricing del rischio relativo ad alcune attività finanziarie (vedi i subprime). Mi chiedo, allora, fino a che punto, su una bilancia benefici/costi, la riduzione/manipolazione del premio a rischio indotta dalla banca centrale sia una mossa auspicabile di politica monetaria.

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