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LUCI E OMBRE DELL’AZIONE COLLETTIVA

La class action italiana è utile perché abbassa i costi di accesso alla giustizia e attenua le conseguenze sociali derivanti da perdite patrimoniali di masse di piccoli investitori. Per il suo effetto preventivo rappresenta un elemento essenziale per il buon funzionamento dei mercati finanziari. Opinabile la legittimazione ad agire riservata alle associazioni dei consumatori, mentre il percorso per arrivare al risarcimento è comunque lungo. Ma l’incognita maggiore è se la nostra giustizia sarà in grado di governare controversie così complesse e difficili.

Sicuramente è troppo presto per valutare gli effetti della class action italiana introdotta con l’ultima Finanziaria, ma navigando nella rete si trovano già i siti con le prime raccolte di adesioni per l’avvio di azioni collettive. E, così, naturale domandarsi se il nuovo istituto potrà soddisfare le esigenze di tutela dei risparmiatori emerse con forza in occasione degli ultimi grandi default, anche perché ci si è subito divisi tra chi lo giudica un’arma spuntata, e chi invece un pericoloso attentato all’integrità di imprese e mercati.

DUE FILTRI

In realtà, la class action italiana presenta luci e ombre: è utile perché abbassa i costi di accesso alla giustizia e attenua le conseguenze sociali derivanti da estese e traumatiche perdite patrimoniali di masse di piccoli investitori. Ma è utile anche per l’effetto preventivo: l’esistenza di un efficace strumento risarcitorio ha un valore di deterrenza che contribuisce a incentivare comportamenti virtuosi, e quindi rappresenta un elemento essenziale per il buon funzionamento dei mercati finanziari.
Non è un caso che negli ordinamenti più avanzati l’azione collettiva è da tempo sperimentata, e proprio la sperimentazione ha consentito di introdurre alcuni correttivi per evitare il moltiplicarsi di una patologica litigiosità a tutto vantaggio solo dei grandi studi legali.
Il nostro Parlamento ha innanzitutto introdotto un filtro giudiziario: sarà il giudice a valutare l’eventuale inammissibilità della richiesta di risarcimento, se ravvisa l’inesistenza “di un interesse collettivo suscettibile di adeguata tutela”. E non è un verifica facile: non tutti i danneggiati, infatti, possono essere considerati alla stessa stregua. Già l’ordinamento prevede diversi gradi di protezione a seconda della tipologia di investitore: chi ha la propria piccola liquidazione interamente investita in obbligazioni in default non può essere assimilato a chi possiede, invece, un ricco e diversificato portafoglio.
Il secondo filtro riguarda la legittimazione ad agire, riservata alle associazioni dei consumatori e a tutte quelle associazioni e comitati “adeguatamente rappresentativi degli interessi collettivi fatti valere”. A prescindere dalle difficoltà di valutazione del grado di rappresentatività del richiedente, la scelta del legislatore italiano è diversa da quella di altri sistemi dove non esistono preclusioni per i soggetti legittimati ad agire: perché un investitore istituzionale non può far sentire la sua “voce” anche utilizzando la tutela risarcitoria collettiva?
Il percorso per arrivare al risarcimento è comunque lungo perché il giudice si limita ad accertare i criteri di determinazione della somma da restituire e, se possibile, definisce quantomeno la somma minima da corrispondere a ciascun singolo danneggiato. Successivamente prende avvio una fase di conciliazione tra imprese e consumatori e rimane l’incognita dell’eventuale insuccesso di questa fase, che potrebbe costringere i singoli consumatori ad avviare nuove cause individuali per la liquidazione del danno.

LA SPECIALIZZAZIONE CHEMANCA

Ma l’incognita maggiore è un’altra: sarà la nostra giustizia in grado di governare controversie così complesse e difficili? Qualcuno ricorda le sconsolate parole dei giudici milanesi di fronte alla mole di costituzioni di parte civile nel processo Parmalat?
Qualche anno fa si tentò di introdurre nel nostro ordinamento giudiziario il principio della specializzazione: controversie sempre più complicate, che coinvolgono rilevanti interessi hanno bisogno di giudici particolarmente qualificati e in grado di assolvere con professionalità ai nuovi compiti, con mezzi adeguati e la necessaria assistenza organizzativa. Diffuse resistenze, interne all’avvocatura, ma anche alla magistratura, impedirono la realizzazione di quei progetti e c’è da chiedersi se abbia un senso costruire nuove procedure se poi corrono il rischio di non avere le gambe per intraprendere il loro difficile cammino.

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QUATTRO SCELTE CORAGGIOSE PER UNA SVOLTA

  1. Massimo GIANNINI

    Penso che la leggitimazione ad agire riservata alle associazioni dei consumatori é il frutto di 3 considerazioni: a) la realtà attuale, che già vede le associazioni farsi carico dei problemi legali b) sono le associazioni le pù vicine ai consumatori e possono agire da filtro e coordinamento delle azioni c) si evitano troppe iniziative di singoli che vanno ad intasare la giustizia e potrebbero creare giurisprudenze contrastanti. D’altraparte un investitore istituzionale non può far sentire la sua voce anche utilizzando la tutela risarcitoria collettiva perché potrebbe essere in conflitto d’interesse e perché non é lui il "consumatore" finale. Sbaglio o in Italia erano proprio gli investori istituzionali responsabili dei vari cracks? Il problema dell’azione collettiva in Italia saranno le procedure e la lentezza della giustizia, che renderanno il risarcimento del danno una chimera. Speriamo di no e che qualcosa si smuova con sentenze e giurisprudenze esemplari. Certo che ad esempio la depenalizzazione del falso in bilancio ad opera del governo Berlusconi non aiuterà certe azioni collettive.

  2. A.Battista

    Good idea gone bad: questa l’etichetta che la class action si é in genere meritata alla prova dei fatti, in sistemi in cui non é un organo trapiantato con rischio di rigetto, come con tutta evidenza é nel nostro ordinamento. Forse il modello di tutela anche patrimoniale dei risparmiatori poteva basarsi su un ampliato ruolo delle autorithies in materia: maggiore competenza tecnica delle suddette, maggiore considerazione degli effetti sistemici delle singole decisioni, tempi più brevi, meno incentivi distorti per gli operatori della giustizia, intervento giurisdizionale richiesto eventualmente dagli operatori per correggere interventi fuori luogo. Anche questo un modello con i suoi rischi, come tutto, ma forse più controllabili.

  3. umberto.bocus

    Così come strutturata in Italia la classa action creerà la lobby delle associazioni dei consumatori, le quali, dalla loro creazione, poco hanno portato alla generalità del popolo!

  4. Luigi Mancini

    Il problema della class non esiste in Italia. In questo i governi sono assolutamente bipartisan. Per proteggere i rispettivi amici non la vuole nessuno. Quanti rimbalzi fara’ ancora il sasso sull’acqua prima di essere affondato definitivamente? Si accettano scommesse. Quelle su una qualsiasi decisione invece non sono raccolte essendo date perse in partenza.

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