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LIBERALIZZAZIONI

Le liberalizzazioni compaiono nei programmi dei diversi schieramenti in modi ovviamente assai differenziati non solo per contenuti, ma proprio per l’impostazione e il livello di approfondimento dei programmi stessi.
Gli schieramenti che menzionano il tema con maggiore ricchezza sono Udc, Pdl e soprattutto Pd. “Soprattutto” nel senso che il programma del Pd ritrovabile su internet è molto più lungo e articolato su tutti i temi. Non sembrano esserci differenze radicali: mentre Udc e Pdl parlano esplicitamente di “liberalizzazione” dei servizi pubblici, termine che per altro può significare tante cose, il Pd parla di “aumento del grado di concorrenza”. Sarà la stessa cosa? Ah, saperlo.

ITALIA DEI VALORI

Nel manifesto dell’Italia dei valori si legge “Liberalizzazione dei pubblici servizi”. Èquesto uno dei soli tre punti citati sotto il titolo “Economia”: si deve perciò pensare che lo schieramento attribuisca al tema grande importanza, ma purtroppo è difficile discutere un titolo.

SINISTRA ARCOBALENO

La Sinistra arcobaleno non menziona neppure il termine “liberalizzazione”, e questa non pare essere una dimenticanza. Ma discutere ciò che non è scritto è ancora più difficile.

UDC

L’Udc afferma esplicitamente che la gara deve essere l’unica modalità di affidamento della gestione del servizio pubblico locale.
Mentre nessun parla di privatizzazione, un termine che sembra ormai scomparso dal discorso politico nazionale, l’Udc menziona esplicitamente l’opportunità di incentivare gli “enti locali che escano dal capitale azionario delle società che gestiscono i servizi pubblici locali” e propone la “separazione della proprietà pubblica delle reti e della gestione del servizio”.
Chiede un rafforzamento del ruolo delle autorità indipendenti.

PARTITO DEMOCRATICO

Il Pd, anche nei suoi approfondimenti, non sembra volersi sbilanciare troppo. Ove non sia possibile la concorrenza, propone che chi gestisce il servizio sia identificato tramite gara.
Il Pd dedica poi particolare attenzione alla liberalizzazione del trasporto (locale e ferroviario), affermando in particolare che “le aziende di trasporto devono imparare a gestire normali relazioni industriali in un mercato aperto. Ciascuna amministrazione comunale sarà libera di scegliere le regole che preferisce, entro un campo di soluzioni diverse, ma lo Stato premierà solo quelle che scelgono il mercato”. Ovvero, pare leggersi: introduciamo la cassa integrazione anche nel settore trasporti, e premiamo le amministrazioni che, magari anche accettando di perdere qualche posto di lavoro, provano a sviluppare un sistema di trasporto locale più efficiente.
Per le banche e i costi dei loro servizi al consumatore, che sono nel mirino un po’ di tutti, il Pd menziona “forme di autoregolamentazione del settore e intese tra governo, associazioni di rappresentanza e parti sociali interessate”. Lascio al lettore riflettere sulla probabile efficacia di tali iniziative.
Il Partito democratico reclama un rafforzamento del ruolo delle autorità indipendenti, non citate invece dal Pdl. Riprendendo una proposta a suo tempo comparsa anche su lavoce.info , chiede una legge annuale sulla concorrenza, a partire dall’analisi delle indicazioni date dall’autorità antitrust. Nelle sue intenzioni, la prima dovrebbe essere rivolta a liberalizzare telefonia, trasporti, distribuzione dei carburanti, sulla scorta delle proposte del terzo pacchetto Bersani mai approvato dal Parlamento.

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POPOLO DELLA LIBERTÀ

Il Pdl, come l’Udc, usa in tema di liberalizzazioni parole forse più “forti”, ma non approfondisce.
Chiede la “liquidazione delle società pubbliche non essenziali” senza però dire quali siano, né menzionare cosa fare di imprese utili che però siano in mano pubblica.
Il Pdl punta anche sulla “portabilità dei rapporti con le banche”.

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LETTERA DALL’ALBANIA

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VERO O FALSO?*

  1. Mussari Ferdinando

    Chiedo al gentilissimo Dott. Scarpa, che cosa si intende per liberalizazioni, perchè in questo bailame di annunci liberistici si è persa l’idea del mercato. Vorrei capire meglio chi tra i due schieramenti è più liberista, ossia pensa al mercato come un oceano privo di regole in cui il più forte annienta tutti, oppure liberale cioè imposta il mercato all’interno di regole utile per la crescita competitiva di aziende e servizi. A deregolamentarizzare sono buoni tutti a far crescere in armonia il sistema è più complesso.

    • La redazione

      Caro lettore
      le classifiche non sono il mio forte. ma preciso che liberalizzare non significa abolire le regole. Le regole devono esistere e alcune regole – anche se può suonare paradossale – sono l’essenza stessa del libero mercato. "Alcune" regole… non troppe, e non regole volte a restringere la concorrenza. Questo è il punto. Quali sono le regole che aiutano il mercato e quali quelle che
      restringono la concorrenza? Il discorso possiamo affrontarlo (e cerchiamo di affrontarlo) caso per caso, ma in termini generali è complesso – forse se uno ha voglia di leggere una cosa facile ma intelligente a riguardo può guardare il libro "Il mercato" di Giuseppe Bertola. Buona lettura!
      con i migliori saluti

      carlo scarpa

  2. fiaccheraio

    La distruzione dello Stato Sociale attraverso la catastrofe delle liberalizzazioni-privatizzazioni in Italia Grazie all’analisi di seguito proposta, l’idea per cui le liberalizzazioni e le privatizzazioni portino benefici all’economia, viene totalmente confutata. Si dimostrerà che: 1 – le liberalizzazioni portano ad un aumento dei prezzi; 2 – le liberalizzazioni portano alla distruzione di posti di lavoro ed all’abbassamento degli stipendi dei lavoratori e dei fatturati delle piccole imprese; 3 – la liberalizzazione-privatizzazione dell’impresa pubblica nel periodo 1992-2000 non è stata conseguenza dell’inefficienza economica; 4 – i processi di liberalizzazione-privatizzazione non hanno minimamente migliorato la capacità produttiva italiana; 5 – le liberalizzazioni favoriscono i concentramenti di capitale in poche ricchissime mani; 6 – il rendimento finanziario delle aziende privatizzate è stato peggiore rispetto alla generalità del mercato finanziario italiano.

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