La globalizzazione genera vincitori e vinti, non solo tra i lavoratori, ma anche tra le imprese di uno stesso settore. Quali sono le caratteristiche di quelle che scelgono la delocalizzazione? Sono più grandi e più produttive. Forse perché i costi fissi dell’offshoring sono alti. Oppure è l’esposizione a una dimensione internazionale della produzione che tende a migliorare i risultati aziendali in virtù di un processo di learning by offshoring, che risulta maggiore nel caso di attività orizzontali. Anche perché non tutte le modalità di delocalizzazione sono uguali.
Unampia evidenza empirica suggerisce lesistenza di un forte legame tra la frammentazione internazionale della produzione e il successo aziendale. Se nei media il dibattito si è concentrato prevalentemente sul possibile impatto negativo della delocalizzazione produttiva (offshoring) sulla dinamica delloccupazione, un nuovo filone di ricerca si è invece soffermato sullanalisi delle imprese coinvolte in attività internazionali e sui riflessi positivi che ne sono derivati.
I TERMINI DELLA QUESTIONE
Studi recenti, riferiti a un ampio numero di paesi, mostrano che solo una piccola parte delle imprese nazionali intraprende import-export, delocalizzazione o investimenti diretti esteri e sfrutta i potenziali benefici della crescente integrazione economica. Ma i pochi attori globali finiscono per essere più grandi e produttivi dei concorrenti domestici.
La consueta distinzione tra i vincitori e i vinti della globalizzazione, tradizionalmente riferita ai lavoratori, andrebbe perciò estesa anche alle imprese: fornire un quadro dettagliato delle caratteristiche delle aziende che beneficiano dallintegrazione, appare cruciale in un momento di crescenti richieste di misure protezionistiche. (1)
Prima di tutto, però, vanno precisati i termini della questione, perché le espressioni frammentazione della produzione e internazionalizzazione si prestano a molteplici significati. Per esempio, è necessario analizzare le diverse modalità di delocalizzazione, che vanno dalloffshoring della produzione di beni intermedi (detto verticale), a quello della produzione di beni finali (detto orizzontale), dalloffshoring di stadi del processo produttivo ad alta intensità di lavoro qualificato a fasi intensive di manodopera non qualificata.
Su questo sito, Francesco Daveri e Cecilia Jona-Lasinio hanno analizzato dati settoriali italiani e hanno mostrato come loffshoring di beni intermedi sia legato alla crescita della produttività del lavoro, mentre lo stesso non vale per loffshoring di servizi.
La nostra ricerca (2) si concentra invece su un campione di imprese italiane con attività produttive allestero, distinguendo tra la dimensione verticale e orizzontale della delocalizzazione. In linea con altri studi simili, solo il 7 per cento delle aziende italiane ricorre alloff-shoring, con un fatturato pari al 12 per cento del totale. In particolare, gli attori provenienti da comparti tradizionali (per esempio, tessile, abbigliamento, pelle) tendono a essere maggiormente coinvolti in offshoring di tipo verticale, mentre gli attori provenienti da comparti high-tech (ad esempio computer, strumenti medici, ottici e di precisione) risultano per lo più orientati verso forme di offshoring di tipo orizzontale.
I VANTAGGI DI CHI DELOCALIZZA
La tabella qui sotto evidenzia premi dovuti alla delocalizzazione molto forti per le imprese coinvolte in attività orizzontali. (3) Ad esempio, il valore aggiunto per lavoratore è in media maggiore del 28 per cento per le aziende che delocalizzano la produzione di beni finali rispetto alle aziende domestiche, mentre la differenza è minima quando si confrontano queste ultime con le aziende che delocalizzano la produzione di beni intermedi. Tuttavia, le imprese che intraprendono offshoring verticale risultano generalmente più grandi, in termini di addetti e fatturato, rispetto ai competitor domestici.
Tabella: Offshoring premia – Dati relativi al 2003. Vendite, capitale per lavoratore, valore aggiunto per lavoratore e salario medio sono misurati in migliaia di euro.
Valori medi per le imprese che NON delocalizzano | Offshoring premia |
Offshoring Premia per imprese che delocalizzano la produzione di BENI FINALI |
Offshoring Premia per imprese che delocalizzano la produzione di BENI INTERMEDI |
|
Fatturato | 34,000 | 170% | 218% | 94% |
Dipendenti | 122 | 122% | 124% | 105% |
Capitale per lavoratore | 62 | 37% | 53% | 9% |
Valore aggiunto per lavoratore | 8 | 16% | 28% | 2% |
Salario medio | 32 | 5% | 9% | -2% |
Nel grafico sottostante proponiamo una misura più sofisticata della performance aziendale, la cosiddetta produttività totale dei fattori. In questo caso presentiamo il confronto tra le imprese che delocalizzano verticalmente e orizzontalmente e le imprese domestiche, non presenti in alcun modo sui mercati esteri. Queste ultime rappresentano il 23 per cento dellintera popolazione, con un fatturato pari al 13 per cento del totale.
La figura mostra landamento della produttività, stimata per le tre categorie di imprese. (4) La categoria di imprese più produttiva in media è quella col grafico spostato verso il basso. Dalle nostre stime emerge chiaramente che gli attori puramente domestici sono i meno produttivi, e che le imprese che delocalizzano la produzione di beni finali sono le più produttive.
DUE SPIEGAZIONI POSSIBILI
Come commentare questi risultati? Due spiegazioni paiono rilevanti. La prima si basa sullesistenza di costi fissi da sostenere per avviare il processo di delocalizzazione, ad esempio per la costruzione di uno stabilimento allestero o per la ricerca di un partner locale: sono particolarmente alti e possono essere sostenuti dalle imprese più produttive. Inoltre, i costi fissi associati alla delocalizzazione orizzontale tendono a essere maggiori rispetto a quelli della delocalizzazione verticale poiché comprendono specifiche attività di marketing e pubblicità dei beni finali prodotti.
La seconda spiegazione muove invece dalla considerazione che loffshoring stesso possa accrescere la produttività delle aziende che lo praticano. Lesposizione a una dimensione internazionale della produzione tenderebbe a migliorare la performance aziendale in virtù di un processo di learning by offshoring, che risulta maggiore nel caso di attività orizzontali.
Ovviamente, entrambe le spiegazioni potrebbero essere plausibili: ulteriori verifiche empiriche sono necessarie per migliorare la comprensione del fenomeno delocalizzazione e lelaborazione delle politiche a esso legate.
(1)Barroso warns on protectionist pressures, Financial Times, 2 marzo 2008.
(2)Casaburi L., Gattai V., Minerva G.A. (2008) Firms international status and heterogeneity in performance: Evidence from Italy, Fondazione Eni Enrico Mattei Working Paper No. 3.2008 disponibile sul sitohttp://www.feem.it, e in corso di pubblicazione in L. Lambertini, ed., Firms Objectives and Internal Organization in a Global Economy: Positive and Normative Analysis. Basingstoke: Palgrave Macmillan.
(3)Loffshoring premium relativo a una certa misura di performance aziendale è misurato come la differenza percentuale tra imprese che delocalizzano e imprese che non delocalizzano.
(4)Nella figura viene riportata la cosiddetta funzione di ripartizione della produttività totale dei fattori. La produttività totale dei fattori, calcolata a partire dai dati di bilancio di ciascuna impresa, è quella parte del valore aggiunto che non può essere spiegata nè dallammontare delle immobilizzazioni, nè dal numero di colletti bianchi (dirigenti e impiegati), o colletti blu (operai) impiegati.
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Stefano
È interessante seguire il modo in cui evolve la competizione tra aziende. Mi chiedo se per la gente comune si abbia questa percezione, che unazienda con grosse propensioni alla delocalizzazione, di fatto, sia più forte di unazienda più territoriale. Mi verrebbe da dire che per un cittadino comune la differenza è che lazienda locale rischia di soccombere con i propri lavoratori; laltra ha la possibilità di sopravvivere altrove. E allora che sviluppi potrà avere lindiscutibile legame tra: Azienda (offerta lavoro) -Occupazione (domanda lavoro) – Stato (Ente che regola il Mercato)?
luigi zoppoli
Interessante angolatura di analisi che impressiona un quasi profano. Conoscendo per motivi professionali le PMI italiane, sono colpto ed interessato dal “learning by offsoring” di cui mi chiedo se e come è possibile misurare le ricadute sulle aziende Italiane. Considerato che in questo articolo ed in quello correlato scritto da Daveri e Jona-Lasinio ci si occupa di produttività, sarei interessato a sapere se sul sito (a meno di mia poca attenzione) o altrove esistono studi sulle relazioni tra delocalizzazione, internalizzazione e livelli di occupazione sul mercato interno. Sono rimasto alle analisi di Paul Krugman che però sono relative agli USA.
Luigi Zoppoli
La redazione
Per quanto riguarda l’effetto dell’internalizzazione della produzione (nella forma di investimenti diretti esteri) sul mercato domestico del lavoro (in particolare sul tasso di crescita dell’occupazione a livello provinciale) si rimanda ad un Tema di discussione della Banca d’Italia a firma di uno dei tre autori http://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/econo/temidi/td07/td613_07/td613
Alessia Lo Turco
Mi domando quanto conti sula distribuzione della TFP la presenza nello stesso settore di imprese che fanno cose molto diverse. Sull’onda della recente puntata di Report il settore abbigliamento racchiude la realtà del grande marchio che vende prodotti di lusso tra gli USA e i BRICs, ma anche la realtà del piccolo terzista che il mercato (estero) finale(e anche intermedio) non lo vedrà mai. Queste due aziende producono in realtà beni diversi e probabilmente non è corretto metterle insieme per calcolare i premia delle esportatrici o delocalizzatrici. Un altro punto, in parte collegato a questo, è che l’eterogeneità tra le imprese dentro uno stesso settore potrebbe essere colta dall’inclusione degli intangible assets, es. marchio tra le determinanti del valore aggiunto: se si stima la funzione di produzione escludendo questi asset, il contributo degli stessi finisce nella TFP delle imprese che a fronte di capitale fisico contenuto hanno un capitale intangible molto elevato, questo potrebbe anche andar bene, ma la domanda è la capacità che un marchio dà di vendere ad un prezzo più elevato ciò che acquisto da un terzista a pochi euro è davvero TFP?
Alma
Quali sono gli svantaggi della delocalizzazione?