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LA RISPOSTA AI COMMENTI

Se l’intenzione è quella di rendere più competitivo il nostro paese intervenendo sul costo del lavoro, si può intervenire in modo migliore che detassando il lavoro straordinario. Con le risorse necessarie per detassare gli straordinari (o ridurre la tassazione ad un’aliquota unica del 10%, come attualmente in discussione) si possono abbassare (anche se di poco) le tasse sul lavoro a tutti i lavoratori, o ridurre l’Irap (che grava comunque sul lavoro). Sarebbe però bene che lo Stato rimanesse
neutrale sulle decisioni relative a quanto lavoro offrire, limitandosi a garantire a quei lavoratori e a quelle lavoratrici che lo desiderano la possibilità effettiva di mettersi a tempo parziale, e a coloro che lo vogliono di lavorare più a lungo, senza favorire gli uni e ostacolare gli altri.

….

Il mio articolo ha suscitato commenti, circa equamente suddivisi tra favorevoli e contrari. Vorrei qui ringraziare tutti coloro che sono intervenuti ed aggiungere alcuni chiarimenti.
A tal fine procederò con un esempio. Premi di produttività e straordinari sono ormai stati detassati, con buona pace di chi (non molti, per verità) si sono opposti.
Mimmo e Ciccio devono discutere del loro contratto: per Mimmo si tratta solamente di ridiscutere le condizioni ma è già dipendente, mentre Ciccio sta per essere assunto (1). Il direttore del personale, Gigi, propone sia a Mimmo che a Ciccio un contratto con un salario base più basso, tanto, sostiene, se lavoreranno bene avranno premi di produttività e la possibilità di fare straordinari, che con la nuova normativa convengono. Alla fine ci guadagneranno tutti. Mimmo e Ciccio accettano.
Il giorno dopo arriva nell’ufficio di Gigi Elisa, anch’essa per parlare di contratto. Gigi le propone un contratto simile a quello di Mimmo e Ciccio, e per Elisa risulta difficile non accettare delle condizioni analoghe a quelle dei suoi colleghi maschi. Elisa però ha dei figli piccoli e quindi molto difficilmente riuscirà a fare straordinari.

A questo punto:

(1) se le cose vanno bene per l’azienda e Mimmo e Ciccio si fanno apprezzare, guadagnano più di prima. Tutto bene per loro, anche se la loro retribuzione è lasciata di mese in mese alla discrezione di Gigi, che stabilisce premi e distribuisce gli straordinari. Inoltre, il cosiddetto “gender gap”, la penalizzazione in termini di retribuzione che affligge le donne (e che in Italia è di circa il 18-20%) aumenta;
(2) non appena la domanda per l’azienda “tira” un po’ meno, Gigi convoca Mimmo e Ciccio e con grande rincrescimento comunica loro che non ci saranno più premi di produttività, almeno per un periodo. E’ necessario che tutti facciano sacrifici.

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In ultima analisi, e mi chiedo come possa non essere chiaro, questa proposta ha l’effetto di indebolire ulteriormente il potere contrattuale dei lavoratori, oltre ad introdurre differenze di trattamento che vanno nella direzione di sfavorire proprio quei lavoratori (donne, over-50, ecc.) la cui partecipazione al mercato del lavoro è invece cruciale per avvicinare l’Italia agli altri paesi europei. Ripeto: gli italiani che lavorano non lavorano poco, ma sono pochi italiani a lavorare.
C’è un’unica argomentazione che in teoria potrebbe giustificare la detassazione degli straordinari e dei premi: l’aumento di produttività. In altri termini, il maggior valore degli straordinari e dei premi di produttività dovrebbe incentivare i lavoratori a competere tra di loro per accaparrarseli; di questa competizione beneficerebbero le imprese e quindi la competitività del paese. Ora, la relazione tra lavoro straordinario e produttività non è del tutto chiara, anche perché la relazione causale è incerta: la maggiore produttività delle imprese dove si fanno straordinari potrebbe essere causata dalla maggiore domanda che genera la necessità di lavoro straordinario, piuttosto che dal ricorso agli straordinari di per sé. Inoltre, gli italiani che lavorano non lavorano poco, ma spesso lavorano male.
Il giuslavorista e neo-deputato PD Pietro Ichino è diventato famoso per aver (finalmente) osato attaccare i cosiddetti “fannulloni” nella pubblica amministrazione. Ma è pieno di persone che lavorano duramente e nonostante questo sono sopraffatti da difficoltà di ogni tipo: autorizzazioni, dichiarazioni, regolamenti, marche da bollo, impossibilità pratica di giungere ad una soluzione legale delle controversie, intromissioni politiche, zelo burocratico eccessivo (che può essere ben peggio della mancanza di zelo), ecc. Contro tutto ciò, ben poco Stakanov può.

(1) In questo senso mi riferivo alla possibilità dell’impresa di “appropriarsi” di una parte del risparmio fiscale, ovvero in fase di negoziazione o ri-negoziazione contrattuale.

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IMPRESE CHE VINCONO CON LA DELOCALIZZAZIONE

  1. Matteo Richiardi

    Aggiungo che la mia non è una posizione pregiudiziale. Valuto per esempio molto positivamente la proposta che (pare) verrà promulgata contestualmente con la detassazione degli straordinari di consentire liberamente il cumulo di redditi da lavoro e di pensione, proprio perché – in un sistema previdenziale che si muove verso l’equità attuariale – elimina una distorsione inutile nelle scelte individuali di lavorare o meno.

  2. Felice Di Maro

    Questo commento era stato programmato oltre una settimana fa e me ne scuso con l’autore e con la redazione del sito. Ma forse questo ritardo assicuro involontario è in qualche non proprio negativo in quanto sia per le recenti notizie del decreto di Napoli sullo straordinario e altro, e sia perchè sto lavorando ad una ipotesi antica ma sempre affascinante, "Può l’economia essere considerata una scienza esatta?" non tutto il male come si dice viene per nuocere. Ovviamente la risposta al tema oggetto della mia ricerca è no ma ci sono temi e metodi nei vari ambiti che in qualche modo offrono di cogliere la distanza tra certezza e incetezza. Quest’articolo di Matteo Richiardi offre veramente un contributo in quanto fa cogliere come può, e dopo il decreto citato delinearsi il processo economico tra Imprese, Stato e Lavoratori. L’ideologia, qualunque sia l’equilibrio che si vuole raggiungere, è quella che guida la scelta di politica economica. Ora mi chiedo perchè non si dovrebbe contrappore una ideologia contraria e a quella del governo Berlusconi. A presentare una risposta in questo sono impegnato e non importa che sia economica, il decreto di Berlusconi è ideologico.

  3. mlv

    Buono l’esempio di Ciccio, Gigi, ecc…., ma la realtà del lavoro oggi è ben più varia dell’esempio fatto..! Es. Artigiano che lavora c.to terzi a fattura come un dipendente, Part/Time che lavora in nero per l’altra mezza giornata, e via così…! La fantasia non ha limiti e non si limita…, per cui meglio una situazione chiara che metta in evidenza il teorema che chi più lavora (concetto anche itellettuale e di produttività e non solo di braccia e di fatica) più guadagna con premi una tantum e/o straordinari (detassati=incentivo alle imprese)…! Per la base del contratto (salario) ci sono i sindacati, se no cosa ci sono a fare..!? Per il punto sulla pubblica ammnistrazione faccio notare che le nuove direttive, leggi, bolli e moduli ecc….ecc… ci sono per tutti (imprese, artigiani, commercianti, lavoratori autonomi) e questi ultimi pur lamentandosi (anche per l’incompetenza della P.A. che dovrebbe aiutarli nella comprensione delle modifiche), si arrangiano come possono (pagano professionisti) e ristabiliscono efficienza al loro lavoro perchè se non riescono escono dal mercato…!

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