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AGENZIE DI RATING E CONCORRENZA

Non è facile indicare soluzioni al problema del ricambio delle agenzie nel mercato nel rating, quando si verifichino diffusi errori di valutazione. Non si può lasciare libero accesso a nuovi operatori confidando in una naturale selezione operata dal mercato. Ma non si possono neanche limitare fortemente le nuove iniziative imprenditoriali in nome di un iniziale accertamento della professionalità. La concorrenza, se contenuta da argini tecnici e normativi, può e deve rappresentare un utile sprone alla maggiore efficienza anche in questo settore chiave dell’economia.

Il difficile rapporto fra credibilità e diffusione dei servizi quale requisito per l’accesso delle nuove imprese di rating al mercato non ha finora suscitato l’attenzione costante dei vari legislatori internazionali, né è stato preso in considerazione dal Financial Stability Forum nel suo Report del 7 aprile 2008, che si è limitato a indicare alcune aree di intervento, quali una modifica delle scale di rating per la valutazione degli strumenti strutturati, un migliore processo di valutazione e una acquisizione più sicura dei dati, oltre a un più corretto uso delle valutazioni da parte degli stessi investitori. (1)

IL CREDIT-RATING E IL MERCATO FINANZIARIO

Nei recenti e imprevisti tracolli finanziari , le più importanti agenzie di rating sono state accusate di incapacità o, peggio, di conflitto di interesse: è avvenuto per le cartolarizzazioni dei famigerati mutui sub-prime americani, nelle quali alcune imprese hanno svolto il doppio ruolo di consulenti e di recensori, spesso imprimendo il giudizio di massima solidità finanziaria agli strumenti che avevano contribuito a creare.
Pur riconoscendo buona parte delle critiche avanzate, le agenzie si difendono affermando che la credibilità delle proprie valutazioni rappresenta la condizione fondamentale per lo svolgimento della attività e che, pertanto, è loro interesse primario non commettere troppi errori, pena la perdita della clientela a favore dei concorrenti.
Seppure a prima vista tranchant, è una considerazione che è stata accolta anche all’interno della disciplina internazionale in materia, assumendo la forma di un meccanismo di autoregolamentazione del mercato.
La reale efficacia di questo criterio sembra tuttavia ridimensionarsi alla luce di un aspetto che raramente viene sottolineato: il mercato internazionale del credit-rating è un mercatochiuso, dominato da poche affermate imprese che, in caso di insuccesso, non risultano sostituibili da nuovi competitors che non abbiano ancora raggiunto un sufficiente grado di credibilità.

LE REGOLE

Il problema dell’acceso di nuove imprese è stato sollevato al Parlamento europeo, ma non è stato condiviso dalla Commissione, che anzi ha visto nella moltiplicazione degli operatori e nella frammentazione del mercato il rischio di una mercificazione dei giudizi come conseguenza dello scarso peso contrattuale delle agenzie minori rispetto agli emittenti recensiti. (2)
Al contrario, la Iosco, l’organizzazione internazionale che raccoglie le Authority dei mercati finanziari mondiali compresa la Consob, nell’approntare il Code of conduct fundamentals for credit rating agencies, ha ritenuto che una autorizzazione pubblica basata sulla verifica della diffusione dei servizi offerti avrebbe finito per discriminare le nuove imprese e, pertanto, si è limitata a inquadrare l’esperienza acquisita unicamente quale possibile conferma della validità delle procedure di rating adottate dall’agenzia. (3)
La soluzione non è però stata accolta dalla disciplina tracciata dal comitato di Basilea della Banca dei regolamenti internazionali in tema di requisiti patrimoniali minimi delle banche, il cosiddetto Basilea II. Per valutare i crediti che compongono il patrimonio degli istituti, sia il cosiddetto metodo di calcolo standardizzato, sia quello basato su rating interni, fanno ricorso ai giudizi rilasciati da agenzie di rating abilitate: l’External Credit Assessment Institutions, Ecai. La disciplina impone che il rilascio della abilitazione di Ecai sia condizionato alla verifica che la metodologia adottata dalla agenzia risponda ai criteri di obbiettività, indipendenza, trasparenza e di continua revisione della procedura. A differenza del codice Iosco, Basilea II richiede inoltre che le imprese abbiano una dotazione finanziaria tale da fugare ogni dubbio di dipendenza. E fissa, quale definitiva e necessaria controprova, il riscontro che i pareri resi dalle agenzie siano percepiti come affidabili dal mercato. (4)
In considerazione della “struttura del mercato del rating” quest’ultimo requisito è verificato dalla Banca d’Italia alla luce del “livello di accettazione dei giudizi dell’agenzia a livello internazionale”: solo qualora un’agenzia operi prevalentemente in ambito nazionale, sarà più semplicemente “preso in considerazione il numero di banche che intendono fare uso dei rating”, che non potrà comunque essere inferiore a cinque istituti appartenenti a differenti gruppi bancari, distribuiti in almeno tre diverse Regioni. (5)
Le conseguenze di una simile procedura sembrano evidenti: per più di un anno dalla adozione della normativa le ECAI riconosciute dalla Banca d’Italia sono risultate essere solo due, peraltro leaders del settore; solo recentemente si sono potute aggiungere un’altra impresa di livello internazionale ed una locale, la cui attività appare tuttavia limitata alla valutazione unsolicited delle esposizioni a lungo termine concesse a favore della sola categoria "imprese o altri soggetti.

UNA PARZIALE SOLUZIONE AL ROMPICAPO?

Non è facile dire quali possano essere le soluzioni al problema di un possibile ricambio delle agenzie nel mercato nel rating, nel caso in cui si verifichino diffusi errori di valutazione. Se non si può infatti immaginare di lasciare libero accesso a nuovi competitor confidando in una naturale selezione operata dal mercato a causa degli enormi rischi per la stabilità dell’intera finanza, allo stesso tempo non si può, in nome di un iniziale accertamento della professionalità, limitare così fortemente le nuove iniziative imprenditoriali.
Quel che è certo è che la concorrenza, se contenuta in validi argini tecnici e normativi, può e deve rappresentare un utile sprone alla maggiore efficienza anche in questo settore chiave dell’economia. Dal punto di vista della disciplina internazionale, un compromesso potrebbe aversi nel non richiedere l’attestazione della diffusione dei servizi alle nuove Ecai operanti a livello locale, restringendo l’iniziale operatività a un numero massimo di debitori recensiti, nel rispetto di una soglia di valore complessiva. (6) Superata con successo questa fase iniziale, crescendo gli affari e la clientela, le nuove agenzie potrebbero richiedere l’autorizzazione a una operatività piena secondo le norme esistenti: potrebbero sfidare, con spalle più larghe e allenate, gli attuali giganti del rating.

(1) Report of the Financial Stability Forum on Enhancing Market and Institutional Resilience, http://www.fsforum.org/publications/FSF_Report_to_G7_11_April.pdf, p. 31 ss.
(2) Vedi la comunicazione della Commissione sulle agenzie di rating del credito, (2006/C 59/02), pubblicata in Guce C 59 dell’11 marzo 2006, § 3.1.
(3) Vedi Iosco, Report on the activities of credit rating agencies, http://www.iosco.org/library/pubdocs/pdf/IOSCOPD153.pdf, p. 9. E anche Iosco, Code of conduct fundamentals for credit rating agencies, http://www.iosco.org/library/pubdocs/pdf/IOSCOPD180.pdf, §§ 1.2 e 3.8.
(4) Pur riconoscendo nelle premesse che “the two largest credit rating agencies serve the vast majority of the market, and additional competition is in the public interest”, in questa direzione si muove anche il Credit Rating Agency Act of 2006 statunitense. La nuova legge ha sostituito la procedura di riconoscimento della qualifica di Nationally Recognized Statistical Rating Organization (Nrsro), operata dalla Sec in base all’unico criterio che l’agenzia risultasse “widely accepted in the United States as an issuer of credible and reliable ratings”, con una disciplina che ricalca sostanzialmente lo schema predisposto dalla Bis. Sul punto si veda J. C. Coffee, Gatekeepers, Oxford, OUP, 2006, p. 289 ss.
(5) Circolare Banca d’Italia 27 dicembre 2006, n. 263, tit. II, cap. I, sez. VIII, § 2, p. 33.
(6) Una tale soluzione richiederebbe, tuttavia, anche una revisione della procedura del cosiddetto mapping.

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  1. Luca Erzegovesi

    Segnalo che la Banca d’Italia ha autorizzato (http://www.bancaditalia.it/vigilanza/banche/ecai;internal&action=_setlanguage.action?LANGUAGE=it), oltre alle tre agenzia leader a livello internazionale, anche la società Lince, quest’ultima limitatamente alla classe “Imprese e altri soggetti” nell’ambito del metodo standardizzato per le sole valutazioni unsolicited. Altre potenziali ECAI italiane hanno presentato domanda di riconoscimento.

    • La redazione

      La ringrazio per la pronta osservazione. Purtroppo era stata pubblicata una vecchia versione dell’articolo, che avevo licenziato poco meno di un mese prima delle autorizzazioni delle nuove agenzie; la concomitanza del festival dell’Economia di Trento, in cui la redazione de Lavoce era pesantemente impegnata, non ha permesso la veloce sostituzione con il testo corretto. La ristretta operatività della società italiana ed il fatto che nuove agenzie abbiano presentato domanda di riconoscimento non ottenendolo subito, al pari delle agenzie maggiori, mi sembra comunque rafforzare la tesi che il mercato sia forse eccessivamente chiuso: anche alla luce dei contenuti dell’accordo raggiunto fra il procuratore generale di N.Y. Andrew Cuomo e le tre grandi agenzie di rating (è notizia di ieri 5 giugno: http://www.bloomberg.com/apps/news?pid=newsarchive&sid=aJJAbrVMDVmA).
      Cordiali saluti

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