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QUELLA COMMISSIONE CHE NON PIACE AL GOVERNATORE

L’abolizione della commissione di massimo scoperto è tornata alla ribalta, riproposta dapprima dal ministro Bersani e ora dal Governatore della Banca d’Italia. Secondo il quale andrebbe sostituita con una commissione sul credito accordato. Quanto più prontamente, individualmente e con diverse modalità tecniche, le banche affronteranno il problema dell’incertezza dei fabbisogni finanziari dei clienti, tanto più si potrà dire che sono effettivamente migliorate le modalità di pricing dei prodotti e servizi offerti e le condizioni concorrenziali.

La commissione di massimo scoperto viene applicata all’apertura di credito in conto corrente, un’operazione che è contestualmente un prestito monetario e lo strumento attraverso il quale il cliente effettua incassi e pagamenti. Èun’operazione apprezzabile dalla banca per almeno due motivi: produce commissioni connesse all’utilizzo di servizi di pagamento e permette di ottenere informazioni sul cliente, utili per l’attività di monitoring del rischio creditizio.

UN MARGINE DI LIQUIDITÀ

Per il cliente l’apertura di credito in conto corrente è la forma tecnica di finanziamento elastica per eccellenza. Ha una struttura aperta (utilizzi e rimborsi non sono predefiniti) ed è quindi in grado di soddisfare i bisogni di finanziamento nel caso in cui non siano facilmente prevedibili. Di qui la necessità o convenienza di richiedere alla banca un margine di liquidità utilizzabile all’occorrenza.
Nella pratica, è sin troppo ampio e persino eccessivo: infatti, il rapporto tra credito utilizzato e credito accordato si aggira oggi intorno al 45 per cento. Per il margine di liquidità messo a disposizione del cliente, la banca applica, di norma sull’importo a debito più elevato registrato durante il trimestre, una commissione di massimo scoperto in misura variabile tra lo 0,125 e lo 0,50 per cento e talvolta dell’1 per cento,) trimestrale. (1)
Nell’ultimo trimestre del 2007 è stata pari allo 0,66 per cento, nella media delle operazioni rilevate. (2) Si tratta di ricavi rilevanti, alla luce dei quali si comprende l’opposizione del sistema bancario alla iniziale proposta Bersani. (3)

UNA QUESTIONE ANTICA 

Già venti anni fa si era acceso un dibattito intorno alla commissione di massimo scoperto, quando la Banca d’Italia aveva invitato le banche ad assumere comportamenti coerenti nei confronti della clientela e a valutare correttamente i costi di gestione associabili ai margini di liquidità necessari per far fronte a improvvisi utilizzi di credito. Il dibattito aveva portato alla proposta di sostituire la commissione di massimo scoperto con altre commissioni tecnicamente più appropriate, tra le quali la committment fee (commissione sul credito accordato). Le banche però non si mossero lungo le linee indicate, probabilmente perché ciascuna era preoccupata di perdere quote di mercato a seguito di una decisione individuale.
Nella Relazione del 31 maggio scorso, il governatore Draghi ha definito la commissione di massimo scoperto un “istituto poco difendibile sul piano della trasparenza” e ha affermato che essa andrebbe sostituita con una commissione commisurata alla dimensione del fido accordato. Ha inoltre suggerito alle banche di avviare con decisione una simile innovazione, proponendo il cambiamento ai nuovi clienti, anche per evitare il rischio che la questione sia risolta con gli strumenti imperativi della legge.

DUE ALTERNATIVE

Dal punto di vista tecnico è fuori discussione che il cliente debba pagare a fronte della riserva di liquidità che la banca mette a disposizione e che, in un sistema di tariffazione esplicita e trasparente, sia opportuno che la banca richieda una commissione apposita, distinta dagli interessi che applica.
Sia la commissione di massimo scoperto, sia la commissione commisurata alla dimensione del fido accordato rappresentano la remunerazione che la banca richiede per far fronte all’eventuale onere aggiuntivo per il funding nel caso in cui il cliente utilizzi il prestito in misura maggiore di quanto previsto, ma pur sempre nei limiti dell’accordato.
Cosa cambia tra le due? Con la commissione di massimo scoperto il rischio del maggiore utilizzo rimane in capo al cliente che, ex post, quando l’occasione per il maggior utilizzo si realizza, paga la commissione e, in termini di costo complessivo del finanziamento, sopporta un onere tanto maggiore quanto maggiore è lo scostamento tra utilizzo massimo e utilizzo medio. Nel secondo caso, il cliente trasferisce questo rischio alla banca, pagando ex ante una commissione che, a ben vedere, ha la natura di un premio assicurativo. 

QUALE SOLUZIONE È PREFERIBILE?

In linea di principio, la banca è più attrezzata del cliente a svolgere il ruolo di chi si assume un rischio ed è anche più attrezzata a prevedere il costo aggiuntivo del suo funding, o il minor ricavo derivante da un utilizzo del credito inferiore al previsto. Nel passaggio dalla prima alla seconda alternativa, la banca e il cliente avrebbero un incentivo a rivalutare l’entità del credito accordato,  giungendo in alcuni casi a una riduzione del suo ammontare, se ciò risulta opportuno per costruire una solida relazione di clientela, e conveniente, meno costoso in termini di premio. Allo stesso tempo, la singola banca dovrebbe applicare la nuova commissione sulla base di un premio equo, tenendo anche conto di tutti gli altri elementi del relationship banking.
La gradualità nel passaggio da un istituto all’altro, insita nel suggerimento del governatore di adottare il cambiamento nei confronti dei nuovi clienti, tiene conto della complessità di un aspetto apparentemente limitato e tecnico, ma che presuppone un mutamento di approccio gestionale al cliente e ai rischi di grande portata.
Ci si dovrebbe anche attendere una maggiore variabilità del livello delle commissioni tra clienti e tra banche. Per raggiungere questo risultato, sarebbe utile non tanto un intervento dell’associazione di categoria per definire una soluzione condivisa, quanto l’emergere di comportamenti autonomi delle singole banche, in particolare da parte di quelle più efficienti.
Quanto più sarà possibile osservare a breve la coesistenza nel sistema di condizioni di variabilità tra le banche e, all’interno della singola banca, tra clienti, tanto più sarà possibile affermare che le modalità di pricing e le condizioni concorrenziali nel sistema bancario sono effettivamente migliorate.

(1) Tale commissione in alcuni casi viene calcolata sul saldo massimo debitore mantenuto per almeno dieci giorni, o in altri casi viene applicata ponendo comunque un tetto massimo al suo ammontare pari al 20 per cento degli interessi passivi maturati nel trimestre. 
(2)Fonte, Banca d’Italia, Rilevazione dei tassi di interesse effettivi globali medi ai fini della legge sull’usura, quarto trimestre 2007.
(3)Il Ddl Bersani stabiliva da un lato che “sono nulle le clausole contrattuali aventi ad oggetto la commissione di massimo scoperto” e dall’altro che “potrà essere predeterminato un "corrispettivo" per il servizio di messa a disposizione delle somme. Inizialmente, nel decreto Bersani, era prevista soltanto la nullità delle clausole.

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ALITALIA: UN PONTE VERSO IL NULLA

  1. Massimo GIANNINI

    Mi é sfuggita una cosa: ma la commissione di massimo scoperto esiste all’estero? La sua abolizione mi pare ovvia e necessaria. In Italia siamo specializzati nel pricing di proddotti e servizi inesistenti e/o inutili e che in questo caso hanno per la banca un costo marginale prossimo allo zero ma un ricavo marginale elevato.

  2. Giulio Tagliavini

    Condivido l’analisi di Maria Luisa Di Battista. Segnalo che sul sito della Banca d’Italia è riportata (da tempo) una definizione sbagliata di cms. L’errore sta nel parametrare la cms solo al conto scoperto e non, come nella realtà, al conto passivo. La differenza è enorme. Questo errore è facilmente riconoscibile per i tecnici della gestione bancaria. Ma il pubblico, anche quello qualificato ma con specifiche competenze di carattere giuridico, finisce per farsi una idea distorta della questione. Meglio non dare per scontato che il lettore sappia con esattezza cosa sia la cms. Con la definizione che si legge nel sito della Banca d’Italia taluni colgono erroneamente l’irregolarità del pagamento della cms su un conto passivo affidato e non scoperto. E da qui parte un equivoco che non si ferma più …

  3. Pensiero

    L’apertura di credito in conto corrente svolge il compito di coprire le imprevedibili sfasature della tesoreria dell’affidato. E’ proprio su questa imprevedibilità che si rischia di fare la tipica caccia alle streghe italica. Nell’articolo, che condivido viene utilizzato il termine commitment fee; come si vede è un termine anglossassone. Sostanzialmente intendo sostenere che la gestione ex ante degli eventi non è nata in Italia; sintetizzando al massimo è il mercato che deve decidere. Oggi in Italia chiedere ad un imprenditore di pagare una commissione per un fido che non verrà utilizzato o che comunque verrà utilizzando non si sa quando e per quanto, non è facile, proprio perchè nella nostra cultura è poco presente l’approccio assicurativo: perchè bisogna pagare se i soldi sono rimasti in banca? Ritengo, in conclusione, che la giusta sostituzione della cms con qualcosa di meno rozzo debba passare, se possibile, attraverso il mercato e/o, se proprio necessario, attraverso piccoli interventi di moral suasion anche di tipo legislativo (nessuno ha pensato a vantaggi fiscali mirati?).

  4. Giulio Tagliavini

    Vi segnalo il seguente articolo: è un buon esempio degli equivoci che sorgono in conseguenza: – del non definire cosa sia la cms – del confrontare dati di un singolo rapporto bancario definiti includendo la cms e dati di sistema, su cui viene definito il limite antiusura, che non includono la cms. Lo schema è quello del contenzioso di Palmi, definito poi a ragione a favore di Cesare Geronzi, banchiere imputato. La mia previsione è che anche a Savona saranno tutti assolti. Inevitabile.

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