Dopo l’improvviso annuncio del ritorno al nucleare, èopportuno ragionare quantomeno sugli assetti proprietari di questa industria, sulla regolamentazione del settore, sulle previsione di prezzo dei combustibili e sulla redditività degli impianti. Cerchiamo di farlo guardando alle scelte di Regno Unito, Francia e Finlandia, che nei venti anni di rinuncia del nostro paese hanno deciso di continuare a utilizzare e potenziare l’energia nucleare. Esempi che possono aiutarci a evitare una impervia via italiana al nucleare.
Lasciate alle spalle le prime reazioni allimprovviso annuncio di ripresa del nucleare e in attesa che si formi, se si formerà, una opinione pubblica decisamente a favore di tale opzione, e che gli esperti indichino di quale generazione (terza, quarta o intermedia) debbano essere le nuove centrali nucleari, vale la pena di cominciare a riflettere su alcuni problemi che inevitabilmente si presenteranno sul campo per effetto di tale scelta.
A venti anni dallabbandono del nucleare, la memoria può risultare appannata, è opportuno quindi riferirsi a quanto già sperimentato nei tre paesi europei (Regno Unito, Francia e Finlandia) che hanno deciso di continuare a utilizzare e potenziare lenergia nucleare; ciò per evitare una impervia via italiana al nucleare. È opportuno dunque ragionare quantomeno sugli assetti proprietari dellindustria nucleare, sulla regolamentazione del settore, sulle previsione di prezzo dei combustibili (uranio) e sulla redditività degli impianti.
GLI ASSETTI PROPRIETARI
In Francia, si sa, tutto il controllo lindustria elettrica (Edf, Areva Np ex Framatome e Cogéma, Eurodif-Eur0pean Gaseous Diffusion Uranium Enrichment Consortiun) è nelle mani dello Stato. Inoltre, la Francia vende energia elettrica anche fuori dai confini domestici .
Nel Regno Unito, nel 1989 venne decisa la privatizzazione dellindustria elettrica dopo avere scorporato le centrali governate dal Central Electricity Genereteng Board e fatte confluire nelle mani pubbliche di Nuclear Electrica Plc e di Scottish Nuclear Ltd Impresa pubblica, interamente posseduta dal governo inglese dal 1984 è anche British Nuclear Fuels Plc responsabile per il decommissioning e i servizi tecnologici.
In Finlandia la società Fortum Oyj, creata nel 1998 per coprire la generazione, la distribuzione e la vendita dellenergia elettrica oltre che la manutenzione degli impianti, è una società quotata, la cui maggioranza (51 per cento) è nelle mani del governo finlandese. Fortum vende energia anche nei paesi baltici, alla Polonia e nei paesi del nord ovest della Russia.
Se ora volgiamo lo sguardo allItalia e allEnel (che alcuni vorrebbero privatizzare) in particolare, osserviamo che con il 21,8 per cento del suo capitale nelle mani del ministero dellEconomia e con il 10,35 per cento nelle mani della Cassa depositi e prestiti, la società è scalabile solo nel caso di acquisto sul mercato di dimensioni tali da promuovere unOpa totalitaria. È però anche vero che lEnel è difesa dai poteri speciali ancora oggi nelle mani del ministero dellEconomia.
Ma nel caso che, come già è stato sostenuto da soggetti interessati, Enel produca e gestisca centrali nucleari che si fa? Si fa gli indifferenti oppure Enel si ricompra sul mercato le azioni sufficienti per giungere al controllo di diritto, il 51 per cento del capitale? Oppure, si scorpora da Enel quel po di nucleare che ha e lo si conferisce da una impresa pubblica? La si nazionalizza per la seconda volta? E i privati che vogliono entrare nel settore nucleare, sarà loro permesso oppure vietato e, se sì, in base a quali condizioni di legge? Oppure tutto il settore nucleare finirà nelle mani delle ex municipalizzate governate dagli enti pubblici locali, che molti vorrebbero invece privatizzare? Oppure andrà nella Cassa depositi e prestiti? Tutte soluzioni possibili, anche se non tutte egualmente raccomandabili, ma su cui sarebbe bene ragionare.
LA REGOLAMENTAZIONE
Francia, Regno Unito e Finlandia, seppure in presenza di imprese pubbliche, hanno previsto con legge una potente e pervasiva regolamentazione del settore, in alcuni casi anche tramite listituzione di una apposita autorità.
In Finlandia per effetto del Nuclear Energy Act del 1987 è stata istituita la Finland Radiation and Nuclear Safety Autority responsabile dell regolamentazione e della supervisione.
Nel Regno Unito, per effetto di una complessa legislazione,avviata nella metà degli anni Cinquanta, le competenze sono ripartite tra diversi organi di governo tra cui lo Health and Safety Executive e il correlato Nuclear Safety Directorate, che rilascia le licenze e definisce gli standard di sicurezza degli impianti.
In Francia nel giugno del 2006 stata costituita la Autorité de sureté nucléaire per controllare, tra laltro, le attività nucleari civili al fine di proteggere il pubblico e lambiente dai rischi legati alle attività nucleari.
I pochi esempi riportati attestano la copiosa attività legislativa e regolamentare che i diversi paesi che ancora promuovono il nucleare hanno dovuto approntare.
LItalia non dispone di alcunché al riguardo e non è pensabile che con pochi aggiustamenti possa essere riconvertita lEnea o lAutorità per lenergia elettrica e il gas. Si dovrà anche scegliere tra una regolazione affidata a qualche ministero oppure a una nuova autorità indipendente evitando sovrapposizioni di funzioni. Un lungo processo legislativo dunque si impone, che dovrebbe portare a risultati bipartisan onde evitare che nellalternarsi delle maggioranze lindustria nucleare subisca un devastante processo di stop and go. Un settore nucleare a singhiozzo sarebbe uno spreco enorme di risorse umane e finanziarie.
PREZZO DELL’URANIO E REDDITIVITÀ DEGLI IMPIANTI
Non molte sono le miniere di uranio nel mondo. Oggi meno di venti paesi estraggono il metallo, ma i più importanti sono appena tre: Australia, Kazachstan e Canada, che contengono circa il 50 per cento delle riserve note. (1) Seguono il Niger, la Russia, la Namibia, l’Uzbekistan, gli Usa, il Sudafrica e la Cina. E poiché i paesi sono così pochi, e alcuni anche molto poveri, si formerà una nuova Opec delluranio al pari di quanto fanno gli emirati? O, nel caso dellItalia, si avrà una dipendenza dai paesi produttori come nel caso del gas russo? Si aggiunga che non esiste un mercato multilaterale degli scambi di uranio, ma soltanto contratti bilaterali. In queste condizioni, quale sarà il prezzo delluranio tra quindici o venti anni quando le centrali italiane saranno a regime ? Era di 7 dollari per libbra nel 2001, ma di oltre 120 dollari nel 2007. Continuerà a crescere nel lungo termine? E se crescesse di più del prezzo del petrolio o del gas, che fine farebbe la produzione di energia delle centrali nucleari? Dovrebbe essere sussidiata dal bilancio pubblico?
E se ad esempio nel futuro dovesse risultare più vantaggioso l’utilizzo delle centrali a gas rispetto a quelle nucleari, magari gestite da società per azioni – pubbliche o private che siano – che hanno fatto appello al pubblico risparmio per il finanziamento dei loro colossali investimenti, non si renderebbe quanto meno necessaria la ricerca di nuovi acquirenti e di nuovi mercati su cui collocare l’energia prodotta in Italia? Altrimenti, come ammortizzare gli impianti delle società quotate e difenderne il valore di mercato? Non a caso Francia e Finlandia, temibili concorrenti, già vendono energia elettrica anche fuori dei mercati domestici.
Sono soltanto alcuni interrogativi tra i tanti che vengono alla mente, come ad esempio quello del reperimento degli ingegneri nucleari non più prodotti dalla nostra università, a cui si dovrebbe cominciare a rispondere se, dopo il primo annuncio, si vuole evitare di imboccare una rovinosa via italiana al nucleare.
(1)Cfr,www.world-nuclear.org/info/inf75.html/
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Alessandro
Non ho le competenze per entrare nel merito dei problemi legislativi presentati nell’articolo.
Faccio solo notare che il Politecnico di Milano ha sempre avuto, ed ha tuttora, un corso di laurea specialistica in Ingegneria Nucleare. Questo significa che gli ingegneri nucleari italiani esistono….
Nicola Limodio
Grande articolo, davvero puntuale ed interessante. Credo che per quanto possa fatto sembrare "appealing" dai media, il nucleare al momento presenti ulteriori dubbi: – è inutile a meno che non sia integrato in una politica energetica che preveda l’integrazione di questo con altre energie come l’eolico, ormai standard in tutto il mondo; – è necessario definire chi finanzia: lo Stato dato il debito pubblico e la crescita della spesa interessi (prossimamente causata dalla crescita dei tassi) non può sostenibilmente permettersi esborsi sufficienti a pagare o sussidiare queste infrastrutture; i privati vedrebbero ritorni solo in un periodo (40 anni) che alle tecnologie attuali supera la vita (ovvero l’obsolescenza) dell’impianto; – è dannoso alla vita pubblica a meno che sin d’ora non si definiscano, subito, i tempi tecnici, i siti e soprattutto le modalità di smaltimento delle scorie (negli US c’è un gran parlare di questo, e l’Italia dispone di spazi ristretti nonchè di problemi a "piazzare" un termovalorizzatore, figuriamoci delle scorie); Nicola Limodio http://dalleconomiallapolitica.blogspot.com/
Rinaldo Sorgenti
Ottimi spunti di riflessione su un argomento di particolare importanza per il nostro Paese che ha un estremo ed urgente bisogno di equilibrare il proprio "Mix delle Fonti" per produrre elettricità. Per rendersene conto basti guardare al "Mix" di tutti i Paesi più ricchi e sviluppati del Pianeta ed anche alla Media EU e poi comparare questi dati con la drammatica situazione italiana, che ci espone a: – i prezzi più alti d’Europa; – una inadeguata sicurezza strategica; che danneggiano pesantemente le capacità competitive del nostro sistema Paese. Circa il quesito: "….. gli esperti indichino di quale generazione (terza, quarta o intermedia) debbano essere le nuove centrali nucleari, …." vorrei rispondere con quanto ho detto a Power Gen 2008: " What is surfacing from the debate in Italy? The re-entry into the nuclear sector is only to happen with the next generation (IV) technology. Asserting this means that we do not want to seriously re-start with nuclear!! If the same logic were to be used by others, the I and II generations should have been immediately decommissioned when the III was introduced.
Massimo GIANNINI
Io credo che prima di parlare di nucleare ci si debba domandare quante centrali sono state costruite nel mondo recentemente a quali costi e in quali tempi. E allora si scoprirà che l’ultima centrale della Finlandia ha quasi 2 anni di ritardo e ha avuto non pochi problemi. Il Regno Unito non sembra certo intenzionato a costruirne di nuove: British buildings equipped with solar, wind and other micro power equipment could generate as much electricity in a year as five nuclear power stations, a government-backed industry report showed today. http://www.guardian.co.uk/environment/2008/jun/02/renewableenergy.alternativeenergy Qualcuno mi deve dire perché noi dobbiamo improvvisamente entrare nel nucleare e con quali prospettive quando altri vanno altrove. Risparmio, energia solare ed eolico possono fare molto di più. Qualcuno mi faccia vedere l’analisi costi benefici del Governo che continua a propinarci il nucleare senz dirci perché. Oramai il treno del nucleare é perso, abbiamo votato, meglio salire su un altro in corsa e di corsa. O vogliamo perdere anche quello: ci sono più eolico e solare in Danimarca e Germania, il che é tutto dire…
Beppe Gamba di Kyoto Club
Apprezzo e mi associo alle osservazioni dell’articolo di Filippo Cavazzuti. Aggiungerei una quarta questione, il problema del prezzo finale dell’energia nucleare. Una delle questioni più opache nel dibattito odierno. I paesi che producono significative quote di energia nucleare hanno un prezzo dell’energia più basso del nostro, ma non è mai chiaro se in virtù di minori costi strutturali o di maggiori sussidi, magari surrettizi alla ricercva al cilco del combustibile. Che resta la cosa meno chiara: come è composto e come sono ripartiti i suoi costi tra settore dell’energia (tariffe) e settore militare (fiscalità generale)?
Max
Forse ci sono un altro paio di domande da porsi, e lo dico da non esperto, ma da cittadino che si pone il dubbio che il nostro governo stia valutando tutti i fattori: – Secondo l’Energy Information Administration fra il 2004 e il 2030, il contributo del nucleare alla produzione mondiale di energia elettrica scenderà dal 15.8% al 11.8%: il nostro governo avrà chiesto spiegazioni del perché in media il mondo investirà relativamente meno? – Ai livelli di consumo attuali pare che le riserve di Uranio possano durare 80 anni; altre teorie ritengono che a prezzi più alti, che rendano quindi possibile l’estrazione in siti meno economici, si potrebbe arrivare a 300 e oltre; per il torio si stimano riserve più abbondanti: il nostro governo si è posto il problema di quale sarà la dinamica dei prezzi e per quanto dureranno le riserve e di quale sarà l’impatto sulla geopolitica? – Le stime sul costo di generazione di un MWh, tenendo conto dei costi di produzione, di quelli dell’impianto e dell’intero ciclo del combustibile variano da 24 /MWh a 79 /MWh a seconda delle ipotesi del modello. Su quali ipotesi si basa il governo? E come mai insigni studiosi arrivano a conclusioni tanto divergenti?
Francesco Martucci Clavica
Mi sembra opportuno evidenziare un’ulteriore soluzione del problema degli assetti proprietari: se i tre Paesi esaminati hanno scelto l’opzione della proprietà pubblica, esiste almeno un caso in cui gli impianti sono di proprietà privata. In particolare, mi riferisco al Belgio, dove le centrali termonucleari assicurano oltre il 50% del fabbisogno energetico del Paese ed appartengono ad Electrabel, che è un soggetto di diritto privato, per di più controllato da stranieri, visto che appartiene, in seguito ad un’OPA totalitaria del 2005, al gruppo Suez. A proposito di Suez, vale la pena di far presente che il suo assetto societario (secondo le dichiarazioni sul sito – http://www.suez.com/en/finance/suez-stock/capital/capital/ ) è diffuso, con un solo socio proprietario di una quota di azioni superiore al 5%. A mio parere, la proprietà degli impianti diventa un reale problema solo nel caso in cui coesistano un programma di sfruttamento civile ed uno militare. A prescindere dalla questione del futuro del programma nucleare belga ( http://www.world-nuclear.org/info/inf94.html ), l’aspetto fondamentale è che per la proprietà delle centrali nucleari non pare si siano fatte delle barricate.
Giuseppe Di Liddo
Io aggiungerei un’altra preoccupazione di tipo non prettamente economico. Da chi e come sarà gestito il processo di smaltimento delle scorie radioattive? In Italia abbiamo già grossi problemi nello smaltimento di decine di migliaia di tonnellate di rifiuti a medio-bassa attività e/o breve vita (stima ENEA), figuriamoci come saremmo in grado di gestire i rifiuti ad alta attività radioattiva. Se mai ne fossimo capaci lo smaltimento di questa seconda tipologia di rifiuti dovrebbe avvenire,sempre secondo l’ENEA, con "depositi geologici di profondità". La costruzione di tali "depositi" comporterebbe un investimento di "miliardi di Euro e tempi di realizzazione valutabili in decenni". Ovviamente questi costi vanno considerati nel confronto costi benefici del nucleare. Rimane, al di là di queste valutazioni, una preoccupazione di fondo nel vedere gestite scorie radioattive da un sistema paese che non è in grado di far fronte allo smaltimento dei rifiuti ordinari in una sua regione, non oso immaginare cosa saremmo in grado di combinare con rifiuti ad altà radioattività. P.S. Le citazioni virgolettate sono tratte da: http://www.enea.it/enea_paese/rifiuti_radioattivi.html
Bignami Paolo
Sarà la deformazione professionale…ma quando si realizzano appalti di queste dimensioni occorre di solito una fidejussione bancaria (o, meglio, di più banche) e con essa la necessità di stipulare una polizza di assicurazione "all risks" per danni a terzi e simili. Quale compagnia di assicurazione/riassicurazione copre i rischi del nucleare, denominati nel linguaggio tecnico "…danni generati da trasmigrazioni del nucleo dell’atomo…" ? Oppure è solo la solita, immutabile, regola di "pubblicizzare le perdite e privatizzare gli utili" ?
Marino
Un altro problema per il nucleare in Italia: e l’acqua di raffreddamento dove la troviamo? Mi ricordo che durante le secche del Po c’erano stati problemi a Porto Tolle, e anche le centrali nucleari sono macchine termiche che trasformano in lavoro una differenza di temperatura, come quelle convenzionali. Non è esattamente un problema economico, ma anche l’acqua sta diventando un bene "scarso e suscettibile di usi alternativi". L’impiego massiccio del nucleare non potrebbe avere effetti su disponibilità e prezzi dell’acqua da una parte, e dall’altra la necessità di grandi quantità d’acqua e relativa infrastruttura sarà stata calcolata nel costo capitale delle centrali?
vito
Io dico no al nucleare perchè costa troppo e ci vogliono troppi soldi tutti insieme che lo stato italiano non si può permettere. Al contrario si possono finanziare tante energia rinnovabili tanto quanto è la disponibilità finanziari essendo la potenza modulare poi queste energie riducono la dipendenza estera che è sempre un bene. La cosa che più mi rende sostenitore di queste energie è che distribuiscono i redditi su molte più persone e aumentano i posti di lavoro, a scapito di qualche multinazionale.
Sciarpi
A mio avviso, prima di dire se fanno bene o male, se convengono o no, se sono costituzionali oppure no, bisogna dire chi le costruisce. Non vorrei che a tirarla su in piedi fosse un mix di mafie, imprenditori da strapazzo, figli di padri, ecc ecc… In un paese come il nostro, dove la Salerno-Reggio Calabria se la sono divise le cosche mafiose, chilometro per chilometri, casello per casello, autogrill per autogrill, è difficile riuscire a costruire senza che qualcuno ci metta il naso. Se vogliamo costruire una centrale nucleare ci vogliono fondi (tanti), aziende con i la testa sulle spalle ed altamente professionali, progetti con la P maiuscola, siti di stoccaggio di rifiuti, informazione e dibattiti con la popolazione. E’ inutile stare a discutere se poi la costruisce la ditta SciaquaBozzi & Tappabuchi… Faccio il quadrista elettrico quindi conosco bene o male la complessità della cosa.
Franco Villa
La principale ragione addotta per l’utilizzo dell’energia nucleare sarebbe la sua economicità. Ma, oltre alla difficoltà di questa valutazione, proiettata in un futuro di 30-40 anni, chi ha considerato anche i costi per la sicurezza (della centrale, del combustibile, delle scorie radioattive), per la conservazione delle scorie, per la dismissione della centrale stessa? Perchè nessuno ricorda il problema dell’ "energy pay back time", cioè il tempo necessario perchè una fonte di energia produca l’energia che è stata necessaria per costruirla e quindi per iniziare ad essere in attivo?
fernanda
Tratto dal WALL STREET JOURNAL EUROPE May 30, 2008 "il signor Berlusconi ha promesso centrali nucleari che non saranno mai costruite. Perché? Tre ragioni: esplosivi costi di costruzione; tempi di costruzione previsti da uno a due decenni, e nessuna comunità italiana disposta a vedere un reattore nucleare costruito nelle vicinanze. Queste ostinate proiezioni antinucleari sono provenienti dai verdi? No, al contrario. L’ultima stima industriale che proviene da E. On, un gigante tedesco dellenergia che lavora su una grande centrale nucleare in Finlandia, pone il costo di costruzione a 6 miliardi di per impianto. La Florida Power and Light, un grande provider elettrico statunitense, si avvicina ad un numero simile. Che è facilmente 10 volte il costo di costruzione di un moderno impianto a gas che fornisce la stessa quantità di energia. Questi numeri, va osservato, riguardano esclusivamente la costruzione dellimpianto, non la gestione dei rifiuti nucleari o le spese di funzionamento" Sokolski (autore dell’articolo) è il direttore esecutivo del Nonproliferation Policy Education Center, una organizzazione no-profit di ricerca a Washington, DC.
massimo rampazzo
Mi sembra che i problemi sollevati siano quelli sbagliati. Tutti i dubbi relativi alla parte normativa e all’assetto proprietario mi sembrano sia secondari che facilemente risolvibili (sono problemi politici e non tecnici o economici). Più interessante invece quello relativo alla convenienza dove però bisogna pur tener conto del fatto che una diversificazione delle fonti di produzione e dei paesi fornitori di energia non può che essere un vantaggio strategico nel lungo periodo. Inoltre sarebbe interessante il confronto tra il sistema francese (pubblico e con interessi militari) e quello finlandese ("semiprivato" e unicamente civile).
Luigi
Di fronte alla difficile situazione energetica del nostro Paese dovuta anche alle difficoltà di convertire centrali elettriche da olio combustibile a carbone, di realizzare i gassificatori e di riprendere la produzione di energia con il nucleare, vi è chi suggerisce di comprare un pezzo di Albania per realizzare su quel territorio le centrali nucleari ed i rigassificatori che non siamo riusciti a fare da noi, soprattutto per la miope politica dei Verdi e della Sinistra antagonista. Lidea è certamente suggestiva ed è ora supportata dalle recenti dichiarazioni di disponibilità dei vertici albanesi. A me pare però che se passasse questa scelta – strategica per il futuro del nostro Paese – sarebbe un disastro. Abbandonare lidea che sia possibile realizzare in Italia centrali nucleari e rigasssificatori significherebbe che noi lasceremmo i nostri figli del tutto dipendenti da Paesi terzi dal punto di vista energetico e sottoposti ad eventualiricatti da parte di quei Paesi che dovessero ospitare i nostri impianti.
Igor Serra
Oltre ai motivi di logica e buonsenso che dovrebbero lasciar perdere la strada per il nucleare di 3 generazione ( tempi lunghi, scarsità di materia prima, altissimi costi, e problema delle scorie) ci sono anche questi citati negli articoli. Mi chiedo se forse non ci sia qualcosa di lobbistico dietro questa scelta. Non vedo ad oggi un solo motivo che mi porti a tenere in considerazione il nucleare…Forse perchè sono un trentenne e sono governato da un reparto di Geriatria?…
Andrea
Da un punto di vista tecnico è certamente un bene che da più parti arrivino valutazioni che consentano ai cittadini di informarsi ed avere maggiore consapevolezza; se però pensiamo al nucleare come politica pubblica emergono alcune questioni secondo me rilevanti. Primo: il problema delle scorie è cruciale visto che ogni opera pubblica medio – grande scatena gli effetti tipici della sindrome Nimby; prima di parlare di realizzazione, dunque, un governo serio dovrebbe aprire un grande tavolo di concertazione e negoziazione con le comunità locali per dicutere della localizzazione degli impianti. Purtroppo però dubito che una cosa del genere avverrà, visto che i politici ed i governi nazionali non si sono mai posti questi problemi. Secondo: la realizzazione delle centrali nucleari, e delle grandi oper in generale, pone quantomento questioni di equità; se i costi sono così elevati e la realizzazione prevede tempi lunghissimi, vale davvero la pena di investire in queste soluzioni anzichè cercare nuove vie per la produzioni di energia?
Armando Guerra
Sarò scontato, ma è che già è successo troppe volte: l’unico interesse è quello di partire quanto prima a costruire qualcosa, qualunque ( tanto non funzionerà mai), ma che costi molto. Le solite imprese già sono pronte. Perfino Bonolis e le sue veline stanno dando una mano!?
Elio Smedile
Sono da sempre convinto che abbandonare il nucleare fu un errore grave di cui oggi paghiamo le conseguenze.Ma credo che sia ancor più grave lanciare messaggi propagandistici per accreditare la tesi che il "ritorno al nucleare" sia attuabile nel breve periodo come se non fossero passati 20 anni di completa inattività e, ancor peggio, questo "nuovo nucleare" possa rappresentare nei prossimi dieci anni la soluzione ai problemi posti dall’attuale assetto energetico del Paese. L’articolo di Filippo Cavazzuti serio ed argomentato si contrappone alla congerie di plaudenti commenti quasi sempre basati sul nulla. Siamo veramente ad una rappresentazione di "dilettanti allo sbaraglio". Elio Smedile
Francesco Mazzocchi Alemanni
Vorrei fare notare che il prezzo del minerale influisce solo al 22% sul costo dell’uranio processato e che il costo dell’uranio contribuisce solo al 15% del costo dell’energia di origine nucleare (il 65% e dovuto al ‘capital cost’). Si puo anche notare che quando l’uranio verra a mancare (30-40 anni…), si potra usare plutonio e altre scorie in un tipo diverso di reattore (‘fast reactor’).
franco
Non si può credere che un solo tipo di fonte energetica (soprattutto con i consumi attuali) possa risolvere il problema. La problematica può risolverla solo un Governo di forte programmazione, che individui le percentuali di fonti energetiche in funzione della sua economia, del suo territorio e della sua morfologia.3 centrali nucleari (Nord-Centro-Sud) sarebbero state ottime se affiancate da produzione di energia idroelettrica, eolica e solare.Per la conformazione geografica dell’Italia (arco alpino e catena appenninica, cioè distribuzione da cima a valle e da destra e sinistra), viene naturale che un importante percentuale di territorio poteva essere autosufficiente con energia idroelettrica. Territori poco abitati e con minore impatto estetico ambientale potevano produrre energia eolica e solare. Dicevo all’inizio "Governi di forte programmazione", oggi con la demagogia, il federalismo "patacca" , l’anarchia localistica regionale, in sintessi la follia pura che pervade il Paese, c’è un ministro che dice di risolvere una emergenza facendo centrali nucleari tra 10 anni. La commedia all’Italiana e ben rappresentata.
luis
Se non ricordo male negli Stati Uniti non si costruisce una centrale nucleare da più di un decennio. Guardando a Wall Street, non si può certo dire che negli States si investa ancora nel nucleare, il che è tutto dire!
paoloc
Sull’argomento, consiglio a tutti gli interessati di visionare il link: http://it.youtube.com/watch?v=BcCMOMPAqF8 :è un’intervista a Jeremy Rifkin esperto in materia che spiega tutte le sue perplessità sull’energia nucleare. E’ un video molto illuminante che analizza l’impossibilità materiale di proseguire sulla strada delle centrali nucleari e teorizza la terza rivoluzione industriale già iniziata con internet e proseguibile con una rete energetica decentralizzata.
Salvatore Acunzo
Il problema energetico riguarda soprattutto il popolo italiano. Parole come efficienza energetica, risparmio energetico ecc… non ci appartengono e questo è dimostrato dal fatto che i consumi anno dopo anno aumentano sempre. Il primo errore fu fatto nel 1987.
vito burgio
Non sono un esperto ma dal libro di rifkin sintetizzo tre dati che dimostrano l’inulità del nucleare:1) Ora, per avere un qualche impatto nel ridurre il riscaldamento del mondo, si dovrebbe ridurre del 20% il Co2, . il passaggio al nucleare per avere un impatto sullambiente obbligherebbe a costruire 3 centrali ogni 30 giorni per i prossimi 60 anni. Così facendo fornirebbe il 20% di energia totale, la soglia critica che comincia a fare una differenza; 2) Stando agli studi dellagenzia internazionale per lenergia atomica luranio comincerà a scarseggiare dal 2025-2035. I prezzi, quindi, andranno presto su. Ciò si ripercuoterà sui costi per produrre energia . 3) non cè abbastanza acqua nel mondo per gestire impianti nucleari.
Mario Maestrelli - Genova
Mi sembra un articolo ben informato. Se mi permettete un commento molto breve…. Credo, guardandomi attorno, che prima di pensare a nuove produzioni dovremmo pensare al risparmio, inteso, innanzitutto,come eliminazione degli sprechi, numerosissimi ed enormi: manca, secondo me, questo basilare concetto (vedasi consumo di un altro bene primario,l’acqua); sembrerebbe incredibile, ma è purtroppo realtà,che la Germania ha una superficie di pannelli solari (di entrambi i tipi) di oltre quattro volte superiore alla nostra; ci sono grandi risorse inutilizzate nelle biomasse; non è affatto vero che le risorse dell’idroelettrica sono esaurite: basta osservare ciò che accade in certe valli appenniniche. L’utilizzazione di queste tre risorse darebbe,conseguenza positiva non unica, ampie possibilità di impiego di manodopera. Tutto ciò se i nostri politici ed amministratori……vi saluto.
giovansergio benedetti
Sembra che una centrale nucleare complessivamemte costi intorno ai 5 miliardi di euro. Ebbene, in una fase di crisi come questa, quanto di questi 5 miliardi resterebbe in Italia come corrispettivo di lavoro eseguito da imprese italiane?.Nessuno lo dice, ma io credo pochissimo, e quindi il contributo al superamento della crisi sarebbe nullo, se non negativo, perchè il nucleare assorbirebbe tutte le risorse disponibili e ben poco resterebbe per le produzioni di energia veramente innovative, cioè le rinnovabili, sicchè anche inqusto campo, come nel nucleare resteremmo buoni ultimi. La scelta nucleare sarebbe oggi un errore peggiore del no al nucleare del 1987.