Lavoce.info

IL NO IRLANDESE, UN DISSENSO DISINFORMATO

Per loro stessa ammissione, gli irlandesi hanno votato no al Trattato di Lisbona perché non ne capivano il contenuto. Ma non esiste alcun modo di scrivere le regole della vita comune di ventisette paesi in modo immediatamente leggibile anche per i non esperti. Il problema è aver sottoposto a referendum una tale materia. Tradendo così la logica e lo spirito della moderna democrazia parlamentare. Ora una soluzione potrebbe essere l’entrata in vigore del Trattato senza l’Irlanda. Che dovrebbe uscire da tutto il sistema dell’Unione.

Molti elettori irlandesi, già prima della consultazione, hanno dichiarato di voler votare no al Trattato di Lisbona perché non ne capivano il contenuto. Naturalmente, avevano perfettamente ragione: nessuno, che non sia uno studioso di diritto e politica europea, è in grado di comprenderne la portata o immaginarne gli effetti concreti. Tuttavia, l’errore non sta nel Trattato. Non esiste alcun modo di scrivere le regole per la vita comune di 27 paesi in maniera che sia immediatamente leggibile anche per i non esperti.

FILADELFIA NON DÀ IL BUON ESEMPIO

Contro questa tesi, si evoca la Costituzione americana, indicandola come l’esempio di legge fondamentale semplice, sintetica e comprensibile da chiunque. È un’opinione semplicemente errata. La Costituzione americana non è affatto semplice, né immediatamente comprensibile. E il fatto che sia sintetica aumenta, e non diminuisce, la sua complessità: ogni passo istituzionale, ogni diritto fondamentale in essa previsto è stato, e continua a essere, interpretato e precisato dalla Corte suprema. La effettiva Costituzione americana è oggi formata dal testo di Filadelfia e da migliaia di pagine di giurisprudenza costituzionale integrative. Come ebbe a dire il giudice della Corte suprema John Paul Stevens, “la Costituzione degli Stati Uniti è un documento misterioso”.(1) La realtà è che un testo giuridico breve e apparentemente “facile”, in sede di applicazione effettiva, porta a risultati assolutamente imprevedibili e comunque necessita sempre dell’opera di interpretazione, e quindi di integrazione e deformazione, da parte di chi lo deve applicare, in primo luogo l’amministrazione e giudici. È questo il risultato a cui tende chi invoca per l’Europa una nuova carta di Filadelfia? O si deve ammettere che un testo articolato ed esteso, qual è il trattato europeo, assicura la certezza e la conoscibilità del diritto molto meglio della Costituzione americana, asciutta e criptica?

UN REFERENDUM SBAGLIATO

Se la forma e le dimensioni del Trattato di Lisbona non potevano realisticamente essere troppo lontani da quelle attuali, il problema sta nel sottoporre a referendum un testo di questo genere. Apparentemente, non esiste niente di più democratico di una consultazione diretta dell’elettorato. Ma in effetti, impiegare uno strumento simile per la ratifica di una convenzione internazionale di questa portata e complessità, tradisce la logica e lo spirito della moderna democrazia parlamentare. Questa è basata sull’idea che l’interesse pubblico è normalmente meglio servito se le regole comuni sono elaborate in un consesso ristretto di rappresentanti del popolo, che decide dopo un dibattito ordinato e approfondito, capace di articolare e modulare la volontà deliberativa. La forma alternativa, la democrazia diretta è (e deve essere) limitata a casi estremamente rari, in presenza di un tema intuitivo per il quale ci si può pronunciare semplicemente con un sì o con un no.
Dunque, il referendum irlandese appare come un esempio di “dissenso disinformato”, ove chi si è espresso non poteva possedere una accettabile conoscenza della materia e per tale ragione ha detto, in maggioranza, no. Ma è un modo sensato di prendere decisioni?
La prova di un rifiuto espresso nella sostanziale ignoranza dell’oggetto del problema sta nel fatto che una parte degli elettori irlandesi ha affermato di essere contrario al Trattato di Lisbona perché “non democratico”.
È vero esattamente il contrario. Per esempio, mentre oggi diversi atti di portata legislativa possono essere adottati dal Consiglio, composto dagli esecutivi nazionali, anche contro la volontà del Parlamento europeo, il Trattato estende alla quasi totalità delle decisioni la procedura di codecisione, che consente al Parlamento di bloccare definitivamente l’adozione di un atto. Mentre oggi la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea non è giuridicamente vincolante, il Trattato di Lisbona le riconosce tale status. Mentre oggi la stabilità della presidenza della Commissione (cinque anni rinnovabili) garantisce a tale organo amministrativo una decisiva influenza anche nelle scelte politiche, il Trattato di Lisbona prevede, in luogo dell’attuale rotazione semestrale, una presidenza stabile del Consiglio europeo (due anni e mezzo rinnovabili), capace di fare da effettivo pendant politico-istituzionale alla Commissione. Insomma, paradossalmente, il rifiuto motivato sulla mancanza di democrazia in Europa mantiene uno status quo meno democratico dell’assetto previsto dal Trattato di Lisbona.

E ORA?

Dopo il no irlandese, quali sono i possibili sviluppi?
Perché possa entrare in vigore, al Trattato di Lisbona devono aderire tutti i 27 Stati membri. Apparentemente, dunque, i casi sono tre: 1) il Trattato non entra in vigore e si mantengono le attuali regole, 2) il Trattato non entra in vigore e se ne elabora un altro 3) ci si adopera affinché l’Irlanda cambi idea e il Trattato entri in vigore.
Per ragioni diverse, nessuna delle tre soluzioni è facilmente percorribile. La prima è impedita dalla necessità, ormai improcrastinabile, di riformare le istituzioni europee in modo da farle operare per un club allargato a 27 Stati. La seconda è sbarrata dalla pratica impossibilità di riaprire un negoziato. E sarebbe anche largamente inutile. Perché, con ogni probabilità, si replicherebbe il canovaccio seguito con il passaggio tra l’abortita Costituzione europea e il Trattato di Lisbona, in cui il secondo recepisce nella sostanza la prima. Un nuovo trattato non potrebbe infatti essere troppo diverso da quello di Lisbona. La terza soluzione sembra non praticabile sul piano interno: per quale ragione gli irlandesi dovrebbero cambiare idea in assenza di modifiche del trattato?
Vi è forse una quarta soluzione: l’entrata in vigore del Trattato senza l’Irlanda. Sebbene presenti qualche difficoltà tecnica, i parlamenti degli Stati membri che hanno autorizzato la ratifica, lo hanno fatto per un Trattato a 27 e non a 26, la fattibilità di questa soluzione dipende largamente dalla circostanza che nessuno degli altri Stati membri defezioni, o quanto meno che non lo faccia uno Stato grande, per esempio il Regno Unito.
Vorrei però aggiungere una postilla tecnica: contemporaneamente all’entrata in vigore del Trattato di Lisbona si avviino i negoziati per l’uscita dell’Irlanda (e di chi altri non ci sta) da tutto il sistema dell’Unione europea. Forse la prospettiva di rinunciare a tutti i diritti e i vantaggi che l’Europa ora silenziosamente e costantemente garantisce renderà, come per magia, comprensibile anche l’ostico linguaggio europeo. Soprattutto, renderà gli eventuali ulteriori quesiti referendari più realistici e onesti.
Se il governo italiano volesse dare un contributo al dibattito che inevitabilmente si svilupperà a Bruxelles, dovrebbe avanzare una soluzione di questo tipo. L’Europa a 27 ha raggiunto dimensioni e complessità tali per cui o si vuole veramente partecipare al progetto comune o è meglio e più coerente starsene completamente fuori.   

(1) V. L.H. Tribe, M. C. Dorf, Leggere la Costituzione. Una lezione americana, Il Mulino, Bologna, 2005, p. 7.

Lavoce è di tutti: sostienila!

Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!

Leggi anche:  Sulle telecomunicazioni il Rapporto Draghi ha luci e ombre
Leggi anche:  Il futuro dell'Unione, fra fiducia e dubbi dei cittadini

Precedente

ALITALIA: UN PONTE VERSO IL NULLA

Successivo

UN TRATTATO DA ATTUARE COMUNQUE

33 commenti

  1. maurizio codogno

    È vero: il Trattato di Lisbona è incomprensibile, e non ha senso che venga votato in un referendum. Ma il fatto che una Costituzione sia ugualmente incomprensibile è falso. La Costituzione dovrebbe avere i princìpi su cui si basano poi le leggi (anche il Trattao di Lisbona), e votare sui princìpi è assolutamente fattibile, né la sinteticità è un problema, visto che non c’è bisogno di scrivere i particolari a quel livello.

  2. mirco

    Sulla indispensabilità che L’Unione Europea si doti di istituzioni politiche democratiche e funzionanti in modo tale che eserciti a livello internazionale un ruolo di vera entità statale al modo di una federazione, credo che non ci debbano essere dubbi. Giunti a questo punto credo che occorra ripartire da chi ci sta. Creando una vera federazione di stati con un goveno un parlamento una costituzione, una moneta ( che c’è già) e i vecchi stati nazione devono sapere che cosi facendo cederanno sovranità. Ma ciò sarà possibile se si farà capire ai popoli che ciò è un vantaggio. La BCE per esempio è controllata dal parlamento? O è un club esclusivo di banche centrali a loro volta di proprietà di banche private? Se cosi è a chi siamo in mano? agli gnomi di bruxelles? E’ vero che una quota azionaria non indifferente della BCE è di proprietà della Banca di Inghilterra anche se la G.B. non è nell’euro? Che giochi ci sono sotto? La sovranità deve rimanere appannaggio dei popoli. Questo è lo spirito dell’Europa.

  3. Simone

    Sono d’accordo su quasi tutti i punti, è una materia cosi complicata che la scenta del cittadino è molto problematica. Il fronte del si in Irlanda ha sottovalutato il rischio di bocciatura. Sono in Irlanda da un pò e posso dire che dal fronte del popolo Irlandese, la grande crescita economica degli ultimi 20 anni sta rendendo gli Irlandesi un pò troppo fieri di se stessi, e credo che non valutino adeguatamente l’utilità che ha avuto per loro l’EU. Oltre che ai 40miliardi di euro ricevuti in 30 anni, anche la possibilità di avere un mercato unico da centinaia di milioni di abitanti attorno a casa. Inoltre, la loro attitudine per gli USA credo che abbia un ruolo, sono convinto che preferirebbero essere il 51esimo stato USA che non il 27esimo dell’EU! Una bella procedura per l’uscita dall’Irlanda dall’UE, inevitabile per far procedere il trattato, darebbe certamente una scossa utile per far capire agli irlandesi che cosa vogliono fare da grandi.

  4. LUCCA

    In primis, mi sembra illogico che una decisione di tale portata , sia sottoposta al consenso di "commoners" che certamente non sono in grado di tradurre in parole chiare, i concetti giuridici contenuti nel quesito sottoposto. D’altra parte, mi sembra che nessuno abbia ricordato agli irlandesi gli enormi aiuti economici concessi dalla UE, almeno per quanto ne so. Mi sembra, oltretutto, strano, che poche centinaia di migliaia di irlandesi, possano condizionare cosi importate processo in atto. Bisognerebbe spiegare loro che le scelte sono due e solo due: o SI o FUORI.

  5. Eugenio

    Cari lettori, Ma siamo sicuri che gli irlandesi abbiano detto “no” perché non capivano il contenuto del testo? Questa può essere una delle ragioni, ma forse la delusione verso “l’istituzione Europa” è un motivo ancora più forte. Mi spiego meglio: ora sembra che l’Europa non riesca a dare risposte alla crisi economica; negli anni novanta eravamo proiettati tutti e con convinzione verso l’unione. Dall’entrata in vigore dell’Euro vi è stato un aumento dell’inflazione (non dico che ciò dipenda dall’Euro, ma le due cose sono avvenute nello stesso tempo), è cominciata una crisi economica, aggravata ora dai “subprime” americani e si è puntato all’allargamento ad est prima che il gruppo “storico” dei paesi europei si consolidasse (sia da un punto di vista economico che istituzionale). Eugenio

  6. Massimo GIANNINI

    Non è la prima volta che viene espresso un dissenso disinformato. Ciò accade tutte le volte che si indice un refrendum su materie di cui il cittadino comune non ne sa nulla oppure laddove si vuole sostiture una politica incapace con la volontà popolare. Il caso dell’Iralanda è un déjà vu. E’ inutile lamentarsene ora. E nemmeno si possono seguire strade altrettanto non democratiche come l’espulsione dell’Irlanda o l’entrata in vigore del Trattato a prescindere, cose non fatte a suo tempo per Francia o Olanda in situazioni simili. Si creerebbe un precedente non da poco dal punto di vista legale, procedurale, politico e diplomatico. E la storia si ripete. Tanto valeva eventualmente avvertire l’Irlanda prima…Quello che resta è una magra constatazione: una politica europea che non convince e non informa, e probabilmente non é solo una questione di testo di un Trattato illeggibile. Da quando i cittadini leggono le leggi?

  7. bertino andrea

    A mio avviso, l’errore di base è a monte: da sottoporre a referendum non deve essere un singolo trattato ma l’idea stessa: non ho ricordi di aver mai votato ad un referendum che mi chiedeva "vuoi tu entrare a far parte cella comunità europea , nella buona e nella cattiva sorte (e non solo quando ricevi i finanziamenti) finche morte non ci separi?" (perdonatemi la battuta un po tendenziosa) Ha mio avviso non tutti sono daccordo nel proseguire in questa direzione….E’ necessario capire chi è veramente interessato ad andare avanti e battersi per l’ ideologia di una Europa unita che sta alla base di tutte le scelte politiche successive. Moneta unica, libera circolazione, proggetti di difesa comuni, sono cose che indubbiamente ci legano gli uni agli altri ma prima di fare il passo successivo è ora di capire le intenzioni dei popoli che la compongono : la mia impressione è che fino a quando ci sono dei vantaggi diretti come i finanziamenti, va tutto bene e siamo d’amore e daccordo ma appena cambia il vento c’è chi cambia idea con lui. Un altro punto su cui si deve intervenire sono gli enormi sprechi del Parlamento Europeo: fino a quando sarà quella marmagia burocratica a guidarci, non eve sorprendere se qualcuno appena gli viene data la possibilità ci sputa sopra…Un altro punto su cui si deve intervenire sono gli enormi sprechi del Parlamento Europeo: fino a quando sarà quella marmagia burocratica a guidarci, non eve sorprendere se qualcuno appena gli viene data la possibilità ci sputa sopra…

  8. Riccardo

    Sono completamente d’accordo con l’analisi dell’articolo e soprattutto con la sintesi del problema, come presentata nella 4a possibilità. Il problema (anzi l’errore) è proprio aver sottoposto un quesito così importante e complesso ad una percentuale infima di Europei (0,175% i NO). Penso che la soluzione sia proprio quella di escludere (o almeno minacciare di farlo) l’Irlanda da tutto il consesso europeo, tagliandola dagli importantissimi fondi strutturali, dal fondo sociale Europeo con il vantaggio che non dovremo più includere il gaelico tra le lingue comunitarie… Penso che quelle elite politiche e anche economiche che hanno democraticamente lasciato la parola al popolo (senza informarlo) faranno marcia indietro rapidamente. Se lo faranno, sarà per il bene dell’integrazione europea e dell’Irlanda… se non lo faranno, sanciranno la fine della miglior performance economica degli ultimi anni!

  9. Fabio Pietribiasi

    Condivido la proposta di aprire una procedura per cacciare l’Irlanda fuori dall’Unione, in quanto monito per eventuali futuri distratti membri della comunità ed espediente tecnico per non dover affrontare un nuovo imbarazzante periodo di impasse. Di fronte a questa minaccia, gli amici irlandesi recupereranno un po’di memoria e guarderanno ai dati del loro dare – avere con Bruxelles, scoprendo di essere da molti anni dei beneficiari netti. Però non ridurrei tutto ad un problema di comunicazione. Sull’Unione pesa come un macigno la mancanza di un progetto capace di indicare una meta e di raccogliere consensi di tipo identitario. Non credo che si possa proseguire con modesti aggiustamenti istituzionali e in generale sono convinto che il pensiero funzionalistico e gradualistico non abbia molte prospettive davanti a sé. Probabilmente lo stesso strumento del Trattato va usato con piena consapevolezza dei suoi limiti. Mi aspetto che i maggiori leader europei se ne facciano interpreti e ci possano sorprendere con una proposta che non sia relativa al sistema di votazione del Consiglio.

  10. Simone Roberto

    La domanda posta all’interno dell’articolo, se cioé sia giusto sottoporre a referendum popolare una questione tanto "tecnica" come l’approvazione del trattato di Lisbona, ha del paradossale. Le Costituzioni, a partire da quella americana, sono evidentemente qualcosa di "tecnico". E tuttavia regolamentano la vita di tutti i cittadini. Mi oppongo fermamente all’idea che un gruppo ristretto di tecnici sia pure di indubbio valore, stabiliscano quali siano le regole fondamentali del mio modo di vivere senza che io possa in alcun modo esprimermi in proposito! Qui non stiamo più parlando del futuro dell’Europa: stiamo parlando del futuro della democrazia. Ed è un discorso tutt’altro che accademico. Per quanto mi riguarda, e parlo da convinto europeista, o l’Europa saprà riscoprire le motivazioni profonde che sono alla base della sua nascita (a partire da quelle ormai fuori moda della Pace e della Democrazia, appunto) oppure la sua esistenza semplicemente non ha alcun senso.

  11. padanus

    Difficile avvicinare l’Europa ai cittadini sostenendo che è un argomento troppo complesso! Dal sito http://www.libertas.org/content/view/293/139/ otto ragioni per votare no: 1-Crea un presidente ed un ministro degli esteri non eletti direttamente 2-Dimezza il peso dell’Irlanda, duplica quello della DE 3-Abolisce il commissario irlandese per 5 anni 4-Apre la porta all’interferenza EU in campo fiscale 5-Potere alla UE in 60 materie, voto a maggioranza 6-Competenza esclusiva alla UE su Commercio Internazionale e Investimenti esteri 7-La legge UE è superiore alla legge Irlandese 8-Referendum ora o mai più ed infine, il messaggio dei sostenitori irlandesi è di tornare a Bruxells e negozionare un accordo migliore. L’approccio italiano secondo cui ciò che è europeo è bene per definizione, è strano. Più pragmantico è comprendere cosa ci guadagna l’italia, il sud ed il nord, da questo accordo. Gli irlandesi sostengono che per loro gli svantaggi superano i vantaggi, quindi NO. Democrazia vuole che si spieghi agli italiani cosa ci guadagnano e cosa ci perdono. Potrebbe essere compito vostro, magari partendo dagli 8 punti evidenziati dagli irlandesi.

  12. Domenico Pompeo

    Se l’Europa appare lontana potrebbe essere un problema creato da una tecno/burocrazia lontana dai cittadini. Oggi il problema non è dentro o fuori l’Europa, perchè l’Europa è già nazione, culturalmente, con legami molto più forti di quanto, artatamente, è sempre stato posto a dividerci.Noi tutti siamo già in Europa! E quest’Europa deve diventare l’Europa dei cittadini e non delle lobbies; quando il parlamento sarà davvero rappresentativo, quando vi saranno elezioni con veri partiti europei, non localistici, con rappresentanti dei cittadini e non dei gruppi egemoni, quando vi sarà un reale governo federale, allora. C’è molto da fare prima di cacciare la povera e civile Irlanda. Dovremmo cacciare allora anche la Francia e l’Olanda? Il vero problema è che la doverosa unità "politico-amministrativa" dell’Europa deve trovare una nuova linfa. Piccola postilla. Negli anni ’80 ho soggiornato in Spagna per impararne la lingua e ricordo il mio stupore nell’ascoltare i colleghi degli Stati Uniti commentare quanto fossimo simili per tantissimi aspetti italiani, francesi, tedeschi, belgi, ecc. molto più ad es. di uno di New York con uno del Texas. Grazie per lo spazio concesso!

  13. Stefano Manestra

    Vorrei aggiungere un’altra critica all’uso del referendum in materia di unione europea. Tali votazioni, in quanto "nazionali", sono un ibrido fra il principio "una testa un voto" e "uno stato un voto": nei sistemi federali i due principi sono separati e si incarnano in due camere separate, una proporzionale alla popolazione e l’altra agli stati. Alcuni paesi europei, invece, prima fanno votare le teste e poi le uniscono in un "no" o un "sì" unico da far valere, come stato, di fronte a tutti gli altri stati. Se, per ipotesi, in Francia si fosse tenuto un analogo referendum e avesse vinto il "sì", questo sarebbe stato virtualmente annullato dal "no" dell’Irlanda: il voto di un irlandese (meno di 4 mln di abitanti) sarebbe stato equivalente a quello di 15 francesi (60 mln). In questa materia, se si deve fare un referendum, questo non può che essere europeo: una testa un voto, ma in tutta l’Europa; se si vuole votare per stati, è più logico che a farlo siano i singoli parlamenti. I referendum nazionali su materie europee sono perciò demagogia (disinformata, come giustamente dice l’articolo) e nessun paese che li prevedesse nella propria costituzione dovrebbe far parte dell’UE.

  14. Marco

    Capisco che una forma di democrazia diretta, simile a quella dei cantoni svizzeri, sia impossibile da applicare in Europa, ma qual è la soluzione? Gli argomenti a favore della non accettabilità di referendum popolari non mi entusiasmano e mi fanno piuttosto pensare ad un ritorno ad una oligarchia ottocentesca, di pochi illuminati che pensano, sanno, dirigono per tutti. Meglio mi sembrerebbe spiegare bene cosa c’è in ballo e chiedere prima alla gente se è d’accordo o meno a delegare all’Europa poteri tanto ampi. Concordo con quanto detto da altri lettori: l’Europa non viene percepita come amica della gente, piuttosto come feudo degli euroburocrati. Oltretutto con una storia alle spalle di potere ridicolmente esercitato anche su aspetti marginali ma irritanti. Si sono esasperati i cittadini con le forzate standardizzazioni su piselli o banane, mentre nessuno ha spinto per una più decisa condivisione dei programmi scolastici, della storia europea, promovendo una lingua comune, programmi tv condivisi, insomma un comune sentire nella vita di tutti i giorni. Mi parrebbe assai più accettabile una forte federazione di stati, basata su pochi ma solidi e semplici aspetti.

  15. ernesto scontento

    I no sono no, senza tanti se e ma…..gli Irlandesi sono come tutti gli esseri umani voglio che le cose funzionino senza che il loro benessere ne risenta. L’affluenza è stata di poco superiore al 50% e anche questo la dice lunga sul fatto di quanto sentano l’europa. Ma come dargli torto,L’Europa non solo ti fa competere con i paesi Asiatici che forzano la concorrenza sulo sul Dumping sociale, ma ti fa competere anche con i paesi dell’est dove un operaio costa 250,00 euro al mese. Basterebbe parlare con una badante per farsi dire che rimpiange il regime Comunista, e ai voglia di magnificarli le virtù Democratiche perchè lei di dice "che in Romania per vivere ci una famiglia deve avere un reddito di almeno 1.500,00 euro al mese". Possibile che non si sia ancora capito che la paura dell’idraulico polacco e altri segnali di chiusura sono frutto di una Europa solo monetaria e non integrata, possibile che l’unica virtù della globalizzazione sia quella di impoverire le classi lavboratrici e salariate. Ultimo esempio, sono le 60 ore settimanali…..ma non basteranno dovremmo ancora cinetizarci di più.

  16. Geneviève Lecamp

    Oltre a condividere le opinioni espresse, va anche detto che il segnale irlandese con quelli precedenti francese e olandese da un’immensa opportunità all’UE di rigenerarsi con l’aiuto questa volta degli Stati, dei partiti e dei sindacati. Basta prendere i soldi comunitari senza riferire ai cittadini di base perché occorre riunire le nostre forze in un mondo che cambia e che richiede nuovi investimenti nel capitale umano, nella ricerca/sviluppo, nella salute, ecc. Meglio sapere subito chi aderisce ad uno nuovo spirito di imprenditorialità, di "solidarietà/competitività", di empowerment e di nuove forme di governance. Perché non chiedere ai cittadini se vogliono un’Italia, una Francia fuori dell’Europa, senza rapporti internazionali intrecciati mercé l’Unione europea, senza una legislazione che li protegge, senza una strategia di sviluppo sostenibile? Indicare i volumi finanziari trasferiti dal trattato di Roma nei vari paesi, se si vuole giocare a "give me my money back".

  17. Bruno Stucchi

    Quarta soluzione: rifondare l’Europa su basi più solide di un componimento da liceale (ex Costituzione europea). Ma dire che gli irlandesi erano disinformati è una bischerata…

  18. nicolai caiazza

    Purtroppo noto che si tratta con disprezzo gli "ingrati"irlandesi. Secondo c’è tutta una campagna per far slittare l’argomento centrale di cui sono coscienti i popoli europei. La UE funzione come una dittatura del grande capitale e della grande finanza. la BCE è un organo privato che però detta direttive ai vari Stati. La Commissione europea non è eletta da nessuno ed emana direttive. La UE ha come piano privatizzare tutti i servizi, compresa l’acqua. La UE ha come piano portare l’orario di lavoro settimanale a 65 ore. La UE ha il piano di eliminare il salario minimo (dove c’è, in Italia non c’è memmeno quello). La UE vuole introdurre norme per la deportazione degli immigrati "illegali". La UE voleva imporre ai paesi africani un trattato commerciale che permetteva l’esportazione dei prodotti europei nei loro paesi, così da ridurre ancora peggio le condizioni dei piccoli produttori africani. Gli stessi cittadini europei con l’introduzione dell’Euro sono stati defraudati di oltre il 20%…. Allora, di quale Europa si parla? Ogni volta che la gente si può esprimere dice queste cose. Allora meglio tappare loro la bocca e fare decidere al personale parlamentario.

  19. Alberto

    Sono completamente d’accordo su ogni punto dell’articolo. Non è più possibile procastinare una riforma indispensabile per il futuro dell’Europa, in realtà già il trattato di Lisbona è un compromesso al ribasso come definitodallo stesso Presidente Napolitano. L’idea di far approvare un trattato del genere con una consultazione referendaria è a dir poco folle, infatti pochissimi hanno davvero la competenza giuridica per capire nel pieno un testo costituzionale. Nessuna costituzione, a parte quella della V repubbblica francese ovvero l’attuale, è mai stata approvata in Europa con un referendum. Sono particolarmente concorde con il punto in cui si afferma che chi non ha intenzione di partecipare al processo di unione istituzionale della UE o che ci voglia stare ponendo continui veti è meglio che ne resti fuori o che i principali stati (in particolare i fondatori) facciano sentire la loro voce. Sarebbe il caso che anche il nostro governo dettasse una linea chiara e non ascoltasse le posizioni demagogiche di alcune sue componenti politiche.

  20. carlo de luca

    Sono d’accordo chi non ci sta esca dall’UE. Ma nel frattempo riformiamo l’Unione europea.

  21. stefano delbene

    Mi rendo conto che le mie argomentazioni, provenienti da un contesto politico a voi molto lontano, possano sembrare "lunatiche", ma chiedo "democraticamente" ospitalità, e chiedo scusa se offenderò qualcuno. Il fatto ci si ponga il problema del fatto che la Costruzione Europea possa essere compromessa dal voto contrario (per di più da una minoranza di votanti) dal piccolo ed ingrato (e magari un po’ spocchioso) popolo irlandese può apparire uno scandalo solo se non si tiene conto del fatto che si tratta dell’unico popolo che ha avuto e che avrà il privilegio di votarlo. Sarebbe curioso verificare se in tutti i paesi si svolgessero analoghi processi quale sarebbe il risultato. Gli Irlandesi giustamente non si fidano di processi non democratici: è interessante notare che nell’articolo non si faccia alcun riferimento al processo che portò l’Italia alla scelta della propria Legge Fondamentale: prima un referendum sulla forma di stato, contemporaneamente l’elezione dell’Assemblea Costituente, rappresentativa di tutta la popolazione, incaricata di redigere il testo. Forse potrebbe essere questa la "quinta" opzione, e forse il risultato (Trattato) sarebbe diverso.

  22. Paolo Bossi

    Credo che l’immutato ultra europeismo italiano sia connesso alla scarsa stima e fiducia che giustamente gli italiani hanno nei confronti della loro classe politica: "Magari fossimo governati dall’U.E.!". Per converso, in Paesi con una migliore governance (fatta anche di sistemi costituzionali più efficenti e di politici con senso dello Stato), è difficile ai cittadini accettare l’aumento delle deleghe della propria sovranità. Forse è l’idea stessa d’Unione Europea ad essere in crisi. Forse si è andati oltre le reali intenzioni ed esigenze di gran parte dei cittadini europei (almeno di quelli con identità nazionale più forte e radicata). Si è avviato ad un meccanismo autoalimentato: ad ogni semestre, la Presidenza di turno vuole creare "più unione"! La soluzione potrebbe consistere nel ridimensionare l’attività dell’U.E. ad aspetti più consoni (es. regole commerciali, integrazione tra culture, ecc.) ad un’organizzazione tra Stati sovrani. Nel frattempo, si dovrebbe lavorare maggiormente alla promozione "educativa" d’una maggiore Unione. Verrà in futuro il momento – quando sarà davvero maturata una diffusa consapevolezza popolare – di far ripartire il processo!

  23. Paolo Cesario

    Ritengo che l’approvazione popolare a un testo costituente si realizzi o per delega tramite un’assemblea costituente appositamente eletta, o per referendum se il testo è redatto da esperti non eletti appositamente dal popolo. il fatto che la costituzione sia federale aggiunge una qualche complicazione. la cosa potrebbe essere risolta con una doppia delega creando una seconda "camera" costituente con numero ristretto di rappresentanti dei singoli stati con compiti di indirizzo (fornire alla camera che redige i motivi di contrarietà degli stati) e di approvazione degli articoli, con un processo affine a quello secondo cui interagiscono a Bruxelles la commissione, il parlamento ed il consiglio. il fatto di applicare principi ibridi nella scelta di chi redige il testo (in ogni caso gente non eletta per tale mandato) lascia in un limbo legislativo le modalità di approvazione. c’è qualcuno che mi fa capire (confesso la mia ignoranza) come è stata definita o perchè non è stata definita una procedura univoca?

  24. giorgia

    Sottoporre il trattato a referendum è una questione di democrazia, una democrazia partecipata, fatta di cittadini che di fatto mantengono la sovranità, come vuole la nostra costituzione, e l’articolo,comparando la "disinformazione" a una questione di "moderna democrazia parlamentare", mette in discussione uno dei principi cardine della costituzione italiana, la sovranità popolare. Se entrare in europa con un simile, e secondo il mio parere sbagliato, trattato significa perdere la sovranità popolare credo sarebbe opportuno proporre un referendum anche in italia se siamo tutti d’accordo a non rivisitare la nostra costituzione vendendo la sovranità popolare in cambio di"la moderna democrazia parlamentare" è una questione di democrazia,partecipata o delegata?Ma se anche propendessimo per la delega pongo una questione:perchè l’unico organo democraticamente eletto secondo le modalità proprie della democrazia rappresentativa, ovvero il Parlamento europeo, ha quasi esclusivamente funzione consultiva, mentre la funzione legislativa è quasi totalmente nelle mani del consiglio? (con elementi di flessibilità del tutto macchinosi, almeno a parere del Conforti e non solo?) di fatto i cittadini….

  25. giorgia

    Gli europei sono dotati di scarso potere decisionale e lo dimostra anche il fatto che molti di loro sono disinformati sulle questioni europee: questo non è un loro difetto, ma un difetto connaturato alle modalità prescelte per costruire questa Unione europea. Credo che non si debba cercare un modo per buttare fuori l’irlanda perchè ha popolarmene espresso il suo dissenso (non è stato fatto per francia e olanda nel 2005) ma credo che ci si debba domandare perché un Unione di stato avanzato come si vuole quella europea debba essere imposta senza il consenso dei popoli. Non sono contro l’europa, ma per un europa migliore, democratica, che abbia come principi fondanti la demilitarizzazione, a pace , i diritti dei lavoratori e dei cittadini,la solidarietà sociale, la redistribuzione delle ricchezze,il rispetto dell’ambiente, un economia solidale e antiliberista, che sia per i beni comuni che fondano la comunità e non per la mercificazione dei diritti inalienabili dell’uomo, che combatta la speculazione finanziaria: un europa che si fondi su una democrazia partecipata e dal basso. Non può esistere una Unione formata solo da burocrati e tecnici,sarebbe imposizione vincolante senza partecipazione.

  26. franco

    Il referendum per la democrazia sono come l’aspirina per la malattia, cioè ti da sollievo per un pò ma poi il male ritorna. Volevo ricordare a Giorgia che circa 25 anni fa alcuni "furboni" chiesero a mia zia Giacomina di 80 anni e semianalfabeta, se preferiva o no il nucleare.Mia zia disse no! Oggi quella decisione "furba" (furbo dallo Zanichelli: ..di chi sa mettere in pratica accorgimenti sottilie abili, atti a procurargli vantaggi e utilità) è sotto gli occhi (soprattutto le tasche) di tutti. Una minoranza (termine contradditorio con democrazia) che ha avuto palesemente vantaggi da questa sgangherata Europa, oggi con la pancia piena dice no. Mi chiedo: vogliamo tornare alla democrazia vera? Senza che decisioni prese in maggioranza vengono bollate con termini tipo: mancanza di rispetto per le minoranze, per le comunità locali per l’identità del posto etc. Questo discorso vale molto anche per il nostro
    Paese, che da 15 anni a questa parte viene sistematicamente preso in giro dal folklore politico di certi piccoli uomini!

  27. paolo t.

    Forse non è la sede migliore citare Frattini circa l’incomprensibilita’ del "burocratese europeo" con la normale dialettica del popolo degli elettori continentali, ma potrebbe essere estremamente educativo far comprendere la perdita del status di paesi menbri con contestuale rimborso dei finanziamenti goduti nel periodo precedente al voto. Sarei veramente curioso di vedere le reazioni.

  28. giacomino

    Un’Europa dal sapore totalitario "La scorsa settimana gli elettori irlandesi con chiara maggioranza hanno rifiutato di ratificare il trattato di Lisbona dell’UE che dovrebbe sostituire il progetto di costituzione, a suo tempo condannato dal voto popolare di Francia e Olanda. Due le immediate reazioni degli ambienti ufficiali di Bruxelles e degli eurofili di diverse nazionalità. Mancanza di comunicazione e, l’Irlanda ha detto no, ma altri diciotto paesi hanno già detto sì. Reazioni speciose, faziose e anche offensive per gli elettori irlandesi. Mancanza di comunicazione. È la solita solfa, i votanti sono una banda di persone rozze ed impreparate ai quali non si è riusciti a spiegare bene l’essenza della proposta, altrimenti avrebbero votato sì. Smettiamola con queste finzioni, o peggio arroganza, in virtù della quale i cittadini sono intelligenti, hanno capito e fanno il proprio interesse solo se votano come vogliono i governanti. Il popolo ha spesso una capacità di sintesi nel suo buon senso, come lo dimostrano plurime votazioni in Svizzera, che talvolta manca ai governanti.

  29. franco

    Perchè oltre il no al trattato il "popolo irlandese" non ha detto no pure al fiume di denaro che la UE gli ha dato? O facciamo come in Italia dove coloro che hanno parlato male della Cassa del Mezzogiorno sono proprio coloro che ne hanno usufruito a man bassa. La globalizzazione sta facendo emergere un atteggiamento nuovo: ormai va a votare la parte meno produttiva, più anziana, meno colta, più assistita di ogni Paese.

  30. Davide

    Riassumo: gli irlandesi, dice l’autore dell’articolo, hanno bocciato il trattato perché non lo capivano. Su quali fonti si basa, non é dato di sapere, ma passiamo oltre. Ci sarebbe anche il precedente francese ed olandese, che hanno detto no in precedenza. Neanche loro l’hanno capito presumo. Il fatto che non lo capiscano é normale, dice Manzini, é impossibile scrivere un trattato costituzionale comprensibile ai non esperti. Il fatto che una costituzione enunci principi generali e non elementi in sé incoprensibili e che nessuno abbia problemi a leggere e capire quella italiana, ad esempio, non sembra essere pertinente. Conclusione: non sono i legislatori che dovrebbero essere in grado di scrivere una legge costituzionale chiara, in modo che chi vota possa votare informato, ma sono i cittadini che devono abdicare il loro diritto a decidere, visto ogni volta che votano la costituzione europea nelle sue varie versioni si ostinano a bocciarla.

  31. Lucio Sanna

    E se invece gli Irlandesi avessero detto no all’Europa dei Banchieri Privati della BCE? All’Europa costruita sull’Euro, Moneta-debito che indebita inesorabilmente i Popoli europei e ingrassa i ricchi banchieri capitalisti Anglo-Americani massoni? Se invece avessero negato validità al Trattato di Maastricht col quale una cricca di politici venduti al grande potere finanziario internazionale, ha letteralmente svenduto la "sovranità monetaria" dei Popoli Europei in favore dei loro padroni banchieri privati che usurpando agli Stati il potere di battere moneta e lucrando sul "Signoraggio bancario" si arricchiscono sulla pelle dei Cittadini Europei? E se fossero più intelligenti di quel che sembra? E se si facesse un referendum analogo anche nel resto dei Paesi europei e si scoprisse che la grande truffa dell’ Europa costruita dai banchieri per i banchieri crollasse come un castello di carta? Potrei continuare ma ce n’è abbastanza…

  32. Paolo Sinigaglia

    Non è del tutto vero che "non esiste alcun modo di scrivere le regole per la vita comune di 27 paesi in maniera che sia immediatamente leggibile anche per i non esperti". Un modo di rendere un poco più comprensibile la Costituzione europea o il Trattato di Lisbona consolidato c’era. Sarebbe bastato nel primo caso dare carattere costituzionale solo alla prima e alla seconda parte del trattato (principi comuni e carta dei diritti fondamentali), dichiarando la terza parte (il funzionamento) non-costituzionale, in quanto emendabile in maniera semplificata: 87 pagine anziché 341 possono aiutare nella comprensione. Nel secondo caso si sarebbe potuto fare qualcosa di più: evitare di diffondere al pubblico il Trattato di Lisbona così com’è, visto che è incomprensibile ai più, ma dare la massima diffusione al Trattato sull’Unione Europea consolidato (TUE) abbinato in un unico libretto con la Carta dei diritti fondamentali, tralasciando (per gli stessi motivi) il Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE): anche in questo caso 78 pagine invece di 453 avrebbero aiutato nella comprensione.

  33. mauro

    Un trattato che abolisce le costituzioni riammette la pena di morte (le forze dell’ordine possono sparare sulla folla in tumulto, che si prevede per i prossimi anni..viste le crisi sovrane!) e lei giudica l’unico atto informato delle nazioni europee ,un no disinformato? Li hanno dovuti ricattare gli irlandesi (con la minaccia di non fornire aiuti e abolendo il fronte del no dai media!) per fargli votare SI con un secondo ridicolo referendum in pochi mesi,comunque un atto antidemocratico! Perchè allora non il terzo o il quarto? Gli altri popoli europei sono stati tenuti all’oscuro dalle loro classi politiche nessuno sa che abbiamo approvato il trattato (abolito la costituzione in favore di quella europea,riamesso la pena di morte!) e lei giudica il NO degli Irlandesi un NO disinformato? Se loro sono disinformati noi che non ne sapevamo nulla, cosa siamo?

Lascia un commento

Non vengono pubblicati i commenti che contengono volgarità, termini offensivi, espressioni diffamatorie, espressioni razziste, sessiste, omofobiche o violente. Non vengono pubblicati gli indirizzi web inseriti a scopo promozionale. Invitiamo inoltre i lettori a firmare i propri commenti con nome e cognome.

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén