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MAESTRO DI RISPARMIO CERCASI

Una quota rilevante della popolazione italiana ha un basso livello di alfabetizzazione finanziaria. Lo dimostra l’ultima Indagine della Banca d’Italia sui bilanci delle famiglie italiane. Solo il 60 per cento calcola correttamente la variazione del potere d’acquisto di una somma e circa metà è in grado di leggere correttamente un estratto conto bancario, di comprendere l’andamento dei corsi azionari e le caratteristiche di diversi tipi di mutuo. Un problema serio. Perché sembra difficile convivere con i rischi del futuro senza possedere almeno l’abbicì della finanza.

In un mondo sempre più complesso, rischioso e basato sulla responsabilità dei singoli, gli italiani si scoprono improvvisamente “impreparati” a svolgere un’attività che peraltro li ha sempre visti primeggiare, quella del risparmio. Quando il risparmio era impiegato in buoni postali o in titoli di Stato, o tenuto in conti correnti e, a sua volta, la pensione (interamente pubblica) era basata sulla regola del “due per cento di una media delle ultime retribuzioni per ogni anno di lavoro”, i conti  erano relativamente facili e a nessuno sarebbe venuto in mente di interrogarsi sull’ignoranza finanziaria degli italiani. Oggi che le scelte finanziarie si sono complicate, i mutui a tasso variabile impongono oneri crescenti alle famiglie indebitate, la pensione pubblica non basta più e quella privata, priva di garanzie, subisce tutti i rischi di un mercato finanziario tumultuoso, si scopre che l’antico buon senso è insufficiente, e il problema di quanto sappiano gli italiani in materia finanziaria sembra esplodere, anche se, come sempre, sulla scia di quanto già accaduto in America.

MA QUANTO SIAMO IGNORANTI

Ma gli italiani sono veramente ignoranti in materia di risparmio? L’ultima edizione dell’Indagine della Banca d’Italia sui bilanci delle famiglie italiane (Bfi) consente di tracciare un primo profilo della loro alfabetizzazione finanziaria (anche il termine è mutuato dalla letteratura americana) e delle loro capacità numerico-finanziarie. In linea con i quesiti presenti in indagini campionarie già sperimentate in Europa e negli Stati Uniti (1), le domande (riportate in appendice) valutano la capacità di calcolare le variazioni nel potere di acquisto, distinguendo tra tasso di interesse nominale e tasso reale; di misurare gli interessi maturati in un conto con capitalizzazione composta; di confrontare tassi di rendimento; di distinguere tra rate costanti e variabili di un mutuo. L’elaborazione delle risposte dovrebbe non soltanto fornire un quadro di quanto gli italiani sanno o non sanno, ma anche un’analisi degli effetti del livello di conoscenza sulla capacità di pianificare il risparmio (soprattutto per l’età anziana) e sull’accumulazione di ricchezza, sulla scia di studi sviluppatisi negli ultimi anni soprattutto negli Stati Uniti e più recentemente anche in Europa. (2)
Le prime elaborazioni non sono tranquillizzanti, anche se nel bene e nel male, non siamo troppo dissimili dai risparmiatori di altri paesi. Una quota rilevante della popolazione possiede un basso livello di alfabetizzazione finanziaria: in media, soltanto il 47 per cento delle famiglie risponde in maniera corretta, mentre circa il 34 per cento dichiara di non saper rispondere. Appena il 60 per cento calcola correttamente la variazione del potere d’acquisto di una somma e circa metà è in grado di leggere correttamente un estratto conto bancario, di comprendere l’andamento dei corsi azionari e le caratteristiche di diversi tipi di mutuo. La domanda più difficile si rivela essere quella sulla capitalizzazione composta (quiz 4): nonostante non si richieda un calcolo esatto ma solo un’indicazione di tipo ordinale, soltanto il 27 per cento delle famiglie risponde correttamente. 
Le figure sotto riportate mostrano la media delle risposte alle sei domande. La mancanza di alfabetizzazione finanziaria è ampiamente diffusa nella popolazione, e particolarmente marcata in specifici gruppi. Le donne, ad esempio, sembrano un po’ meno preparate degli uomini, ma ciò potrebbe essere un retaggio della loro passata esclusione da compiti di gestione finanziaria. Inoltre, la percentuale di risposte corrette è, comprensibilmente, inferiore tra gli anziani. Questo potrebbe segnalare diversità di comportamenti tra le generazione o essere il risultato della minore complessità della finanza famigliare del passato. Infine, l’alfabetismo finanziario appare positivamente correlato con il livello di istruzione, anche se vi sono quote rilevanti di diplomati e laureati che sbagliano o non sanno rispondere, segno che questo tipo di capacità non necessariamente si imparano a scuola.

GLI EFFETTI DELLA CONOSCENZA

Come ci si poteva aspettare, i dati mostrano una correlazione positiva tra il livello di ricchezza accumulata e il grado di conoscenza numerico-finanziaria, valida a prescindere dal grado di istruzione. Correlazione, ovviamente, non vuol dire causalità, e quindi nulla autorizza a sostenere che una maggiore preparazione induca le persone a risparmiare di più (potrebbe essere vero il contrario, ossia che l’essere ricchi induce a migliorare le conoscenze in materi). Per studiare un po’ meglio il fenomeno, si è effettuata un’analisi sul campione dei capifamiglia prossimi alla pensione (in età 50-65), ma ancora attivi. La capacità di rispondere correttamente alla domande dell’indagine Bfi è usata, insieme ad altre variabili socio-demografiche, per spiegare alcune misure di ricchezza famigliare. Anche se non è possibile dire nulla di certo sull’adeguatezza del risparmio accumulato (perché occorrerebbe tenere conto anche dei diritti maturati nel sistema pensionistico, che tipicamente costituiscono la parte più cospicua della ricchezza accumulata da questa fascia di età), i risultati mostrano però un significativo effetto positivo del grado di conoscenza finanziaria sulla ricchezza maturata in prossimità della pensione.
L’ignoranza finanziaria, soprattutto se si considerano le maggiori incertezze che circondano le pensioni del futuro e le minori garanzie pubbliche, potrà costituire un serio problema. Ciò suggerisce l’utilità di iniziative per migliorare l’alfabetizzazione finanziaria, almeno nelle fasce di popolazione che sembrano maggiormente impreparate. Ed è utile usare proprio il termine alfabetizzazione. Come nel passato sarebbe impossibile partecipare alla modernizzazione senza sapere leggere e scrivere, sembra difficile che si possa convivere con i rischi del futuro senza possedere almeno l’abbicì della finanza.

(1) Il questionario riproduce parzialmente quello preparato da Annamaria Lusardi e Olivia Mitchell per l’Health and Retirement Study degli Stati Uniti.
(2) Lusardi Annamaria e Olivia Mitchell, (2007): “Baby-boomer retirement security: the roles of planning, financial literacy, and housing wealth”, Journal of Monetary Economics, 54, pp. 205-224; “Financial Literacy and Retirement Preparedness. Evidence and Implications for Financial Education,” Business Economics, Jan., pp. 35-44, e “Planning and Financial Literacy: How Do Women Fare?”, forthcoming in American Economic Review. Si veda anche Banks James e Zoe Oldfield, (2006), “Understanding pensions: cognitive function, numerical ability and retirement saving”, IFS WP06/05; Christelis Dimitris, Tullio Jappelli e Mario Padula, (2006), “Cognitive Abilities and Portfolio Choice”, CSEF WP 157.

Appendice

Il questionario rivolto agli intervistati è reperibile su:

Le domande di alfabetizzazione finanziaria rivolte ad una parte del campione sono:

QUIZ1: Supponga di ricevere questo estratto conto dalla sua banca; mi può dire quanto denaro è disponibile alla fine di maggio?

  1. importo euro
  2. non so

QUIZ2: Supponga di lasciare 1.000 euro su un conto corrente che le frutta un tasso di interesse dell’1 per cento e che non ha spese di gestione. Immagini inoltre, che l’inflazione sia pari al 2 per cento. Lei ritiene che, fra un anno, quando preleverà i soldi, sarà in grado di comprare la stessa quantità di beni che potrebbe comprare spendendo oggi i 1.000 euro?

  1. Si
  2. No, potrò acquistare una quantità minore
  3. No, potrò comprare una quantità maggiore
  4. non so

QUIZ3: La seguente figura mostra il valore di due diversi fondi comuni negli ultimi quattro anni. A suo avviso, quale fondo ha dato il maggior rendimento nel periodo considerato?

  1. il fondo 1
  2. il fondo 2
  3. i fondi sono equivalenti
  4. non so

QUIZ4: Immagini adesso di lasciare 1.000 euro sul un conto corrente che le frutta un tasso di interesse del 2% annuo e che non ha spese. Dopo 2 anni, quanto immagina sia la cifra disponibile?

  1. meno di 1.020 euro
  2. esattamente 1.020 euro
  3. oltre 1.020 euro
  4. non so

QUIZ6: Supponga ora di possedere solo quote di fondi comuni azionari. I corsi di borsa scendono. Lei è…

  1. più ricco
  2. meno ricco
  3. ricco come prima
  4. non so

QUIZ7: Con quali delle seguenti tipologie di mutuo lei pensa di poter stabilire fin dall’inizio l’ammontare massimo e il numero delle rate che dovrà pagare prima di poter estinguere il suo debito?

  1. Mutuo a tasso variabile
  2. Mutuo a tasso fisso
  3. Mutuo a tasso variabile e rata costante
  4. non so

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ANCORA MOLTO LAVORO DA FARE SUI FONDI PENSIONE*

13 commenti

  1. Lorenzo Marzano

    Complimenti per il lavoro. I risultati dei test sono forse sconsolanti ma mi sembrano anche ottimisti. Il mio ambiente è fatto prevalentemente di laureati (anche in materie umanistiche) e diplomati. Forse il campione non sarà significativo ma il concetto d’interesse composto è ostico per molti. Come osserva PL Odifreddi in un libro, la matematica viene considerata da molti una astruseria per pchi e lo stesso Carlo Azeglio Ciampi da Presidente della repubblica dichiarò ,di fronte a una scuola media con “civetteria”, che di matematica ci aveva sempre capito non molto. Viene spontaneo il riferimento – sono un tecnologo- che siamo un paese di cultura crociana in cui matematica e fisica sono” scienze minute “. Circa il suggerimento :in un eventuale auspicabile corso di alfabetizzazione finanziaria andrebbe a monte stressato il concetto di rischio come concetto generale che attiene a molte delle attività umane (lavoro, guida e comportamento da pedone, sanità etc). Lorenzo Marzano

    • La redazione

      Per il miglioramento dell’alfabetizzazione finanziaria sono importanti varie componenti. Dal lato dell’offerta, è cruciale la disponibilità di informazione trasparente sia sui prodotti finanziari sia sulla situazione individuale di accumulazione di risparmio per il pensionamento. Questo deve avvenire sia da parte dei soggetti privati – banche e fondi pensione – sia da quelli pubblici. In tema di pensionamento, ad esempio, i lavoratori sarebbero in grado di intraprendere scelte di risparmio più consapevoli se avessero maggiore informazione sull’ammontare accumulato presso la previdenza obbligatoria (esperimento intrapreso dall’INPS alcuni anni fa e poi abbandonato).
      Tuttavia, la disponibilità di maggiore informazione è inefficace (se non controproducente) se gli individui non sono in grado di decodificarla. Inoltre, è relativamente facile reperire informazioni generali in materia finanziaria e previdenziale (ad esempio sul sito Banca d’Italia) ma l’acquisizione di maggiori conoscenze è interamente lasciata allo sforzo individuale. Da ciò consegue l’importanza di iniziative più mirate per creare una "cultura finanziaria" e per fornire gli strumenti cognitivi per interpretare le informazioni e i segnali che il mercato e le istituzioni offrono.

  2. Salvatore Filipone

    Secondo me l’indagine non tiene conto, per quanto riguarda i giovani, di quanto poco le nuove generazioni siano portate al risparmio. Mi spiego: molti miei coetanei non si rendono conto delle opportunità finanziarie perchè oggettivamente non hanno mai avuto la possibilità di progettare un risparmio. Se l’inflazione da 20 anni è sempre programmata al ribasso rispetto all’inflazione reale, è inutile parlare di risparmio (con quali soldi?). I salari si riducono e la gente al massimo pensa a quale ipermercato gli conviene comprare i cavoli…vai ad informarti sui mutui a tasso variabile o i fondi comuni; il 90% un mutuo non se lo può mantenere e della borsa poi, solo un fesso ci può fare affidamento dopo le aziende quaotate con debiti fino al collo, crack Parmalat, Cirio, azioni Telecom e chi più ne ha più ne metta. Comunque ben vengano indagini come questa anche se sono inutili se non vengono riportate al paese reale.

  3. Vittorio

    Buongiorno, direi assolutamente sconvolgente il risultato del rapporto, soprattutto ora che il rapporto fiduciario fra banca e cliente si è rotto! La fame di profitto delle banche viene soddisfatta e resa possibile dall’ignoranza. Non basta che la stampa specializzata raramente (a volte connivente o omertosa) lanci allarmi o scopra re nudi. Le Banche trovano modi per confezionare prodotti opachi e con inefficienze finanziarie per il cliente colossali. Occorre fare tutti di più e meglio perchè un conto è tosare una pecora, un conto è scorticarla!!

  4. carlo

    Sono un ingegnere appasionato di temi economici e ho conseguito un Master in economia a Tor Vergata (seconda Università di Roma). Concordo con la tesi che c’è un bisogno diffuso di educazione finanziaria, sarei contento di potere contribuire in qualche modo, ma non so come. Mi potete dare qualche indicazione in proposito?

    • La redazione

      Non siamo in grado di darle consigli di tipo "professionale", ma è già importante che persone avvedute segnalino, per esempio, ogni tipo di improprietà nella divulgazione di notizie di tipo economico e finanziario. Non è inusuale, per esempio, che sui giornali compaiano notizie relative alla "diminuzione dei prezzi" quando in realtà è il loro tasso di incremento che scende; oppure che si confondano disavanzo e debito (flussi e stock); o ancora che si tassi di interesse reali con tassi nominali. L’andazzo è anche aiutato dal fatto che raramente i lettori segnalano. Vi è quindi uno spazio per persone come lei desiderose "di contribuire".

  5. Gaetano Proto

    Nei quiz 1 e 3 di questa sezione dell’Indagine della Banca d’Italia si fa riferimento a due “cartellini” che si trovano qui: http://www.bancaditalia.it/statistiche/indcamp/bilfait/docum/ind_06/Cart_it2006.pdf (pagine 22 e 23). Per dare un ulteriore contributo alla consapevolezza di chi legge riguardo allo stato della propria cultura finanziaria, sarebbe utile che gli autori indicassero le risposte corrette ai quiz in fondo al loro articolo. Ben vengano comunque questi sondaggi empirici, che danno risultati al di là di ogni immaginazione (a volte rosea, più spesso purtroppo fosca, come in questo caso). Come questo altro sondaggio elaborato dalla Banca d’Italia in materia di “inflazione percepita”: http://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/econo/temidi/td08/td655_08/td655/Sintesi_655.pdf

    • La redazione

      RISPOSTE CORRETTE:
      QUIZ1: €279 – vedere cartellino allegato
      QUIZ2: 2 (quantità minore)
      QUIZ3: 2 (il fondo 2 – vedere cartellino allegato)
      QUIZ4: 3 (oltre €1020)
      QUIZ6: 2 (meno ricco)
      QUIZ7: 2 (mutuo a tasso fisso)

  6. Federico Gasperini

    Lavoro ben svolto, sondaggio preparato con criterio, ma qualcuno si meraviglia ancora? Mai provato a "testare" la preparazione degli addetti al risparmio italiano in una qualsiasi filiale di una qualsiasi istituto bancario italiano? Mai provato a chiedere una spiegazione sui principali indicatori finanziari? Come pretendere che i risparmiatori abbiano consapevolezza degli strumenti finanziari? Non ci siamo, in Italia. Manca l’abc per tutto, non solo della finanza.

  7. Umberto Zaccaro

    Il problema è serio, i casi Parmalat, Bond argentini e, più recentemente, mutui a tasso variabile ne sono un esempio ma la soluzione? Campagne di informazione sulla differenza fra tasso di interesse e tasso di sconto? Su obbligazioni strutturate o semplici? Su fondi pensioni aperti o chiusi? No, credo che la soluzione possa venire, come già in altri paesi, nella affermazione di figure consulenziali professionali e sopratutto indipendenti.

  8. PAOLO ROSA

    C’è una diffusa ignoranza sia sul tema della finanza che su quello della previdenza. Bisogna introdurre nella scuola, attraverso corsi di educazione civica, un’alfabetizzazione anche sui due temi indicati.

  9. guido gay

    Secondo la Banca d’Italia (I bilanci delle famiglie italiane nell’anno 2006, – 28 Gennaio 2008, pg. 23) "circa il 27 per cento [delle famiglie] è in grado di … leggere un estratto conto". Nel vostro articolo stimate una percentuale del 50% per la stessa domanda (circa metà è in grado di leggere correttamente un estratto conto bancario). Probabilmente la Banca d’Italia non ha considerato correttamente nei propri calcoli la rotazione dei capifamiglia intervistati (a queste domande dovrebbero aver risposto solo circa metà dei capofamiglia, quelli nati in un anno pari). Come nota aggiuntiva, una misura di "alfabetizzazione finanziaria" a mio avviso non può essere riferita ad una famiglia ma sempre ad una persona della famiglia (in questo caso, il capofamiglia), indagando poi eventualmente se livelli diversi di competenza personale influiscono sulle scelte finanziarie proprie e della famiglia. Cordiali saluti Guido Gay

  10. Carlo Banti

    Fondamentalmente i tecnicismi non interessano a nessuno e se pensiamo di poter educare gli italiani in questo modo, forse, siamo sulla strada sbagliata. UNI ISO 22222:2008, Progetica, Anasf sono solo alcune delle sigle che ci ricordano che l’alternativa è quella di legare il tema dell’educazione finanziaria a quello dell’educazione alla razionalizzazione delle proprie risorse sulla base delle proprio ciclo di vita. Auguriamoci che presto anche in Italia si possa seguire il modello inglese "Money Made Clear".

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