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Senato federale? Solo di nome

Si torna a discutere di riforma del Senato, ripartendo dal progetto elaborato dalla commissione Affari costituzionali nella scorsa legislatura. I senatori non saranno più direttamente votati dai cittadini, ma scelti attraverso un meccanismo di selezione indiretta all’interno dei consigli regionali e delle autonomie. La Camera avrà una netta prevalenza di potestà legislativa. Ma la nuova camera alta di federale avrà solo il nome. Mentre si rafforza, invece, il sistema dei partiti.

 

Con la ripresa autunnale e l’’impegno delle forze politiche a mettere mano seriamente alle riforme riprenderà vena, assieme al federalismo fiscale, il tema della trasformazione in senso federale del Senato. Politici ed esperti hanno suggerito di ripartire dal progetto di Senato federale elaborato e discusso dalla commissione Affari costituzionali nella passata legislatura, che rompe l’’attuale bicameralismo perfettamente simmetrico, operando sul modo di selezione dei senatori e sulle loro competenze. (1)

LA PROPOSTA IN DISCUSSIONE

Sulla base della proposta, i nuovi senatori non saranno più direttamente votati dai cittadini, ma scelti attraverso un meccanismo di selezione indiretta all’’interno di due consigli. Per una parte preponderante, verranno eletti dalle assemblee legislative regionali fra i propri componenti, con una assegnazione per Regione non direttamente proporzionale alla popolazione: da 12 senatori per la più grande, la Lombardia, a un senatore per quelle più piccole, il Molise e la Valle d’’Aosta. Inoltre, da due a un senatore per Regione saranno scelti dal consiglio delle autonomie locali, un organo consultivo a livello regionale costituito da rappresentanti di comuni e province, previsto dalla riforma costituzionale del 2001, ma finora funzionante in una sola Regione.
Quanto alle competenze politiche, i nuovi senatori non voteranno più la fiducia al governo, mentre per quelle legislative la proposta introduce una divisione di compiti fra la Camera e il Senato, che privilegia fortemente la prima. In sostanza, per le leggi costituzionali o di rango costituzionale le due assemblee avranno poteri paritari; per un gruppo di materie riguardanti i poteri delle Regioni, la Camera potrà rifiutare le modifiche del Senato solo votando a maggioranza assoluta, mentre per tutte le altre leggi, compresa quella di bilancio, la Camera avrà una netta prevalenza di potestà legislativa, potendo rifiutare o non considerare, a seconda dei casi, gli emendamenti proposti dal Senato.

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DOV’È IL CARATTERE FEDERALE?

Nel complesso, tenuto conto del modo d’’elezione e delle competenze legislative, a dispetto del nome il nuovo Senato sarà poco federale. Il sistema di rappresentanza, invece di introdurre il nuovo profilo regionale, rafforzerà piuttosto il sistema dei partiti esistenti.
Vediamo il perché. Se si vuole che una camera rappresenti effettivamente le Regioni, non vi è alternativa al modello del Bundesrat tedesco, dove i componenti sono scelti di volta in volta dagli esecutivi regionali, i governi dei Laender, e votano su diretta istruzione di questi.
Per comprendere perché il nuovo Senato non possa rappresentare le Regioni, né come enti, né come comunità, basta una piccola riflessione. Secondo il progetto, il carattere federale dovrebbe derivare dall’’assegnazione non proporzionale rispetto alla popolazione dei senatori e dall’’elezione da parte dei consigli regionali. Alla Camera vi è un deputato in Lombardia ogni 100mila abitanti; secondo la riforma per eleggere, in modo indiretto, un senatore ci vorranno circa 700mila abitanti. Perché mai se riduciamo il rapporto eletti/elettori, i primi, quale che sia il sistema elettorale, dovrebbero smettere di rappresentare le persone che li hanno eletti e i loro svariati interessi per rappresentare le Regioni come entità di governo territoriale ? Il caso della Valle d’’Aosta è ancora più significativo: elegge ora un deputato, eleggerà domani con la riforma (lo elegge anche oggi, in realtà) un senatore: perché mai il deputato valdostano dovrebbe rappresentare i cittadini e il senatore, sempre valdostano, la Regione, se entrambi sono eletti dagli stessi cittadini?
In effetti, tutti i senati federali a elezione popolare non rappresentano gli stati federati o le regioni, ma i loro cittadini, anche se sovente si pretende il contrario. Basta pensare al prototipo, il Senato americano. Sono le grandi politiche nazionali e la politica estera, oltre al potere di controllo su tutte le nomine ai posti di vertice federali, che qualificano il ruolo dei senatori nella politica americana e non certo le politiche verso gli stati federati. Il numero uguale di senatori per stato non ha il potere di vincolare i senatori a sostenere le politiche dello stato, ma avvantaggia semplicemente quelli più piccoli nella distribuzione delle risorse.
Neppure l’’elezione indiretta da parte dei consigli regionali dei nuovi senatori può determinare il carattere federale della nuova camera alta. In effetti, il sistema di elezione “a voto limitato” previsto dalla riforma assicurerà che in ogni Regione siano rappresentate le maggiori forze politiche e quindi rafforzerà di molto il legame fra i senatori e i partiti – i primi dovranno interamente ai secondi la loro nomina – a scapito di quello fra senatori e elettori, ma non introduce alcun rapporto con le Regioni, perché i senatori non avranno alcun mandato di voto dai consigli che li hanno scelti. Non è esattamente quanto ci si attende da un organo chiamato federale. Solo se i partiti fossero tutti a base regionale, il Senato potrebbe forse dare voce alle Regioni come comunità organizzate.
Quanto alla produzione legislativa, sarà senz’’altro più spedita, in seguito alla specializzazione, e forse sarà più adeguata alle necessità, dato che ogni camera sarà più responsabile della propria produzione e avrà minori poteri di veto rispetto a oggi. Non è sicuro che sarà di migliore qualità, essendo il pregio principale del bicameralismo la lettura doppia delle leggi, che ne rallenta il ritmo di produzione, ma ne può migliorare la qualità. Una grande incognita infine riguarda l’’impatto della riforma sul ruolo del Parlamento. Negli ultimi anni, si è ridotto a vantaggio di quello dell’’esecutivo, come dimostra il fatto che nella passata legislatura i disegni di legge di origine governativa approvati sono stati superiori a quelli approvati di origine parlamentare.

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(1)Facciamo riferimento specifico al testo unificato di proposta di legge costituzionale “Modificazione di articoli della seconda parte della Costituzione, concernenti forma del governo, composizione e funzioni del Parlamento nonché limiti di età per l’’elettorato attivo e passivo per le elezioni della Camera dei deputati e del senato della Repubblica” nella formulazione del 17 ottobre 2007.

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UNA MANOVRA SENZA SPERANZA*

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IL FISCO TRA I RIFIUTI

  1. ANGELO BALDAN

    Sono d’accordo con la tesi secondo la quale il nuovo Senato sarebbe poco federale. D’altro canto non potrebbe essere federale un Senato di una Repubblica a carattere unitario e non federale come quella italiana.Tuttavia il nuovo Senato, in quanto eletto in parte dai Consigli Regionali e in parte dai Consigli delle Autonomie Locali, costituirebbe un passo in avanti verso la creazione di una Camera che, oltre a non essere più il doppione dell’altra Camera, darebbe finalmente più voce in sede nazionale alla realtà delle Regioni, dei Comuni, delle Province e delle Città Metropolitane, quali enti costitutivi della Repubblica, al pari dello Stato.

  2. mirco

    In Italia non serve un senato. Occorrerebbe abolirlo assieme all’abolilizione del Cnel. Al loro posto un organismo formato da rappresentanti del governo e delle autonomie locali (presidenti di regione e rappresentanti dei comuni e delle province come il president dell’anci ecc) per discutere e confrontarsi .Ma non esiste già una conferenza stato regioni?

  3. Francesco

    Sarebbe importante dare una svolta egualitaria come negli Stati uniti. Se il Senato deve rappresentare le Regioni perché non si assegna un numero uguale di senatori per ogni realtà locale. Questo porterebbe sullo stesso piano tutte le Regioni, obbligandole a lavorare per il bene comune e in modo plurale, senza battaglie inutili tra le une e le altre. Sarebbe necessario eliminare qualche Regione secondo questo schema. Non ha senso che esistano entità regionali al di sotto del milione di abitanti. Quindi: Trentino, Umbria, Basilicata, Molise e Valle d’Aosta devono essere annesse alle vicine con meno abitanti. Arriveremmo a 15 Regioni. 10 senatori per Regione e avremmo un Senato di 150 nomi eletti proporzionalmente da ogni elettore. Il territorio sarebbe ben rappresentato. Il Senato non dovrebbe assolutamente occuparsi del bilancio dello Stato ma dovrebbe legiferare per quanto riguarda materie locali e regionali. Questo dovrebbe avvenire all’unanimità, con incarico a vita. Dal mio punto di vista l’Italia non ha bisogno solo del federalismo ma di molti rovesci. Quando potremo vedere l’efficiente presidenzialismo!

  4. Salvatore

    Si faranno tante discussioni e tante parole verranno dette, ma quando si ha un parlamento così non si può andare lontano. Dietro ai principali partiti stanno mafia e camorra. Non permetteranno nulla. Il numero 2 del PDL è Dell’Utri (condannato a 9 anni) Il numero 2 dell’UDC è Cuffaro (condannato a 5 anni) Il numero 2 del PD (o il numero 1?) è Bassolino (sotto processo) Fate esercizio intellettuale ma se Veltroni non è stato in grado di defenestrare Bassolino vuol dire che Bassolino è troppo forte per Veltroni! Così non si va da nessuna parte. Solo chiacchere.

  5. Wil Nonleggerlo

    Questo federalismo non convince. Ma durante tutti gli anni in cui è stato proposto, mi sembra che si ritrovino all’ultimo momento con ancora aperti tutta una serie di interrogativi fondamentali. Un federalismo di nome, ma nei fatti? Quali saranno le logiche meritocratiche, le basi da cui partire e con cui capire le regioni virtuose e quelle spendaccione? E per quelle spendaccione quali sanzioni ci saranno? Senza un sistema severo, niente avrà senso. Il Federalismo mi preoccupa: vorrei davvero si potesse realizzare, in maniera intelligente e seria. Ma ciò che davvero mi spaventa è la riforma della Giustizia. Non è possibile che venga riformata da persone colluse con la Mafia, ex P2, spesso dai passati burrascosi e dal presente dubbio. Questo no. Ma siamo il Paese del Lodo Alfano, dove un Premier invece che dare il buon esempio, si prende con forza l’immunità non per i reati futuri, ma per quelli passati ed esterni alla funzione pubblica.

  6. Henry

    A mio modesto avviso, il nostro vero problema è l’infimo livello etico ormai raggiunto dalla società (prima) e dalla politica (poi) italiana. In queste condizioni, nessuna riforma potrà dare autorità e prestigio alla cosa pubblica nel suo complesso. Inutile cambiare il vestito: se uno è un galantuomo, tale resta, anche in braghe di tela, e viceversa, un delinquente in frac resterà sempre un delinquente. L’unica cosa da fare sarebbe quella proposta da mirco (abolizione di bicameralismo e cnel), cui aggiungerei l’abolizione delle provincie e delle regioni autonome, che sono delle vere e proprie macchine mangia soldi. Ma tutto ciò non è possibile, per i motivi di cui sopra. E allora, per favore, smettetela di prenderci in giro.

  7. luca furegato

    Prima di pensare alla riforma degli organi legislativi a carattere statale, bisognerebbe ridefinire territorialmente gli enti locali. Si potrebbe procedere alla riduzione delle regioni, all’accorpamento di entità municipali, per poi valutare la necessità o meno delle province come ente territoriale intermedio. Visto che le regioni potrebbero ricevere maggiori poteri sarebbe sufficiente abolire la Camera dei Deputati. Il Senato, con i suoi 315 membri divenire il nuovo organo legislativo nazionale, mentre l’idea Bundesrat, con un ottantina di membri, diverrebbe organo di rappresentanza delle autonomie locali. Lo so, è un sogno!

  8. renato

    Mi sembra che quando non si hannno più argomenti il discorso sul senato torni a galla. Se non ci fosse da piangere ci sarebbe di che ridere, è come montare su una utilitaria un motore di formula 1. A me sembra che il discorso debba essere affrontato in modo globale, nella sua intierezza, non per far piacere ad una minoranza o all’altra. Dando per scontato che se ci fosse etica e legalità non dovremmo affrontare tali discorsi da ombrellone ma assumiamo che il popolo italiano voglia fare una nuova esperienza istituzionale, il federalismo, che almeno lo si faccia con buonsenso, con la volontà e buonafede. Poi un senato così come proposto cosa rappresenterebbe? Già abbiamo un parlamento che rappresenta solo gruppi di potere che se a questo affianchiamo un senato avente le stesse caratteristiche cosa otterremo? A questo punto dovremmo riconsiderare il sistema di rappresentanza.

  9. umberto carneglia

    L’idea di una maggior responsabilita’ e trasparenza anche fiscale delle realta’ territoriali e’ una buona idea; ma nel contesto istituzionale italiano, degradato dalla lottizzazione partitocratica, la riforma verra’ inghiottita dal sistema che continuera’ a generare i suoi ultracosti ed i suoi guasti, a livello centrale ed ancor piu’ periferico. Se non viene bonificato il sistema partitocratico alla radice, le riforme rischiano di fare l’effetto di un ricostituente ad un malato cronico.

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