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COME DARE ENERGIA ALLE FONTI RINNOVABILI

Le fonti rinnovabili di energia possono aiutare il nostro paese a ritrovare vigore economico. Lo testimoniano alcune imprese italiane che hanno diversificato la loro attività verso questo settore con risultati economici di rilievo. Ritardare ancora l’avvio degli investimenti su larga scala può allargare la distanza che ci divide dall’Europa al punto da renderla incolmabile, sul piano industriale e ambientale. Ma la soluzione passa necessariamente per la definizione di regole chiare e stabili, lasciando che il mercato selezioni gli investitori più attivi.

 

Il ministero dell’Ambiente ha comunicato che intende chiudere accordi di programma con le maggiori imprese italiane, sul modello di quanto fatto con Eni-Enel per la cattura e lo stoccaggio della CO2, al fine dipromuovere e sostenere le sperimentazioni che le aziende intendono avviare nel campo delle fonti rinnovabili di energia. (1)

ACCORDI PRIVILEGIATI, MA PREOCCUPANTI

La notizia, se confermata, preoccupa: le fonti rinnovabili di energia sono per la maggior parte dei casi delle realtà commerciali ormai consolidate, in cui una molteplicità di investitori, piccoli o grandi che siano, hanno la possibilità di conseguire risultati interessanti per sé, per l’ambiente, per la sicurezza dell’approvvigionamento, per la stabilità dei prezzi futuri dell’energia, per il tessuto industriale del nostro paese. Privilegiare con accordi diretti alcuni operatori rispetto ad altri è un’ingerenza insopportabile per un settore giovane e in crescita, che contraddice i principi di concorrenza condivisi nel mercato energetico europeo e snatura un settore ad alta concentrazione di nuove imprese. Il settore semmai ha necessità di un intervento governativo per uscire da un impasse pesante a motivo della nebulosità normativa conseguente alla riforma del titolo V della Costituzione e di uno svogliato recepimento delle direttive europee dell’ultimo decennio. Se è encomiabile il desiderio di mettervi mano, l’approccio dovrebbe essere diametralmente opposto.
Ogni osservatore neutrale del settore delle fonti rinnovabili di energia concorderà che i primi nodi da sciogliere per consentire di avviare il piano di investimenti richiesto dal raggiungimento degli obiettivi assunti in Europa al 2010 e al 2020 sono i seguenti:

·        Definizione delle linee guida nazionali per lo svolgimento del procedimento unico per l’autorizzazione alla costruzione e all’esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, come prevista dall’articolo 12 del decreto legislativo 387/2003.
·        Ripartizione su base regionale degli obiettivi assunti a livello europeo per il 2020, come previsto dalla Finanziaria 2008.
·        Stabilizzazione delle incentivazioni per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili.
·        Misure efficaci per la produzione di energia termica da fonti rinnovabili.

LE LINEE GUIDA PER L’AUTORIZZAZIONE UNICA

La bozza di documento è pronta da almeno tre anni, ma non si è mai trovata una mediazione efficace tra gli interessi delle Regioni italiane e dei diversi ministeri competenti per licenziare il documento dalla conferenza unificata Stato-Regioni. Il risultato è un quadro autorizzativo diverso in ogni Regione, mutevole ed esposto a ingiustificate restrizioni da parte di alcune amministrazioni, percepito rischioso da parte degli investitori. È essenziale arrivare a disegnare un quadro semplice, stabile condiviso al più presto, evitando di scaricare su veti incrociati le tensioni politiche tra le parti. Solo in presenza di un documento di indirizzo forte, tutte le Regioni metteranno mano in modo efficace alle procedure autorizzative.

LA RIPARTIZIONE REGIONALE DEGLI OBIETTIVI 2020

L’Europa ha individuato un criterio per ripartire l’obiettivo della quota complessiva del 20 per cento del consumo finale di energia, riconoscendo quanto fatto dagli Stati membri negli ultimi anni e assegnando target diversi in funzione del prodotto interno lordo dei paesi. Discutibile, ma chiaro. L’Italia, ove sono competenti le Regioni per l’autorizzazione degli impianti, non ha ancora stabilito come ripartire l’impegno assunto di arrivare al 17 per cento nel 2020. Ogni approccio basato su criteri quantitativi farebbe contenti alcuni e scontenti altri, come ha mostrato l’ottimo lavoro di analisi degli impatti dei diversi criteri di ripartizione pubblicato da Enea. Riteniamo che sia più efficace invece un approccio basato su premi e penalità: le Regioni che sapranno investire più di quanto richiesto a livello nazionale possono essere premiate nella ripartizione delle entrate della fiscalità energetica, quelle che faranno peggio, saranno penalizzate con una minore distribuzione. Il meccanismo può essere a costo zero nel suo complesso, ma dare uno stimolo molto forte alle regioni per agire non lo è. Si possono utilizzare ad esempio le entrate dalle addizionali locali sul consumo di energia elettrica o i fondi europei sull’asse energia e ambiente dopo il 2013, i cui criteri di assegnazione sono allo studio ora.

STABILIZZAZIONE DELLE INCENTIVAZIONI

Il mercato dei certificati verdi, avviato nel 1999 per conciliare concorrenza e incentivazione nel settore delle fonti rinnovabili, è stata una pietra miliare per l’avvio dell’intero mercato dell’energia elettrica in Italia, ma ha mostrato alcuni limiti sulla capacità di dare garanzie di lungo periodo agli investitori, soprattutto di recente, con la discesa dei prezzi dei certificati sul mercato. La soluzione di allungare il periodo di rilascio da otto a dodici e successivamente, con un blitz normativo, a quindici anni, non risolve il problema. Semplicemente regala rendite a coloro che nel mercato sono già entrati. Il costo di generazione di questi impianti è tra i più alti in Europa per la lunghezza del processo autorizzativo, che porta a riconoscere loro i prezzi incentivati più elevati d’Europa. Invece che rincorrere con i prezzi le inefficienze amministrative, è opportuno individuare le soluzioni efficaci per superare la costosa incertezza. Due sono le soluzioni semplici e possibili.

a) Passare a un’incentivazione basata su prezzi d’acquisto fissati (feed-in tariff) per tutti gli impianti nuovi, sul modello di quanto fatto in Germania e Spagna.
b) Per conciliare concorrenza e sicurezza degli investimenti, si può trasferire l’obbligo attuale sui produttori di fornire una quota crescente con energia da fonti rinnovabili nuove, verificato con i certificati verdi annuali, su contratti bilaterali fisici di lungo periodo, ad esempio quindicennali, liberamente contrattati tra chi investe negli impianti e chi sia soggetto all’obbligo. (2)

In altre parole, l’obbligo verrebbe soddisfatto dimostrando di avere stipulato contratti di acquisto di lungo periodo con impianti a fonti rinnovabili. Tale tipologia contrattuale preserva la concorrenza per il mercato, assicurando la stabilità necessaria per operare investimenti con elevati costi iniziali. Contratti di questo tipo possono dare maggiori garanzie per la gestione del rischio dell’investimento e quindi rendere più semplice il finanziamento degli impianti, rispetto all’incerta operatività dell’attuale mercato dei certificati, a patto che si disegni da subito un percorso di crescita della quota obbligata fino a oltre il 2020. Rispetto a un sistema feed-in, la stipula di tali contratti da parte degli operatori di mercato può ridurre l’inevitabile asimmetria informativa con il regolatore e facilitare la minimizzazione del costo complessivo del programma di incentivo per i consumatori.

GLI INCENTIVI PER L’ENERGIA TERMICA

Il supporto alle fonti rinnovabili si è sempre concentrato sul settore elettrico, in cui sono relativamente pochi gli interlocutori interessati. Tuttavia, il potenziale della produzione di energia termica da fonti rinnovabili è molto grande e può contribuire al conseguimento degli obiettivi 2020 con costi contenuti e benefici concreti e diffusi. Le misure attuali basate sul recupero del 55 per cento sul prelievo fiscale è inefficace per le amministrazioni pubbliche e per gli edifici in locazione, con un’interpretazione discutibile della norma, ma è troppo macchinoso anche per i privati cittadini più motivati. Passare a misure più semplici e facili da comunicare, come il contributo diretto, anche modesto, l’esenzione Ici, la cubatura addizionale gratis nelle nuove costruzioni, è un passaggio indispensabile per seguire l’esempio dei nostri vicini europei, Grecia e Turchia su tutti.
Le fonti rinnovabili di energia possono aiutare il nostro paese a ritrovare vigore economico nella tempesta che ha colpito l’economia. Lo testimoniano alcune imprese italiane che hanno diversificato la loro attività verso il settore delle fonti rinnovabili con risultati economici di rilievo. Ritardare ancora l’avvio degli investimenti su larga scala può allargare la distanza che ci divide dall’Europa al punto da renderla incolmabile, sul piano industriale e ambientale. Ma la soluzione passa necessariamente per la definizione di regole chiare e stabili, lasciando che il mercato selezioni gli investitori che hanno più fiato per correre.

* Questo articolo compare anche sul sito dello Iefe

(1) Quotidiano Energia, 28/10/2008, pag. 5.
(2) La quota è il 4,55 per cento per il 2008, in crescita fino al 7,55 per cento del 2012, ma senza sapere che accadrà poi.

Foto: Zenit

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LA RISPOSTA AI COMMENTI

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E’ TEMPO DI RIAVVIARE L’INTERBANCARIO

  1. Massimo GIANNINI

    Viene il sospetto che in Italia, come al solito e in verità, non si voglia “una molteplicità di investitori, piccoli o grandi che siano”. Bisogna non solo facilitare investimenti su larga scala ma anche quelli più piccoli, in modo da creare veramente una molteplicità e avere “una rete” di produttori di energia. Ma se a livello nazionale ancora qualcuno parla di centrali nucleari è dura…

  2. Rinaldo Sorgenti

    Interessante: “…imprese italiane che hanno diversificato la loro attività verso questo settore con risultati economici di rilievo”. Una vera e propria industria (di tipo statalista), con un mercato fissato per legge e per di più largamente finanziata con gli incentivi pagati dagli ignari consumatori (tutti). Ma allora basterebbe inventarci qualunque altro settore e prodotto ed attuare meccanismi analoghi. Avremmo risolto il problema del rilancio dell’economia. O no?

  3. Enrico Marchesi

    Concordo pienamente con il contenuto dell’articolo, anche se sono un po’ dubbioso in merito ai vantaggi derivanti dal passaggio a un sistema di tariffe incentivanti (fedd in tariffs). In Italia un sistema a tariffe incentivanti l’abbiamo già avuto: quello previsto dal provvedimento CIP 6/92. Tale sistema di incentivazione ha portato a costi elevati per il sistema e al riconoscimento di incentivi a fonti non prettamente rinnovabili (le famose "fonti assimilate"). Non credo che l’esperienza del CIP 6 rappresenti un caso di successo. In Italia siamo riusciti a ottenere risultati discutibili sia con un sistema a tariffe incentivanti, sia con il meccanismo dei certificati verdi. Forse, al di la dei vantaggi e degli svantaggi teorici associati a ciascun meccanismo di incentivazione, bisognerebbe considerare aspetti di natura politica, come per esempio la forte capacità di lobbying degli operatori del settore. Basta pensare a come è stato progressivamente snaturato il meccanismo dei certificati verdi, di leggina in leggina. In questo contesto è difficile immaginare una riforma "positiva" per il settore delle rinnovabili.

  4. Antonio Sorci

    Complimenti. Finalmente un articolo, che anziché fare polemica, spiega in maniera chiara qual è lo stato attuale e quali soluzioni possono essere adottate per risolvere i problemi. Critico ma propositivo. Sono convinto che oltre a quello che lei ha scritto servirebbe anche un riordino di tutta la legislazione in materia di energia, emando un "Codice dell’energia e del gas", che possa mettere la parola fine a decreti "emotivi", basati sull’urgenza o su propaganda politica, spesso discutibile, piuttosto che su una seria programmazione energetica di lungo periodo. Grazie ancora per la spiegazione.

  5. Fiamma Rutelli

    Siamo un gruppo di Giornalisti e Imprenditore che sosteniamo l’energia alternativa in Italia regione Toscana. Dopo diversi dibattiti con la Regione Toscana settore energia, abbia riscontrato il loro parere negativo per sviluppare e costruire impianti eolici nel territorio Toscano.Il nostro scopo era quello di aggiungere un valore positivo nel territorio Toscano econimico e energetico, donando contributi annui ai comuni locali incrementando le loro entrate in bilancio e, inoltre aiutare la Regione stessa a raggiungere il loro goal di MGW ( Protocollo Kyoto) UE.

  6. Anna Herrmann

    Sono rimasta negativamente impressionata dalle difficoltà che incontra chi intende installare in casa sua pannelli solari per la produzione di energia elettrica per il proprio consumo e per immettere in rete l’eccedenza : mi riferisco a quanto mostrato nella trasmissione "Ambiente Italia" su Rai3. Oltre alle difficoltà frapposte da Enel all’allaccio dell’impianto, l’utente dopo aver fatto un investimento oneroso e scarsamente incentivato, paga in anticipo l’energia che preleva dalla rete nelle ore notturne e viene rimborsato l’anno dopo per l’energia prodotta durante il giorno. Spero che venga migliorato questo meccanismo di conteggio puramente persecutorio come è stato detto,spero poco per la verità dato l’approccio molto tiepido di questo governo al tema delle.energie rinnovabili e del suo slancio sul nucleare.

  7. marco sacmardella

    L’energia deve essere assicurata in quantità enorme e continuativa al nostro sistema produttivo e di vita civile . Mi sembra di capire che a parte l’idroelettrico che non può più essere sviluppato per saturazione , le energe rinnovabili possono solo dare un contributo di risparmio e complementarità ad una rete che comunque abbisogna di potenze e continuità non ottenibili da eolico, solare ecc. Mi chiedo, se vista la diseconomicità di resa le energie rinnovabili devono essere pesantemente finanziate con importi analoghi a quelli necessari per impiantare un gran numero di centrali nucleari a emissioni 0 di CO 2.. PS Non è che visti i vostri finanziatori siete un pò in conflitto di interessi ?

  8. Andrea

    Al di là dei criteri per una ottimale distribuzione degli incentivi, indispensabili per stimolare l’impiego delle tecnologie di produzione di energia da fonti rinnovabili, c’é da chiedersi se chi amministra in questo momento il paese desideri veramente intraprendere questo percorso di crescita e di innovazione che ne consegue. Con l’opzione nucleare si procede nel verso opposto. Un vicolo cieco che ci fa cadere dalla padelle delle lobby petrolifere alla brace di quelle nucleariste, quindi di male in peggio. Per chi avesse ancora dei dubbi su cosa rappresenti realmente il nucleare oggi (al di là del "fumo" della 3a, 4a generazione) vedere la puntata di Report del 02/11/08: siamo a livelli drammatici nella gestione di quelle (relativamente) poche scorie rimaste dalla breve stagione del nucleare nel nostro paese; lascio immaginare gestire una produzione industriale di scorie, eterno problema irrisolto. Tutto questo nel paese "do’ ‘u sole…". Quindi oltre ai progetti di distribuzione degli incentivi, rendere consapevole l’opinione pubblica dell’impatto ambientale delle varie forme di produzione di energia, perchè un futuro senza scorie nucleari è possibile, senza rinuncie.

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