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QUELLO CHE NON SAPPIAMO DEI TREMONTI BOND

Dopo il sì dell’Europa, arriva il decreto attuativo sui Tremonti bond, i nuovi strumenti finanziari che potranno essere emessi dalle banche a corto di liquidità. Restano però i dubbi sulla loro effettiva operatività. Perché neanche la normativa di attuazione indica quali siano le conseguenze per le banche che non ottemperino gli obblighi sociali collegati al prestito. Né si può escludere il rischio che gli istituti inducano la propria clientela, anche attraverso i fondi di investimento gestiti, a sottoscrivere la parte dei titoli necessaria a superare la soglia di adesione.

Dopo avere incassato il giudizio di compatibilità con le norme in tema di aiuti di Stato da parte della Commissione europea, il ministero dell’Economia ha finalmente pubblicato il decreto attuativo per l’emissione da parte delle banche dei cosiddetti Tremonti bond, allegando il relativo prospetto. I nuovi strumenti finanziari saranno emessi dagli istituti italiani quotati in borsa che si trovino nella necessità di essere rifinanziati.
Il governo italiano ha così scelto di perseguire una soluzione “di mercato” per l’eventuale salvataggio delle banche a corto di liquidità, sulla scia di quanto attuato in Francia. Alle banche sarà chiesto di corrispondere una remunerazione sulle somme ottenute e di attuare una gestione “sociale” dei prestiti erogati alle famiglie e alle Pmi. Permangono tuttavia vari interrogativi circa l’effettiva operatività dei nuovi strumenti, che neppure la normativa d’attuazione riesce a chiarire. Vediamo i principali.

COSA DICONO I DECRETI

I Tremonti bond non sono veri e propri titoli di debito: appartengono infatti alla categoria degli strumenti finanziari ibridi, a cavallo fra le azioni e le obbligazioni.
Al pari delle azioni, la loro remunerazione viene vincolata alla percezione di utili da parte della società e il rimborso è subordinato al soddisfacimento degli altri debitori sociali. Quest’ultimo avverrà solo in sede di liquidazione della banca: in alternativa la banca potrà esercitare un diritto di riscatto versando un sovrapprezzo.
Con le obbligazioni, i nuovi titoli condividono l’assenza di diritti amministrativi per non vedere influenzata l’autonomia dell’istituto sovvenzionato, anche se è prevista una loro convertibilità in azioni a richiesta della banca stessa.
Sottoscrivendoli lo Stato viene dunque ad assumere un rischio simile a quello sofferto dagli azionisti della banca, senza ottenerne però i poteri gestionali.
Questo svantaggio dovrebbe trovare compensazione nell’adozione da parte dell’istituto finanziato di un codice etico e di un protocollo di intenti redatto sulla base di un accordo quadro siglato fra il ministero e l’Abi.
La banca si impegnerà quindi a:

a) favorire il credito alle Pmi e alle famiglie;
b) intervenire a favore dei clienti in difficoltà con i pagamenti dei mutui erogati per l’acquisto della prima casa;
c) conservare i propri asset ponendo un tetto agli stipendi dei manager e un limite alla distribuzione dei dividendi ai soci.

A monitorare il rispetto di questi obbiettivi, oltre al ministero, sarà impegnata anche la Banca d’Italia, che osserverà l’espansione di queste attività a mezzo della loro iscrizione a bilancio da parte dell’istituto.
Prima di sottoscrivere gli strumenti, il ministero valuterà l’adeguatezza patrimoniale della banca e il rischio dell’operazione, che dovrà risultare “economica” per lo Stato. Per essere tale l’interesse promesso dovrà essere superiore di almeno due punti percentuali al rendimento dei Btp trentennali e l’emissione dei bond dovrà essere sottoscritta almeno per il 30 per cento da azionisti privati, fra i quali solo un quinto potranno essere soci di riferimento della banca.

…E COSA NON DICONO

Né il decreto legge, né quello attuativo indicano quali siano le conseguenze a cui andrà incontro la banca che non ottemperi gli obblighi “sociali” collegati al prestito. Cosa accadrà, ad esempio, se la stessa non utilizzerà i fondi ottenuti per erogare il prestito alle Pmi, oppure non aiuterà le famiglie in difficoltà a pagare la rata del mutuo?
Il protocollo di intenti e il codice etico non rappresentano dei vincoli contrattuali e, pertanto, né i privati né lo Stato potranno ricorrere all’autorità giudiziaria in caso di loro violazione. Ma anche se ciò fosse possibile, ad esempio traducendo gli obblighi in clausole inserite nel prospetto, non si otterrebbe comunque una valida soluzione al problema. Se la banca dovesse restituire immediatamente il prestito o versare un interesse maggiorato, si rischierebbe infatti di provocarne l’illiquidità che la normativa ha proprio lo scopo di evitare.
Gli impegni richiesti agli istituti sovvenzionati sembrano dunque destinati a rimanere dei meri obblighi morali, che potranno generare tutt’al più una responsabilità “etica” degli amministratori. A differenza di quanto autorevolmente sostenuto in un precedente articolo, non sembra quindi che si rischi una reale “pubblicizzazione” delle banche.
Neppure gli interessi promessi, crescenti fino al tetto del 15 per cento annuo, previsto dal 2039 in poi, sembrano costituire una valida risposta all’impegno economico pubblico, dato che tale remunerazione sarà versata unicamente in presenza di un utile distribuibile. Ciò potrebbe indurre i manager ad assumere una strategia di sospensione nella distribuzione dei dividendi, ad esempio, attraverso il riacquisto delle azioni della banca, a danno dell’erario e dei piccoli azionisti.
La legge tace anche su aspetti cruciali del potere di conversione dei titoli in azioni riconosciuto alla banca debitrice. I manager potrebbero infatti decidere di trasformare i bond per ostacolare scalate ostili, oppure per favorire la propria società, sfruttando le fluttuazioni di mercato. Le azioni ottenute dallo Stato dovranno infatti essere riversate sul mercato ai sensi dell’articolo 3, comma 27, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, in quanto partecipazioni societarie non necessarie al perseguimento diretto dell’interesse pubblico.
I pericoli finanziari connessi ai “Tremonti bond” non trovano un contenimento neppure nella condizione che gli strumenti debbano essere in parte assorbiti dal mercato finanziario. I decreti non si preoccupano infatti di limitare i conflitti di interesse e le distorsioni che la previsione può generare. In particolare, non si può escludere il rischio che le banche possano indurre la propria clientela, anche a mezzo dei fondi di investimento gestiti, a sottoscrivere la parte dei titoli necessaria a superare la soglia di adesione.

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IL TIMONE AL G20*

  1. Roberto Macri'

    Per quello che ne ho capito e’ un intervento del quale e’ dubbia l’efficacia e con il rischio che queste risorse aggiuntive non vengano usate allo scopo di finaziare famiglie e imprese in difficolta’. L’incarico ai Prefetti appare surreale: solo la Banca d’Italia per istituto e mestiere ha le capacita’ per esercitare un reale controllo. A questo punto non sarebbe meglio sostenere direttamente le imprese e le famiglie in difficolta’? Alle imprese concedendo condizioni specialmente favorevoli nello sconto fatture per mezzo del factoring e alle famiglie con prestiti per abbattere o rimborsare il mutuo a tassi favorevoli e per periodo piu’ lunghi. Come mi pare e’ consentito in Canada si potrebbe anche prevedere la possibilita’ di mutui concessi da privati contro regolare ipoteca notarile: sarebbe un modo per collegare direttamente il risparmio alle spese di investimento e di consumo di Imprese e Famiglie tagliando l’intermediazione bancaria a favore di risparmiatori e debitori.

  2. Francesco

    Forse non ho capito bene lo strumento, ma mi pare di aver capito che il costo di questi strumenti per la banca vari tra il 7,5% e 8,5%. Questo graverà sui conti economici delle banche stesse. Per consentire al margine di interesse di rimanere positivo dovranno perciò applicare uno spread su tale tasso rendendo costoso il finanziamento per le imprese. La mia impressione è che altri strumenti più economici come la garanzia da parte dello stato su certi finanziamenti concessi alle imprese sarebbe stata più efficace.

    • La redazione

      La ringrazio per il commento. Gli interessi sono crescenti allo scopo di indurre la banca ad un veloce rimborso. Come Lei giustamente rileva, la loro corresponsione rischia di impoverire la banca se questa non richiederà ai suoi debitori un interesse superiore. Tuttavia i Tremonti bond verseranno interesse solo in presenza di un utile distribuibile e che, pertanto, i tassi promessi rischiano di non essere mai percepiti se la banca attua una strategia di pareggio di bilancio.

  3. Romanin Gerardo

    In merito ai tremonti Bond apprezzo la chiarezza di quanto esposto da voi pero’ rimane un problema insormontabile. Io ho il coputer e mi informo, ma la stragrande maggiaranza degli italiani no, quindi la cosa rimane tra noi "pochissimi". E’ mai possibile che non si trovi un parlamentare o giornalista che, nele trasmissioni tv, dica a tutti queste verità? Altrimenti i vostri sforzi per far emergere la verirà "vera" non avranno motivo di continuare. Con questi che ci dicono bugie e parlano di tutto fuorché della crisi, ci voglioni mezzi diretti, efficaci e visibili ed ascoltabili da tutti, prima che sia tardi. Per favore trovate qualcuno che dica queste cose a tutti. Buon lavoro. PS: Io scrivo ai parlamentari ma nessuno risponde, salvo pochi onesti, mi sto demoralizzando.

  4. DE SANTIS UMBERTO

    Questi bond sembrano più storie di spionaggio bancario. Se la Banca D’Italia non è in grado di svolgere il ruolo di controllore perchè evidentemente i suoi soci sono le banche stesse controllate, invece di coinvolgere i prefetti in cose di cui non capiscono nulla e che assorbirebbero risorse delle prefetture che già oggi sono misere, aggravandone l’azione in altri campi sociali, basterebbe al governo ricomprarsi la Banca d’Italia per avere uno strumento di controllo affidabile. Più le banche liquidità da compravendita. E pazienza se lo Stato dovesse pagare queste azioni più care del valore di mercato attuale. In fondo, per esempio, se il MPS vendesse le 160 filiali in esubero che ha sul groppone per il calo dei valori di mercato, i suoi problemi di liquidità verrebbero immediatamente ridimensionati.

  5. smb

    Con quale modalita’ i bond saranno proposti ad investitori privati? Ci pensa lo Stato dopo averli erogati? I *privati* saranno la cdp e/o le fondazioni? Se i Tremonti bond hanno gli stessi rischi delle azioni, ma senza diritti di voto, la remunerazione mi sembra bassa: vorrei capire chi li sottoscriverebbe alla pari. Inoltre, il rischio e’ diverso a seconda della banca beneficiaria. Se si fosse affrontato prima il problema, si sarebbero trovate soluzioni piu’ intelligenti di soldi in mano alle banche in cambio di controlli inefficaci.

  6. ulisse

    I Tremonti Bond restituiranno il super interesse dell’8% a condizione che ci saranno utili. Ma credo di ricordare che nel 2008 sono state cambiate le norme contabili consentendo di fatto di valutare al "costo storico" (invece che al "prezzo di mercato") buona parte dei titoli spazzatura che hanno in pancia. Quindi se in futuro decidessere di svalutare questi portafogli al fair value contabilizzerebbero con un pò di ritardo queste perdite e non avrebbero più l’obbligo di pagare gli interessi dei TBond. A pensar male si fa peccato: speriamo di sbagliarci.

  7. Luciano

    Con il controllo delle prefetture sull’erogazione del credito si mette un altro tassello di socialismo reale all’economia italiana. La banca non avrà più la libertà di impresa di decidere se sulla base di dati di bilancio, sulle prospettive di mercato dell’azienda, sulle capacità imprenditoriali o quant’altro di restringere o ampliare gli affidamenti ad una impresa, ma ci si potrà rivolgere alla prefettura lamentando la mancata erogazione di una linea di fido o l’ampliamento delle stessa. Questa è libertà di impresa? Invece di attuare politiche che educhino gli imprenditori a capitalizzare le proprie aziende, si prosegue nella politica di agevolare l’indebitamento (stavolta sotto controllo del Ministero degli Interni), naturalmente aumentando il debito pubblico! E pensare che ancora qualcuno pensa che in Italia ci sia un governo liberale.

  8. FABIO

    I tremonti bond sono strumenti del tutto inopportuni: -non favoriscono le banche perchè a fronte di una momentanea maggiore capitalizzazione peggiorano -in caso di utile- i conti economici delle aziende bancarie dei prossimi anni -non favoriscono un aumento del credito a famiglie/imprese perchè al momento in Italia le banche sono aziende private e decidono autonomamente a chi prestare il denaro nonostante si preveda l’inutile intervento dei prefetti -il credito diventa più costoso visto che i tremonti bond costano alle banche 7,5/8,5% -si impiegano circa 13/14 miliardi che potevano essere utilizzati a pagamento dei debiti delle pubbliche amministrazioni con il sistema

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