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IL FEDERALISMO NON SI FONDA SULL’IVA

Il disegno di legge Calderoli prescrive che le funzioni fondamentali delle Regioni debbano essere finanziate, oltre che dai tributi propri e dall’addizionale Ire, attraverso una compartecipazione al gettito Iva. E che una quota garantita a tutte le Regioni sia determinata al livello minimo assoluto sufficiente ad assicurare il pieno finanziamento del fabbisogno corrispondente ai livelli essenziali delle prestazioni in una sola regione, la Lombardia. Ma cosa succede se il gettito Iva varia di anno in anno, sia in aggregato sia in relazione alla distribuzione territoriale?

Il disegno di legge Calderoli, approvato alla Camera lo scorso 24 marzo, prescrive all’articolo 8, commi 1 d e h, che le funzioni fondamentali delle Regioni debbano essere finanziate, oltre che dai tributi propri e dall’addizionale Ire, attraverso una compartecipazione al gettito Iva. Il meccanismo prevede che una quota garantita a tutte le Regioni sia determinata “al livello minimo assoluto sufficiente ad assicurare il pieno finanziamento del fabbisogno corrispondente ai livelli essenziali delle prestazioni (…) in una sola regione” (la Lombardia).

I DUBBI IN UN ESEMPIO

Sorge a questo punto spontanea la domanda: un trasferimento che finanzia i fabbisogni, definiti in via obiettiva dall’esterno, è attuabile, senza distorcerne la finalità, con una compartecipazione regionale uniforme al gettito di un tributo nazionale, che potrebbe ogni anno variare in modo differenziato da un regione all’altra a causa di dinamiche differenziate della base imponibile? Inoltre, l’avere individuato in una regione, la Lombardia, il pivot iniziale del meccanismo davvero garantisce la tenuta pluriennale del congegno? Proprio quest’ultimo punto è cruciale in un’ottica dinamica nel caso, molto probabile, in cui il gettito Iva vari annualmente, sia in aggregato, che in relazione alla distribuzione territoriale.
Un esempio, che riproduce il meccanismo del Ddl, può essere utile per far luce sul problema. (1) Ipotizziamo di avere una nazione composta da tre regioni, A, B e C con lo stesso numero di abitanti. Il totale dei trasferimenti soppressi che finanziano le spese per le funzioni fondamentali è pari a 40; il gettito Iva nazionale è 140, di cui 70, 30 e 40 provenienti rispettivamente dalla regione A, B e C, e quindi la compartecipazione regionale uniforme al gettito Iva necessaria a sostituire il totale dei trasferimenti soppressi è 0,29=40/140. Le spese per le funzioni fondamentali in base alla stima dei fabbisogni sono 18 per A, 14 per B e 8 per C. (2) Una quota della compartecipazione regionale pari allo 0,20 del gettito Iva garantisce l’autosufficienza (finanziamento del fabbisogno uguale a 8=0.2*40) per la Regione C. Il fondo perequativo risultante dalle risorse che residuano dalla compartecipazione regionale Iva, dopo aver finanziato la quota di compartecipazione del 20 per cento, serve a soddisfare i fabbisogni di A e B.

Tabella 1: Il finanziamento delle funzioni fondamentali.  
  Fabbisogno gettito iva  Quota compart. iva regionale (20%) Fabbisogno residuo (fondo perequativo)
  (1) (2) (3) (4)
      0.2*(2) (1)-(3)
A 18 70 14 4
B 14 30 6 8
C 8 40 8  
 (A+B+C) 40 140 28 12
           

 

Naturalmente nulla garantisce che questa soluzione sia stabile nel tempo. In particolare, la dinamica del gettito totale dell’Iva potrebbe non seguire quella del fabbisogno, per cui un’aliquota di compartecipazione del 29 per cento potrebbe risultare l’anno successivo troppo alta o troppo bassa rispetto al fabbisogno. Per di più, non è detto che la distribuzione regionale del gettito si mantenga stabile nel tempo. Nell’esempio, se fermo restando il gettito nazionale cambiasse la sua distribuzione e aumentasse il gettito raccolto nella regione autosufficiente (la regione C), questa ultima otterrebbe con la quota di compartecipazione regionale fissata al 20 per cento più di quanto sarebbe necessario per coprire il suo fabbisogno. Al contrario, la quota residua, destinata alla perequazione, non sarebbe più sufficiente a garantire il finanziamento del fabbisogno per le altre Regioni.
L’esempio mostra come il meccanismo previsto dal Ddl non garantisca necessariamente ad ogni Regione la copertura dei fabbisogni l’anno successivo alla definizione di questi ultimi e alla fissazione della compartecipazione regionale Iva. Il risultato è dovuto al fatto che lo schema perequativo non si applica alla Regione autosufficiente, il cui fabbisogno permette di definire la quota di compartecipazione regionale Iva riconosciuta a tutte le regioni; quindi l’ammontare aggregato delle risorse distribuite secondo lo schema perequativo è quello che residua, dopo aver riconosciuto tale quota.
A conferma della rilevanza del tema discusso facciamo notare come la dinamica del gettito di competenza relativo al regime Iva normale (www.finanze.gov.it/studi_stat_new/) per la Lombardia (la regione C del nostro esempio) sia molto variabile negli anni. Dopo essere rimasto pressoché costante dal 2002 al 2003, il gettito è cresciuto del 7,8 per cento nel 2004, per poi diminuire dello 0,7 per cento nel 2005. Nel 2004, anno in cui la Lombardia incrementava il proprio gettito rispetto all’anno precedente di circa 1,8 miliardi di euro, il resto d’Italia vedeva aumentarlo solo di 0,8 miliardi, ovvero dell’1,8 per cento. Nello stesso anno, il gettito Iva in Abruzzo diminuiva del 3,7 per cento, in Calabria del 16,2 per cento e in Campania del 6 per cento.

Tabella 2: Iva di competenza in milioni di euro; regime normale. Fonte: ministero dell’ Economia e delle Finanze.  
  2002 2003 2004 2005
Lombardia 22.851 22.765 24.539 24.372
    -0,4% 7,8% -0,7%
Altre Regioni 40.094 43.054 43.849 45.029
    7,4% 1,8% 2,7%
Totale Italia 62.945 65.819 68.387 69.401
    4,6% 3,9% 1,5%
           

Il Ddl si occupa dell’argomento solo nelle norme transitorie, prevedendo un intervento dello Stato diretto a compensare le Regioni laddove l’Iva cresce meno del fabbisogno e a trattenere gettito nel caso opposto. (3) Quanto alla situazione a regime, il Ddl tace sulla possibilità di ri-determinazione nel tempo della compartecipazione e della sua eventuale modalità, anche se traspare che su questo tema possa giocare un ruolo importante la Conferenza Stato-Regioni, che dovrebbe definire le modalità di verifica periodica sulla congruità delle risorse finanziarie destinate alla copertura dei fabbisogni standard. Purtroppo, il potere della Conferenza non sembra però andare oltre quello di trasmettere alle Camere le proprie determinazioni (articolo 5, c. 2). 

SCELTE DI GESTIONE DEL RISCHIO

È anche vero che il conferimento di una maggiore autonomia, in via teorica, richiede che le Regioni si assumano il rischio che le risorse a disposizione possano, per alcuni anni, essere insufficienti a finanziare le proprie funzioni e quindi intraprendano scelte politiche adeguate alla gestione di tale rischio. Una di queste potrebbe essere la decisione di prevedere lo stanziamento di un fondo da utilizzare con una funzione anticiclica. Nel caso in cui la scelta relativa allo stanziamento da destinare al fondo sia fatta in modo accurato e responsabile, il meccanismo garantisce il finanziamento del fabbisogno con una aliquota di compartecipazione Iva e quota regionale costanti nel tempo. Queste ultime devono ovviamente essere scelte in modo da garantire nei periodi di ciclo positivo la possibilità di finanziare il fondo in modo adeguato. (4) La soluzione, potrebbe essere ragionevole per la parte del mismatch tra compartecipazione e fabbisogno standard dovuta all’andamento del ciclo economico, ma non per quella quota dovuta a differenze strutturali nella crescita dei gettiti Iva e quindi non recuperabili nel tempo dalla regione svantaggiata. In questo caso non vi sono alternative a una riconsiderazione anno per anno dell’aliquota di compartecipazione e del fondo perequativo per garantire la congruità delle risorse destinate a finanziare il fabbisogno standard. Ovvero la compartecipazione perde completamente di significato: diventa frutto di un inutile esercizio aritmetico finalizzato a ottenere un risultato già noto in partenza: il quantum del fabbisogno.

 

(1) Il meccanismo di seguito descritto è ampiamente discusso e commentato in U. Galmarini e L. Rizzo (2008), “Spesa Standard e Perequazione della Capacità Fiscale”, in La finanza pubblica italiana. Rapporto 2008, a cura di C. Guerra e A. Zanardi, Il Mulino, Bologna.
(2) All’interno dell’esempio le spese per funzioni fondamentali sono sempre intese al netto di tributi propri e addizionale Ire finalizzata, assieme alla compartecipazione al gettito Iva al finanziamento delle spese per le funzioni fondamentali. Per una accurata trattazione analitica si veda A. Petretto (2009), “La matematica (ipotetica) della legge delega sul federalismo”, mimeo, Università di Firenze.
(3) Nella fase transitoria il fabbisogno non è quello standard, ma una combinazione tra la spesa storica e il fabbisogno standard.
(4) Negli Stati Uniti, esiste un meccanismo analogo a quello discusso: gli stati possono prevedere nel loro bilancio i cosiddetti Budget Stabilization Funds, anche noti come Rainy Day Funds. Gli stati non sono obbligati ad accantonare i fondi, ma molti lo fanno, anche perché l’aspettativa di “soccorso” federale è praticamente nulla. Si veda Poulson. B. (2003) “Creating a Budget Stabilization Fund for Colorado”, Information for Colorado’s Advisory Group Members, 2003.

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LA RISPOSTA AI COMMENTI

  1. eluberto

    Sono perfettamente d’accordo sarà impossibile tenere insieme un paese che non c’è. Meglio una separazione consensuale, questo matrimonio "italiano" è già durato troppo. Separiamoci, ognuno per la sua strada con la con la sua IVA.

  2. Bob

    Incredibile! Speriamo che i nostri governanti stiano attenti nella costruzione dei decreti delegati e non combinino lo stesso pasticcio fatto con il 56/2000.

  3. odoacre

    Gli autori sembrano suggerire che non sia il caso di utilizzare una compartecipazione ad un tributo nazionale per finanziare le spese per le funzioni fondamentali poiché il gettito potrebbe non facilmente corrispondere alle effettive esigenze finanziarie. Ciò porta a due strade: accentramento del finanziamento delle funzioni fondamentali con conseguente declassamento della riforma o assegnazione alle regioni di potere impositivo autonomo su un grande tributo nazionale che permetta di finanziare le proprie funzioni fondamentali. Verso quale strada andremo?

  4. nick

    Se non ricordo male, l’iva è un’imposta comunitaria c.d. "armonizzata", cioè applicata a livello europeo di comune accordo tra gli stati membri. Di conseguenza, se una parte del gettito proveniente dall’applicazione di questa imposta indiretta è destinata alla CE, se si tiene conto della facilità con coi purtroppo in Italia la si evade, quanto potrà incidere il disegno di legge Calderoli in subjecta materia? Concordo con chi propone di attribuire più poteri alle regioni in materia di recupero di redditi occultati e non dichiarati, destinando agli stessi buona parte di quanto recuperato. Sarebbe un modo per responsabilizzare quelle realtà meno sensibili al problema dell’evasione.

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