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UN ANNO DI GOVERNO: POLITICHE PER LE FAMIGLIE

I PROVVEDIMENTI

Gli interventi a sostegno delle famiglie adottati nell’ultimo anno sono stati di carattere principalmente monetario, attraverso le leggi n. 133/08 e n. 2/09.
Il Bonus famiglia, di 200-1.000 euro per famiglia, è destinato a lavoratori dipendenti e pensionati che hanno un reddito compreso fra 15mila e 22mila.
I destinatari sono famiglie che possiedono esclusivamente redditi da lavoro dipendente e da pensione. Si tratta di uno strumento una tantum che include gli stranieri residenti, ma sembra escludere i single che non sono titolari di reddito da pensione. Gli importi del bonus variano fra le diverse tipologie familiari in modo coerente con la linea di povertà ufficiale per il 2007.
La Social card ha invece erogazione mensile, non una tantum. L’importo è circa tre volte il “bonus incapienti”’ del passato governo: circa un euro e 33 centesimi al giorno contro i circa 42 centesimi. I destinatari sono famiglie povere che hanno almeno un bambino con meno di tre anni, e in alcuni casi particolari anche individui poveri con almeno 65 anni. Ne sono esclusi gli stranieri anche se regolarmente iscritti all’anagrafe. Anche se gli importi sono modesti, non è chiara la discriminazione sull’età dei bambini. La soglia di reddito tiene correttamente conto della composizione del nucleo familiare, poiché è misurata in base al reddito equivalente Isee.
Il Fondo di credito per i nuovi nati ha l’obiettivo di concedere alle famiglie che abbiano un figlio (nato o adottato) nel 2009, 2010, 2011 un prestito di 5mila euro per far fronte alle spese per le “più tipiche esigenze del bambino nei suoi primi anni di vita”. Il debito potrà essere assolto a un tasso d’interesse di 4 per cento in cinque anni (articolo 4 del decreto legge n. 185 del 29/11/2008 e legge di conversione n.2 del 28/01/2009). Tuttavia, il Fondo manca ancora di decreto attuativo.

GLI EFFETTI

Per quanto riguarda il Bonus famiglia e Social card, il carattere una tantum del primo e l’esiguità degli importi (totali e per le singole famiglie destinatarie) della seconda fanno presupporre che gli effetti saranno modesti. Ma resta comunque necessario un attento monitoraggio delle due misure. Per quanto riguarda la Social card, poi, la sua efficacia andrà valutata anche in relazione ai possibili rapporti di integrazione o sostituzione con la carità privata, che rischia di contrarsi durante i periodi di recessione.
Nelle intenzioni del governo, i Fondi per i nuovi nati dovrebbero avere effetti sui livelli di fertilità. Tuttavia, la bassa fecondità in Italia è dovuta soprattutto al posticipo del primo figlio e alla riduzione dei figli di ordine successivo. Da numerosi studi di demografi ed economisti, emerge che i trasferimenti monetari dallo Stato non influenzano in modo sensibile le scelte relative alla fertilità: avere più soldi non spinge necessariamente le coppie a fare più figli, mentre può avere qualche effetto positivo disporre di un sistema di servizi migliore. (1)
Una di queste è la recente riforma della scuola con i tagli all’organico del corpo docente della scuola secondaria, prevalentemente femminile, e l’introduzione del maestro prevalente, che renderà difficile il mantenimento dell’orario a tempo pieno. Se il primo intervento riduce direttamente i livelli occupazionali femminili, il secondo può rappresentare un ostacolo all’occupazione delle mamme. Se consideriamo che molte donne in Italia lasciano il lavoro in seguito alla nascita dei figli, e se aggiungiamo che i servizi alla prima infanzia sono particolarmente carenti nel nostro paese, il tempo pieno nella scuola materna e primaria è uno dei pochi istituti a favore della conciliazione tra cura dei figli e lavoro. La divisione paritaria del lavoro familiare è inoltre più compatibile con un modello scolastico che vede i bambini impegnati a scuola a tempo pieno. Se questo tipo di orario scolastico si riduce, c’è bisogno di una persona che si occupi dei bambini e questo implica un ritorno al passato che non incentiva il trend attuale, seppur debole, verso una divisione dei ruoli più simmetrica.
Un altro intervento che ha influenze sul benessere della famiglia è la detassazione degli straordinari. Si tratta di una misura a favore dei lavoratori che fanno (e possono fare) gli straordinari. Avvantaggia quindi soprattutto gli uomini, mentre non favorisce donne con figli piccoli, giovani e anziani, proprio quando il grosso problema del mercato del lavoro italiano continua a essere costituito dai bassi tassi di occupazione. Anche questo intervento va nella direzione opposta a una riduzione delle disuguaglianza di genere nel mercato del lavoro.

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OCCASIONI MANCATE

Il 2010 è alle porte e nonostante le innumerevoli pagine scritte, i libri bianchi, i convegni e le dichiarazioni d’impegno nulla è stato fatto per favorire una maggiore conciliazione tra lavoro e famiglia. Addirittura sono state varate politiche, poi in parte rientrate, che hanno reso più difficile la partecipazione del mercato del lavoro alle donne. Ci riferiamo ai tagli all’organico del corpo docente e anche alla detassazione degli straordinari. Tanto che il tasso di partecipazione femminile non è aumentato neanche di un punto percentuale, lasciando l’Italia in fondo alle classifiche rispetto al resto dei paesi europei. La maggior parte dei paesi vicini all’Italia, incluse Germania e Spagna, hanno attuato interessanti politiche della famiglia. Non averlo fatto anche nel nostro paese, mantenendo bassa la partecipazione delle donne al mercato del lavoro, comporta maggiori rischi occupazionali e di povertà per le famiglie, specie in una situazione di crisi come quella attuale.

(1) Vedi Del Boca D. e Rosina A. Famiglie sole Il Mulino 2009.

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IL COMMESSO DEL SENATO

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UN ANNO DI GOVERNO: ENERGIA E AMBIENTE

  1. Mario Seminerio

    Come spiegato dalla circolare interpretativa dell’Agenzia delle Entrate, il bonus non spetta ai nuclei familiari composti da sole persone titolari di sole prestazioni assistenziali esenti da IRPEF; quindi, l’anziano o il disabile che vive da solo ed è titolare solo di pensione di invalidità e indennità di accompagnamento o di assegno sociale non ha diritto al bonus; Inoltre, nel caso un disabile che viva da solo, ha diritto al bonus nel caso il suo reddito non superi i 15.000 euro annui. In questo caso ha diritto ad un bonus di 200 euro. Il Ministero precisa che il bonus di 1000 euro (con redditi fino a 35000 euro) spetta solo nel caso un componente del nucleo familiare, ad esclusione del richiedente, sia una persona con disabilità. Quindi, un disabile non autosufficiente (così come definito dalla legge 104 del 1990), che spende cifre esorbitanti per dotarsi di assistenza di badanti nell’arco delle 24 ore per continuare a vivere a casa propria, ma è solo nel nucleo familiare, magari perché il coniuge ha avuto la pessima idea di morire, e con un reddito che supera 15.000 euro, anche solo di un euro, non ha diritto al bonus. Con buona pace dei Libri Bianchi e della loro ipocrisia.

  2. Laura Benigni

    Credo che l’Italia stia diventando un laboratorio a cielo aperto (non solo in Abbruzzo), per studiare come si può far peggiorare la qualità di vita delle donne settanta-ottanta anni. Il welfare incerto e ambiguo attuale spinge ad un prolungamento della dipendenza economica e pratica le generazioni dei figli e dei nipoti e questo non può che paralizzare la società. O forse no, ma certo che le nonne in Italia hanno un ruolo non sufficientemente riconosciuto e non necessariamente tutto positivo. Una società che sfrutta la capacità di ricomposizione del quotidiano delle donne senza rappresentarsi la autonomia degli individui e il fatto che non necessariamente tutti hanno una rete familiare, continuerà a non realizzare pienamente il superamento delle barriere architettoniche, la riabilitazione di chi è dimesso da un ospedale, l’accompagnamento dignitoso del cittadino in difficoltà o fragile. Il tutto sempre con grandi sprechi, visto che sulla carta, accompagnamento e tutela sarebbero spesso previsti. In questo ultimo anno i campi di indagine per gli scienziati sociali si sono ampliati, stravolti, moltiplicati.

  3. Silvia Bianchi

    Tutte le (scarse) misure a favore delle famiglie sono puramente economiche, mentre ciò che occorre oggi è soprattutto una rete di servizi: asili nido, doposcuola, attività sportive ecc. che dovrebbero essere disponibili per tutti a prezzi accessibili! Invece i comuni perdono risorse e non riescono ad ampliare l’offerta in questi campi. Soprattutto, si dovrebbe elaborare una strategia di aiuto per le ormai numerosissime famiglie con genitore singolo, che si trovano ad affrontare difficoltà ancora superiori. Non solo aiuti economici, ma anche servizi specifici che vengano incontro a chi, rimasto solo con uno o più figli, rischia la disperazione se non può contare su uno stipendio elevato e/o sull’appoggio dei propri genitori!

  4. Giacomo Casale

    Mi sono state rimborsate proprio in questi giorni gli importi in eccedenza al tetto del 4% per i mutui a tasso variabile secondo quando stabilito del decreto Tremonti in materia di aiuto alle famiglie.ebbene il rimborso è stato di 62 (sessantadue) euro per un mutuo di 15 anni variabile per un importo di 93000 euro. Non contesto chiaramente i 62 euro ma la ratio del decreto: 1- Anche gli sprovveduti immaginavano, nell’autunno del 2008, che nel 2009 i tassi si sarebbero ridotti sensibilmente causa la crisi epocale che stiamo vivendo.Il tetto del 4% è poco "competitivo" per aiutare le famiglie 2- concedere gli aiuti senza limiti reddittuali (ma solo in base all’immobile acquistato) è stato un atto di notevole disuguaglianza economica. In pratica un soggetto che percepisce 100000 euro annui ha le medesime facilitazioni di un operaio. Il concetto tremontiano "meglio poco rispetto al nulla" ormai non convince più nessuno.

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