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PENSIONE EUROPA

Le caratteristiche anagrafiche, le esperienze politiche precedenti e il comportamento dei nostri eurodeputati sembrano confermare l’opinione diffusa che l’elezione al Parlamento europeo rappresenti una sorta di pensionamento di lusso. Magari in omaggio all’idea che l’Europarlamento abbia un ruolo istituzionale subalterno rispetto al Consiglio dei ministri europei nel prendere le decisioni. E’ una visione antiquata. Ma se anche fosse vero, perché non usare l’Europarlamento come un banco di prova per politici giovani e promettenti invece che come una lussuosa casa di riposo?

 

Meglio le veline o i fannulloni? Il dibattito sulla selezione dei politici da mandare al Parlamento europeo che si è svolto nelle ultime settimane potrebbe essere sintetizzato così. I giornali hanno fornito un’immagine impietosa dei nostri rappresentanti in Europa: fannulloni, per usare un termine caro al ministro Brunetta, e per giunta molto ben retribuiti. Porte aperte alle veline dunque?
Al di là dei singoli, e talvolta clamorosi, episodi di assenteismo, è utile chiedersi se sia davvero necessario modificare la squadra che ci rappresenta tra Strasburgo e Bruxelles. (1) E soprattutto se sia opportuno cambiare i criteri utilizzati dai partiti per selezionare i candidati al Parlamento europeo.

IL TIPICO EURODEPUTATO ITALIANO

Un recente studio di tre ricercatori statunitensi ci offre un utile spaccato dell’Europarlamento e ci consente di confrontare le caratteristiche dei nostri rappresentanti con quelli degli altri paesi. (2) I tre studiosi hanno analizzato il curriculum vitae di tutti i membri del Parlamento europeo dal 1979, anno in cui gli eurodeputati sono stati direttamente eletti dai cittadini degli stati membri.
Chi è il tipico eurodeputato italiano? Rigorosamente uomo, spesso sessantenne e quasi mai trentenne, con una lunga esperienza di partito, condita da cariche esecutive, a volte con qualche passaggio in Parlamento. E gli altri eurodeputati? Rispetto ai colleghi (e colleghe) degli altri quattordici paesi analizzati (Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo, Regno Unito, Spagna e Svezia), la pattuglia degli italiani si distingue per avere il minor numero di donne: solo l’11 per cento, contro il 13 per cento della Grecia, il 26 per cento della Spagna e il 52 per cento della Finlandia. Possiamo contare anche sul il maggior numero di sessantenni (20 per cento) dopo Lussemburgo (26 per cento) e Grecia (24 per cento), e il minor numero di giovani – ovvero deputati sotto i quaranta anni – (13 per cento) dopo la Grecia (12 per cento).
Tra gli europarlamentari italiani abbondano quelli che hanno ricoperto cariche esecutive nei partiti, 41 per cento, contro una media europea del 30 per cento, che va dal 9 per cento in Germania al 47 per cento in Portogallo. Gli italiani hanno anche una maggior esperienza legislativa a livello nazionale – il 42 per cento dei nostri eurodeputati si è seduto in Parlamento – rispetto a una media europea, 30 per cento, che rispecchia però realtà molto diverse, dal Regno Unito, dove solo un eurodeputato su dieci è stato in precedenza membro della House of Commons, alla Finlandia dove tre eurodeputati su quattro provengono dal parlamento nazionale.

COME SI SELEZIONA L’EUROPARLAMENTARE

Questi dati suggeriscono l’esistenza di criteri di selezione diversi tra paesi. Ad esempio, mentre il Regno Unito e la Germania utilizzano il Parlamento europeo come un banco di prova per politici giovani e con scarsa esperienza di partito e legislativa, i partiti italiani mandano a Strasburgo una pattuglia più matura e “navigata”. Quale sistema di selezione garantisce i risultati migliori? Èsempre difficile misurare la performance dei politici. I dati raccolti da “Vote Watch” (www.votewatch.eu) ci consentono però di valutare quella degli eurodeputati sotto tre aspetti: assenteismo, lealtà verso il partito o il gruppo politico (ovvero quante volte il deputato ha votato nella stessa maniera del suo partito) e lealtà verso il paese (ovvero quante volte il deputato ha votato nella stessa maniera della maggioranza degli europarlamentari del suo paese). E anche in questo caso gli europarlamentari italiani si differenziano dai colleghi europei. In negativo. Con un tasso d’assenteismo del 28,1 per cento, i nostri eurodeputati sono ben meno presenti a Strasburgo di svedesi (17,4 per cento ), greci (14,5 per cento) spagnoli (13,4 per cento), per non parlare di finlandesi (8,2 per cento) e austriaci (6,3 per cento). Ma quando ci sono, sono tra i più pronti a votare secondo le linee di partito: sia a destra (Ppe) che a sinistra (Pse) disobbediscono al partito solo il 3 per cento delle volte, contro il 5 per cento dei finlandesi, il 16,6 per cento degli svedesi (nel Ppe) e il 26 per cento dei Tory inglesi.
Molto meno accentuata è invece la coesione nazionale. Solo il 58 per cento delle volte i nostri europarlamentari votano nello stesso modo degli altri colleghi italiani, risultando più coesi solo degli svedesi (52,7 per cento) e degli inglesi (48,2 per cento) ma meno di tedeschi (61,5 per cento) e spagnoli (67,9 per cento).
Le caratteristiche anagrafiche, le esperienze politiche precedenti alla loro elezione e la performance dei nostri eurodeputati sembrano confermare l’opinione diffusa che il Parlamento europeo rappresenti per i partiti italiani un ricovero – dorato, certo – di elefanti, piuttosto che un luogo dove esercitare un ruolo importante per definire le politiche europee. Questa scelta può nascere dall’idea che l’Europarlamento abbia un ruolo istituzionale subalterno rispetto al Consiglio dei ministri europei nel prendere le decisioni. Si tratterebbe di una visione antiquata, poiché il ruolo istituzionale del Parlamento europeo è cresciuto nel corso del tempo. Ma se anche corrispondesse alla realtà, perché non usare l’Europarlamento come un banco di prova per politici giovani e promettenti anziché come lussuosa casa di riposo per quelli in pensione?

(1) Il Parlamento europeo svolge le sue attività su tre sedi: Bruxelles (Belgio), Lussemburgo e Strasburgo (Francia). Lussemburgo è la sede degli uffici amministrativi e del Segretariato generale. Come si legge sul sito del Parlamento europeo “L’attività dei deputati europei si svolge a Bruxelles, a Strasburgo e nelle circoscrizioni elettorali. A Bruxelles partecipano alle riunioni delle commissioni parlamentari e dei gruppi politici, nonché alle tornate supplementari e a Strasburgo alle sedute plenarie delle dodici tornate regolari. Parallelamente a queste attività principali, i deputati europei devono ovviamente dedicare tempo anche alle proprie circoscrizioni elettorali”.
(2) S. Meserve, D. Pemstein e W. Bernhard (2009) “Who goes to Europe: Strategic Candidate Nomination to the European Parliament”, paper presentato al 2009 Annual Meeting of the Midwest Political Science Association, Chicago, www.mpsa.org.

Foto: Il parlamento europeo, da internet

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  1. Vince

    E’ interessante notare come nell’articolo non si menzioni il grado di competenza/conoscenza della struttura politica europea. Il Parlamento europeo ha infatti il compito di svolgere attività nell’esclusivo interesse dell’Unione Europea (as a whole), e non dei singoli paesi, ed è inserito in una complessa costruzione istituzionale (che tra l’altro molti docenti italiani fanno ancora fatica a capire bene, perdendosi, quando va bene, in un romantico, quanto inconsistente pensiero federalista tipico di una classe generazionale vecchia). Oggi, un parlamentare europeo che manchi di esperienza diretta con l’Europa, oppure un tipico corso di studi europei, ha ben poche possibilità di incidere nei primi tre/quattro anni. D’altra parte, usare il PE come banco di prova per giovani aspiranti politici è piuttosto ridicolo, se si pensi all’effetto leva delle politiche europee (io potrei argomentare, contrariamente all’opinione generale, anche in termini di high politics) e alla ricaduta strutturale che esse hanno sui singoli paesi. Manca una elezione veramente europea. Questo lo si sa, ed è un male. Ma il male più grande è la candidatura di incapaci, anche se in buona fede e non sempre veline.

  2. Luca Boccianti

    "perché non usare l’Europarlamento come un banco di prova per politici giovani e promettenti anziché come lussuosa casa di riposo per quelli in pensione?" L’idea pare buona, ma i politici giovani e promettenti sarebbe il caso siano impiegati e messi in lista qui in Italia. Ad esempio, nei consigli comunali e provinciali. Poi ai regionali e al Parlamento. Se no rischieremo sempre di avere candidature "paracadutate". Facciamo in modo invece che il politico giovane, promettente e non cooptato (praticamente un unicorno) faccia in tempo ad formarsi la sua base di elettori che lo metta al riparo dai giochi di segreteria di partito, ammesso e non concesso che riesca a non esserne subordinato e che questa, come è sempre avvenuto durante il fascimo e finora durante la repubblica, non seghi subito le gambe a chi è "troppo" promettente.

  3. Nicola Arena

    Sono del tutto d’ accordo, mi pare un’ idea semplice e nello stesso tempo molto intelligente, in quanto permetterebbe ai politici giovani di acquisire le conoscenze appropriate dei meccanismi di funzionamento delle strutture euopee, da mettere a frutto poi nei parlamenti nazionali.

  4. Verifier

    In realtà, non ci sono criteri oggettivi che permettano di giudicare la performance complessiva e l’importanza reale degli eurdeputati, se non per quanto riguarda i peggiori, i più assenteisti o meno assidui, che non a caso sono sempre gli stessi in tutte le banche dati come Votewatch o Parlorama. So per esperienza (ho seguito da cronista ogni singolo momento della VI legislatura) quali sono stati i più attivi e influenti eurodeputati italiani, indipendentemente dal giudizio di merito sul loro operato; ma questi nomi appaiono molto più facilmente nel mezzo, e quasi mai tra i migliori, nelle classifiche cosiddette ‘obiettive’. Molti di loro, d’altra parte, non sono stati ricandidati o rischiano, a causa della soglia del 4% o del sistema delle preferenze, di non essere rieletti. Eccone una lista, anche se forse ho dimenticato qualcuno. E’ una selezione soggettiva, certo, ma basata sull’osservazione delle persone e dei loro comportamenti, non su pretesi criteri oggettivi: PPE: Mauro, Gargani; PSE: Sacconi, Fava, Napoletano, Pittella; ALDE: Cappato (radicale), Cocilovo, Costa, Susta; UEN: Angelilli, Muscardini; GUE: Catania, Morgantini; VERDI: Frassoni.

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