E’ impressionante il fervore restauratore messo in atto dalla maggioranza parlamentare, con il complice silenzio di quasi tutta l’opposizione, nel campo dei trasporti terrestri e in particolare nei trasporti regionali e locali. Una iniezione di concorrenza nel sistema, invece, farebbe bene non solo ai consumatori, ma forse soprattutto a quegli enti locali che da un lato lamentano la carenza di risorse e dall’altro continuano a sprecare denaro. In periodi di difficoltà finanziarie locali e centrali, si libererebbero preziosissimi milioni di soldi pubblici.

In Parlamento va scoraggiato lo stillicidio di iniziative volte a restaurare gli equilibri del passato a detrimento dei consumatori. Così il presidente dellAntitrust Catricalà, nella sua relazione annuale, ha espresso allarme per quello che sta accadendo nelle commissioni e nelle aule parlamentari italiane negli ultimi tempi. Una serie di norme, sparse in modo apparentemente casuale in disegni di legge disparati e largamente fuori tema per mimetizzare tatticamente un attacco strategico al processo di liberalizzazione dei servizi, avviato con grande fatica alla fine degli anni Novanta.
Su questo, Catricalà fa tanti esempi, dal settore farmaceutico, alle assicurazioni, al gas. Duole lassenza di ogni riferimento al decreto Alitalia, confezionato in fretta e furia a fine agosto 2008 per far tornare i conti delloperazione Cai, tagliando le unghie allAntitrust sulla fusione con Air One, e del conseguente monopolio di fatto sul alcune tratte chiave, in particolare il cash cow Milano Linate Roma. Su questo doloroso vulnus al diritto della concorrenza italiano Antonio Catricalà non spende neanche una parola; forse non è casuale, vista la clamorosa arrendevolezza mostrata dalla Autorità in quella situazione.
Ma tra gli esempi che ha toccato, avrebbe potuto trovare più spazio il settore dei trasporti, che viene menzionato solo di passaggio. E vale la pena invece di approfondire.
INDIETRO TUTTA
È infatti veramente impressionante il fervore degli sforzi restauratori messi in atto dalla maggioranza parlamentare, con il complice silenzio di quasi tutta lopposizione, nel campo dei trasporti terrestri e segnatamente in quello dei trasporti regionali e locali. La portata della sequenza di norme approvate e in discussione è ben evidenziata dalla stessa Autorità antitrust, in una segnalazione del 1 giugno (AS528, Bollettino 21/2009) dedicata a denunciare gli impatti anticoncorrenziali di una inadeguata definizione del servizio universale nel trasporto ferroviario.
1) Con una legge di fine gennaio (L. 2/2009, art. 25, comma 2) si autorizza la spesa aggiuntiva di 480 milioni di euro lanno per tre anni, da ripartire tra le Regioni, condizionata al rinnovo dei contratti di servizio tra le Regioni e Trenitalia. Si noti: non per stipulare nuovi contratti di servizio con qualsiasi operatore ferroviario, selezionato mediante gara (come pure prevede il decreto legislativo 422/1997), ma proprio con Trenitalia. Logica conseguenza: il Piemonte che aveva deciso di bandire una gara per il servizio ferroviario, ha fatto rapidamente marcia indietro per non perdere la propria quota di fondi statali aggiuntivi.
2) Ai primi daprile si assesta un altro colpo. Con la legge 33/2009, art. 7, comma 3-ter, viene modificato il decreto legislativo 422/1997 e si prescrive che i contratti di servizio relativi al trasporto ferroviario abbiano una durata minima di sei anni, rinnovabili per altri sei. Il combinato disposto della legge 2/2009 e della legge 33/2009, dedicate, in teoria, a curare le conseguenze della crisi economica, è che Trenitalia si vede assicurati i contratti di servizio regionali per sei-dodici anni. Ah, però: chissà quanto sono preoccupati i dirigenti della spa di Stato per il fatto che la legge ora dice che i nuovi contratti di servizio devono rispondere a criteri di efficienza e razionalizzazione. Intanto, è affermazione a dir poco fumosa. E se poi tale criterio fosse violato, quali conseguenze vi sarebbero? Con ogni probabilità, nessuna
3) A fine maggio laula del Senato licenzia poi un disegno di legge (AS 1195), ora in discussione alla Camera, che contiene un pacchetto di articoli (dal 58 al 63) dedicati a completare la restaurazione, estendendola anche agli autobus, ai tram e alle autolinee extra-urbane. Larticolo 61 dello sterminato disegno di legge introduce una deroga alla disciplina dei trasporti locali (il citato Dlgs 422/1997 e successive modifiche), che prevedeva lobbligatorietà del ricorso alla gara per laffidamento di qualsiasi tipo di servizio. È vero che lobbligo è stato spostato in avanti nel tempo così tante volte che a parlarne ancora vien quasi da ridere; è vero che le poche gare fatte sono state poco serie; è vero che in alcuni casi si è fatto di tutto per rendere possibile la partecipazione della sola azienda di proprietà comunale. (1) Ma, se questo articolo 61 venisse approvato definitivamente, tutti i comuni e tutte le Regioni sarebbero liberi di dare per sempre affidamenti diretti, nel pieno rispetto di un regolamento europeo (Ce, n. 1370/2007), dalle maglie larghissime.
4) A protezione dei contratti di servizio ferroviari ottenuti con tanto sforzo competitivo, lart. 59 del suddetto disegno di legge 1195 introduce anche limitazioni al diritto di far salire e scendere passeggeri in certe stazioni dai treni che operano servizi internazionali (o nazionali) in regime di concorrenza, affidando il delicato compito di stabilire queste limitazioni, caso per caso, allorganismo di regolazione di cui allart. 37 del Dlgs 8 luglio 2003 n. 188. Se uno poi va a leggersi larticolo in questione, scopre che lorganismo di regolazione indicato allarticolo 30 della direttiva 2001/14/Ce è il ministero delle Infrastrutture e dei trasporti o sue articolazioni. Evviva la regolazione indipendente!
FATECELO SAPERE
Viene alla memoria una delle tante promesse mancate del governo precedente, che nel suo programma elettorale si era impegnato a chiare lettere sullistituzione della Autorità di regolazione dei trasporti; il tutto, senza che poi si provasse veramente a farlo. Non ci pare che lesperienza italiana, nella quale il controllo politico sul trasporto pubblico è di fatto totale, sia talmente eccitante da giustificare questa riluttanza a passare a un sistema di regolazione normale, quale quello (imperfetto, ma di gran lunga preferibile) che si ritrova nellenergia.
Uno dei primi atti del nuovo governo (L. 133/2008) è stato un abbozzo di riforma generale dei servizi pubblici locali, che elevava (con deroghe affidate al giudizio dellAntitrust) la gara pubblica a metodo ordinario per laffidamento di tutti i servizi di rilevanza economica, tra cui spiccano proprio i trasporti, a partire dal 1 gennaio 2011. Il regolamento europeo menzionato prevede esplicitamente la possibilità che i singoli paesi adottino norme più favorevoli alla concorrenza. La maggioranza parlamentare, col beneplacito del governo, invece preferisce ripiegare. Ad oggi, il governo non ha emanato i decreti attuativi della legge 133/2008, nonostante i termini siano scaduti da un pezzo. Nel frattempo è successo quanto sommariamente descritto sopra. E, si noti, una iniezione di (ben temperata) concorrenza nel sistema non solo forse potrebbe far bene ai consumatori, ma soprattutto a quegli enti locali che da un lato lamentano la carenza di risorse, e dallaltro continuano a sprecare denaro. In periodi di difficoltà finanziarie locali e centrali, questo libererebbe preziosissimi milioni di denaro pubblico. e invece
Se per avere un po di concorrenza nel settore dei trasporti dobbiamo aspettare ancora qualche decennio, fatecelo sapere, che ci mettiamo comodi.
(1) Nel 2002, il comune di Milano ha emanato un bando di pre-qualificazione per la gara futura, che doveva riguardare tutti i trasporti milanesi, compresi metro e tram. Il bando è stato poi rinnovato nel 2006. Una gara unica per servizi tecnicamente tanto diversi non si giustifica se non per favorire chi già li gestisce. Per maggiore sicurezza il bando definiva una serie di criteri capaci di qualificare un solo partecipante alla gara: lazienda comunale Atm. Larma letale sta nei criteri riguardanti il trasporto su metropolitana: i partecipanti devono aver svolto negli anni 2002-2004 almeno 20.000 vetture/km su linee alimentate con terza rotaia. Si tratta di una caratteristica tecnica che rileva per la fornitura dei treni e non per la gestione del servizio, ma che è capace di escludere praticamente tutte le aziende italiane ed europee che avrebbero potuto (a fatica) soddisfare gli altri criteri imposti per la qualificazione. E così, dopo sette lunghi anni, lunica qualificata risulta essere Atm. Ma guarda un po!
Foto: Antonio Catricalà, presidente dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato. Da internet
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Si è laureato alla Sapienza di Roma e ha proseguito gli studi nel Regno Unito (M.Phil. Cambridge). Attualmente insegna Macroeconomia ed Economia Monetaria all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, Facoltà di Scienze Bancarie, Finanziarie e Assicurative. Ha fatto parte della Commissione tecnica per la spesa pubblica presso il Ministero dell’Economia (1993-2003) e delle commissioni incaricate del Piano generale dei trasporti (1998-2001), del Piano della Logistica (2004-2006 e 2010-2012). È stato consigliere economico del Ministro dei trasporti (1995-1996), componente del Consiglio di Sorveglianza e del Comitato remunerazioni di Banca Popolare di Milano (2013-2016) ed è stato “esperto” della Struttura Tecnica di Missione presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (2016-2018). Fa parte del Consiglio di Amministrazione de “la Verdi”, Fondazione orchestra e coro sinfonico. Autore di “Macroeconomia” (Il Mulino, 3° ed. 2019); “Sette luoghi comuni sull’economia” (Laterza, 2017); “L’economia in tasca” (Laterza, 2017); “Scusi Prof, cos’è il populismo” (con Rony Hamaui, Vita e Pensiero, 2019) e di varie pubblicazioni nazionali e internazionali in tema di economia della regolazione e dei trasporti, di macroeconomia e di economia applicata al settore bancario. Collaboratore di Repubblica – Affari & Finanza e de Il Sole 24 Ore. È stato membro del consiglio di amministrazione di Atlantia. Redattore de lavoce.info.
Carlo Scarpa è nato a Parma nel 1961, è professore ordinario di Economia Politica presso l'Università di Brescia, dove ha tenuto corsi di Economia politica, Economia industriale e Politica della concorrenza. Si è laureato a Parma, e ha conseguito il Dottorato di ricerca all'Università di Bologna e il D.Phil. in Economia al Nuffield College, Oxford University. Ha insegnato e svolto attività di ricerca presso le Università di Oxford, Bologna, Cambridge, Evry, York, la Johns Hopkins University, l'Università Bocconi, il Boston College, la London Business School e l'Ecole Normale Superieure di Parigi. Ha svolto attività di consulenza presso la Banca d'Italia, la Consob, l'Autorità per l'energia elettrica e il gas e per varie imprese private. E' stato coordinatore scientifico generale di diversi progetti finanziati dalla Commissione Europea su temi di privatizzazione e di energia (tra gli ultimi “Understanding Privatisation Policies” e “Security of Energy Considering its Uncertainty, Risk and Economic implications”, in collaborazione con la Fondazione Mattei di Milano). Si occupa di problemi di economia e politica industriale, con particolare riferimento a temi di antitrust e alla regolazione di servizi di pubblica utilità, soprattutto nei settori dell’energia e dei trasporti. Da maggio 2015 è Presidente di Brescia Mobilità, società del Comune di Brescia per il trasporto pubblico locale.
Salvatore
Per capire come vanno le cose a Milano basta prendere il tram n. 14 di colore verde. Quelli lunghi con carrello fisso. Chi ha preso una mega tangente per farci deragliare, spesso, e a farci trasportare come bestie?
lupo48
Non sapevo di questi traffici parlamentari, non mi sorprendono vista la qualità dei designati in Parlamento! Per completezza di informazione, cosa hanno detto le opposizioni? Spero che il partito trasversale degli interessi localistici, le Municipalizzate sono da sempre terreno di pascolo per i politici di ogni colore, non abbia zittito i vari Bersani, Tabacci, Morando!
Andrea C
Vorrei sottoporre, la gestione del trasporto pubblico della provincia di Treviso. Nella provincia, sono attive quattro società, che spesso si sovrappongono in molte linee. Capita che la gente salga in autobus, con biglietto di una altra compagnia. Tutto questo non incentiva l’uso dei mezzi pubblici. Sfido non sai mai se, se sei nella giusta corriera. Da un anno più o meno si parla di riunire le quattro società. Ma per questioni di partito, tutto rimane fermo.
martion
C’è del vero nell’articolo e anche del condivisibile. Tuttavia il problema risiede nel sistema delle gara, procedura competitiva o come la si voglia chiamare, così come oggi funzionante e adotatto dagli enti pubblici. molto spesso i comuni errano nel fare i bandi (sorge contenzioso) e comunque gli esiti vengono impuhnati (contenzioso) e spesso il criterio del prezzo più basso finisce per contare troppo (esito: servizi od opere inqualificabili). Se si migliorasse questa parte, in concreto, il sistema da voi proposto è senza dubbio meglio. Altrimenti teniamoci il monopolio trenitalia e i piccoli monopoli. Sono tornato da Parigi, perché la RER (cioè il passante gestito da SCNF, cioè le FFSS francesI) funziona? Non so se sia frutto della disciplina delle concorrenza oppure della diversità con cui lo stato francese fa marciare (bene, o almeno così pare) le cose che gli competono.
pistik
Prendo spesso le linee periferiche di roma affidate a privati e onestamente non offrono servizio migliore dell’azienda municipalizata , certo i costi saranno minori per il comune ma all’utente chi pensa?
pincopanco
Sono un dipendente di una delle due imprese che, in regime di proroga, gestiscono il servizio di assistenza a bordo delle carrozze letti e cuccette. Dopo anni di duopolio Wasteels e Wagons Lits, il committente Trenitalia decide di unire i servizi, internazionali e nazionali, in un unico appalto. Cessa, così, una concorrenza ultra decennale all’interno del comparto. Più ombre che luci caratterizzano questa gara di appalto: poichè il Gruppo FS ha deciso di smantellare i treni notturn, ha mesoo in atto azioni dubbie. E sembra che tutti siano d’accordo, anche le cosiddette associazioni dei consumatori e -come Voi riportate nell’articolo- i partiti di opposizione. Questo isolamento mi obbliga a nascondere la mia identità. E’ la barbarie, bellezze!