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EDITORI SENZA TRANSPARENCY

La Consob adegua all’Europa la diffusione dell’informativa finanziaria italiana: le società quotate e i gestori di risparmio possono utilizzare sistemi informatici per le comunicazioni obbligatorie al mercato. Ma la nuova norma non è piaciuta agli editori dei giornali, che perderebbero pubblicità per 50 milioni. E dalla loro parte, oltre al Governo, trovano uno schieramento bipartisan in parlamento e lo stesso presidente della Consob, Cardia. Che zitto zitto dà le dimissioni per vedersele respingere. E mettere così in difficoltà i commissari Consob non allineati.

In questi giorni si è consumato un fatto molto grave nel silenzio totale di quotidiani come Il Sole 24Ore e delle principali reti televisive. Ne vogliamo dare notizia ai lettori sperando che i siti indipendenti, le radio e i giornalisti liberi ne diano notizia. La posta in gioco è molto importante. Comporta la riconquista da parte degli editori di giornali (segnatamente quelli economici, oggi più volte invitati dal Governo a fornire un’immagine tranquillizzante della crisi) di un business temporaneamente perduto del valore di circa 50 milioni di euro e la delegittimazione delle autorità indipendenti e in particolare di coloro che, fra i quattro commissari Consob, si sono trovati in rotta di collisione con il loro presidente. Ma vediamo i fatti.

IL COMUNICATO ESOTERICO

Un sorprendente comunicato stampa ha annunciato venerdì 26 giugno che “Il Consiglio dei Ministri ha respinto [oggi] le dimissioni del Presidente della Consob, dottor Lamberto Cardia, presentate a seguito della riscontrata impossibilità di fare adeguare le determinazioni della Commissione alla unanime volontà espressa dal Parlamento in merito alle norme di attuazione della direttiva europea sulla trasparenza societaria”. Sorprendente perché le dimissioni di Cardia non erano note neanche ai commissari della Consob e sul sito dell’Autorità vigilante e regolamentatrice della trasparenza non ne appare traccia. Sorprendente anche perché le motivazioni delle dimissioni e della fiducia “confermata” a Cardia “esprimendo apprezzamento per il suo operato, in particolare per il suo atteggiamento di rispetto istituzionale verso il Legislatore” risultano del tutto incomprensibili a chi legge il comunicato. Per capire cosa è successo occorre fare un passo indietro, tornare a un fatto di cui avevamo (in grande solitudine) dato notizia su questo sito.

LA DELIBERA DELLA CONSOB

Due mesi fa (1) la Consob ha recepito la direttiva europea “Transparency” consentendo alle società quotate e ai gestori di risparmio di utilizzare sistemi informatici (regolati e vigilati) per le comunicazioni obbligatorie al mercato. Come richiesto dall’Europa, la comunicazione gratuita via Internet non discrimina contro investitori di altri paesi dell’Unione, che non hanno accesso alla carta stampata. Inoltre comporta un risparmio di circa 50 milioni (2) per le imprese quotate in un momento in cui si cerca di alleggerire i costi per le imprese, in particolare i costi relativi all’accesso del mercato di borsa. Importante perciò semplificare gli obblighi informativi, ovviamente a parità di efficacia. L’altra faccia della medaglia di questi risparmi sono minori ricavi soprattutto per i gruppi Sole 24 Ore e Class (Milano Finanza/MF e Italia Oggi).

LA CONTROFFENSIVA DELLA LOBBY DEGLI EDITORI

La reazione della lobby degli editori non tarda a farsi sentire. Passano pochi giorni e Milano Finanza critica pesantemente il provvedimento, facendo sapere che la delibera è stata assunta dalla Commissione con il voto contrario del presidente. Si noti che il voto a maggioranza (che di norma non viene mai reso noto all’esterno) non è di per sé un fatto rivoluzionario per un organo collegiale in cui il presidente è un “primus inter pares”. Il 28 maggio la Fieg (Federazione italiana editori di giornali) e le società Sole 24 Ore e Class Editori presentano al Tar del Lazio una richiesta di sospensiva e, nel merito, di annullamento del provvedimento. Nel contempo alla Camera e al Senato le commissioni competenti (3) pronunciandosi peraltro su materie al di fuori della delega che stavano discutendo, esprimono parere favorevole, con consenso bipartisan, alla proposta del Governo di un decreto legislativo che modifica il Testo unico della finanza per recepire la “Transparency” ma reintroduce le norme sulla pubblicità a pagamento sulla carta stampata.

L’AUTORITÀ DIPENDENTE

A questo punto il presidente Cardia sollecita i suoi colleghi a prendere atto della volontà del Governo e dei pareri espressi dalle Camere e ad abrogare la controversa delibera ripristinando lo status quo “in ossequio alle volontà del legislatore”. Si noti che non si è in presenza di alcuna legge dello Stato (ovviamente vincolante per tutti), ma solo di richieste pressanti della Fieg e di un semplice parere di commissioni parlamentari. Dunque, la scelta di Cardia di chiedere alla Commissione di annullare il provvedimento ha il contenuto della rinuncia a essere autorità indipendente dalla politica. Non ci sono, infatti, ragioni giuridiche per tornare immediatamente sul provvedimento. Infatti, il Tar respinge la richiesta di sospensiva, il che dimostra che la posizione della Consob sgradita al suo presidente, al Governo e ai giornali, aveva fondamenti giuridici solidi.
Non ci sono comunque delibere formali della Commissione né in un senso, né nell’altro. Nulla avrebbe quindi impedito di aspettare una norma definitiva e adeguare il regolamento Consob alla scelta, diversa dalla generalità dei paesi europei e più costosa per le imprese, voluta dal Parlamento. Giocando d’anticipo, Cardia presenta le dimissioni al Consiglio dei ministri del 26 giugno, prontamente respinte dall’esecutivo. Il Governo vara contestualmente un decreto pieno di errori tecnici (perché elaborato dagli uffici di Palazzo Chigi anziché dal ministero competente) che addirittura impone che tutta l’informativa societaria venga pubblicizzata a mezzo stampa. Si va dunque molto al di là del ripristino dello status quo.Èun chiaro regalo alla Fieg che difficilmente non comporta contropartite. Nella conferenza stampa successiva al Consiglio dei ministri, il presidente del Consiglio rinnova l’invito agli investitori pubblicitari a non fare pubblicità sui giornali che trattano la crisi economica con toni catastrofisti.
Ma c’è anche una minaccia alle autorità indipendenti e ai loro commissari. Milano Finanza, gruppo Class editori, nel riportare la notizia del decreto aggiunge: "Ora si porrà una questione di continuità dell’attività da parte dei commissari che hanno risposto picche al Parlamento".È un chiaro messaggio: i commissari non allineati con il presidente farebbero bene a preparare le valigie.

IL SILENZIO DELLE QUOTATE

In tutta questa vicenda spicca il silenzio di Confindustria che dovrebbe sostenere la causa delle imprese. Ma ancora più assordante è il silenzio di Assonime, la principale associazione delle società quotate. Si noti che Assonime è presieduta da Luigi Abete, un imprenditore che opera nel mondo dell’informazione ed è consigliere d’amministrazione del Sole 24 Ore.

 

(1)Per l’esattezza con la delibera 16850 del 1 aprile 2009.
(2)Stima attribuita alla Fieg (Federazione italiana editori di giornali) da Milano Finanza, 27/6/2009, “Fiducia a Cardia dal Governo”.
(3)Senato: VICommissione Finanze; Camera dei Deputati: V Commissione Bilancio; VI Commissione Finanze; XIV Commissione Politiche dell’Unione europea.

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18 commenti

  1. alex

    La notizia nei suoi retroscena mi era sfuggita. E’ evidente ancora una volta che questo è il paese dei conflitti di interesse (di cui Berlusconi è solo il più autorevole interprete). La vicenda nei suoi crudi contenuti è piuttosto squallida e mette a repentaglio, ancor prima dell’indipendenza, la credibilità dei vertici della Consob e delle commissioni parlamentari coinvolte. Del resto questo è un paese che da anni predilige alla legalità degli interessi perseguiti la neccessità di perseguirli anche a costo di bypassare le regole, purchè vi sia il consenso di tutti gli interessati ( ovvero della maggioranza ). Non desta stupore pertanto che confindustria ed assonime siano rimaste in silenzio: in questo caso vale il principio del "chi tace acconsente" che è l’unico modo di trarre beneficio dagli affari conclusi in stato di conflitto d’interessi. Poveri nostri risparmi investiti in borsa: se per 50milioni si arriva a tanto… a meno che non si tratti di una prova generale di scambio di favori tra informazione finanziaria specializzata e maggioranza di governo in merito allo stato della crisi attuale.

  2. Furetto

    E’ ovvio che per l’"ente" Confindustria è più importante salvaguardare i conti del proprio quotidiano rispetto agli interessi dei propri associati. Ennesimo conflitto d’interesse dal quale non se ne verrà mai fuori.

  3. Francesco

    E’ un fatto talmente grave e allucinante che non ho nemmeno la forza di fare commenti. A volte penso sia già un miracolo che qualcuno riesca ancora a raccontare questi fatti, anche se poi a vergognarsi e a scandalizzarsi di queste cose non credo si sia rimasti in molti. Grazie

  4. Disperato

    E’ il conto alla rovescia per la chiusura di questo sito (per tutti quelli che vedendo alle cose iraniane pensano "poverini, da noi non può succedere, noi abbiamo la democrazia" come se fosse un altro pianeta). Tic Tac..

  5. Gianni Sanna

    In questo momento particolare che descrivete per la carta stampata potrebbe essere un’idea fare il grande salto. Anche perché da quello che scrivete ultimamente mi pare abbiate molti interessi in comune: vi stanno a cuore tutte le deligittimazioni in atto, ma proprio tutte. Tranne una, quella più cruenta, (condotta da una elite "snob e falsamente illuminata" per dirla alla Belpietro): quella del Governo.

  6. Michele

    E’ incredibile quanto e’ accaduto. Suppongo che se la direttiva non dovesse essere adottata dalla Consob la Commissione Europea potrebbe intervenire. Il danno piu’ grave e’ purtroppo la reputazione delle autorita’ indipendenti di questo paese che dovrebbero fare da vigilantes o watchdogs ("cani da guardia") invece sono, come il Sig. Cardia, "rispettosi" del legislatore. Grazie mille La Voce per il vostro servizio, vi meritate il nostro 5 per mille!

  7. mp

    Che alla Consob si discuta di transparency sembra un non sense. Le decisioni vengono assunte dalla Commissione nella assoluta riservatezza. Non è dunque il caso che anche la Consob faccia propria un po’ di quella trasparenza che chiede alle società? Basterebbe rendere pubblici i verbali delle sedute della Commissione, secretandoli unicamente per le questioni che necessitassero la riservatezza, similmente a quanto avviene per le commissioni parlamentari. Si potrebbero così verificare le posizioni e le ragioni dei singoli commissari (e perchè no? …anche le loro effettive competenze). Non sarebbe poi così difficile: basterebbe provvedere ad una pubblicazione su internet… e sui quotidiani, ovviamente!

  8. CARLO CATALANO

    Il fatto è assurdo, anzi no! Il fatto è normale. La cosa più grave è che leggo così tanti fatti disgustosi che quasi quasi mi ci sto abituando. In questo paese sta finendo anche la speranza di poter vivere in un paese normale. Stiamo superando il più infimo livello. Credo che dopo un Presidente del Consiglio che indica, potendo apparire anche una minaccia per chi non segue l’indicazione, i giornali nemici sui quali non indirizzare pubblicità, per il solo fatto che democraticamente fanno informazione, possa accedere di tutto.

  9. Paolo Sassetti

    Cardia si è dimostrato in più di una circostanza piegato al potere politico. Il che ne fa un candidato perfetto alla carica cui più ambisce, giudice della Corte Costituzionale. D’altra parte, con lui si è già accettato l’inaccettabile, ovverosia che il Presidente della Consob avesse un figlio che effettua ricche consulenze alle società controllate dalla Consob.

  10. sic

    Purtroppo sembra che non siamo più abituati a stupirci di fronte a casi come questi, tanto siamo assuefatti dalla mole di notizie inconsistenti che ci passa la carta stampata. E così è facile, persino normale, che si consumino in sordina episodi assurdi e illogici come questo. Ogni categoria si tutela come può, è chiaro. In linea di proncipio è pure un bene che si decida tenendo conto dei diversi interessi in gioco. Ma ci dovrebbe essere un pudore a mostrare il limite di certe azioni. Ma scusate, piccola digressione, esiste ancora la parola pudore nella nostra lingua?

  11. R. Pilotta

    Analisi esemplare di un caso paradigmatico per i tanti aspetti rilevati dagli autori, soprattutto in riferimento alla presunta indipendenza delle authorities e al nodo irrisolto dei conflitti d’interesse nel paese. Per quanto riguarda nello specifico la Fieg e i gruppi editoriali del Sole 24 Ore e Class Editori appare interessante notare due particolari: 1) non si conoscono prese di posizione né forme di preoccupazione ai tempi della formulazione e della discussione in sede europea della direttiva "Transparency"; 2) la stima di 50 milioni in merito alla presunta perdita nella raccolta pubblicitaria non appare supportata da alcuna realistica (e materiale) valutazione, anche perchè non è nota alcuna suddivisione per genere o categoria della raccolta stessa da parte di editori di quotidiani (mentre cresce – questo sì – il dubbio che ormai una parte delle campagne pubblicitarie generiche e istituzionali del comparto finanziario trovi sempre più il suo contraltare in un "certo", comprensivo trattamento da parte delle testate che beneficiano maggiormente di questi investimenti promozionali).

  12. Francesco Gusmano

    Il fatto è di una gravità inaudita, o meglio più che "audita" (ne accadono talmente tanti che ci si fa il callo). Senza lavoce nessuno saprebbe niente, e questo prova il conflitto degli interessi dei quotidiani. Ma c’è un altro aspetto, altrettanto, o forse ancor più, inquietante. Anche sapendo, cosa potrebbe accadere? A chi interessano veramente ormai le questioni di rilievo pubblico? Ma: hanno mai contato davvero per gli italiani? Come scriveva a suo tempo Longanesi, quello italiano è il popolo dei "tengofamiglia": di fronte a qualsivoglia slancio ideale siamo sempre pronti, noi italiani, a far valere il peso delle necessità materiali, e a giustificare così ogni cosa. Niente ci disturba, niente ci scandalizza. Basta solo che nel nostro "particulare" tutto sia a posto. E così, anche le gravità (in)audite diventano ininfluenti.

  13. Giorgio S.

    Questo dimostra ancora una volta (caso mai ce ne fosse bisogno ) il cortocircuito informazione-governo. I giornali sopravvivono solo grazie ai finanziamenti dei partiti, il premier invita gli imprenditori a non fare pubblicità sui quotidiani, il governo corre in soccorso degli editori che vedono parte dei guadagni minacciati dalla direttiva consob… Non parlatemi di quarto potere, per favore. In questo Paese giornalisti e politici sono legati a doppio filo. Per non parlare del conflitto di interessi di Berlusconi! In un panorama del genere io non ho più alcuna fiducia nelle notizie che riporta la stampa (per non parlare della TV). Spero che iniziative lodevolissime come lavoce.info si moltiplichino, per garantire almeno un minimo di informazione indipendente. Cordiali saluti e complimenti per il vostro lavoro.

  14. Claudio

    Bravi, ma l’importante è persistere … Cardia è nella pubblica amministrazione dal 1971, avrebbe dovuto dimettersi molto, ma molto prima e per mille e piu’ ragioni, anche solo a guardare i suoi 12 anni in Consob: si sono gia’ 12 e "per legge" … volevo dire ossequio per il legislatore, sta lì fino al giugno prossimo. Perché lavoce non prova a fare una bella campagna che, inusitatamente, sia proprio ad personam, ma a cruciale protezione dell’interesse generale? P.s. i bersagli di MF e, più in generale, l’establishment sono ovviamente Enriques e Pezzinga, non certo il braccio destro del capo e il pluridecorato commendator … forse in effetti è inutile anche solo pensarci.

  15. Matteo

    Davvero mi sorprende il silenzio di Confindustria. Ma le aziende quotate che la compongono sono tutte contente di pagare soldi profumati al principale giornale della confederazione? Non c’è nessuno che si sia lamentato di questo atteggiamento. Come si fanno a fare le liberalizzazioni se coloro che ne dovrebbero beneficiare per primi non le vogliono?

  16. r.gianni

    Quanto è accaduto è grave…ma dopo pochi giorni il Governo ha stanziato 170 ml. Per l’Editoria! Che dire?

  17. Andrea

    La situazione è sconfortante ed allarmante. Spero solo si giunga una volta tanto anche con l’intervento casomai del Presidente della Repubblica alla soluzione giusta e moderna del caso.

  18. Lukas

    7 anni dopo la storia si ripete (v. articolo sotto). Nello schema di decreto legislativo in tema di trasparenza delle società quotate in circolazione nel mese di novembre 2015 era prevista l’abrogazione degli obblighi di pubblicazione delle informazioni regolamentate sui quotidiani nazionali. Modifica necessaria ai fini del rispetto del divieto di gold plating. Esce in GU il 3 marzo di D.Lgs. definitivo e l’abrogazione è scomparsa. Nessuno ne parla.

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