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QUANDO GLI INCENTIVI BATTONO I FAVORITISMI

Quali sono gli effetti del favoritismo e della corruzione sull’andamento economico? Uno studio mostra che le connessioni sociali hanno conseguenze complessivamente negative sul funzionamento dell’impresa quando i manager sono pagati con un importo fisso, mentre ciò non accade quando si aggiunge un premio di risultato. Una questione di incentivi. Per questo la presenza generalizzata del fenomeno induce individui e imprese a investire tempo e denaro nella ricerca di connessioni, agganci, piuttosto che a migliorare il proprio grado di efficienza.

Il favoritismo è un concetto facile da definire: colui che deve selezionare uno tra diversi candidati per un posto di lavoro, oppure una tra diverse imprese per un appalto pubblico, alla fine sceglie quel candidato o quell’impresa con cui è legato da rapporti di conoscenza, anche se un altro candidato o un’altra impresa avevano meriti pari o superiori. Come suggerito dalle recenti vicende a proposito degli appalti all’isola Maddalena per il G8, in certi casi il favoritismo assume una forma anche peggiore, di corruzione del soggetto pubblico che deve decidere.

IL CASO DEI RACCOGLITORI DI FRUTTA

Quali sono gli effetti generali del favoritismo sulla performance economica dell’organizzazione, privata o pubblica, che ne è affetta? Un recente lavoro sperimentale di Oriana Bandiera, Iwan Barankay e Imran Rasul fornisce risposte molto persuasive sulla questione, enfatizzando il ruolo fondamentale giocato dalle regole e dagli incentivi presenti nel sistema. (1)
I tre autori hanno convinto uno dei principali produttori di frutta del Regno Unito a effettuare un esperimento sulla remunerazione dei manager che controllano e gestiscono l’operato dei raccoglitori di frutta: nel periodo iniziale i manager venivano pagati per un importo fisso, mentre a partire da una certa data è stato aggiunto un premio basato sulla produttività media dei raccoglitori gestiti da ciascuno di essi. (2) I tre autori hanno raccolto informazioni dettagliate sulle connessioni sociali esistenti tra i manager e i raccoglitori: sia nel caso dei manager che dei raccoglitori si tratta di studenti universitari provenienti da otto paesi dell’Est europeo, assunti per la durata di una stagione. Manager e raccoglitori vengono classificati come connessi se provengono dallo stesso paese, oppure se sono stati assunti nello stesso periodo, oppure se vivono in alloggi vicini durante il periodo di lavoro. In un contributo precedente, infatti, i tre autori hanno mostrato come queste variabili siano capaci di predire con accuratezza la rete di amicizie tra i diversi lavoratori.
Ebbene, il risultato principale che si può ricavare da questo studio è che le connessioni sociali hanno effetti importanti, e complessivamente negativi, sul funzionamento dell’impresa quando i manager sono pagati un fisso, mentre ciò non accade quando si aggiunge un premio di performance. Nella fattispecie i tre autori mostrano che nel caso di remunerazione fissa i manager tendono a favorire i raccoglitori a cui sono connessi, ad esempio assegnando loro filari di frutta più “facili”. Nel caso di remunerazione con premio, invece, i manager puntano con decisione sui raccoglitori più produttivi, a prescindere dall’esistenza di connessioni sociali. Questo diverso comportamento a livello individuale ha conseguenze sostanziali a livello aggregato: la produttività media dell’impresa è nettamente più elevata nei casi in cui è presente una remunerazione a performance per i manager.
Tornando al tema iniziale, la corruzione introduce un elemento ulteriore, in quanto i vincitori degli appalti non soltanto sono connessi con i soggetti pubblici che decidono, ma possono anche attribuire una remunerazione aggiuntiva – e illecita – a chi li favorisce. E tale remunerazione viene naturalmente addossata al bilancio pubblico attraverso un aumento del costo dell’appalto medesimo, senza che il decisore pubblico sul caso in questione ne abbia alcun danno monetario.
Alla faccia dei suoi detrattori, l’economia emerge qui come studio – ragionevolmente scientifico – degli incentivi: la presenza generalizzata di favoritismi non può che indurre individui e imprese a investire tempo e denaro nella ricerca di connessioni, “agganci”, piuttosto che a migliorare il proprio grado di efficienza. Questi sono effetti ulteriori del favoritismo e della corruzione, che dovrebbero destare fortissima preoccupazione in tutti coloro che mostrano di interessarsi alla performance complessiva dell’“azienda Italia”.

 TELENOVELAS E DIVORZI

E che dire del ruolo dei mass media all’interno di questo meccanismo? Dopo tutto, abbiamo appreso qualcosa sui meccanismi perversi di assegnazione degli appalti per il G8 leggendo i giornali, guardando il telegiornale o sfogliando virtualmente le pagine internet. I mass media sono senz’altro uno specchio in cui si riflette una data società, ma anche uno strumento capace di influenzare le attitudini e i comportamenti degli individui, anche a livello della loro sfera privata.
E i profondi effetti dei media sulle scelte degli individui sono l’oggetto di un recente lavoro di Alberto Chong ed Eliana La Ferrara a proposito dell’influenza della televisione sulle scelte di divorzio delle donne brasiliane. (3) I due autori mostrano come, a partire dagli anni Settanta, alla graduale diffusione geografica del segnale di Rede Globo (monopolista nella produzione di telenovelas) si sia associato un significativo aumento nella percentuale di donne divorziate o separate. Questo risultato va messo in relazione con il fatto che nelle telenovelas brasiliane appaiono in maniera frequente donne separate, divorziate o con una relazione extramaritale, così da fornire modelli espliciti di emancipazione femminile. Tornando al caso nostro, purtroppo i fatti e le intercettazioni che hanno avuto come protagonisti i vari Balducci, De Santis, Anemone, Piscicelli etc. non sono fiction, ma cronaca vera. E non lasciano indifferente il cittadino: alzi la mano chi non si è domandato, con gradi diversi di cinismo o scoraggiamento, se per migliorare la propria posizione economica non sia meglio cercare i “giri” e gli “agganci” giusti, piuttosto che investire nello specifico del proprio lavoro.

(1)Oriana Bandiera, Iwan Barankay e Imran Rasul (2009). “Social Connections and Incentives in the Workplace: Evidence from Personnel Data”, Econometrica, 77: 1047‐94.
(2) Durante tutto il periodo dell’esperimento i raccoglitori sono pagati a cottimo, sulla base della frutta raccolta durante ogni giornata.
(3)Alberto Chong ed Eliana La Ferrara (2009). “Television and Divorce: Evidence from Brazilian Novelas”, Journal of the European Economic Association Papers & Proceedings, 7(2-3), 458-468. Disponibile qui:

 

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IL COMMENTO DI DANIEL GROS

13 commenti

  1. Piero Torazza

    Bello studio, argomentato, che dimostra tecnicamente ciò che tutti semplicemente sanno. Se ci sono il 10% di raccomandati e/o corrotti (pur con gradi molto diversi di responsabilità) il 90% tira la carretta e il sistema funziona. Se come da noi ormai più del 50% degli italiani è raccomandato/evade/corrompe (tanto che in politica un tempo la corruzione si nascondeva mentre oggi è un vanto che produce consenso) non è più solo un’ingiustizia individuale ma è il sistema ad implodere. Se guardiamo l’andamento comparato delle borse (in quasi nuova bolla) si vede chiaramente che il mondo si stà ritirando dal Mib molto più velocemente che dall’Europa. Un perchè ci sarà, ma non lo vogliamo vedere… let it be.

    • La redazione

      La ringrazio molto per l’apprezzamento: sono d’accordo con lei sulla diversa rilevanza del problema a livello sistemico in funzione della percentuale di individui raccomandati/connessi/furbi/corrotti. La rilevanza o prevalenza di questi comportamenti a livello sistemico purtroppo induce rassegnazione in chi non li mette in pratica, e viene accolta come giustificazione da chi li mette in pratica. La vera sfida (anche a livello psicologico-individuale) consiste nel capire i danni complessivi di questo tipo di situazione, danni nel medio-lungo termine si ripercuotono anche sui furbi.
      Interessante il riferimento all’indice di borsa italiano: di fronte ad un clima generalizzato di stagnazione i capitali votano con i piedi, e votano in fretta.

  2. Paolo Quattrone

    Ci siamo. Per giustificare l’efficacia degli incentivi bisogna studiare imprenditori nel settore frutticolo! E’ indubbio che gli incentivi siano un meccanismo che funzioni in situazioni semplici come quella descritta. Mi chiedo però come si possa pensare di trattare temi come la corruzione con il medesimo strumento che emula il concetto di bastone e carota, o, per dirla in forma “scientifica”, attraverso lo studio del meccanismo di “stimolo-risposta” della psicologia comportamentale, che infatti studia topi ed animaletti piuttosto che persone (con tutto il rispetto per i roditori che hanno un meccanismo di relazioni sociali complesso). Il tema, mi sembra piuttosto quello di comprendere cosa definisce il concetto di performance e di favoritismo: per gli ortofrutticoli che danno gli appalti agli amici il sistema “performa” bene. Allo stesso modo dei referees di Journal of Economic Theory che definiscono cosa è buono e cosa non lo è. Inoltre l’incentivo spazza via tutte quelle connessioni sociali che rendono il trattare le dinamiche sociali complesso: il danaro è ciò che ci guida. Se lo si continua a scrivere la gente prima o poi ci credera’ davvero. Enron è dietro l’angolo.

    • La redazione

      La ringrazio per il suo commento, ma non sono d’accordo con la sequenza delle sue argomentazioni. È di tutta evidenza come il settore ortofrutticolo non sia la stessa cosa degli appalti per il G8 della Maddalena, ma il mio sospetto è che gli incentivi funzionino in maniera abbastanza simile in molti contesti diversi. Se si scoprono poi delle diversità tra i diversi settori in termini di incentivi, ben venga questa scoperta! Dal punto di vista metodologico ho sempre trovato molto gradevole il motto degli scolastici medievali: Distingue frequenter. Se è il caso, sono ben pronto a distinguere i diversi settori e le diverse attività sulla base del funzionamento comparato di regole, connessioni sociali e incentivi.
      Sullo specifico dell’impresa ortofrutticola studiata da Bandiera e coautori, il sistema delle connessioni sociali non "performa bene" da punto di vista della produttività media se i manager sono pagati un fisso, mentre la performance migliora una volta introdotto il premio sulla produttività media dei raccoglitori gestiti da ciascun manager.
      Ben lungi da me la tentazione di ridurre la complessità delle vita e la bellezza delle connessioni sociali al freddo dato economico. Ma ciò non toglie che gli incentivi materiali e psicologici abbiano una rilevanza forte nel funzionamento degli affari, e della vita.

  3. Franco PROLETARIO

    A mio parere la logica che pervade l’articolo e che, quindi, rischia di condizionare unidirezionalmente i commenti è sfalsata rispetto al problema favoritismo-corruzione. E ciò proprio perchè si parte dal concetto di incentivo al managere. Non si considera invece che il prezzo del menager è un prezzo di lavoro. Sarà evidentemente più alto di quello del lavoratore da lui organizzato e diretto, ma sarà sempre un prezzo contrattato e fisso, passibile -questo sì- di diminuzione al termine e conguaglio del periodo contrattato. Pensateci un pò a quest’ "uovo di Colombo" offertovi in anteprima pasquale. Non vedo poi come si possa far distinzione sostanziale tra reddito e posto fisso, essendo la certezza della continuità del posto di lavoro un moltiplicatore ( si considerino soltanto aspetti come la concessione di mutui, garanzie, riscatti, opzioni, etc.) della retribuzione annua o mensile che sia. L’analisi fatta nel testo oltre ad essere parziale e limitativa mi pare, con la massima sincerità, volta a sottacere la devastazione surrettiziamente introdotta dal governo allo stesso concetto di diritto del e al lavoro. Non solo si intacca il principio dell’art. 18 e la normativa sanzionatoria introdotto per le imprese sotto i 15 dipendenti, ma sbilancia risolutamente il rapporto a favore del datore di lavoro violando la pari dignità dei protagonisti.Anche al più ingenuo apprendista non sfugge la differenza tra legge ed equità, soprattutto in un momento come l’attuale dove anche l’equità viene equiparata a concessione.

  4. BOLLI PASQUALE

    Favoritismi ed incentivi, sono sicuri elementi negativi nei comportamenti individuali, sociali ed economici. Tra i due fenomeni dovrebbero esistere, nella normalità,delle sostanziali differenziazioni: i favoritismi non si danno per merito; gli incentivi potrebbero essere, fenomeno meno grave,se non concessi con lo stesso criterio del favore.Cioè,per essere più chiaro, favori ed incentivi non dovrebbero identificarsi. Gli incentivi, se facciamo riferimento al settore economia, in condizioni di crisi,potrebbero essere di grande supporto per la ripresa produttiva e quindi dell’occupazione del Paese. Questo concetto ,però, nel caso italiano resta soltanto illusorio. Il nostro sistema politico governa il Paese con lo stesso concetto dei sistemi criminali: nello Stato,negli enti territoriali,nella sanità,nella scuola, nei lavori pubblici,ed in altri settori produttivi e non. Gli incentivi, i favori sono concessi, solo e sempre,per interessi di bottega.Il popolo sovrano deve prendere coscienza di questo devastante comportamento ed indurre i politici ad arretrare nel loro regolare ruolo sociale. Senza questo, il nostro Paese non ripartirà,non farà progressi e non eviterà il fallimento della nostra società

    • La redazione

      Mi scuso se non sono riuscito a farmi capire per bene: con la parola "incentivi" mi riferisco a qualcosa di più ampio del sussidio, dell’aiuto che viene pagato alla singola impresa o ai lavoratori in difficoltà, tipicamente da parte dello stato. Secondo questa interpretazione del termine "incentivi", è evidente come i favoritismi possano esattamente passare attraverso l’elargizione di questi incentivi in senso stretto.
      Nel mio pezzo utilizzo invece il termine "incentivo" nel senso tipico dell’economista: mi sto riferendo al meccanismo generale di STIMOLI di diverso tipo che inducono gli individui a fare una certa cosa invece che un’altra. Ad esempio, se fossi pagato in funzione del numero di parole che scrivo per ogni articolo, avrò un INCENTIVO a scrivere dei pezzi lunghissimi (che nessuno leggerà). Questo il senso della parola incentivo nel mio articolo

  5. Antonio Cavallo

    Sinceramente l’articolo mi sembra fallace: correla (o riporta le correlazioni) tra “legami” e corruzione. Simile analisi potrebbe essere estesa tra i legami (la stabilità lavorativa) e l’efficienza, in altri settori che l’agricoltura (dove l’offerta di lavoro è abbondante e la qualificazione non gioca un ruolo). Quelle stesse connessioni che nella raccolta di frutta generano corruzione, in altri settori generano stabilità e continuità che in una azienda si riflette in ridotti costi di formazione e maggiore produttività.

    • La redazione

      Capisco la sua preoccupazione. Nell’articolo originale di Bandiera e coautori non si parla di corruzione, assolutamente, ma di connessioni sociali. Dal punto di vista pratico e generale non è comunque raro che fenomeni di corruzione avvengano in situazioni in cui le persone sono socialmente connesse. La ragione mi sembra facilmente intuibile: mi fido di più a compiere atti illeciti quando interagisco con persone che conosco e di cui mi fido. E in effetti lo scandalo è esploso per un intervento della magistratura, non certamente perché qualcuno dei protagonisti è andato a denunciare la cosa.
      Sul legame tra produttività e connessioni sociali nei diversi settori è verosimile che tale legame non funzioni nello stesso modo in tutti i luoghi (e tutti i laghi!). Nel caso in questione, la produttività media aumenta quando le regole di remunerazione dei manager attutiscono l’influenza delle connessioni sociali. In altri settori le cose potrebbero andare diversamente, ma -fino a prova contraria- l’analisi di Bandiera e coautori è l’unica che sfrutta un esperimento vero e proprio nello studiare questi fenomeni. Ben vengano altri studi su altri settori congegnati in maniera rigorosa!

  6. Franco CONTRO

    Il testo va confrontato con la lontana polemica dei “bamboccioni” dell’ex ministro Padoa Schioppa e quella più recente – ma non meno disdicevole- dei “fannulloni” di Brunetta.ll primo parlava, un pò troppo in teoria professionale, senza rendersi conto della realtà di aspirazione al lavoro dignitoso a cui si erano preparati i giovani sotto la guida della Costituzione repubblicana. Il secondo si è visto smentire subito dai fatti: le sue artificiose stastistiche di diminuzione dell’assenteismo sono state bocciate dall’immobilità della produttività. Se però al primo si accusava l’ignoranza del contesto sociale italiano, al secondo – noto protagonista e sostenitore dell’occupazione di posti da parte della degenerazione partitocratica italiana- si deve contestare la mala fede dell’assunto, assunto cioè nella duplice accezione di verità affermata e di persona incapace fatta assumere, la quale, quando ha smesso di darsi malata ed è tornata in ufficio nulla ha prodotto in più di quanto avevano finora fatto i lavoratori capaci e non raccomandati. La triste realtà resta che a nessuno di questi due professori in economia il mondo del lavoro possa ritirare gli immeritati emolumenti pubblici.

    • La redazione

      Mi ricordo la polemica sui "bamboccioni", ma non mi sembra molto connessa al tema di cui tratto nell’articolo. Anche se è certamente vero che gli incentivi contano ovunque, anche nelle contrattazioni all’interno dei nuclei famigliari. Come certamente contano i vincoli di bilancio e le disponibilità economiche.
      La polemica sui fannulloni mi sembra più calzante, in quanto si riferisce direttamente agli incentivi all’impegno all’interno delle amministrazioni pubbliche. Tema sacrosanto, che a mio parere dovrebbe essere affrontato in maniera sistematica e non esclusivamente mediatica. E spesso il primo passo per far funzionare un sistema di incentivi consiste nel predisporre un meccanismo rigoroso e non propagandistico di misurazione delle attività e delle performance dei singoli. Altrimenti come si fa a distinguere chi lavora sodo da chi eventualmente batte la fiacca?

  7. Federico Sbicca

    Vorrei essere sbigottito, ma non posso esserlo. Basta guardare la classifica mondiale sulla corruzione, il Bel paese è al 63° posto (www.transparency.org), "guadagnato" con sudore dal 2007 attraverso una scalata di ben 22 posizioni. Servono così tanti sforzi, tanta spremitura di meningi per capire che un’azienda, in un Paese (?) così, non ha bisogno dei migliori, dei più dotati e preparati ma, anzi, questi sono considerati come fumo negli occhi perchè costerebbero troppo? Molto meglio un pinco pallino qualsiasi che si accontenta di poco pur di lavorare, chinando la testa, l’importante è che ci sia "l’amico" che mi garantisca le commesse, poi il resto… è solo retorica! Mi scuso per lo sfogo, ma sono esausto di vedere il mio paese ridotto in queste condizioni, ma purtroppo i miei cari concittadini non sono dello stesso avvertimento.

  8. enzo

    D’accordo su tutto ma sull’elemento ulteriore, cioè la corruzione, l’incentivo serve a qualcosa o vanno cercati altri strumenti? Un’altra cosa:qui si parla di manager ma si trascura il politico. Il manager opera scelte in base al gradimento del suo "vero" datore di lavoro cioè il politico e non "lo stato".Il problema da risolvere è come favorire l’interesse della comunità rispetto a quello dei "rappresentanti" della stessa, spesso divergente .

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